EVOLUZIONE DELLA MASSONERIA: LA MASSONERIA OPERATIVA

EVOLUZIONE DELLA MASSONERIA:

LA MASSONERIA OPERATIVA

di

Blasco Mucci

Massoneria operativa significa, in senso lato, un insieme di tecniche professionali e di ierofanìe della pietra, della geometria e del lavoro. Così intesa la Massoneria operativa abbraccia, in anticipo sull’universalità della Massoneria speculativa, un intero universo di esperienze di cui il tempo ha conservato splendide tracce ovunque. Così, anche recentemente, c’è stato chi ha creduto di trovare suggestive memorie ancestrali della Massoneria speculativa nella struttura megalitica di Stonehenge, verosimilmente un tempio druidico, o, più indietro, nella piramide di Cheope in Egitto.

Ci si avvicina maggiormente ai ricorsi storici della Massoneria operativa quando si fa riferimento alle Corporazioni muratorie d’età romana (Collegium fabrorum). I “Collegia” ebbero alterna fortuna durante le successive epoche repubblicana e imperiale ma, al di là della loro collocazione sociale o delle pratiche cultuali che si celebravano, ciò che può essere legato all’origine di una “vetero Massoneria” sono i gradi di sacralità che venivano attribuiti ai vari membri dell’attività muratoria e la simbologia rituale adottata, legata agli strumenti pertinenti la realizzazione dell’Opera.

La Massoneria cosiddetta “operativa” sorge all’interno delle Corporazioni dei muratori e degli scalpellini che iniziano, dopo l’anno mille, la costruzione delle cattedrali della Cristianità, realizzate prima in forme romaniche e, successivamente, in forme gotiche.

Adiacente al cantiere sorgeva la “loggia”, struttura aperta e schermata sui lati ove, all’interno, venivano tagliate e levigate le pietre da costruzione. Sono i componenti di queste “gilde” i primi “franc-maçon” o ” liberi muratori” della storia. Per secoli e secoli i costruttori di cattedrali si sono tramandati, di generazione in generazione, i segreti e le tecniche costruttive secondo una prassi operativa che affonda leggendariamente le sue radici, come già menzionato, nel mondo antico.

Da quel momento divenne necessario un linguaggio architettonico comune, che fosse riconoscibile dappertutto da ogni libero muratore e ci si ispirò, principalmente, agli elementi del Tempio di Salomone e, in via subordinata, alle tipologie egizie e a particolari ornamenti delle cattedrali medievali. La cattedrale era un cantiere perenne. Gli architetti erano insieme appaltatori, urbanisti e ingegneri e non mancavano personalità eroizzate e paragonate al mitico Deda lo. Un esempio per tutti: il maestro Anton Pilgrim.

Gli scalpellini e i muratori erano organizzati in “gilde”, basate su codici se greti e su almeno tre gradi di iniziazione: apprendista, compagno e maestro. I liberi muratori si riunivano nella “loggia” costituita, come già detto, da un laboratorio al coperto dove si poteva “levigare” e “scolpire” la pietra grezza e, talvolta, elaborare un dibattito sociale e morale oltre a quello professionale.

Vi si insegnava il significato spirituale della Congregazione leggendo brani dell’Ecclesiaste di Salomone — Ecclesiaste significa “Congregatore”  cercavano le analogie delle Corporazioni dei muratori con le Comunità religiose ebraiche prima della nascita di Cristo e con le prime Congregazioni cristiane nate nel primo secolo della nostra era, oltre all’interpretazione simbolica degli strumenti legati all’arte muratoria: il compasso, la squadra, la livella, il filo a piombo e lo scalpello. Questi ‘misteri” erano considerati determinanti per la perfetta realizzazione della costruzione e ogni libero muratore possedeva un proprio simbolo che lasciava scolpito su una pietra appositamente deputata.


Sono noti gli strumenti che. venivano adoperati nonché i segni che le Corporazioni e gli artefici lasciavano impressi. Meno note tutte quante le tecniche progettuali, gelosamente però tutelate dal segreto le tecniche costruttive. Eredi dei “francmaçon” sono, come ancora oggi in Francia, le tante corporazioni dei “compagnons’ .

La “loggia” era anche il luogo ove si celebravano i riti di iniziazione dei nuovi operai, ammessi solo se considerati uomini “liberi e di buoni costumi”. Insieme alle tecniche costruttive si imparavano le buone usanze, un modo di parlare appropriato, i simboli — che poi intagliati o scolpiti nella pietra avrebbero testimoniato l’origine della realizzazione — e infine certi graffiti o segni individuali che costituivano le vere firme personali di coloro che avevano prestato la loro fatica per il compimento dell’opera finita. Nella corporazione l’operaio era qualcosa di più di un semplice “manovale”. Attraverso il proprio lavoro imparava una forma nuova di vita. La costruzione di un tempio era una impresa materiale ma anche spirituale. Vi era la convinzione che la stessa pianta dell’edificio fosse tracciata dalla mano di Dio. Tutti i componenti della Congregazione si consideravano fratelli, non vi era distinzione fra artisti, artigiani, scultori e tra architetti e muratori. L’unica distinzione era al grado di iniziazione. La loro scienza si nutriva anche di viaggi. Come gli antichi pellegrini, il libero muratore camminava, seguendo gli antichi sentieri, da un cantiere all’altro cercando la via di unione con Dio nella perfezione del proprio mestiere. II simbolismo consentiva di riconoscersi tra di loro nonostante la diversità di idiomi. Dalla Francia all’Inghilterra, dalla Galizia al Gargano, dall’Irlanda alla Germania esiste ancora oggi una catena esoterica fatta di incisioni, bassorilievi, sculture che agli occhi profani sono semplici ornamenti, ma che invece manifestano una regola ove, seguendo una spirale come nel popolare “gioco dell’oca” , ogni cantiere era una prova in più da sostenere e da superare prima di arrivare al “centro” ove dimora l’Essere Supremo.

“Là dove costiuirete grandi edifici fate i segni di riconoscimento”. Era una delle regole dei Templari che erano diventati i custodi dei luoghi sacri e protettori dei “liberi muratori”, quella mano d’opera fluttuante che percorreva una Cristianità senza frontiere costruendo opere di carattere religioso, e in seguito anche di carattere laico, ispirandosi anche a una architettura orientale, come quella della “Cupola della Roccia” che gli arabi avevano  costruito nello stesso luogo dove era esistito il Tempio di Salomone. Quel tempio costruito da Hiram-Abif, il primo “libero muratore” della storia e dal quale, secondo la leggenda, discendono tutti gli altri.

Sorgono contemporaneamente codici e statuti corporativi. Nella seconda metà del dodicesimo secolo Ugo di S.Vittore divide l’architettura in due rami: la Massoneria o Cementaria a cui appartenevano i tagliatori di pietre (latomus) e i muratori (massoni o cementarios) e la Carpentaria a cui appartenevano il falegname e l’ebanista. (carpentarius e tignarus).

Nel “Poema Regius” redatto in Inghilterra nell’anno 1390 dalla “gilda”, ovvero maestranza, dei costruttori appaiono diversi articoli che disciplinavano sia la pratica professionale sia lo sviluppo della filosofia simbolica. Tra l’altro si raccomanda ai “maestri” di accogliere solo uomini di “nobile stato” e di insegnare loro la “buona geometria” così che possano guadagnarsi il cielo.

Nello statuto dei tagliatori di pietre tedeschi, emanato a Coblenza nel 1419, troviamo codificati certi obblighi con le norme per l’iniziazione dei nuovi membri e la loro suddivisione in Apprendisti, Compagni d’Arte e Maestri.

Ma già dal 1248, a Bologna, era stato redatto e trascritto in un rotolo di pergamena, lo “Statuta et ordinamenta societatis magistrorurn muri et lignaminis“. In data 8 agosto 1248 il Podestà di Bologna, Bonifazio De Caro, ne ordinò la conservazione nell’Archivio del Comune ove tuttora trovasi depositato.

Questo codice, per semplicità chiamato “la Carta di Bologna”, precede di ben centoquarantadue anni il “Poenza Regius”inglese del 1390, di duecentodiciannove anni lo “Statuto di Strasburgo ” e di centonovantadue il “Manoscritto di Cooke”.

Tanto per l’aspetto giuridico, quanto per quello simbologico, “la Carta di Bologna” ci appare importante perché in essa troviamo la conferma su quanto asserito nel libro delle Costituzioni di Anderson, ove si precisa che il medesimo fu redatto dopo aver esaminato copie di Codici e Statuti provenienti dall’Italia, dalla Svezia, dalla Germania e da diverse parti dell ‘Inghilterra.

Successive integrazioni de “la Carta di Bologna” modificarono l’ordinamento iniziale. Nel 1257 si determinò la separazione dei “Maestri del muro” dai “Maestri del legno”, sino allora riuniti in una unica Corporazione. Nel 1271 fu compilata una ” matricola ” — oggi si chiamerebbe piedilista —contenente ben trecentosettantuno nomi di maestri muratori. Anche questo documento è oggi conservato nell’Archivio Comunale di Bologna.

Tutte le Corporazioni medievali dei costruttori del dodicesimo e del tredicesimo secolo della nostra era, erano improntate a una sentita religiosità cristiana e a una scrupolosa osservanza dei precetti della Chiesa. Si ritiene che l’osservanza del culto cristiano sia stato rigorosamente osservato durante le ‘Tornate” associative e nelle cerimonie di “iniziazione”. Il rito, il rituale, il simbolismo e le allegorie furono, in gran parte, di matrice cristiana.

   

La religione cristiana aveva fatto propri, adattandoli ad essa, culti di altre religioni monoteistiche o pagane assimilando allegorie, miti, leggende e simboli sopravvissuti nella memoria dei popoli e nelle usanze locali. La trasfusione di questi simboli nelle statue, nelle pitture e nelle allegorie delle chiese cristiane, divennero così il bagaglio culturale dell’arte muratoria e oggetto di meditazione per i maestri muratori. Inoltre il disordine morale religioso e i fermenti culturali ed etici di alcuni Ordini monastici, che

divennero centri di misticismo e di rinnovamento, condussero ad una “identità” tra questi Ordini e le Corporazioni dei mestieri, sviluppando quel fenomeno associativo tardo medievale, favorito anche dalla generale espansione economica, demografica e urbanistica della città.

Molte eresie dell’epoca erano il prodotto di istanze riformatrici, ma il compito di condizionare queste innovazioni in senso evolutivo fu assunto da movimenti religiosi legati a ordini monastici che si rendevano partecipi ad attività artigianali e operative in un regime purtroppo, era  di servitù del lavoro. Gli Ordini Benedettini, Cluniacensi, Cistercensi ed in particolare il laico Ordine Templare, erano aperti per molti aspetti alle nuove speculazioni filosofiche che si ricollegavano alla cultura classica ma anche a quella araba e ebraica. È facile pertanto comprendere come una tacita intesa di mutuo rispetto e forse di collaborazione, si creasse tra gli Ordini monastici riformatori e le Corporazioni muratorie anche se il legame principale fu quello che intercorre tra il committente e il costruttore. Gli Ordini monastici volevano innalzare cattedrali, chiese e conventi, i liberi muratori li costruivano! Una notevole affinità emerse anche nella conduzione e nella vita delle Corporazioni e dei monasteri. Esemplare è il caso del monaco cistercense Gioacchino da Fiore, fondatore dell’Ordine Florense che, di ritorno dalla Terrasanta e rigettando lo spirito della Crociata armata, si ritirò in una località montana della Sila, il monte Fiore, creando una Comunità monastica dedita al lavoro oltre che alla preghiera. Gioacchino rivolse sì i suoi interessi ai problemi dello spirito, ma avvertì anche la concretezza della quotidianità dell’esistenza e mostrò di conoscere la dinamica della vita civile compilando un libro di “Figure” ove assegna a ciascuno il proprio posto di lavoro, compreso anche quello per coloro che si dedicano integralmente alla preghiera.

Negli scritti di Gioacchino non è solo presente il lavoro dei campi ma si sente anche l’eco delle varie attività artigianali e principalmente quelle legate all’edificazione di monasteri. In base alle tendenze e capacità umane dei componenti la  Comunità, venivano assegnati i diversi compiti e le diverse mansioni.

Nella Comunità era organizzata la divisione del lavoro, il tempo dedicato allo studio, alla preghiera e all’elaborazione di un “Quadro” simbolico che sintetizzava, con un linguaggio visivo immediato, i motivi fondamentali della dottrina gioachimita, e che veniva sostituito ogni volta che si modificava il tema posto all’esame della “Tornata”. Evidente analogia con il “Quadro di Loggia” che veniva tracciato sul pavimento del cantiere dagli antichi liberi muratori durante le “Tornate” rituali e che noi massoni moderni abbiamo mantenuto nel nostro Rituale. Molti di questi disegni sono conservati nella raccolta denominata “liber figurarum”.

Il “liber figurarum” è uno splendido albo di figure e di grafici, con ampie didascalie illustrative, che riassume in grandi quadri simbolici i principi fondamentali del “sistema” di Gioacchino.

L’azione di Gioacchino destò grande interesse anche nel mondo profano, già aperto anche a concetti esoterici ed iniziatici. Persino Dante Alighieri lo ricorda nel dodicesimo canto del Paradiso con questa terzina.

lucemi da lato

il calavrese abate Giovacchino

di spirito prefetico dotato. (Paradiso 12, 138—140)

A partire dal quattordicesimo secolo si impose in Inghilterra la parola “freestone-mason” interpretabile come “muratore che lavora la pietra libera”. Questa parola, esemplificata in seguito in “free-mason”, si diffuse in tutta Europa quando, nel diciassettesimo secolo, la utilizzò per denominare i propri adepti la Massoneria speculativa o filosofica che aveva sostituito quella operativa.

Abbiamo visto che il simbolismo operativo in Massoneria deriva da antiche sorgenti professionali, e allo stesso tempo spirituali, di gran lunga precedenti la svolta speculativa del diciottesimo secolo. Intendiamo con ciò affermare che la possibilità di leggere la strumentazione muratoria e l’operatività in termini di realizzazione spirituale, fu intravista da uomini di fede ancor prima che tale possibilità fosse esplorata e codificata dai “liberi muratori”. Allo stesso tempo il simbolismo operativo, trasportato all’interno della “loggia”, consente ai massoni moderni di giungere alla compressione del cammino iniziatico che si sono prefissi di percorrere. I simboli più noti dell’operatività massonica sono la squadra e il compasso. Essi discendono in linea diretta dalla Massoneria operativa medievale.

Una squadra è scolpita sulla tomba dell’architetto Hues liberger che fu sepolto a Reims nel 1263 e che lavorò alla costruzione di quella cattedrale gotica.

Sulla tomba dello “squire” William Warmington nell’Abbazia di Croyland, ove fu sepolto nel 1423, troviamo effigiate squadra e compasso.

Un compasso è raffigurato in un manoscritto anglosassone databile intorno all’anno mille e conservato al British Museum. Ad impugnarlo è il Creatore e il richiamo è evidente: Antico Testamento, Libro dei Proverbi, Capitolo 8,27 “… tracciava un cerchio sulla faccia dell’Abisso”.

La squadra è preminentemente legata al grado di Apprendista. Il compasso al grado di Maestro. Nella squadra si può identificare la morale, nel compasso la spiritualità. La squadra è uno strumento fisso, il compasso è uno strumento mobile. Quindi il lavoro dell’Apprendista è passivo, mentre quello del Maestro è attivo. Altri simboli che derivano dalla Massoneria operativa sono:

Il filo a piombo. Simbolo verticale che indica l’idea dell’ascesa stabile e lineare. Serve infatti ad irmalzare le colonne del Tempio e costituisce una linea verticale idealmente indefinita perché conducente alla massima perfezione.

 La Perpendicolare e livella. Danno rispettivamente la verticale e l’orizzontale. Troviamo ancora in essi l’Attivo e il Passivo. (Perpendicolare è lo stesso filo a piombo). La livella, che indica l’orizzontale, è munita anche della verticale. È formata da una squadra con l’angolo alla sommità di novanta gradi e i due bracci di uguale lunghezza. La perpendicolare abbassata dalla intersezione dei due bracci è anche l’asse del segmento. La livella simboleggia l’eguaglianza sociale, base del diritto civile. È anche il simbolo del potere eguagliante della Morte.

Maglietto e scalpello. Il maglietto rappresenta la forza della volontà. Lo scalpello la forza del discernimento. 1 due utensili servono allo sgrossamento della pietra grezza. Essi si riferiscono principalmente al grado di Apprendista e rappresentano, come la squadra e il compasso, l’Attivo e il Passivo. Il maglietto è anche l’insegna del Maestro Venerabile e del Primo e del Secondo Sorvegliante.

Regolo da 24 pollici. Strumento di misurazione del lavoro diventa, nel simbolismo massonico, la rappresentazione emblematica delle “24 ore del giorno” parte delle quali deve essere dedicata alla preghiera, parte al lavoro e al riposo e parte al servizio del prossimo in stato di bisogno.

La cazzuola. Questo strumento, che serve per impastare la calce e a

cementare le pietre della costruzione, è il simbolo dell’amore fraterno che deve unire tutti i massoni. L’amore che rappresenta l’unico cemento che i massoni possono adoperare per costruire il simbolico Tempio della Virtù.

La tavola da tracciare. Simbolo della possibilità creativa della Maestria, appartiene al grado di Maestro così come la matita e il sisaro.

Appartiene alla Massoneria operativa anche il simbolismo dei cinque Ordini architettonici: Toscano, Dorico, Ionico, Corinzio e Composito. Essi simboleggiano la crescita e l’affinamento della Muratoria che procede “mano nella mano”.

Anche i tre gradi della Massoneria speculativa derivano dalla Massoneria operativa. Nella Muratoria medievale l’Apprendista era ristretto in una figura “servile” e non rappresentava un elemento stabile nella struttura della Corporazione. L’accesso vero e proprio all’Arte Reale coincideva con il grado di Compagno d’Arte.

Nella Massoneria speculativa l’Apprendista, seppur privo di alcuni diritti e tenuto a rispettare il silenzio all’interno della “loggia” è considerato membro della stessa a tutti gli effetti.

Il grado di Compagno d’Arte è mediano nel percorso dell’Ordine. Sul piano storico esso deriva dalla Massoneria operativa medievale e i temi fondamentali del Compagno sono la perseveranza nella ricerca e ‘lo sviluppo creativo nel lavoro massonico.

La Maestria costituisce invece l’approdo, prima esteriore e poi interiore, della ricerca muratoria. “Maestro” deriva dal latino “Magister”, il più grande, il più forte, colui che conosce l’arte di dare forma alla vita, creando nuove strutture e tramutando alcune possibilità in altre. I “magister” delle Corporazioni medievali erano figure monocratiche preposte tanto alla progettazione quanto alla  supervisione del lavoro, nonché al controllo della mano d’opera subalterna.

Quando, nel diciottesimo secolo, in Inghilterra, la Massoneria operativa si trasformò in speculativa e cioè in una Comunione universale iniziatica, di carattere e simbolico che tende al perfezionamento e alla elevazione dell’Uomo e dell’Umanità, non fu creato il grado di Maestro. Solo nel decennio 1720-1730 prese corpo il grado in parola che, tuttavia, incamerò poche valenze operative specifiche, assumendo piuttosto i connotati di un “mistero” di morte-rinascita.

Ma il significato originale di “Magister” si ritrova oggi nella disciplina mas sonica. Sedendo nella “loggia” all’Oriente il Maestro Venerabile, analogica mente al sole, illumina i Fratelli con la propria scienza muratoria. Illuminare significa anche trarre dalla oscurità indistinta alla chiarezza formale.

A loro volta tutti i Maestri della “loggia” hanno il dovere di formare gli Apprendisti loro affidati e di portarli al grado di Compagno d’Arte che configura la piena acquisizione della disciplina massonica. Il Maestro è dunque colui che amministra la rinascita simbolica dell’Apprendista e del Compagno d’Arte.

 simbolismo speculativo è integralmente derivato dal simbolismo operativo senza nessuna eccezione di livello inserendovi anche un insegnamento morale: gli strumenti sacri del lavoro che servono per creare e animare la materia possono diventare strumenti di morte se in possesso di mani malvagie. Per questa ragione le mani di un “libero muratore” devono sempre essere “candide”.

Ma anche altre simbologie derivate dalla Massoneria operativa arricchiscono il patrimonio della Libera Muratoria. Grande importanza rivestono rispettivamente:

Il simbolismo geometrico. Il punto, il cerchio, il triangolo, la spirale-labirinto, il pentalfa, l’esagramma, la sfera, la piramide, ecc.

Il simbolismo numerico. L’uno, il tre, il quattro, il cinque, il sette, il dieci, il dodici, il trentatré, la tetractys pitagorica, ecc.

Inoltre altri simbolismi quali, per esempio, il cromatico, il minerale, l’astronomico, il vegetale, l’animale, l’alfabetico e il crittografico, il biblico e il cultuale. Qualunque indagine sul simbolismo e l’antropologia massonica ha accostato l’universo di simboli della Libera Muratoria all’opera delle maestranze delle Corporazioni edili medievali. Basti pensare all’Essere Supremo che per i massoni è il Grande Architetto dell’Universo, oppure alle tre Grandi Luci massoniche che sono: il Libro della Legge Sacra (per esempio la Bibbia per i cristiani e il Corano per i musulmani), la Squadra e il Compasso. In ultimo rammentiamo che i raggruppamenti dei massoni moderni si chiamano “logge” come quelle dove si riunivano i “liberi muratori” medievali. I massoni, che possono definirsi giustamente “architetti costruttori di uomini” si avvalgono, per questo arduo compito, di attrezzi simbolici che sono stati nel passato gli strumenti operativi dei mitici costruttori delle Cattedrali.

La Libera Muratoria speculativa moderna deve oggi rispondere a questa domanda: esiste un senso per aderire ad una Comunione iniziatica? Cosa è rimasto nel mondo di oggi del messaggio esoterico trasmesso dalle grandi Associazioni iniziatiche del passato? E mai possibile oggi conciliare il bagaglio culturale e esoterico tradizionale delle “gilde” medievali con le istame di una società fondata sulla tecnologia?

Si può senz’altro rispondere in modo affermativo. La Massoneria deve essere un punto sicuro di riferimento e un modello per una società nella quale alle periodiche crisi di valori tradizionali non si sono saputi offrire valori alternativi. L’ansia di modernità e di innovazione, il desiderio di edonismo, l’indifferenza verso il dolore altrui e la fuga dalle proprie responsabilità verso il prossimo e verso sé stessi portano gli uomini a mitizzare il superfluo e a trascurare l’essenziale. Essi si pongono traguardi sempre più ambiziosi e chiedono alla natura di aprire il proprio libro per carpirne i segreti da trasformare in ritmi di vita sempre più accelerata e in affermazioni di supremazia e di potere.

La Massoneria deve riproporre con tutta la forza della sua tradizione l’unico strumento di pace che è la Fratellanza tra gli uomini. All’egoismo deve essere contrapposta la Solidarietà, come dimostrò l’operato del Fratello Schweitzer, alla ricerca sfrenata del benessere deve essere contrapposto l’insegnamento che viene dato al neofita massone con l’iniziatico abbandono dei “metalli” al momento del suo ingresso nella Comunione. La Massoneria può contribuire alla espressione di una alternativa opponendo, alle fantasie e ai giochi di potere che tanto allietano la vita delle classi politiche dirigenti, il silenzio dell’Apprendista che sgrossa la “pietra grezza” e la leggenda di Hiram.

Al materialismo e alla sfrenata corsa alla ricchezza la Libera Muratoria deve confrontarsi con l’umile e soave poesia del “Tronco della Vedova

La vedova che rappresenta la stessa Massoneria ma che si riferisce anche alla parabola del Vangelo, Luca 21,2:

. Quindi vide una vedova bisognosa gettarvi due monetine di minimc valore, e disse: veramente vi dico che questa vedova, benché povera, ha gettato più di tutti. Poiché questi hanno gettato doni del loro avanzo, ma questa donna nella sua indigenza ha gettato tutti i suoi mezzi di sostentamento”.

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