PINOCCHIO: IL MITO DEL BURATTINO SECONDO FOLCO QUILICI
NSA) – ROMA, 15 OTT – «C’è ancora molto, molto da scoprire su d i lui», con questa frase si chiude il bel Viaggio nel mondo di Pinocchio di Folco Quilici (durata circa 50 minuti) che Raitre proporrà domenica alle 23.10. Realizzato da un’idea di Paolo Fabbri e prodotto da Raitre con Arte Geie, Ex Nihilo, F.Q.P.E. e Avro Tv, il film documentario attraversa il mito di Pinocchio in ogni sua forma. Si va dalla vita di Lorenzini di cui si sfatano alcune leggende («Non era Massone come qualcuno ha detto, nè donnaiolo e giocatore», ci tiene a dire Quilici) alle mille versioni di Pinocchio che sono state date in tutto il mondo. Si visita poi la fondazione di Carlo Collodi che raccoglie centinaia di edizioni del libro, si vedono sequenze del primo film a lui dedicato nel 1911 fino al Pinocchio di Comencini e a quello di Disney. Ma ci sono anche due rari cartoni animati: uno russo, ‘Buratinò e l’inedito Pinocchio di Enzo D’Alo ancora in produzione per la Rai. E anche, infine, un omaggio alla singolare lettura del mito Pinocchio che ne ha dato Carmelo Bene. E il Pinocchio di Benigni? Risponde candidamente Folco Quilici a margine della proiezione stampa a Viale Mazzini: «Non l’ho ancora visto. Il fatto è che devo mettere insieme tutti i miei nipotini per andarlo a vedere». Per il resto dal documentarista anche una sua lettura del mito Pinocchio: «Pochi sanno che Collodi non ha avuto padre e forse il suo Pinocchio alla ricerca del babbo non è che una sua proiezione e anche un qualcosa che in un modo o nell’altro riguarda ognuno di noi». Sulla messa in onda in seconda serata del film documentario interviene il direttore di Raitre Paolo Ruffini: «non è vero che è un orario penalizzante – dice il direttore -. In fondo non è un programma per i ragazzi, ma chissà si potrebbe anche pensare a una replica in un altro orario più agevole».
“E avendo aperto il settimo sigillo, si fece silenzio nel
cielo, quasi di mezz’ora. E vidi i sette angeli che stanno dinanzi a Dio; e
furono date ad essi sette trombe”.
(Apocalisse, VIII – 1)
Nell’Apocalisse, è un numero ricorrente: in tutta la bibbia
Bibbia compare 424 volte.
“E vidi nella destra di Lui che sedeva sul trono, un libro
scritto di dentro e di fuori, e segnato con 7sigilli”.
(Apocalisse, V – 1)
“Il mistero delle sette stelle che hai visto nella mia
destra e i sette candelieri d’oro: le sette stelle sono i sette angeli della
Chiesa e i sette candelieri sono le sette Chiese”.
(Apocalisse, I – 20)
“E vidi una bestia che saliva dal mare, che aveva sette
teste e dieci corna, e sopra le sue corna dieci diademi e sopra le sue teste
nomi di bestemmie”
(Apocalisse, XIII – 1)
E il Signore disse a Noè: “Di tutti gli animali mondi ne
prenderai a sette a sette, e maschio, e femmina; e degli animali immondi a due
a due, maschio, e femmina. E parimenti degli uccelli dell’aria a sette a sette,
maschio e femmina: affinché se ne conservi la razza sopra la faccia della
terra.
(Genesi, VII, 2-3)
E’ scritto nel Vangelo: “Perdona non 7 ma 77 volte 7 al
tuo fratello”.
Ammonisce un antico proverbio arabo: “Prima di parlare
gira sette volte la lingua in bocca”.
Sette è il numero da sempre ritenuto magico, misterioso,
intriso di sacralità e con una ricchissima simbologia che lo connota fin
dall’antichità.
E’ il primo più alto, divisibile solo per se stesso, il più
attivo dei numeri dispari e rappresenta, dunque, l’azione per eccellenza, a
tutti i livelli: su se stessi e sul mondo.
Il numero 7 era considerato già sacro dagli egizi che vi fondarono
gli elementi di tutte le scienze; molte delle sue proprietà risalgono
addirittura all’astrologia babilonese che riconosceva 7 pianeti e divideva il
mese lunare in cicli di 7 giorni, da cui deriva l’origine della nostra
settimana. A ciò è riconducibile molta della sacralità dei 7 che rappresentava,
in quel tempo, il cosmo e la sua perfezione.
Secondo la scuola pitagorica il 7 era “amitor” (senza madre)
in quanto non era un prodotto fattoriale ma generato solo dall’unità. Veniva
considerato “Veicolo di Vita” in quanto formato dal quattro (azione, materia,
femminile) più il tre (spirito, sapienza, maschile).
Tutte le civiltà antiche hanno sviluppato un simbolismo
numerico ed in esse è infatti ricorrente l’interpretazione del 7 come numero
sacro, unico e immobile.
I Cinesi veneravano 7 Spiriti Celesti; i Giapponesi i 7
Genii della Felicità; il Rig-Veda parla di 7 razze umane, di cui cinque già
estinte e due future, chiamate allegoricamente le sette “correnti”.
Le civiltà della Mesopotamia attribuivano l’origine e il
governo del mondo a 7 deità cosmogoniche.
7 sono gli Dei accostati ai sette saggi del Pantheon
Babilonese, 7 sono i raggi di Bacco, 7 quelli del disco solare sulla testa di
Thoth.
I Caldei innalzarono colossali torri a 7 piani.
Ugualmente importante fu il numero 7 presso gli Egizi e gli
Ariani, lo testimoniano le piramidi a struttura tri-tetra settenarie.
Gli Egiziani contarono “sette braccia” del Nilo; 7 erano gli
scorpioni che accompagnavano sempre la dea Iside ed in 7 gradi fu edificata la
Piramide.
I Persiani credevano ai 7 Genii della Luce e cingevano le
città con 7 cinta di mura.
I Greci associavano il 7 all’adorazione di Selene e di
Apollo; 7 erano le corde della sua lira.
7 erano le vacche sacre del dio cantate da Omero, «All’isola
della Trinacria arriverai: là numerose pascolano le vacche e le pingue grecci
del sole, sette armenti di vacche e sette belle greggi di pecore…» Odissea,
XII, 127-133
7 erano i fanciulli e 7 le fanciulle inviate a Creta come
pasto per il Minotauro.
Nella cultura ellenica l’armonia tra pensiero ed azione
veniva indicata nei 7 sapienti: Cleubulo con in mano la bilancia, Pittaco con
un ramo d’ulivo, Solone con un teschio, Pariandro in posa calma e rassegnata,
Talete colui che non sa ma che infinitamente sa, Chilone con in mano uno
specchio, Biante che solleva una gabbia contenente un uccello.
7 erano le meraviglie del mondo: il colosso di Rodi, i
giardini pensili di Babilonia, il mausoleo di Alicarnasso, il tempio di Diana
in Efeso, il faro di Alessandria, il Giove olimpico di Fidia, le piramidi
d’Egitto.
7 furono le Chiese del tempo: Efeso, Smirne, Sarsi, Tiati,
Pergamo, Filadelfia e Maodicea.
7 erano gli Dèi di Abydos, 7 le dee Hator che stabilivano il
destino di ogni neonato.
Ogni 7 giorni gli Spartani facevano sacrifici ad Apollo; il
7° giorno dalla nascita si dava il nome al nuovo nato.
I Fenici veneravano i 7 calici.
Che il 7 possa essere considerato l’emblema della pienezza
spirituale e cosmica, il numero sacro per eccellenza, è confermato anche dalla
forte carica simbolica conferitagli in molte religioni.
Nella Bibbia Dio impiegò 7 giorni per realizzare la sua
creazione e 7 sono i giorni della settimana che lo ricordano all’uomo.
L’Antico Testamento utilizza 7 nomi per indicare la terra e
altrettanti per il cielo.
Nel Nuovo Testamento, 7 sono i sacramenti (battesimo,
eucarestia, penitenza, confermazione, matrimonio, ordine sacro, unzione degli
infermi), 7 i doni dello Spirito Santo (sapienza, intelletto, consiglio,
fortezza, scienza, pietà, timor di Dio), 7 i peccati capitali (gola, lussuria,
avarizia, superbia, accidia, invidia e ira) e 7 le virtù (forza, sapienza,
giustizia temperanza, fede, speranza e carità).
7 sono le invocazioni contenute nel Padre Nostro. Da Pasqua
a Pentecoste ci sono 7 settimane.
Nell’Apocalisse di San Giovanni il 7 vi ricorre
cinquantaquat¬tro volte: la fine del mondo sarà annunciata dalla rottura dei 7
Sigilli, seguita dal suono di 7 trombe per bocca di 7 Angeli, quindi dai 7
Por¬tenti ed infine dal versamento delle 7 Coppe dell’ira di Dio. 7 sono gli
arcangeli di cui si fa menzione.
Le mura di Gerico si sgretolarono quando, il settimo giorno
che l’esercito di Israele, con l’arca dell’alleanza alla testa, compì per 7
volte il giro completo attorno alla città.
Nella tradizione ebraica il candelabro a 7 luci, detto
Menorah, è il simbolo della fede eternamente accesa e fu fatto costruire da
Mosè su ordine di Geova. Le sette luci ardevano per rappresentare
simbolicamente la fede eternamente accesa.
Nella Cabala, l’uomo viene rappresentato in una triplice
essenza ma la rappresentazione della sua evoluzione è settemplice (vegetativa,
nutritiva, sensitiva, intellettiva, sociale, naturale, divina).
Il settimo giorno dalla nascita avveniva la circoncisione
dei maschi; 7 volte venivano assolti i peccati e 7 era il simbolo della
perfezione che contiene il loro simbolo etnico, la stella di David.
7 erano le corde della lira di Orfeo e 7 i cancelli di
Shamballa . 7 erano le regioni della terra, 7 le razze umane, 7 le famiglie di
Wotan , 7 le grotte degli antenati Nahual , 7 le città di Cibola , 7 le isole
Antille dette “Sabain”di cui parlavano antichi viaggiatori arabi, nominando
l’isola delle 7 città.
7 volte Ofione si arrotolò intorno all’uovo universale
depositato da Eurinone, Dea di tutte le cose, creatrice delle 7 potenze
planetarie (Sole, Luna, Marte, Mercurio, Giove, Venere, Saturno).
Anche il sistema Tolemaico poneva al centro dell’Universo la
terra, attorno a cui ruotavano, 7 sfere concentriche dette Cieli.
I buddisti definiscono, inoltre, l’uomo come Saptaparna, la
“pianta a sette foglie” attribuendogli 7 principi.
Nella tradizione Islamica, dove il 7 è più volte ripetuto
nel Corano, il Mondo è sorretto da 7 colonne poggianti sulle spalle di un
gigante.
7 sono i giri che il musulmano deve fare, per conquistare il
paradiso, intorno alla Kaaba, dove è sigillata la pietra che l’Arcangelo
Gabriele inviò ad Abramo e Ismaele quando, sulla base dei disegni dati da Dio,
costruirono il Tempio.
Nel Baghavad Gita, libro sacro dell’Induismo, 7 erano gli
illuminati dei Veda dell’India e 7 sono i giri che induisti e buddisti fanno
intorno al sacro monte Kailash per purificarsi dai peccati.
7 sono i tipi di oro, le stole di Iside, le gemme preziose.
Il Buddha Gauthama individuava 7 mondi o gradi di Maya,
costituiti ciascuno da 7 cerchi di evoluzione di una catena planetaria formanti
49 (7×7) stazioni di esistenza attiva.
Nel Libro tibetano dei morti questi 49 (7×7) giorni sono
rappresentati dal segno dello Swastika (7×7), sulle corone delle 7 teste del
Serpente dell’Eternità dei misteri.
Nella mitologia indiana, al mistero dei 7 fuochi, si
accompagnano in genere le 49 (7×7) suddivisioni o 49 (7×7) aspetti del fuoco.
Inoltre 7 è sinonimo di governo dei cicli e dei ritmi della
vita umana.
Le uova di gallina si schiudono dopo 21 giorni (7×3); quelle
di anatra si aprono dopo 28 giorni (7×4); quelle di struzzo dopo 56 giorni
(7×8).
Le cagne generano dopo 63 giorni dalla fecondazione (7×9);
le mucche dopo 280 giorni (7×40).
Il ciclo mestruale che regola le funzioni dell’apparato
genitale femminile si ripete normalmente ogni 28 giorni (7×4).
Dopo il concepimento, infatti, l’embrione rimane tale per 7
settimane per poi trasformarsi in feto. Il movimento del feto umano prodotto da
questo apparato, è seguito da un periodo di 126 giorni (7×18). Il periodo di
variabilità è di 210 giorni (7×30). Quello della gestazione si conclude in 280
giorni (7×40) o, volendo usare un’ altra misura temporale, il parto avviene
dopo 7 lune nuove.
Nell’ ambito dei processi patologici umani molte malattie si
risolvono in 7 giorni.
In fase di sviluppo e crescita il bambino intorno ai 7 mesi
pone i primi denti da latte.
Ogni 7 anni completa un ciclo fisico e psico-fisico.
Il fanciullo a 7 anni ottiene i denti definitivi, a 14 (7×2)
annienta lo stadio della pubertà, a 21 (7×3) completa il suo sviluppo.
Nella natura, inoltre, il 7 denota la periodicità dei
fenomeni.
Lo spettro luminoso viene diviso nei 7 colori di base che
formano l’arcobaleno (rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto).
7 sono le note musicali e 7 i gradi della scala che
producono l’armonia, 7 sono i diesis e 7 i bemolle. Sommando tutti i gradi
della scala si ottiene 28 (7×3). 7 sono le chiavi musicali la cui differente
posizione sul pentagramma va a costituire il setticlavio e 7 sono i registri
vocali comprensivi di voci bianche.
Nella chimica, nella fisica e nella mineralogia il 7 è un
numero fondamentale.
In astronomia risulta che la Luna è 49 (7×7) volte più
piccola della Terra e compie i suoi cicli in un periodo di 28 (7×4) giorni.
7 sono i veli della danza, le chiavi dell’Universo, le porte
del sogno, i gangli spinali, le ghiandole endocrine, i livelli degli elettroni
attorno al nucleo.
I Romani nel recinto della città, che sarebbe diventata la
capitale del mondo antico occidentale, non ammisero che 7 colline conosciute
come i “Sette Colli” (Capitolino, Esquilino, Palatino, Quirinale, Viminale,
Celio e Aventino) e lasciando le altre fuori dalle mura. E’ stata governata da
7 re (Romolo, Numa Pompilio, Tullo Ostilio, Anco Marzio, Tarquinio Prisco,
Servio Tuillo e Tarquínio il Superbo). La leggenda vuole, poi, che la città
divenne “eterna” per 7 oggetti ivi condotti perché di buon auspicio: l’ago di
Cibele (una pietra nera adorata in Asia minore); la quadriga donata dalla città
di Veio; le ceneri di Oreste, figlio di Agamennone; lo scettro di Priamo, re di
Troia; il velo di Ilione; la statua di Atena Pallade; i dodici scudi Ancili.
Roma è, inoltre, la città delle 7 Chiese (le 4 Basiliche maggiori: S. Pietro in
Vaticano, S. Giovanni in Laterano, S. Maria Maggiore, S. Paolo fuori le mura –
e le 3 Basiliche minori di S. Sebastiano sull’Appia, S. Croce in Gerusalemme e
S. Lorenzo fuori le mura).
Costantinopoli, la seconda capitale dell’impero, quello
d’Oriente, venne anch’essa costruita su 7 colline.
Secondo gli antichi misteri religiosi, le dolorose vicende
dell’anima, al fine di sfuggire all’amplesso della materia e tornare a
congiungersi e sommergersi nella plenitudine dell’Essere Sommo, si compivano
per 7 gradi, dovevano risalire 7 sfere planetarie.
La lampada che brilla sulla tavola del tabernacolo è a 7
fiamme.
7 sono le Pleiadi, le costellazioni celesti che sono
espressione di questi principi eterni. 7 sono anche le stelle che compongono
l’Orsa Maggiore ed altrettante quelle che formano l’Orsa Minore.
Giuseppe, spiegando in Egitto i sogni del Faraone, parlò di
7 vacche grasse e di 7 vacche magre.
7 sono i dormienti; 7 i dolori di Maria Vergine con il cuore
trafitto da 7 spade.
Nel Medioevo le Arti e le Scienze Muratorie venivano divise
in due gruppi: un trivio, detto letterario, di tre “discipline propedeutiche”
quali grammatica, logica, e retorica ed un quadrivio, detto scientifico,
composto di quattro “scienze fondamentali” quali aritmetica, geometria, musica,
astronomia. Queste 7 discipline venivano sintetizzate in sette parole: Lingua
(Grammatica), Ratio (Logica), Tropus (Retorica), Numerus (Aritmetica), Angulus
(Geometria), Tonus (Musica) e Astra (Astronomia).
7 sono le lettere dell’alchemico V I T R I O L: Visita, Interiora,
Terrae, Rectificando, Invenies, Occultam, Lapidem: visita l’interno della terra
(il proprio intimo, la Psiche) e rettificando scoprirai la pietra nascosta (e
indagando troverai la tua intima essenza o Vera Volontà).
Lascio a voi le riflessioni e le interpretazioni del caso.
L’unico spunto che mi permetto di proporre deriva dalla considerazione che se facciamo astrazione dai concetti matematici e di computo in generale, senza perdere di vista la “struttura matematica della realtà”, possiamo osservare come ciò per noi rappresenta fondamentalmente un valore, una misura o la combinazione di altri elementi, nella sua radice più intima e remota, esso appaia più come una forma di unità, di origine o derivazione fine a se stessa, manifestando un valore archetipico, da cui tutto scaturisce e attraverso il quale tutto “transita”; una “unità” estranea ai nostri concetti matematici, che non rappresenta il valore più basso di una data serie ma quello più rappresentativo e creativo!
Sin
dai tempi più remoti vi sono stati Uomini che hanno indagato i misteri
dell’Universo,che hanno avuto un rapporto abbastanza diretto con il sole ed i
suoi movimenti, sforzandosi di scoprire le leggi che regolano la meccanica
celeste ritenute il modo di esprimersi del disegno divino, che hanno cercato di
rendersi conto del perché del loro essere e che hanno trasmesso le nozioni
acquisite a pochi selezionati discepoli degni della conoscenza. Sorgevano così
le scuole iniziatiche, dove i neofiti, nel silenzio e nella riflessione
venivano portati ad assimilare studi teologici e scientifici, per pervenire,
mediante l’uso della ragione, alla verità.
Queste Scuole diventarono così depositarie del patrimonio culturale e spirituale
degli uomini delle generazioni precedenti, che avendo compreso come esorcizzare
la Morte, tramandarono agli adepti attraverso una ininterrotta tradizione quei
contenuti filosofici e scientifici, non svelabili, ma rivelabili attraverso il
linguaggio simbolico. Secondo Guénon, la Tradizione è una dottrina di ordine
intellettuale, riferibile ad un Principio o a dei Principi primi, che si
trasmette iniziaticamente in forme diverse.
Gli antichi egizi veneravano il Dio Arpocrate figlio di Iside e Osiride che
veniva rappresentato con sembianze giovanili,mentre teneva un dito sulle labbra
ad intimare il silenzio. Plutarco nella sua opera “Iside e Osiride”
ci fornisce alcune interessanti notizie su questo Dio mettendole in relazione
con le fasi del moto apparente del sole. Infatti ci narra che Iside apprese di
essere incinta nel mese di Faofi, cioè nel periodo dell’equinozio d’autunno,
partorì in coincidenza del solstizio d’inverno, e che gli egiziani tenevano in
gran conto Arpocrate festeggiandone i natali nell’equinozio di primavera e
offrendo legumi nel mese di Mesore, dopo cioè, il solstizio d’estate.
Anche
le tradizioni iniziatiche attuali tengono in grande considerazione le
ricorrenti situazioni astronomiche ed astrologiche. La religione Cattolica,
festeggia la nascita di Cristo nel periodo del solstizio d’inverno, indicando
così, come gli Egizi fecero con Arpocrate, il simbolo della luce sorgente dalle
tenebre. Lo stesso interesse viene manifestato per questo evento astronomico
dai Liberi Muratori che annettono grande importanza all’alternarsi delle
stagioni e dei cicli ai quali viene sottoposta la natura.
Il
gesto del silenzio fatto da Arpocrate ha indotto Plutarco a ritenerlo Dio del
Silenzio e custode delle espressioni di culto iniziatico dedicato ai vari Dei.
Questi culti nel mondo classico erano molto diffusi e noti con il nome di
Misteri, ricordiamo i Misteri Eleusini dedicati alle Dee Demetra e Core, i
Misteri di Samotracia, di Iside, di Mithra, di Cibele, di Dioniso,di Attis;
essi erano basati anche su tradizioni iraniche, portate a Roma da pirati della
Cilicia,oltre a quelle egiziane, e trovarono ampia diffusione, all’epoca di
Pompeo, tra i romani di alto lignaggio.
Il
comune denominatore di tutte le tradizioni iniziatiche era ed è l’esoterismo,
cioè il complesso di miti, credenze, dottrine, riti, culti che non sono
destinati al grande pubblico, ma solo ad un certo numero di adepti, ai quali si
richiede di essere liberi da condizionamenti o imposizioni che li
costringessero a svelare i segreti del culto religioso o sapienziale, e di
applicarsi per arrivare a possedere quelle nascoste dinamiche della Legge
Universale ed Eterna che permette la realizzazione della Grande Opera (la
costruzione del Tempio Interiore),in altri termini, per pervenire alla comprensione
del Segreto Iniziatico.
I Pitagorici obbligavano gli iniziati al rispetto più assoluto del Segreto e
gravi sanzioni erano previste per chi lo violava. Si sa che Ippaco, Ipparco ed
Empedocle di Agrigento furono esclusi dall’Ordine Pitagorico per non aver
mantenuto l’impegno assunto.
Nella
Tradizione Alchemico-Ermetica, il Segreto dei Segreti è nascosto nel motto:
SOLVE ET COAGULA, per gli ebrei il segreto era la Rosa tra le spine che elevava
il popolo ebraico a popolo eletto, e i primi nove Cavalieri Templari
intrapresero il viaggio verso il Tempio di Gerusalemme per ricercare il segreto
iniziatico ebraico.
Ed anche la Massoneria come le altre società iniziatiche, custodisce il Segreto
che, purtroppo, ha prodotto diffidenze, sospetti e pregiudizi. I mass media,
per loro natura, forniscono prodotti giornalistici capaci di provocare la
curiosità dei lettori; e cosa c’è di meglio che parlare della segretezza della
Massoneria relativa tanto ai suoi Membri, quanto alle attività, condizionando,
così, l’opinione pubblica con campagne di spettacolarizzazione e di astiosità!
Confondendo artatamente il Segreto massonico con la segretezza e con la
riservatezza secondo l’equazione “Massoneria uguale segretezza”, si
alimenta il sospetto che i massoni agirebbero per il proprio tornaconto ai
danni della comunità, creando all’interno delle Logge, organizzazioni
corruttrici ed affaristiche, lobbies economiche, poteri occulti così potenti da
influire sulla vita politica, amministrativa e giuridica delle Istituzioni pubbliche.
Malgrado lo sforzo del Grande Oriente d’Italia di promuovere convegni e
pubblicazioni al fine di chiarire all’opinione pubblica che la Massoneria è un
Ordine universale iniziatico la cui unica finalità è il perfezionamento
dell’Uomo, e non i problemi connessi con l’organizzazione della Società che
competono allo Stato e agli Enti dove si concentra il potere pubblico, ancora
qualcuno continua a parlare di segretezza della Massoneria.
Ritengo
pertanto opportuno, ritornare ancora una volta sulla differenza tra Segreto
massonico, segretezza e riservatezza.
La Costituzione della Repubblica Italiana tratta il diritto di associazione con
l’Art.18, che Alcide De Gasperi, pare, lo abbia inizialmente formulato contro
la Massoneria e soltanto l’intervento di Fratelli americani lo indusse a
modificarne le finalità; esso così recita: “I cittadini hanno diritto di
associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai
singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che
perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di
carattere militare”. Mentre il primo comma sancisce il diritto di ogni
cittadino alla libertà di associazione, senza autorizzazione alcuna, il secondo
comma pone dei paletti a tale diritto, proibendo, tra l’altro, le associazioni
segrete. La legge 25 gennaio 1982 n. 17, nota comunemente come legge Spadolini
– Anselmi, all’art. 1 così recita: “Si considerano associazioni segrete,
come tali vietate dall’art.18 della Costituzione, quelle che, anche all’interno
di associazioni palesi, occultando la loro esistenza ovvero tenendo segrete
congiuntamente finalità e attività sociali, ovvero rendendo sconosciuti, in
tutto o in parte ed anche reciprocamente, i soci, svolgono attività diretta ad
interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di
amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici
anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse
nazionale”. Ciò significa che la segretezza di una associazione, perché
possa provocare l’intervento dell’autorità giudiziaria deve tenere segrete
finalità e attività sociali e deve perseguire il fine illecito di interferire
sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali e di amministrazioni
pubbliche. La libertà di associazione è, quindi, un diritto costituzionale che
un soggetto privato può esercitare per realizzare sue finalità. In base a tale
diritto sono sorte tante associazioni di categoria: l’ordine degli avvocati,
dei medici, dei giornalisti, degli ingegneri ecc. ai cui soci spesso è fatto
obbligo di mantenere il segreto. Appare, quindi, normale che un medico o un
avvocato sia vincolato al segreto professionale, un sacerdote a quello del
confessionale, un magistrato a quello istruttorio e così via. Non si capisce,
allora, quali sospetti possa destare il Segreto massonico, a meno che lo si
voglia far credere una specie di “omertà mafiosa” per poter così
definire la Massoneria un’associazione segreta e pericolosa. In effetti la legge
Spadolini – Anselmi non è sufficiente, manca ancora una chiara legislazione di
attuazione dell’art.18 della Costituzione che regoli la natura,la vita e il
ruolo delle associazioni non riconosciute.
Nell’ordinamento giuridico italiano hanno lo status di associazioni non
riconosciute (art.36 C.C.), oltre alla Massoneria del G.O.I., tutti i partiti
politici, le confederazioni sindacali, la Confcommercio, la Confindustria, i
club service Rotary e Lions, l’Azione Cattolica, l’Opus Dei e le loro
Costituzioni sono depositate presso i Tribunali,in particolare la Costituzione
e gli altri documenti storici inerenti la funzione del G.O.I. sono depositati
presso il Tribunale di Roma.
E’
vero che il Neofita presta una promessa solenne di mantenimento del silenzio
più assoluto su tutti i particolari relativi alle prove subite durante
l’Iniziazione e conferma questa promessa durante le cerimonie di passaggio al
grado di Compagno d’Arte e al grado di Maestro impegnandosi, stavolta, a non
rivelare i segreti che verranno confidati nemmeno ai Massoni di grado
inferiore. E continua a fare promesse solenni di mantenimento dei Segreti
quando viene ammesso nei Corpi Massonici Rituali. E sono tutte promesse
prestate in forma solenne, alla presenza del Grande Architetto Dell’Universo,
con la mano posta sul Libro della Legge Sacra, e sul proprio onore di uomo,
senza equivoci e riserve mentali, né segreti pensieri, invocando pene severe
qualora mancasse alla parola data. Ed ancora, promette di mantenere il segreto
sui Lavori Rituali compiuti alla fine di ogni tornata di Loggia. E negli
Antichi Doveri, al titolo sesto riguardante il comportamento, il paragrafo 4
(Comportamento in presenza di estranei non Massoni ) così recita: “Sarete
cauti nelle vostre parole e nel vostro portamento affinché l’estraneo più
accorto non possa scoprire o trovare quanto non è conveniente che
apprenda…” e il paragrafo 5 ( Comportamento in casa e nelle vicinanze )
raccomanda di non lasciare che la famiglia, amici e vicini conoscano quanto
riguarda la Loggia. Ma nessuna di queste promesse solenni contiene elementi che
possano determinare conflitti con le leggi dello Stato Italiano o
incompatibilità con il giuramento di fedeltà allo Stato che i pubblici
dipendenti debbono prestare all’atto della loro assunzione in servizio.
Il
Segreto Iniziatico non riguarda la Libera Muratoria, che non ha segreti, ma il
Libero Muratore; esso è di natura spirituale, ed è dovuto all’energia che
scaturisce dall’esercizio iniziatico che ogni Massone svolge in Loggia
lavorando la sua pietra grezza, usando ed interpretando i simboli e con
l’apporto degli altri Fratelli scopre quel “quid” che gli fa capire
l’uomo, l’umanità, la natura, in altri termini trova la Luce sapienziale. Il
fratello Giovanni Pascoli disse che l’unico fine che hanno i Massoni é
“quello di promuovere l’umanità del genere umano”.
Questa
esperienza sovrasensibile legata all’insorgere di emozioni e sentimenti destati
da ricerca interiore, fatto intimo che deve restare circoscritto al campo
dell’esoterismo, e quindi impossibile a trasmettere, è il Segreto che ogni
Libero Muratore porta nella sua anima, e che, sconosciuto a tutti, diventa
accessibile a chi riesce a scoprire la strada della propria elevazione mentale
e spirituale. Il Fr. Giacomo Casanova a proposito del Segreto diceva:
“Coloro che entrano nella Massoneria solo per carpirne il Segreto, possono
ritrovarsi delusi: può infatti accadere loro di vivere per cinquant’anni come
maestri massoni senza riuscirvi. Il mistero della Massoneria, é per sua natura
inviolabile: il massone lo conosce solo per intuizione, non per averlo appreso.
Lo scopre a forza di frequentare la Loggia, di osservare, ragionare, dedurre.
Quando lo ha conosciuto , si guarda bene dal far parte della scoperta a
chicchessia, sia pure il migliore amico massone, perché se costui non è stato
capace di penetrare il mistero, non sarà nemmeno capace di profittarne se lo
apprenderà da altri. Il mistero rimane sempre tale”. E il Fr. William G.
Houck sulla rivista <The Royal Arch Mason> scriveva nel 1997: “La
Libera Muratoria è un’organizzazione che presenta molti segreti in ogni aspetto
del suo essere. Questi segreti si sono tramandati dall’antichità, e risalgono
ad un’epoca che è conosciuta come il Periodo dei Re. Durante quel tempo, i
grandi re del mondo antico possedevano tremendi poteri. Essi governavano per
diritto divino, affermando che la propria sovranità era loro accordata
direttamente da Dio stesso. Questi sovrani conoscevano e praticavano segreti
che davano un grande potere, sufficiente a governare su regni e principati. Al
giorno d’oggi, dopo tanti secoli, noi Liberi Muratori, allo stesso modo,
conosciamo tali potenti segreti, ma non scegliamo di usarli per governare sui
regni, ma piuttosto su noi stessi. Il primo segreto è quello relativo al Coraggio.
Coraggio in tutto ciò che facciamo. Nel coraggio delle nostre convinzioni sta
il valore. Mantenere sempre le nostre convinzioni, non esitare né tradire mai
ciò in cui crediamo. Arrenderci a coloro che si oppongono a noi significa
perdere la nostra identità. Il secondo segreto concerne l’Onore. Quando onori
gli altri, tu rendi omaggio a te stesso. Se umili te stesso nel servire gli
altri, allora grande sarà il rispetto che tu riceverai. La più grande funzione
dell’onore è data dal guidare gli altri. Guidare gli altri è un onore verso
tutto ciò in cui tu credi. Il terzo segreto è quello del Dovere. Dovere prima
verso Dio, poi al tuo paese, alla tua famiglia, al tuo vicino e infine verso te
stesso. Sii fedele al tuo dovere e non dimenticare l’obbligo verso la tua fede.
Difendi la tua fede, pratica la tua fede, celebra la tua fede e sii sempre
conscio del tuo dovere. Il quarto è quello della Dignità. In qualsiasi posto tu
sia e qualsiasi cosa tu faccia, tieni sempre a mente ciò che rappresenti. Non
abbassarti mai degradando la tua dignità. Tu sei uno strumento di
comunicazione. Definisci tutto ciò in cui credi e battiti per esso. Non tradire
mai in nessuna occasione ciò che tu rappresenti, così facendo perderai infatti
la tua dignità. I grandi re del passato conoscevano tali segreti e li usarono
con successo per governare sui loro regni. Tu puoi usare quei segreti per
governare sul regno della tua propria vita. Se lo riuscirai a fare, allora
avrai il diritto di essere il compagno di quei re”.
Sulla
base di quanto detto, si deve escludere che la Massoneria possa essere
qualificata come associazione segreta, perché, come ho già detto, sono note le
sue finalità e attività sociali altamente umanitarie , la sua Costituzione
vigente è depositata presso il Tribunale di Roma, é nota l’ubicazione delle
Officine e perché è possibile consultare ,su richiesta motivata dall’autorità
giudiziaria , gli elenchi nominativi dei “soci” , ai quali si
richiede all’atto dell’ammissione l’impegno di essere sempre leali servitori
dello Stato. Essa tuttavia, proprio perché associazione di uomini che esprimono
comuni sentimenti di fratellanza, privilegia la riservatezza, diritto
inalienabile di ogni uomo che vive in un paese libero a salvaguardare la sua
vita privata da quella pubblica, sempre beninteso che nella sua sfera privata
non persegua fini illeciti. L’art. 6 della già citata Legge Spadolini – Anselmi
tutela la riservatezza delle associazioni e quella dei singoli soci abrogando
gli articoli 209 e 212 del Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza che
facevano obbligo, il 209, alle associazioni di fornire, dietro richiesta,
all’autorità di Pubblica Sicurezza gli atti relativi all’ordinamento interno e
gli elenchi nominativi dei dirigenti e dei singoli soci, e il 212 ai funzionari
e agli impiegati militari e civili dello Stato, qualora ne erano richiesti, di
dichiarare la loro appartenenza ad associazioni o enti al Ministro competente
per i dipendenti statali, al Prefetto per gli impiegati degli enti pubblici.
L’ ingerenza nella riservatezza delle associazioni o dei singoli soci, può
avvenire non più ad opera dell’esecutivo, ma soltanto “per atto motivato
dall’autorità giudiziaria”.
Sic
stantibus rebus, in assenza di una chiara legge sulle associazioni, é rimasto
nelle mani della magistratura il potere di dichiarare quali associazioni
travalichino la Costituzione Italiana e vadano messe fuori legge. Così nel 1992
il procuratore della Repubblica di Palmi, sua sponte, ha avviato una mega
inchiesta su tutte le massonerie italiane, e successivamente la Corte Suprema
di Cassazione ha sentenziato la possibilità di ricusazione del giudice, se è
massone.
Negli
ultimi anni più volte il potere politico ha ignorato della Legge Spadolini –
Anselmi:
1) 4 novembre 1992: il Consiglio Regionale della Sicilia, preoccupato dalle
insidie tese dalla piovra Massoneria, approva la mozione “…che invita il
Presidente della Regione a sottoscrivere e a far sottoscrivere ai deputati, ai
membri della Giunta di Governo, ai dirigenti, ai funzionari dell’Assemblea
Regionale Siciliana, nonché agli amministratori di enti dipendenti o sottoposti
al controllo della medesima regione, dichiarazioni sostitutive di atto di
notorietà, attestanti la non appartenenza alla Massoneria, ovvero l’indicazione
dell’obbedienza e della loggia di appartenenza, anche se coperta”.
2)
11 novembre 1993: il Consiglio Regionale della Sardegna assume la delibera di
“ribadire immediatamente e formalmente l’invito agli Organi competenti del
G.O.I. a rendere pubblici gli elenchi degli aderenti a qualunque Loggia essi
appartengano….fermo restando che in difetto, trascorsi trenta giorni dal
ricevimento dell’odierna nota, si procederà a richiedere gli elenchi stessi
direttamente ai Presidenti dei due rami del parlamento”.
3)
24 gennaio 1994: entro questa data il Consiglio Provinciale di Firenze avrebbe
proceduto alla revoca per i rappresentanti della provincia in Enti di secondo
grado in caso di conclamata ed affermata appartenenza a Logge Massoniche.
4)
5 agosto 1996: pubblicazione della legge n. 34 emanata dalla Regione Marche che
all’art. 5 comma 2 prescrive che “gli aspiranti candidati a nomine o
designazioni in organi statutari o regionali delle Marche debbano dichiarare di
non appartenere a logge massoniche”.
Allo
stato attuale, è vigente anche la Legge 31 dicembre 1996, n. 675, per la
“Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati
personali”, emanata per garantire che qualunque operazione concernente,
tra l’altro, la comunicazione e la diffusione di informazioni relative a
persona fisica o giuridica, enti, o associazioni, si svolga nel rispetto dei
diritti, delle libertà fondamentali, nonché della dignità delle persone
fisiche, con particolare riferimento alla riservatezza e all’identità
personale. L’art. 30 istituisce il Garante, un organo collegiale costituito da
quattro membri, eletti due dalla Camera dei Deputati e due dal Senato, scelti
tra persone che assicurino indipendenza e che siano esperti di riconosciuta
competenza nel diritto e nell’informatica. L’art. 22 riguarda il trattamento
dei dati sensibili e così recita: “I dati personali idonei a rivelare
l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche, o di altro
genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od
organizzazioni a carattere religioso, politico o sindacale, nonché i dati
personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, possono
essere oggetto di trattamento solo con il consenso scritto dell’interessato e
previa autorizzazione del Garante. Tuttavia, per salvaguardare il diritto di
cronaca, l’art. 25 precisa che le disposizioni relative al consenso
dell’interessato e all’autorizzazione del Garante, non si applicano quando il
trattamento dei dati sensibili è effettuato nell’esercizio della professione di
giornalista e per l’esclusivo perseguimento delle relative finalità , purché
vengano “rispettati i limiti del diritto di cronaca, e in particolare
quello dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse
pubblico”. Al Garante il compito di promuovere l’adozione da parte del
Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti di un apposito codice di
deontologia relativo al trattamento dei dati sensibili.
Nel recente passato in nome della “trasparenza”, violando il diritto
alla riservatezza, sono stati perpetrati gravi attentati al diritto
fondamentale della libertà di pensiero e di associazione. Con l’intento
apparente di soddisfare la curiosità della pubblica opinione, la trasparenza è
stata, in effetti, utilizzata per eliminare gli avversari politici, i colleghi
che fossero di ostacolo alla propria carriera, i concorrenti ai posti di potere
dei quali si conosceva l’appartenenza alla Libera Muratoria, fino alla
menomazione della personalità dell’individuo massone, e ciò con buona pace
della stessa libertà di pensiero e di associazione in un paese libero e
democratico!
Lo scritto che presentiamo ai nostri Ospiti, è opera d’ingegno del
Fratello Moreno Neri ed è presente nel sito ufficiale del Rito Simbolico Italiano
all’indirizzo Web:http://www.ritosimbolico.netIl Web Maestro, contattato, ha con squisito
gesto di generosità autorizzato Montesion a riproporre il documento. A Lui i
nostri più sinceri ringraziamenti.
Gesù disse:
“Indicami la pietra respinta dagli edificatori! Essa è la pietra
d’angolo”.Questo è uno dei detti del Vangelo di Tomaso, uno dei codici in lingua
copta contenenti i testi gnostici noti come i Testi di Nag Hammadi – circa
una cinquantina – scoperti nel 1945 e cominciati ad essere pubblicati e
diffusi solo nel 1972.La figura dell’apostolo Tomaso è estremamente interessante dal punto di
vista della simbologia massonica. Innanzitutto il suo nome completo, riportato
nella titolatura del testo, Didimo Giuda Tomaso, e “didimo” in
greco ha il significato di “doppio, gemello”, così come Tomaso in
aramaico significa “fratello gemello”. Tomaso è anche, come viene
ripetutamente affermato nel vangelo gnostico e in tutti i testi apocrifi a
lui attribuiti, il depositario di segreti e misteri, proprio grazie a questa
fraternità perfetta, che gli ha permesso di conoscere la divinità e quindi se
stesso, come ci spiega il testo di Nag Hammadi.E infine le leggende narrano che Gesù risorto gli ricordò la
fratellanza e lo vendette per trenta denari come architetto a un ricco
indiano.Non c’è dubbio che questi elementi, contenuti in uno scritto
dichiaratamente esoterico e nelle connesse leggende, e che sono, fra l’altro,
la pietra d’angolo, la fraternità perfetta, il segreto, l’architettura,
creino in noi Massoni particolari risonanze.Tanto che qualche Fratello come Bernard E. Jones in Guida e Compendio
per i Liberi Muratori ha sostenuto che San Tomaso avrebbe più diritto dei due
San Giovanni di essere considerato il patrono dei muratori e degli
architetti, sulla base non del testo gnostico, reso noto – come si ricordava
-solo di recente, ma perché l’apostolo, nelle sue rappresentazioni
iconografiche medioevali, ha come insegne la squadra o il regolo o, talvolta,
la stessa pietra. Tant’è che in sede ecclesiastica è il patrono dei geometri,
dei muratori e dei tagliapietre. Va anche osservato che in alcune località
l’apostolo viene venerato il 21 dicembre, nel solstizio d’inverno.Tornando alla pietra d’angolo, diciamo che si tratta di un’espressione
storicamente d’origine ebraica (Isaia, 28,16-17):Pertanto, così parla il Signore Jahve:“Eccomi, io pongo una pietra in Sion,una pietra scelta,angolare, preziosa, da fondamento;chi vi crede non vacillerà.Io dispongo il diritto come misurae la giustizia come livella.Dunque, uno, tra gli altri, dei suoi originari significati è l’immagine
applicata al capo, al condottiero che tiene insieme un popolo.Ma ancor più suggestiva è la cabalistica Zohar, che citando i Salmi (118,
22) che sono il testo più antico nel quale rinveniamo il detto di Tomaso,
così lo commenta:La pietra scartata (cioè quella che si è staccata dal trono di Dio ed è
precipitata nell’abisso) dai costruttori (e cioè dalle Sefirot dell’edificio
cosmico) è diventata pietra d’angolo (cioè fondamento del mondo).Il medesimo concetto, ricordato dal Cristo, ritroviamo anche nei
Vangeli canonici del Nuovo Testamento (Matteo, 21,42):La pietra che hanno scartato i costruttori,questa è diventata capo d’angolo.Questa è l’opera del Signore,ed è meravigliosa agli occhi nostri.Come pure, con analoghe parole, in Marco (12, 10), Luca (20, 17) e
negli Atti (4,11):Egli è la pietra,
disprezzata da voi costruttori, diventata capo d’angolo.Ancora in San Paolo (Epistola agli Efesini, 2, 20) in cui Cristo è la
pietra angolare su cui si fondano apostoli e profeti e su tale fondamento
s’inseriscono come pietre vive i cristiani in una costruzione ben allestita
che cresce come un tempio santo.Ma solo nel Vangelo di Tomaso,- un vangelo apocrifo ritenuto scomparso
fino al rinvenimento nel 1945 della giara in un sepolcro di una località
dell’Egitto in cui era contenuto assieme a una raccolta di papiri gnostici ,
nascosti nel IV sec. d.C. (ma il cui originale testo risale allo stesso
periodo dei vangeli canonici e cioè il 70-90 d. C.), perché condannati come
“eretici” e quindi sistematicamente eliminati come se
racchiudessero segreti potenzialmente pericolosi per la Chiesa costituita – solo
in esso il Maestro chiede che la pietra d’angolo gli venga mostrata. Allo
stesso modo, nel rituale d’iniziazione, il Maestro Venerabile chiede al
Fratello Esperto di mostrare la pietra grezza al Neofita e di insegnargli il
suo lavoro di Apprendista. Forse, a dimostrazione che, nonostante la
devastazione sistematica di un esoterismo – esseno e di probabile origine
egiziana -, echi di questa tradizione sono stati conservati e trasmessi dalle
società iniziatiche. Già Eugène Canseliet, l’allievo di Fulcanelli, nel suo L’Alchimia
parla, non a torto, di una precisa eredità magico – alchemica nel simbolismo
rituale del protocristianesimo. Del resto lo stesso Talmud – come ci
riferisce Ėliphas Lèvi – racconta che Gesù Ben-Sabta (che significa Figlio
della Separata,. o della Vedova, e quindi Figlio di Iside, la vedova o
separata per antonomasia intenta alla ricerca delle parti del corpo smembrato
del suo sposo Osiride), dopo aver studiato i misteri in Egitto, “innalzò
in Israele una falsa pietra angolare e trascinò il popolo nell’idolatria”.L’espressione simbolica della pietra d’angolo ha comunque un duplice
significato: è la pietra posta a fondamento di una costruzione, che unisce e
rende stabili due muri al loro punto d’incontro, ma è anche la pietra
angolare che non sta nelle fondamenta, ma, al contrario, sulla sommità dove
completa l’edificio e al contempo lo tiene unito. E’, analogicamente, l’alfa
e l’omega, il principio e la fine, la pietra grezza e la pietra digrossata,
l’apprendista e la pietra cubica, l’Uomo che aspira a trasformarsi
ritualmente in Tempio, proiezione su scala microcosmica dell’Universale
Tempio.Il medesimo concetto esprime San Pietro nella Prima Epistola (2, 5):E voi stessi come pietre
vive costruitevi a somiglianza di un tempio spirituale, così da formare un
santo sacerdozio e per mezzo di esso offrire sacrifici spirituali.Ma ancora più vicine al linguaggio adoperato da noi Massoni sono le
parole di Sant’Agostino:Le pietre vengono
estratte dalla montagna dai predicatori della verità per venire poi
squadrate, affinché possano inserirsi nel Tempio eterno. Al momento molte
pietre sono nelle mani dell’Artefice; voglia il cielo che nessuna di esse
cada dalle sue mani, affinché ciascuna acquisisca il giusto formato che le
consentirà d’integrarsi nella costruzione del celeste edificio.O quelle del poeta latino Prudenzio, che la leggenda vuole iniziato
alla Libera Muratoria, e che asserisce che il fatto immortale è la Pietra:Sí, l’angolo edificato
con questa pietra, tanto dispregiata dai costruttori, permarrà nei secoli dei
secoli. Oggi è la chiave di volta del Tempio. Ed è essa che mantiene la
coesione delle pietre nuove.Ancor più vicino a noi Fulcanelli che nei suoi testi ci spiega che uno
dei significati della pietra angolare è la Prima pietra, la materia iniziale della Grande
Opera. Umanizzata a Notre Dame di Parigi sotto le spoglie di Lucifero ( il
portatore di Luce, la stella del mattino), la statua veniva popolarmente
chiamata “Mastro Pietro del Cantone”, appunto la pietra maestra del
cantone, la pietra d’angolo.Quella materia come ci spiega un testo alchimistico del 1526 che:“è familiare a tutti gli uomini, giovani e vecchi, la si trova
nelle campagne, nel villaggi, in città, in tutte le cose create; eppure tutti
la disprezzano. Ricchi e poveri l’hanno per le mani tutti i giorni. Le donne
di faccenda la gettano tutti i giorni per strada. I bambini ci giocano.
Eppure nessuno dà valore ad essa, che nondimeno è molto vicina all’animo
umano, è la cosa più bella e ricca che ci sia sulla terra ed ha il potere di
abbattere re e principi. Eppure di tutte le cose della terra è stimata la più
bassa e la più spregevole”.E, poi, non possiamo non menzionare le pagine, numerose e profonde, che
alla pietra angolare ha dedicato René Guénon. In esse si osserva quella
applicazione dell’analogia fra il principio e la fine, fra il primo e
l’ultimo, tra microcosmo e macrocosmo, e che lo portano a concludere che:“la costruzione rappresenta la manifestazione nella quale il
principio appare solo come il compimento finale; e proprio in virtù di questa
analogia la ‘prima pietra’, o la ‘pietra fondamentale’ può essere considerata
come un ‘riflesso’ dell’‘ultima’ pietra, che è la vera pietra angolare”.Questa pietra inoltre viene disprezzata e gettata tra i rifiuti perché
per così dire simbolicamente non si è ancora passati dalla squadra al
compasso. Ulteriori speculazioni possono sorgere dal fatto che forma quadrata corrisponde alla terra e
quella circolare al cielo e che nel nostro simbolico edificio avremo quattro
pietre d’angolo squadrate a fondamento e una pietra circolare o semi
circolare che sarà la chiave della cupola o della volta. La figura geometrica
ottenuta sarà quella della piramide, nella quale i quattro spigoli laterali
procedono verso il vertice e viceversa emanano da esso. Chi come noi Massoni
è addestrato alle correlazioni architettoniche con quelle alchimistiche vi
vedrà immediatamente la corrispondenza tra i quattro elementi e la
“quintessenza”, per cui in architettura il compimento dell’opera è
la “pietra angolare”, in alchimia è la “pietra
filosofale”. O anche vi vedrà, avvicinandosi alle antiche
cosmogonie,come nella mitologia greca, le pietre gettate dietro il capo, e
cioè le ossa dell’Antica e Grande Madre, della Madre Terra, da Deucalione e
Pirra, unici superstiti scampati sull’arca dal diluvio universale che
annientò la stirpe dell’età del bronzo. Pietre che si tramutarono in uomini e
donne e per questa ragione, come ci narrano Apollodoro e Ovidio nelle Metamorfosi,
gli uomini vennero metaforicamente chiamati popoli (laoì) dalla parola làas,
pietra, perché il genere umano è duro ed “esperto” nelle faticose
opere. O, ancora, la pietra occulta della formula iniziatica esoterica
V.I.T.R.I.O.L. del Gabinetto di Riflessione, già presente nei testi alchemici
di Basilio Valentino.Ricordiamo l’alchimista Angelus Silesius che nel 1657 assicurava:“La tua pietra, o chimico, è nulla; io possiedo la pietra
angolare, la mia tintura aurea, pietra di tutti i savi”.Infine come dimenticare che questa pietra disprezzata, è in realtà
preziosa e rammenta quindi la pietra del Graal del Parzival di Wolfram von
Eschenbach: il lapsit exillis, interpretabile come la pietra discesa dal
cielo – lo smeraldo caduto in terra dalla corona di Lucifero -, custodita da
templari eletti. Per quelle coincidenze che possono apparire strane solo al
mondo profano, anche Parzival è “il figlio della signora rimasta
vedova”, come il Gesù, prima ricordato, del Talmud, e, soprattutto, come
Hiram Abiff, architetto del Tempio di Salomone, “figlio di una
vedova”(Re, 7, 14). D’altronde, secondo i più recenti studi letterari e
antropologici, il testo di Wolfram, tra i vari dedicati al Graal, è quello
che più risente di influssi orientali e gnostici, ed è il primo che descrive
il Graal come una pietra. L’origine gnostica del Parzival era stata
individuata da diversi studiosi di esoterismo già nell’Ottocento e, dal
Settecento fino ai giorni nostri, ritorna continuamente l’ipotesi, sotto
varie congetture, che i Templari fossero venuti a contatto con forme
superstiti della Tradizione, divenendo detentori di una dottrina che si era
dovuta soffocare, attraverso il processo all’Ordine, per non mettere a
repentaglio la sopravvivenza della fede cattolica.Ma qui cerchiamo di fermarci, anche perché come rileva Guénon, quello
della pietra d’angolo è un argomento veramente inesauribile, e anche,
aggiungerei, perenne fonte di accostamenti, risonanze e intuizioni in chi sta
compiendo un architettonico lavoro interiore di individuazione e trasmutazione.Oggi ancor più inesauribile, considerato che uno dei doni dei nostri
tempi, assieme a tanti segni nefasti, è la possibilità di conoscere altre
Tradizioni e di accostarle alla nostra Tradizione occidentale, basata sulla
simbologia dei costruttori. Trovando, quindi, quelle corrispondenze che
confermano l’unicità della Tradizione indipendentemente dalle forme da Essa
assunte in diversi punti storici e geografici.A me dà un particolare senso, di maggiore energia nel mio lavoro di
elaborazione, scoprire che il Tao, nato sotto il cielo dell’Estremo Oriente
e, storicamente, diversi secoli prima di Cristo e duemila anni prima degli
alchimisti del XVI e XVII secolo, corrisponde alla nostra pietra d’angolo e
alla nostra Prima Materia.E’ infatti comune tradurre Tao con le parole “via, sentiero”.
Ma più precisamente l’ideogramma cinese, che ha sempre un significato
simbolico, è composto dal segno di “andare” e da quello di
“capo, punto elevato”, cioè la nostra pietra d’angolo, nascosta e
perciò non riconosciuta, ma che, correttamente percorsa la via, diverrà la
pietra chiave di volta.Una fra le descrizioni del Tao infatti somiglia, con grande
suggestione, alla nostra pietra; le sue parole che lascio alla meditazione
dei Fratelli sono queste:Il grande Tao arriva alla sua meta in silenzio e
senza fare rumore.Nutre diecimila esserieppure non è il sovrano.Non ha scopo; è molto piccolo.I diecimila esseri tornano ad essoeppure non è il sovrano.E’ molto grande.Non manifesta la sua grandezzae per questo motivo è veramente grande.Possiamo convenientemente accostare l’ideogramma cinese alle più
antiche raffigurazioni di Ermes, la divinità accompagnatrice delle anime, una
pietra quadrata sormontata da un fallo agli angoli delle strade, nei
crocicchi, ad indicare la via, e che ritroviamo nella civiltà indù come linga,
pilastro di forma fallica, simbolo di Shiva, qui nella funzione di generatore
di vita, e che simboleggia la forza creatrice divina e maschile e anche
l’asse del mondo, che collega il cielo e la terra, il sostegno supremo di
tutte le cose dell’universo.Avvicinarlo al lapis niger, che i Romani ponevano all’inizio della Via
Sacra; ancora alla Haggiad-el- essored, la pietra nera dell’Islam,
probabilmente un meteorite, incastonata nell’angolo orientale della Ka’ba o Beit-Allah,
la Casa di
Dio, alla Mecca, il cui pellegrinaggio, nel profondo significato arabo,
indica “aspirazione” ed è il simbolo del passaggio alla vita
immortale. L’arabo Beit-Allah traduce l’ebraico Beet-El, il betilo di
Giacobbe, la pietra del fulmine, anch’esso luogo d’incontro tra cielo e
terra, il potere di ciò che frantuma e spacca. Correlarla, ancora, a Notre
Dame, alla Madonna Nera, cui erano particolarmente devoti i Templari, e che è
tra i nomi metaforici dati alla prima materia alchemica, che opportunamente
trattata diverrà materia prima.Oggi, per quel grande dono già ricordato che la nostra epoca ci dà per
chi lo sa cogliere, possiamo conoscere anche la Tradizione dei Sioux,
o meglio dei Lakota, un popolo che ha saputo vivere in un mondo di simboli e
in cui la spiritualità e la vita quotidiana erano un tutt’uno. Si pensi solo
che Tradizione si traduce con lakol wico’han, che significa “la vita /
rito di tutti giorni”, dove quindi Uomo e Cosmo non sono differenti tra
loro, dove la Natura
non è una cosa o un dio, ma spirito ed energia, e quindi la via Sioux, lakol
wico’han, è anche definita wico’han wakan, un opera sacra, misterica, nel
senso di ciò che è incomunicabile con la parola. Il Sioux considerava il
mondo un mistero e se stesso un mistero nel mistero. Il mistero è Wakan, lo
Spirito, o meglio un Energia – Mistero. Wakan Tanka è, appunto, il Grande
Mistero, ma è anche “il centro di tutto” ed è simboleggiato dalla
corda che lega tra loro i pali del tipì, della tenda, pari perciò per
funzione alla nostra pietra di volta qui adattata alla loro pratica
edificatoria, ma è anche tutto e dappertutto. In principio il Grande Mistero,
Wakan Tanka, era Inyan, la cui traduzione (immagino che non sia difficile
indovinarla) è la pietra, la nostra pietra di fondamento. Inyan è la pietra
di fondamento e Tunka è l’avo di tutte le cose; Wakan Tanka, è tunkasili,
l’uomo primigenio; identico quindi all’Adam Kadmon della Cabala e al Vero
Antenato del Taoismo. Inyan, sotto forma di Tunka, era il fondamento dei più
importanti riti degli indiani delle Grandi Pianure. Naturalmente Tunka è la
pietra caduta dal cielo, la pietra del fulmine. Qui dipinta di rosso e
sacralmente orientata a Occidente, mentre i riti iniziatici erano tenuti
dalla Società della Pietra, perché ogni via sacra è comunitaria, e, grazie ai
riti, la pietra veniva permeata da un grande potere, cioè da uno spirito: il
cielo è scaturito dalla pietra (inyan) e la pietra (tunka) ritorna al cielo.Ci tramandano i Lakota:“Tunka, lo spirito della pietra, è lo spirito più antico in
assoluto, poiché è il più duro e incarna la creazione, poiché simboleggia la
virilità… i nostri antenati hanno sempre considerato tunka, inyan, cioè
pietra, wakan, cioè sacro – misterico”.La pietra è dunque l’essere antico, è senza forma e costituisce il
principio degli esseri, il loro archetipo, ma è anche l’energia che
trasforma, ciò che è potenza e ciò in cui l’uomo può trasformarsi, il
trascendente, la gnosi che tutto ciò che esiste è spirito e che ne riconosce
l’essenza onnipresente.Ne conserva un’eco, a ulteriore riprova dell’unitarietà universale e
principiale della Tradizione, un inno medioevale dell’XI secolo:Alfa e Omega, o grande Dio,Tu dirigi tutto dall’alto,Tu sostieni tutto dal basso,Tu abbracci tutto dal di fuori,Tu riempi tutto dal di dentro.In realtà questo nostro breve studio sul simbolismo della pietra in
saperi lontani nel tempo e nello spazio dal nostro asfittico Occidente, dove
unica a pulsare è la nostra Istituzione, e sulla necessaria identità tra
pietra d’angolo e pietra di volta, è incomparabilmente riassunto nella Tavola
Smeraldina di Ermete Trismegisto:“Ciò che sta in basso è simile in tutto a ciò che sta in alto e
ciò che sta in alto è simile in tutto a ciò che sta in basso e questo perché
si compiano i miracoli di un’unica cosa”.TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’. MORENO
NERI
Orvieto, Exterior of the Duomo: The Bible Relief: Boy reading, bellringer
Tubalcain
SULLA STORIA E
SIGNIFICATO
DI ALCUNI
SIMBOLI MASSONICI
NEL QUADRO
DELLA SIMBOLOGIA UNIVERSALE
Si considera
comunemente il 25 Giugno 1717 come la data di nascita della Massoneria Moderna,
quando Anderson e Desaguliers ridiedero vigore a quattro vecchie Logge
londinesi, formando una Gran Loggia che fu contestata per alcuni decenni dalle
preesistenti Gran Logge inglesi, scozzesi ed irlandesi.
La Massoneria inglese,
pur avendo nel tempo effettuato notevoli ricerche sulle origini dell’antica
Massoneria operativa, tende a considerare comunque il 1717 come effettiva data
di nascita della Massoneria, o perlomeno del loro specifico modo di considerare
la Massoneria.
È uso comune definire
la più antica Massoneria come “operativa” e quella più attuale come
“speculativa”, considerando la prima come pura organizzazione di
mestiere, la seconda come una sorta di evoluzione simbolica della prima, in cui
non era più esercitata l’arte del costruire, se non quella della costruzione
ideale della società.
Se la definizione della
attuale Massoneria si può ritenere relativamente esatta, restringere quella dei
nostri antenati ad esclusiva confraternita di mestiere è un errore da
lungo tempo corretto sul piano storico come sul piano filosofico, ma che
permane nell’opinione di molti fratelli.
La dimostrazione
dell’esistenza della concezione speculativa nella Massoneria operativa è
lo scopo di questa ricerca.
Prima della creazione
della Gran Loggia di Londra la Massoneria aveva già fatto molta strada ed
necessario dare alcuni cenni storici oggettivi, senza dimenticare i miti
e le leggende collegate alla nascita ed all’esistenza del nostro Ordine, in
quanto l’esistenza stessa di tali miti e leggende, al di là della loro
veridicità, è un’importante traccia
dell’essenzialità della
Massoneria, che, come tutte le istituzioni dell’intelletto umano, comporta
connessioni e radici, nascoste o visibili, con tutta la storia dell’evoluzione
umana. Organizzazioni di mestiere sono esistite fin dalla più remota antichità,
e, in secoli in cui gli aspetti scientifici non erano ancora scissi da quelli
mitico-religiosi, è ovvio teorizzare che tali organizzazioni avessero una
componente speculativa che organizzava analogicamente l’arte specifica con i
suoi aspetti metafisici corrispondenti.
Una vasta bibliografia,
soprattutto nel campo antropologico, etnologico, mitologico etc., sviluppatasi
in modo particolare dopo la pubblicazione del Ramo d’oro di Fraser,
opera fondamentale nel campo etnologico, potrebbe darci le pietre miliari di
questa ricerca, le cui basi sono stupefacentemente simili in ogni tempo ed in
ogni luogo, senza peraltro dimenticare che uniformità non significa affatto
unicità, e che gli attuali aspetti residui di questa organizzazione ontologica
del cosmo, in relazione a quella della società umana, rappresentano piuttosto
una degenerazione che una evoluzione.
Basti, nel limitato
ambito di questa ricerca, citare le attribuzioni mitiche che si ritrovano, sin
dalla più lontana antichità, all’arte del fabbro, che appariva misteriosa e
soggetta a sospettoso timore per le società umane agli inizi dell’età del
bronzo.
Vulcano, che appare
miticamente zoppo, non è l’archetipo di questo mitologhema, ma piuttosto una
sua tarda rappresentazione. Alcuni etnologi, alla fine del XIX° secolo,
notarono come in alcune società primitive l’arte dei metalli era considerata
così preziosa, da un punto di vista sociale, da render difficile ai suoi
artefici l’allontanarsi dalla tribù attraverso la recisione di un tendine del tallone,
e ciò produsse notevole attenzione fra gli antropologi ed i mitologi, per le
interconnessioni analogiche con i miti dell’antichità.
Il fabbro era, per i
suddetti motivi, intangibile, portatore di mana e soggetto a tabù,
attivo e passivo, da parte del gruppo sociale, esclusa, naturalmente, la
pratica della recisione rituale del tendine del piede sinistro. Tracce di
questa stessa menomazione fisica rituale, indotta traumaticamente, la
ritroviamo in molte saghe ed epiche antiche di diversissima origine geografica
e storica (Giacobbe, Sigfrido, Achille, Giasone, le Roi pecheur dei miti
graalici, lo stesso Vulcano citato, Teseo, etc..) così come lo zoppicamento
rituale
danzante, (i sacerdoti
dei Dattili del Monte Ida e dell’Egeo, i Cureti ed i Salii romani, i Coribanti,
le danze ioniche e falische, etc.) che potrebbero essere anche origine del
particolare “passo” massonico in grado di Apprendista.
Ai segni esteriori
delle prove iniziatiche, (come, ad esempio, la circoncisione, il
tatuaggio, la deformazione cranica, etc.) era connessa una valenza magica, un
segno o marchio di potere. Questa componente di sovrannaturalità connessa al segno
iniziatico di mestiere, di cui esamineremo più profondamente gli aspetti, fu
trasmessa dall’arte del fabbro a quella del muratore, forse per l’ affinità
“misterica” che agli occhi del volgo potevano avere queste due arti.
La più antica
testimonianza di questo passaggio di simbologia la ritroviamo in un libretto di
alchimia del XIV° secolo, appartenente all’ Archivio di Stato di Firenze e che
fu collazionato, all’atto del suo ritrovamento, da Gino Testi ed Arturo
Reghini. Questo libretto ha la caratteristica di riportare solo incisioni
grafiche su lamine di piombo ed il suo maggior interesse, nel nostro ambito,
consiste nel fatto che in una di queste iscrizioni ritroviamo Tubalcain, che
nel mito biblico è il prototipo del fabbro, con in mano gli strumenti
dell’arte muratoria, squadra e compasso.
Tubalcain fa parte
anche del patrimonio mitologico della Massoneria inglese perlomeno dal XVII°
secolo ed tuttora una parola di passo massonica. Questo passaggio
analogico fra differenti contesti iniziatici connessi al mestiere ha forse
origine da quello esistente fra la cosiddetta “solidificazione” delle
varie tecniche costruttive ed i primitivi “tabù” rituali ad esso
connessi.
Da un punto di vista
cultuale è noto che nell’ambito religioso vi è tendenza alla
conservazione di elementi cultuali arcaici. La primitiva arte edificativa era
basata sull’impiego del legno, ma già le più antiche prescrizioni imponevano
l’erezioni di altari solo con zolle di terra.
Le regole levitiche
dell’ Antico Testamento permisero (Deuterenomio,XVII°,5-6) la costruzione in
pietra solo in particolari casi, come l’erezione di altari, specificando però
che le pietre “non dovevano esser toccate da ferro”. Quando Israele
cessò il nomadismo, cessò anche l’ interdizione dell’uso dei metalli, escluso
quella rituale, per cui il Tempio di Gerusalemme, che aveva necessità di pietre
squadrate, fu precostruito con pietre tagliate altrove.
Comunque il Tempio
aveva numerosi accessori in metallo fra cui il famoso “mare” di
bronzo. Risulta evidente quindi il compromesso e la variazione cultuale
attraverso i tempi, in cui al culto privato del “Pater familiae”
espresso con semplicità di mezzi e con materiali transeunti si sostituisce il
culto pubblico.
Avendo questo una
nozione involuta dello spazio-tempo in termini di “eternità” e
“statiticità” e non di “ciclicità” e quindi ”
provvisorietà”, come nel mitico tempo tradizionale, solidifica
gradualmente i mezzi tradizionali del costruire, dalla terra e dal legno alla
pietra e da queste ai metalli.
L’ arte metallica di
Tubalcain viene così attraverso i tempi ammessa a quella edificatoria ed il suo
simbolismo a quello dei costruttori.
Sarebbe comunque
interessante stabilire una comparazione torica fra due caratteristiche costanti
della mentalità profana nei confronti dell’iniziazione di mestiere, che si
ritramanda, con le stesse motivazioni profonde, attraverso i secoli .
La diffidenza, sia
della massa sia delle sue organizzazioni cultuali, sociali, culturali e
politiche nei confronti dell’Artista sembra quasi un archetipo, e si accompagna
ad una incomprensione (quasi un odio) per il “segreto” che questi
afferma e tramanda.
Fondamentalmente
l’artigiano, cominciando dallo scheggiatore di selci dell’ età della pietra, ha
carattere di “individualità” e “libertà” che gli provengano
dalle sue particolari qualificazioni di abilità, dal non aver necessità di collaborazione
sociale diretta nell’esercizio del suo lavoro, dalla caratteristica solitudine
nel suo impiego; dal libero contrattare della sua propria opera che, dal punto
di vista del gruppo dei cacciatori, ad esempio, o dei coltivatori, assume
caratteri di sfruttamento dell’unico lavoro considerato tale, quello in comune;
che, d’altro canto, è quello che forma e costruisce effettivamente la
comunità.
L’asocialità e la
diversità dell’Artista , (Tubalcain era figlio di Caino) era ancor più messa in
evidenza dalla troppa familiarità con una materia considerata al tempo stesso
“sacra” ed “esecrata”, psicologicamente portatrice di
“mana” e quindi di “tabù” sociale e cultuale. E’ stato
notato dai paleontologi come la mancanza di affumicazione nelle caverne
preistoriche dotate di affreschi ne possa comprovare l’uso rituale e non
domestico da parte dei
contemporanei e, nel contempo, come l’attività cultuale e rituale abbia sempre
avuto un aspetto interiore e nascosto, nelle caverne, nelle cripte, nelle
radune solitarie nei boschi, di fronte a quella pubblico ed esteriore..
L’ esecrazione della
pietra e dei metalli nella religione primitiva ne prova ancor più la
separazione originaria fra la sua cultura di fronte a quella cosiddetta
“magica”. Lo scavare degli artigiani fra le vene minerali, per
rintracciare selci adatte, e più tardi metalli, ne connotava il carattere
infero e ctonico, quasi una domestichezza con il mondo delle ombre e del
“fuoco segreto” e nel contempo quello di detentori dei
“tesori” del mondo sotterraneo, di cui sono i temuti custodi.
Tutte le leggende
affermano la pericolosità connessa ai tesori nascosti e alle influenze sottili
dei loro guardiani (che sono entità psichiche da cui guardarsi) senza le
necessarie qualificazioni.
In termini più attuali,
la diffidenza nei confronti dell’iniziazione artigiana è di per se un
archetipo psicologico di ogni tempo e paese, sfruttato in Occidente sia dalla
religione cattolica, contraria al contesto iniziatico per logici motivi di
concorrenza metafisica e cultuale, sia, per diversi motivi, dalle sette
protestanti.
La notevole diffusione
della Massoneria nei paesi anglosassoni riformati non deve trarci in inganno,
in quanto l’Ordine ha dovuto per questo pagare lo scotto di un appoggio totale
alla casta politica dominante, assumendo deteriori caratteri conservatori che
sono la parodia e nel contempo l’esatto contrario della mentalità tradizionale.
Più o meno gli stessi
motivi stanno alla base per l’odio per il “segreto” che
caratterizza qualsiasi organismo sociale di massa. Innanzitutto è
necessario distinguere che vi è una netta differenza fra i termini
“segreto” e “Mistero”.
Il “Mistero”
è stato accettato socialmente e politicamente sin dall’età classica, in
quanto ad un certo punto della storia è stato cooptato dalla casta
dominante e gestito attraverso l’ intermediazione della casta ecclesiastica .
L’apertura dei Misteri Eleusini a tutti gli uomini liberi (ne erano esclusi
solo gli schiavi e le donne) fu un avvenimento determinante nella storia dell’
umanità, secondo solo a quello della religione cristiana, che apriva
definitivamente a tutti l’accesso ai Misteri.
Questa
democratizzazione del piano metafisico, apparentemente liberatoria, rappresenta
in realtà una vera involuzione del principio misterico. In origine il Mistero,
come reintegratore nell’uomo delle qualità divine o comunque superumane, era
aperto a TUTTI coloro che avessero delle qualificazioni individuali atti a
riceverlo, indipendentemente dalle condizioni sociali in cui si trovassero.
L’attuazione tradizionale era quindi effettiva ed operante in quanto vi era
affinità fra iniziatori ed iniziati.
L’apertura politica dei
Misteri Eleusini rendeva questa attuazione solo virtuale in quanto non
richiedeva più delle qualificazioni individuali, ma una sorta di fideismo
collettivo, selezionato fra l’altro da una condizione sociale o biologica,
determinata dai pregiudizi politici dominanti. Con l’avvento del Cristianesimo
si introduce un’altra illusoria apertura collettivistica. Chiunque, per solo
mezzo della fede in una verità rivelata, poteva accedere ai Misteri. Questi non
sono più, però, un superamento ed un’illuminazione indotti da un’ascesi e da un
intelletto qualificato alla loro gnosi, ma una inaccessibile incomprensibilità
da accettare attraverso un’umiltà indotta più dalla realtà dei fatti che da
un’atteggiamento interiore.
D’altro canto,
è inconfutabile che una nozione posta alla “portata di tutti”
non possa che essere una volgarizzazione portata al livello dell’ intelligenza
minima. L’inganno progressista “dell’innalzamento del livello medio di
cultura” ha prodotto danni incalcolabili, producendo strumenti utili non
alla comunità in senso generale, ma alla casta dominante, massificando e quindi
annullando le qualità e qualificazioni individuali. Ciò ha prodotto la
scomparsa di civilissime espressioni di cultura, come quella contadina ad
esempio, che di ogni umilissimo oggetto della natura e con strumenti
semplicissimi aveva il genio di produrre manufatti di nessun costo sociale e
soprattutto individuale.
I Misteri, nei mutati
tempi, hanno potuto esser inglobati nella visione collettivistica della società
perché l’iniziazione sacerdotale, che da privata era divenuta collettiva,
divenne affine ed alleata, quindi, del potere temporale. Il “Segreto”
altresì, essendo espressione specificatamente e squisitamente individuale, e
per sua natura inesprimibile ed ineffabile, ha potuto mantenere integra la sua
valenza metafisica.
Dobbiamo qui notare
come l’ iniziazione cavalleresca, pur libera ed “errante” nei suoi voti
sacrificali, abbia dovuto soccombere alla sua successiva sottomissione al
potere civile ed ecclesiastico, la cui unione
è sempre stata
nefasta sia in termini sociali che in termini metafisici. La primitiva
iniziazione sacerdotale è decaduta in un concetto sacramentale derivante
da grazia e fede, e non da ciò che rende specifica l’ iniziazione stessa,
cioé a qualificazione personale e l’acquisizione per ascesi e gnosi, (o
conoscenza) assieme.
Fra le iniziazioni
artigianali, quella massonica è l’unica che sia rimasta sul piano
storico.
.Questa permanenza
è certamente dovuta alla sua essenziale “franchigia”, alla sua
concezione che dopo il Grande Architetto dell’Universo l’uomo è il solo
signore di se stesso e nessuno può ledere la sua individuale libertà e dignità.
Ma per ottenere questa
liberazione l’uomo ha necessità di un “Segreto” che è sempre
stato l’oggetto di una inutile quanto livida e meschina investigazione da parte
di ogni tipo di organizzazione sociale, che nella sua progressiva ed insaziabile
fame di un potere sempre più assoluto non comprende e non consente spazi non
controllabili e sfruttabili.
Anche nella sua
versione più materiale e banale di riservatezza ed intimità questo
“Segreto” viene sempre più oppresso e negato. Caratteristico questo
della nostra attuale società, che impone sempre di più il “fare
insieme” contro la volontà , considerata eccentrica e asociale, di chi sta
e vuole stare da solo; o quantomeno vuole scegliersi le sue limitate amicizie
secondo criteri personali ed individuali e non secondo la casualità
collettivistica.
L’odio per il
“Segreto” diviene così, da necessario strumento del potere, mentalità
collettiva di massa che deride e nega ciò che non può capire. Tuttavia, essendo
la natura stessa di questo “Segreto” intangibile, l’organismo
élitario (se così oggi si può dire) che da esso deriva, permane, nonostante la
pesante opposizione dei tempi e degli uomini.
Questa breve
digressione nelle ere più antiche era necessaria per far notare come il mito
rappresenti comunque una realtà, storica o simbolica che sia, la cui evoluzione
ne rende a volte incomprensibile, in termini attuali, l’origine.
Così è per la
mitica tradizione massonica delle sue antichissime origini e connessioni, la
cui “improbabilità” necessita comunque di un approfondimento storico
ancora non effettuato. Possiamo comunque intravedere, con oggettività
scientifica, le origini più recenti della Massoneria nel Medioevo, in cui fra
le corporazioni di mestiere più estese ed importanti vi era quella dei
costruttori. La più famosa di queste organizzazioni, e la prima di cui si abbia
una storiografia precisa, fu quella dei Maestri Comacini, sulle cui costruzioni
vediamo la stessa simbologia degli attuali Templi massonici, e, in essa, una
valenza metafisica certamente più sentita ed amata di quella dei nostri tempi.
Lo studio e la meditazione su tali valenze, sempre vive ed attuali, può donare
al Massone il sentimento vivo dell’unione, attraverso i secoli, con chi prima
di noi ha operato e pensato, per la propria realizzazione interiore e
conseguentemente per quella di tutta l’umanità.
Per far parte di tali
compagnie, costituite in “Ordini” era necessario possedere specifici
requisiti, fisici e morali, e sottoscrivere a precisi impegni
giuridico-finanziari, come a tassativi obblighi disciplinari. Molte di tali
compagnie di capimastri ed operai erano dirette, dal IX° al XIII° secolo da
architetti provenienti da Ordini religiosi, per lo più benedettini, cluniacensi
e cistercensi, e che erano perciò “Maestri” in quanto possessori
dell’Arte, e “Venerabili” per la loro veste sacerdotale.
In tale periodo
l’improvvisa fioritura dello stile gotico, travolse ogni precedente concezione
architettonica di tipo romanico. Ciò comportò una stupefacente necessità di
calcolo geometrico-matematico di cui, comunque, non è rimasto traccia nei
testi dell’epoca e che è ancor oggi un’ irrisolto problema storico e
tecnico.
Tali conoscenze,
trasmesse oralmente ed esotericamente, erano indispensabili per il nuovo
impulso costruttivo della società civile e religiosa. La necessaria
concentrazione di uomini, mezzi, conoscenze per le grandi costruzioni fecero
dell’Arte edificatoria una potente organizzazione internazionale e le
comportarono franchige e privilegi, tanto che i suoi artefici furono chiamati
“Franchi o “Liberi” muratori, con dei diritti inconsueti di
relativa indipendenza dalle caste dominanti.
Verso la fine del XIII°
secolo i laici si erano ormai resi tecnicamente indipendenti dagli architetti
religiosi, e questo comportò un’ulteriore affrancamento di fatto, anche se
l’ortodossia religiosa e l’obbedienza
alle leggi dello stato
rappresentavano (e rappresentano tutt’oggi) alcuni fra gli obblighi
fondamentali per un Libero Muratore. Una sopravvivenza attuale della dipendenza
dalle gerarchie ecclesiastiche si perpetua ancora nella Massoneria inglese, in
cui l’Oratore (o Jachin) è sempre un pastore, anglicano o comunque
riformato..
L’affrancamento
parziale dell’Ordine fu forse l’origine diretta della “tegolatura”,
che permetteva di controllare i membri di ogni paese e provenienza, sia per la
salvaguardia dei segreti di mestiere che per quella politica delle stesse
franchige ottenute.
Il “Segreto”
massonico, era dunque articolato su vari livelli. Il primo, di motivazione
eminentemente pragmatistica, consisteva nella trasmissione graduale, élitaria,
ed orale (già quindi, nella metodica, eminentemente esoterica) dei segreti
dell’Arte operativa. Il secondo, di motivazione corporativa, consisteva nella
trasmissione di segni e parole di “passo” che permettessero di poter
riconoscere un membro dell’Ordine ed il suo grado immediatamente, quantunque
per il resto fosse molto spesso uno straniero sconosciuto.
Il terzo, di carattere
squisitamente iniziatico, consisteva nell’analogia dell’atto fisico del
costruire con quello metafisico, compartecipando così alla cosmogonia o
creazione e costruzione dell’ universo secondo i piani divini del Grande
Architetto dell’Universo. La cosciente operatività contemporanea del lavoro su
questi tre diversi livelli o piani dell’essere costituiva la Maestria
Massonica, il cui raggiungimento “operativo” sul piano fisico della
costruzione non era comunque segno di raggiungimento “speculativo”
sui piani superiori.
Comunque, nonostante i
livelli diversi di comprensione che ognuno può raggiungere secondo i suoi
“talenti” personali, il segreto massonico, che veniva gradualmente
svelato dai Maestri agli Operai, gli accumunava fraternamente tutti, facendoli
compagni nei comuni lavori.
L’ammissione dell’
Apprendista nella compagnia o “Loggia” costituiva una cerimonia
solenne ed una vera iniziazione, secondo canoni oggi scientificamente
determinati. L’Apprendista giurava sulla Bibbia di non rivelare i segreti
dell’Arte ad alcuno che non appartenesse ai Liberi Muratori, l’obbedienza ed il
rispetto ai suoi superiori, il rispetto delle leggi e delle finalità etiche
dell’associazione. Segni, toccamenti, parole di passo, colloqui tegolatori si
sono mantenuti pressoché integralmente, e venivano insegnati e rammentati in particolari
riunioni, perlomeno mensili.
Il luogo di tali
riunioni era una baracca appoggiata al corpo di fabbrica, quando questa già
esistesse, e che veniva denominata “Loggia”. Nella assoluta mancanza
del corpo di fabbrica, le riunioni venivano tenute all’aperto, ed il luogo
della riunione veniva marcato da una corta tesa, che delimitava un’area
rettangolare, con un’apertura ad occidente. Ai due lati sedevano i
Sorveglianti, che lasciavano passare gli Operai solo dopo la
“tegolatura” . Essendo le tornate tenute dopo la fine nei lavori,
circa due ore prima del tramonto del Sole ( Vespero ) il M.V. sedeva ad
Oriente, per poter osservare in piena luce le “Colonne” dei Compagni
e degli Apprendisti. Questa primitiva e semplice tornata massonica potrebbe
contrastare con l’attuale senso della riservatezza che si attribuisce
tradizionalmente alla Massoneria. E’ da notare, fra l’altro, che il termine
“Loggia” come elemento architettonico ha sempre significato di spazio
coperto verticalmente solo da un lato o, al massimo, da tre.
Le Logge antiche
rimasteci hanno questa precisa caratteristica. La Loggia dei Maestri Comacini a
Gubbio, ad esempio, la Loggia Rucellai e quella dei Lanzi a Firenze, e tante
altre testimonianze di questo importante “spazio” della storia dell’uomo.
Per comprendere lo iato
originario fra riservatezza e spazio aperto è necessario portarsi
idealmente nelle condizioni sociali e politiche del Medioevo.
Il “Capitolo”
chiuso come riunione riservata era concesso solo al potere politico ed a quello
ecclesiastico. Ne alle confraternite laiche, ne tantomeno ai privati era
permesse riunioni private. La “Loggia” nella storia civile era centro
di convegno privato, ma comunque sempre esposto al pubblico, e soprattutto
all’occhio del potere.
Nei primitivi rituali
la cerimonia consisteva soltanto nel giuramento sulla Bibbia e sulla
trasmissione “da bocca ad orecchio”, (bisbigliata) delle parole di
passo. Gli insegnamenti operativi venivano impartiti sul cantiere e solo
l’insegnamento esoterico più riservato veniva trasmesso, in segreto, nella
cosiddetta “Camera di Mezzo”, chiusa da ogni lato.
Il simbolismo
attribuito nei secoli seguenti a questa dizione ha un notevole valore
iniziatico, anche per gli innumeri riferimenti ad analoghe simbologie in ogni
tempo e luogo, (nel più importante testo gnostico valentiniano del III° secolo,
la “Pistis Sophia”, viene nominato il “Luogo” o
“Camera” di Mezzo).
La “Camera di
Mezzo”, come loghema ormai universale, nasce nell’ambito massonico per il
fatto che nel corpo di fabbrica, per lo più grande opera civile o religiosa,
non vi erano spazi chiusi, se non la rimessa degli attrezzi tecnici comuni, di
grande valore per quei tempi, e che per motivi di maggior sicurezza veniva
situata all’interno delle costruzioni, costituendone l’unico spazio veramente
privato e chiuso.
D’altro canto anche le
valenze metafisiche più specifiche o esoteriche non esulavano, ne lo avrebbero
potuto, dall’ortodossia civile o religiosa dei loro tempi, in quanto non era
ancora completamente avvenuta la dicotomia occidentale fra
“exoterismo”ed “esoterismo”. Anche il simbolismo espresso
dalle raffigurazioni interne od esterne delle cattedrali veniva rigidamente
imposto e controllato dagli ecclesiastici, e lasciava solo spazi marginali alla
fantasia dei costruttori.
Importanti ricerche di
autori specializzati, fra cui possiamo indicare Schneider e Charbonnau-Lassay,
hanno stabilito che l’arte del simbolismo religioso era di assoluta pertinenza
degli ecclesiastici e che la fantasia dei Liberi Muratori doveva limitarsi alle
“marche” sulle pietre da costruzione od ai ritratti degli operai che
si notano spesso all’esterno delle grandi cattedrali.
I simboli di pertinenza
specifica dei Maestri dell’Arte erano perlopiù gli strumenti del mestiere,
squadra e compasso, archipenzolo, livella e cazzuola per gli architetti e gli
edificatori; maglietto, scalpello e squadra per i tagliatori di pietra, ascia
per i carpentieri, utensile simbolico usato in quanto una buona parte delle
costruzioni civili era ancora in legno, e, d’altro canto, anche le grandi
edificazioni avevano necessità di strutture di sostegno e sovrastrutture
lignee.
Anche nel tardo
medioevo e nel XVI° e XVII° secolo sopravviveva il simbolo dell’ascia, come, ad
esempio, negli stemmi dei Massoni di varie città inglesi, e nell’Arte
fiorentina (XIII° sec.) dei Maestri di Pietra e di Legname. Attualmente il
simbolo dell’ascia in Massoneria permane solo nel Quadro di Loggia in grado di
Compagno, in cui la pietra cubica cuspidata o piramidale è sormontata
dall’ascia piantata alla sommità, e nel grado Scozzese di Ascia Reale del
Libano.
Inoltre, la secolare
frequentazione fra laici e religiosi nel contesto massonico avrà certamente
influito sullo sviluppo del pensiero simbolico, determinando ulteriormente
l’importanza della semiologia nella formazione e nello sviluppo dell’intelletto
e nella ricerca degli aspetti fisici e metafisici dell’ universo. Attualmente
la chiesa cattolica, fin dal 1965, ha dichiarato di aver abbandonato la
simbologia nella decorazione delle chiese, con la stupefacente motivazione
“di aver perduto le chiavi del simbolismo”.
Se non vi fosse, da
parte della chiesa romana, un’evidente prevenzione nei confronti della
Massoneria, forse questa potrebbe rifornirgli quelle chiavi ormai perdute, perché le
ha più gelosamente custodite e conservate fino ad oggi.
L’attuale patrimonio
simbolico della Massoneria, che avendo conservato integralmente quello delle
sue origini storiche, ed avendo poi assorbito quello di svariatissime
tradizioni esoteriche nel XV°, XVI°, XVII° secolo, studiandone e commentandone
l’essenza negli ultimi due secoli, è di una complessità e di una vastità che
non ha uguali. Si potrebbe affermare, con giusta motivazione, che la Massoneria
sia l’unica organizzazione contemporanea che sia tramite, ed in realtà unisca,
le età più antiche con quella attuale e con quella futura, in quanto ha
conservato in se una gnosi che fu rifiutata e distrutta dal positivismo e
dal materialismo del XIX° secolo. Nel contempo è l’unica che abbia nel contempo,
quei termini di ragione laica e tolleranza civile e religiosa trasmessele dal
secolo dei lumi.
Questi saranno i germi
ideali di una organizzazione sociale futura, non compromessa intimamente, per
sua natura e vocazione, da ideologie politico-sociali al loro tramonto e che,
basandosi sull’evoluzione etica e spirituale dell’uomo come indispensabile
propedeutica a quella sociale, abbia quindi un futuro e lungo cammino da
percorrere assieme all’umanità.
Nell’attuale Massoneria
permangono purtroppo sorpassati atteggiamenti ottocenteschi di rifiuto
dell’esoterismo e del simbolismo, perché visti da un’angolatura di
sospettoso antimisticismo tipica dell’anticlericalismo alla Podrecca e retaggio
di tempi passati. Ancor peggio, da una visione cosiddetta “operativa”,
(ma in realtà banalmente affaristica) che ha i suoi reali motivi di opposizione
verso chi persegue l’etica esoterica ed iniziatica della Massoneria e che non
potrà, conseguentemente e coerentemente, che denunciare e combattere certe
degenerazioni dell’Ordine.
Un’altra falsa
credenza, a volte accreditata nell’ambito massonico, è quella della valenza
conservatrice o anche reazionaria dell’esoterismo. Per quanto non si possa
provare con pieno rigore la partecipazione massonica alla Rivoluzione francese,
si può comunque affermare che i personaggi principali di tale grandissimo
momento evolutivo della storia umana hanno tratto proprio dalla loro formazione
esoterica le motivazioni fondamentali dell’idea che si trasforma in atto, del
piano ideale che diventa azione e storia, del mito e dell’utopia che diventano
realtà.
I limiti di questa
ricerca non permettono purtroppo l’analisi approfondita di quanto sopra
espresso, ma si può forse enunciare il paradigma (di fronte alle accuse di
“rivoluzione” o “conservazione” che ci provengono da vari
ed opposti punti di vista) che la Massoneria, essendo nella sua essenzialità un
importante fattore di evoluzione umana globale, è nel contempo rivoluzionaria e
conservatrice.
Rivoluzionaria quando
la società necessita di un fattore evolutivo traumatico, conservatrice quando
le conseguenze di questo trauma danneggiano l’equilibrio evolutivo e producano
nuova oppressione.
Il trinomio che
rappresenta al mondo profano la Massoneria è quello espresso da Libertà –
Uguaglianza – Fratellanza ed il suo apparire sul piano storico è la vera data
di nascita della attuale Massoneria.
La Massoneria inglese
constesta il trinomio inscritto nel Tempio, affermando, forse con ragione, che
non è un simbolo; ma è comunque la voce oracolare che dai simboli ci perviene,
dogma massonico né rivelato né imposto, ma scaturito dal pensiero, dal
sacrificio e dalla sofferenza secolare dei popoli, il necessario tramite
attuale all’arcaicità dei simboli che ci circondano.
L’analisi e lo studio
del simbolismo, essenzialità della Massoneria ed obbligo costituzionale per il
Massone, non presenta in se particolari difficoltà, anche per l’enorme
bibliografia esistente.
La difficoltà reale di
tali fini consiste nella realizzazione di una mentalità tradizionale, che si
basa su presupposti più olistici i e meno specializzati di quella odierna. Nei
suoi rituali d’iniziazione, la Massoneria offre più volte al candidato la
possibilità di ritirarsi, la libera scelta di morire al mondo profano e di
rinascere in un’ istituzione che ha le sue leggi, le sue finalità, oppure di
rinunciare ad essa.
Il Maestro Venerabile,
ponendo la spada sulla testa e sulle spalle del candidato, e battendovi sopra
con il maglietto i colpi rituali, afferma simbolicamente il ternario e risveglia
virtualmente le facoltà dormienti del neofita. Gli dona inoltre ogni
potenzialità di integrazione della sua razionalità attuale all intelletto
tradizionale, per la realizzazione di una sua più completa e vera umanità.
Quando un profano
chiede la Luce Massonica, qualunque siano le sue personali opinioni e
conoscenze, ammette di essere al buio della profanità,affermando sapere niente
della Luce della Libera Muratoria.
Da ciò si dovrebbe
trarre delle logiche conseguenze, fra le quali quella di usare la virile
coerenza di tentare di capire, attraverso quella simbolica luce , ciò che si
è accettato nel buio.
I fari accecanti
dell’illusione di un progresso ed un’evoluzione continua, insita fatalmente
nella storia e non nell’uomo, impediscono, a volte, di scorgere l’esile luce
del lume eterno dei Rosacroce, che non si spegne ai venti incostanti del
contingente, poiché si pone al di sopra della cronaca e della storia.
Questa lampada ha illuminato ere oscure, ma forse non più oscure della nostra,
che ha estrema necessità di un pensiero diverso, e più rivolto verso l’essenza
umana che verso la creazione velleitaria di una società materializzata e
disumanizzante.
Il simbolismo e
l’esoterismo della nostra istituzione non sono fini a se stessi, vuote
esercitazioni per eruditi ed eccentrici, ma fonti e strumenti vivificanti
dell’insegnamento massonico.
Quando si varca per la
prima volta la soglia del Tempio, pur esser giusto domandarsi se il pensiero
esoterico sia uno strumento per pesare i sugheri, friggere gli elzeviri o
alzare le gonne agli angeli, se l’apparato scenico della Loggia non sia il
residuo di un teatrino barocco, o la solita calce di menzogna con cui si cerca
di imbiancare certi eterni sepolcri.
Se un Massone non
ricerca la comprensione e l’uso dei simboli di cui si circonda e di cui si
veste, si rende simile un piatto ed ottuso conformista, o ad un colorato
pagliaccio in pista, molto meno dignitoso delle stregone di un villaggio
africano, che usa con convinzione ed utilità sociale le zampe e le penne di gallina
che la sua cultura rituale gli ha trasmesso.
La prima domanda
dell’Apprendista ai suoi Maestri deve vertere, al di là ed al di sopra della
sua cultura profana, sull’essenza del simbolismo e dei suoi scopi, essendo in
questo la specificità dell’organismo al quale appartiene per sempre e il
carattere stesso della Massoneria. La risposta, certamente non facile, può
anche comportare il riferimento a piani culturali più conosciuti ed accettati,
la semiologia, ad esempio, come segnacolo ontologico universale, l’analisi del
profondo e dei suoi archetipi, la sociologia e la storia delle religioni, la
mitologia, la teologia, tutte le cognizioni, insomma, del comportamento sociale
ed individuale dell’umanità.
In ciò vi è una
parte della verità che, sia pur irraggiungibile ed inafferrabile, è
comunque intuibile e rappresenta la più importante meta interiore dell’ uomo e
soprattutto del Massone.
Ma la risposta globale,
quella che non può essere indotta dalla cultura, o dal pensiero filosofico o
scientifico, è di esclusiva pertinenza soggettiva, anche se i suoi risultati
non possano poi che essere oggettivi sui vari livelli a cui la personale
qualificazione può portare.
La Massoneria, che vive
nel presente perché formata da uomini che non possono che vivere nel
presente, conserva e tramanda il suo simbolismo e le sue tradizioni iniziatiche
come un tesoro di cui forse non conosce più il valore, in un forziere di cui
forse non ha più la chiave, ma che consegnerà integro ad un futuro che forse
potrà meglio usufruirne.
Qualcuno ha detto che
il simbolismo, come forma di pensiero, è simile a quella che ha prodotto
ed apprezzato l’arte. In effetti, si può descrivere minutamente un capolavoro,
criticarne lo stile e la tecnica in rapporto ai suoi tempi e secondo la visione
estetica dei nostri, misurarne le dimensioni ed i volumi, analizzarne la
composizione chimica dei colori etc.
Ma, come in un simbolo,
è indescrivibile in un’opera d’arte quel rapporto fra ideatore, idea espressa e
spettatore, di cui la forma estetica è soltanto un mezzo e che rimane
affidato alla sensibilità , alla vibrazione, all’affinità sottile fra i vari
agenti
. Così non si potrà mai
razionalizzare e chiarificare, se non con un pensiero e una mentalità
tradizionali, quell’identificazione assoluta fra uomo e simbolo visivo,
gestuale, verbale, che è una delle tecniche iniziatiche fondamentali
dell’esoterismo Massonico.
Questa tecnica, antichissima e futuribile assioma, può portare a quella gnosi in se sufficiente all’analisi fisica e metafisica dell’ universo, all’unificazione con quel Tutto e quell’Uno che è lo scopo ultimo di tutti coloro che perseguono il cammino dell’iniziazione e la sola e vera evoluzione effettiva ogni società.
È
singolare che in Francia diversi autori si sono dati alla ricerca delle
relazioni del nazionalsocialismo tedesco con società segrete e organizzazioni
iniziatiche, che di esso sarebbero state le ispiratrici, tanto da supporre dei
«retroscena occulti» del movimento hitleriano. È nel noto libro, ricco di
divagazioni, di Pauwels e Bergier Il mattino dei maghi, che, per primo,
si è affacciata tale tesi. In esso il nazionalsocialismo veniva definito nei
termini di una unione del «pensiero magico» con scienza tecnica, giungendo a
dare per esso la formula «divisioni corazzate + Rene Guénon», formula
che deve aver fatto sobbalzare per indignazione nella tomba le ossa di questo
eminente esponente del pensiero tradizionale e delle discipline esoteriche.
Vi è già da accusare un equivoco, nel fatto che qui spesso l’elemento magico
viene scambiato con quello mitico, il quale col primo può non aver nulla a che
fare. È incontestabile la parte che nel nazionalsocialismo hanno avuto «miti»,
come quelli del Grande Reich, del Capo carismatico, della razza e del
sangue, ecc., ma a tale riguardo è il caso di dare al termine «mito» il
semplice senso sorelliano di «idea-forza motrice», di idea dotata di un
particolare potere suggestivo (come, in genere, lo sono quelle usate dalla
demagogia), senza nessuna implicazione «magica». Così, ad esempio, nessuno
penserà sensatamente ad attribuire una componente «magica» a miti usati dal
fascismo, quali quelli di Roma e del Capo, o a quelli della Rivoluzione
Francese e dello stesso comunismo.
Il discorso sarebbe diverso nel caso di una ricerca delle influenze d’ordine
non semplicemente umano a cui possono aver obbedito, senza rendersene conto,
certi movimenti. Ma negli autori francesi a cui si è accennato non si tratta di
questo; non si pensa ad influenze di tale genere, ma di quelle concrete
esercitate da organizzazioni reali, seppure, in vario grado, «segrete». Si è
parlato anche di «Superiori Sconosciuti» i quali avrebbero suscitato il
movimento nazista e si sarebbero serviti di Hitler come di un loro medium.
Non è chiaro, tuttavia, per quali fini essi lo avrebbero fatto; a giudicare dai
risultati, ossia dalle conseguenze catastrofiche che ha avuto, sia pure indirettamente,
il nazionalsocialismo per l’Europa, si dovrebbe pensare a fini oscuri e
distruttivi, il che andrebbe incontro alla tesi di coloro che vorrebbero
riportare il lato occulto di tutto quel movimento a ciò che il Guénon
chiamerebbe la «contro-iniziazione». Ma dagli autori francesi a cui si è
accennato è stata avanzata anche un’altra tesi, cioè che il medium
Hitler ad un dato momento si sarebbe emancipato dai «Superiori Sconosciuti»,
quasi come un Golem, e che da allora il movimento avrebbe preso una direzione
fatale. Ma allora bisognerebbe dire che cedesti Superiori occulti avevano
invero scarse facoltà di preveggenza e poteri ben limitati, per non saper
bloccare colui che essi avevano usato come un loro medium.
Su di un piano più concreto, si è fantasticato molto sull’origine dei temi e
dei simboli essenziali del nazionalsocialismo, riferendosi ad organizzazioni
preesistenti a cui però difficilmente si potrebbe attribuire un autentico e
regolare carattere iniziatico. Indubbiamente non è stato Hitler a inventare
l’ideologia germanica razzista, il simbolo della croce uncinata,
l’antisemitismo ariano. Tutto ciò esisteva da tempo in Germania. Un libro
intitolato Colui che diede idee a Hitler parla di Lanz von Biberfeld (il
titolo nobiliare egli se lo era autoattribuito), già circerstense, che aveva
fondato un Ordine cui era già propria la croce uncinata, e che fin dal 1905
aveva pubblicato una rivista, Ostara, da Hitler certamente conosciuta, dove
erano già chiaramente enunciate le tesi razziste ariane e antisemite.
Ma assai più rilevante, per i retroscena occulti del nazionalsocialismo, è la
parte che si vuol attribuire alla Thule-Gesellschaft («Società Thule»).
Qui le cose si presentano in modo più complesso. Questa società fu la
promanazione di un preesistente Germanenorden («Ordine dei Germani»)
fondato nel 1912, e faceva capo a Rudolf von Sebottendorff. Von Sebottendorff
era stato in Oriente e nel 1924 aveva pubblicato uno strano volumetto sulle Pratiche
operative dell’antica massoneria turca, nel quale sono descritti
procedimenti, basati sulla ripetizione di sillabe, su simboli, gesti e «passi»,
il fine dei quali era la stessa trasformazione iniziatica dell’essere umano
perseguita anche dall’alchimia. Non è chiaro con quali organizzazioni
«massoniche» turche von Sebottendorff sia stato in contatto, né se egli, oltre
che riferire quei rituali, li abbia anche praticati.
Nemmeno è accertabile se nella Thule-Gesellschaft, da lui diretta, essi
venissero messi regolarmente in opera: cosa che sarebbe invece molto importante
per valutare il fatto che a quell’organizzazione fecero parte, o con essa
ebbero contatti, molte personalità di primo piano del nazionalsocialismo, a
partire da Hitler e da Hess. Vien dato senz’altro come scontato che Hess si
sarebbe formato in essa, e che egli a sua volta avrebbe in un certo modo
«iniziato» Hitler già quando si trovava con lui in carcere dopo il fallito Putsch
di Monaco.
Comunque, si deve rilevare che assai più che non un lato esoterico, nella Thule-Gesellschaft
attraeva l’aspetto di una società relativamente segreta, che per emblema aveva
già la croce uncinata, e che era caratterizzata da un deciso antisemitismo e da
un razzismo germanizzante. Si deve mettere sotto cauzione la supposizione che
il nome prescelto da quella organizzazione, Thule, attesti un serio e
cosciente riferimento ad un simbolismo nordico polare e l’ambizione di un
collegamento con le origini iperboree delle genti indogermaniche, dato che
Thule è valso come il centro sacro o l’isola sacra, situata nell’estremo
settentrione, della Tradizione primordiale. È stata anzi rilevata la
possibilità di un’origine assai più profana, perché Thule può essere la
deformazione di «Thale», nome di una località dell’Harz nella quale l’«Ordine
dei Germani» nel 1914 aveva organizzato un convegno avente come ordine del
giorno la formazione di una organizzazione segreta razzista per combattere
quella che si supponeva esistere dietro all’ebraismo internazionale.
Soprattutto questo ordine di idee Sebottendorff, capo della Thule-Gesellschaft,
mise in rilievo in un suo libro uscito a Monaco nel 1933 e intitolato Bevor
Hitler kam («Prima che Hitler venisse») per indicare quel che già esisteva,
prima di Hitler, come miti e ideologia.
Cosi una ricerca seria sui collegamenti iniziatici di Hitler con società
segrete non conduce troppo lontano. Quanto a Hitler medium e alla sua
forza magnetica, sono necessarie alcune precisazioni. Che il Führer
dovesse questa forza a pratiche iniziatiche, ci sembra una fantasia; altrimenti
ci si dovrebbe mettere a supporre assurdamente qualcosa di simile anche nei
riguardi dell’uguale forza psichica suggestiva posseduta da altri capi, da
Mussolini, ad esempio, o da Napoleone. Piuttosto si deve ritenere che una volta
destato a vita un movimento collettivo si crea una specie di vortice psichico
il quale si raccoglie in chi ne è il centro tanto da conferirgli una
particolare aureola, percepibile soprattutto da chi sia suggestionabile. Quanto
alla qualità di medium (che, sia detto per inciso, è opposta a quella di
una qualificazione iniziatica), essa può venire riconosciuta, con certe
riserve, a Hitler, in quanto egli sotto più di un riguardo ci si presenta come
un invasato (è il tratto che lo distingue, ad esempio, da Mussolini). Proprio
quando egli fanatizzava le folle, dava l’impressione che un’altra forza lo
trasportasse avendolo, appunto, come un medium, anche se di un genere
tutto particolare ed eccezionalmente dotato. Chi ha udito parlare Hitler a
folle deliranti non può non aver avuto questa impressione. Date le riserve da
noi espresse nei riguardi di supposti «Superiori Sconosciuti», non è agevole
stabilire la natura di tale forza superpersonale.
Quanto alla «gnosi» nazionalsocialista, ossia ad una presunta dimensione quasi
mistica e metafisica, bisogna ricordare il singolare coesistere, in tale
movimento e nel Terzo Reich, degli aspetti «mitici» con aspetti
apertamente illuministici e perfino scientisti. In Hitler si possono trovare
numerosi riferimenti ad una visione del mondo spiccatamente «moderna», epperò,
in fondo, profana, naturalista e materialista, mentre egli simultaneamente
aveva fede in una Provvidenza, della quale credeva essere uno strumento, specie
per quel che riguardava le sorti della nazione tedesca (così egli vide, ad
esempio, un segno della Provvidenza nel suo essere scampato di stretta misura
all’attentato di cui fu l’oggetto al suo Quartier generale). Alfred Rosenberg,
ideologo del movimento, bandiva bensì il mito del sangue, parlava di un
«mistero» del sangue nordico che avrebbe avuto un valore sacramentale, ma era
anche colui che quando si trattava di cattolicesimo accusava come
mistificazioni ogni rito e sacramento, che si schierava, proprio come un
illuminista, contro gli «oscurantisti del nostro tempo» ed ascriveva a vanto
dell’uomo ario l’aver inventato la scienza moderna. In base a tutto ciò, si
spiega che se l’attenzione si portò sulle rune, sugli antichi segni
nordico-germanici, esse furono riesumate su un piano puramente emblematico,
quasi come nel fascismo si fece con certi simboli romani, senza nessuna
assunzione esoterica. Il programma nazista di creare un uomo superiore risente
di una «mistica della biologia», di nuovo, di un orientamento prevalentemente
scientista: poteva trattarsi al massimo di un «uomo superiore» nel senso
nietzschiano, per nulla nel senso iniziatico.
Il progetto della «creazione di un ordine razzista religioso e militare di
iniziati riuniti intorno ad una Guida divinificata» non può essere
considerato come quello del nazismo ufficiale, come vuole l’Alleau il quale,
come antecedenti si è riferito, fra l’altro, perfino agli Ismaeliti islamici. È
piuttosto nel quadro della SS, la quale, si badi, si costituì in un
secondo tempo nel Terzo Reich e che in esso aveva una posizione, che si
affacciò qualche motivo di un piano superiore.
Anzitutto nell’organizzatore della SS, Heinrich Himmler, era chiaro
l’intento di creare un Ordine comprendente elementi da formare secondo l’etica
prussiana e quella degli antichi Ordini cavallereschi, segnatamente dell’Ordine
dei Cavalieri Teutonici. Per una tale organizzazione egli cercava una
legittimazione o crisma, che però non poteva trarre, come quegli antichi
Ordini, dal cattolicesimo, apertamente avversato dalla corrente radicalista
nazista. Anche senza la possibilità di un qualsiasi collegamento tradizionale,
Himmler si riferì al retaggio e al simbolismo nordico-iperboreo (Thule),
senza che ciò fosse comunque dovuto a quelle «società segrete» di cui si è
detto, portando invece l’attenzione (come fece anche Rosenberg) alle ricerche
di un olandese, Herman Wirth, sulla tradizione nordico-atlantica (per cui il
Wirth ebbe delle sovvenzioni da un ufficio appositamente creato da Himmler, Ahnenerbe).
Ciò non è privo di interesse, ma dei «retroscena occulti» sono del tutto
inesistenti.
Così il bilancio complessivo è negativo. Il limite delle divagazioni di autori
francesi è costituito dal libro Hitler et la tradition cathare di J.M.
Angebert (uscito a Parigi nel 1970). Qui sono di scena gli Albigesi (o Catari),
setta di eretici diffusasi fra il X e il XII secolo soprattutto nella Francia
meridionale, avente per centro la roccaforte di Montségur. Essa fu distrutta,
nell’idea di Otto Rahn, in una «crociata contro il Graal» (è il titolo
di un suo libro: Kreuzzuggegen den Gral). Che cosa abbia a che fare il
Graal coi suoi templari con quella setta caratterizzata da una specie di
manicheismo fanatico che rifuggiva dal mondo ed era avverso all’esistenza
terrena nella carne e nella materia, al segno che talvolta i suoi seguaci si
lasciavano morire di fame o si uccidevano con altri mezzi, è del tutto oscuro.
Ebbene, viene avanzato che il Rahn (col quale fummo a suo tempo in
corrispondenza e al quale cercammo di mostrare l’arbitrarietà delle sue tesi)
fosse una SS e che una spedizione tedesca sarebbe stata mandata a
ritrovare l’oggetto mitico messo in salvo, si suppone, al momento della
distruzione della roccaforte catara di Montségur. L’oggetto sarebbe stato
custodito segretamente nel Terzo Reich. Dopo la caduta di Berlino una
truppa si sarebbe aperta la via fino allo Zillermal, presso il confine
italiano, portando con sé quell’oggetto per nasconderlo ai piedi di un
ghiacciaio, in attesa di una èra nuova.
In realtà, si è parlato di un commando che però sembra avesse una
missione meno mistica, quella di salvare e nascondere il tesoro del Reich.
Due altri esempi di ciò a cui può condurre la fantasia quando le si lascino le
redini libere soggiacendo ad idee fisse: da parte della SS (la quale non
comprendeva soltanto formazioni militanti ma anche studiosi specialisti, ecc.)
fu organizzata una spedizione nel Tibet, a fini alpinistici ed etnologici e
un’altra spedizione nell’Artide, sembra con fini esplorativi ed anche per
eventuale creazione di basi militari. Ebbene, secondo queste interpretazioni
fantasiose la prima spedizione avrebbe cercato invece un collegamento con un
centro segreto della Tradizione, l’altra avrebbe mirato ad un contatto con la Thule
iperborea occulta…
Per Solstizio
s’indicano i 2 movimenti dell’anno, nei quali il sole viene a trovarsi nella
declinazione massima (estate) e minima (in inverno).
Solstizio deriva dal latino “solis statio” poiché il sole pare arrestare il
proprio movimento di declinazione.
Nel Solstizio d’inverno i raggi solari sono perpendicolari al Tropico del
Capricorno.
La calotta polare artica si trova nell’ombra, mentre quella antartica è
completamente in luce. Nel nostro emisfero il giorno ha la minima durata. Il sole
è più basso e più debole, ma già da ora comincia a crescere giorno dopo giorno,
fino il giorno del massimo trionfo del solstizio d’estate.
In questo giorno tutto ci richiama alla morte. Il Capricorno corrisponde alla
x° fatica d’Ercole la discesa all’Ade. Tutti i grandi uomini hanno visitato il
regno dei morti da Ulisse a Dante. Anche il profano muore nel Gabinetto di
Riflessione, la sua tomba, per poter iniziare la sua trasmutazione e ricevere
la luce iniziatica.
Ma se il solstizio d’inverno corrisponde al regno dei morti, è anche la “porta
degli dei” dove si celebra la risalita al cielo, la rinascita.
Nel solstizio d’inverno si festeggia San Giovanni Evangelista che ritenuto
donatore di luce, rappresenta il perfetto iniziato.
In quanto donatore di luce, viene considerato patrono dei fabbricanti di
candele, dei teologi, degli gnostici, dei templari e dei rosa-croce.
Ma San Giovanni Evangelista è importante soprattutto perché ci ha lasciato col
prologo del suo vangelo, un meraviglioso monumento esoterico che noi usiamo
aprire prima di iniziare i nostri architettonici lavori.
Desidero dedicare questa festa solstiziale ad una fondamentale virtù: l’umiltà.
Perche?
Perché ritengo che nel solstizio d’inverno, il maestoso sole, cedendo alle
tenebre per soddisfare l’armonia della natura, pur nella consapevolezza che
risorgerà con rinnovato vigore, compie una grande prova di umiltà.
E’ quello che dobbiamo imparare un po’ tutti, c’è un tempo per ridere ed uno
per piangere, uno per stare ritti ed uno per piegarsi.
Dobbiamo avere sempre presente che siamo stati creati dal fango, che siamo
polvere e polvere torneremo.
Umiltà da humus vuol dire, schiacciare la superbia e sapersi piegare
docilmente.
Significa saper scendere dal piedistallo della boria e della presunzione dove
spesso saliamo per celare e/o giustificare le nostre incapacità.
Spesso, molto spesso, le nostre azioni non sono volte a bandire le scorie di
profanità, ma ricalcano, più o meno palesemente i vizi profani.
Spesso, molto spesso, riscontriamo fratelli che anche dopo tanti anni di
militanza massonica, non sono riusciti a scrollarsi di dosso la presunzione di
sentirsi “uomini di pregio” a tutti i costi. Questi fratelli non sono mai
divenuti uomini veri né tanto meno massoni.
Solamente quando siamo pronti ad ascoltare la voce degli altri, a far nostre le
esperienze di chi sta davanti a noi, a non perdere l’occasione di stare zitti,
saremo diventati umili, e solo in tale momento, cadranno le scorie profane
(boria, esibizionismo, presunzione, prevaricazione ed altro ancora) e saremo
pronti a relazionarci col mondo esterno, per dare ma anche per ricevere.
Solo allora finiremo di imporre e far tollerare agli altri le nostre
sciocchezze profuse come saggezze.
Solo allora la via della conoscenza, del progresso e della libertà sarà agevole
e giammai per rimanere ritti, passeremo dall’umiltà alla viltà.
(Secrétariat
International Maçonnique des Puissances Adogmatiques)
CONVENZIONE
Le Potenze Massoniche sotto indicate convengono di comune
accordo di coordinare i loro sforzi di comunicazione attraverso una
cooperazione permanente e fraterna in seno ad un Segretariato centrale.
Esse rigettano ogni affermazione a carattere dogmatico. I
principi che le uniscono sono la libertà di coscienza, la tolleranza reciproca,
la libertà, l’uguaglianza e la fraternità.
SEGRETARIATO INTERNAZIONALE MASSONICO DELLE POTENZE ADOGMATICHE
LA MASSONERIA:
La Massoneria è un’alleanza universale i cui fini sono la
fratellanza fra tutti gli uomini, il perfezionamento dell’essere umano e il
progresso dell’umanità.
Essa si basa sul simbolismo della costruzione, di cui ha
adottato il linguaggio, ha un carattere essenzialmente iniziatico, ossia
possiede la capacità di trasformare e migliorare l’essere umano, e consente con
discrezione, nel rispetto delle esigenze di ognuno, di avvicinarsi alla
conoscenza, di imparare ad imparare, di imparare a sentire, di imparare a
condividere, di imparare ad ascoltare.
Non essendo né una chiesa, né una scuola, la Massoneria non
sostiene alcuna dottrina né alcun dogma. Essa raccomanda la tolleranza e
contribuisce alla elevazione dell’uomo, la cui più eroica impresa è proprio
quella di diventare un uomo.
IL/LA MASSONE:
Essere Massone significa essere iniziato/a in una Loggia
giusta e perfetta ed essere riconosciuto/a come tale dai propri Fratelli e
dalle proprie Sorelle, mantenendosi probo/a e libero/a di pensare e di dire, ed
anche di compiere quello che ciascuno/a intenda singolarmente conseguire a
titolo puramente individuale.
Essere iniziato/a significa essere cittadino/a del mondo,
nel quale si costruisce la morale universale.
LA LOGGIA:
Il lavoro di Loggia consiste nel conciliare il sapere e la
conoscenza, la tradizione e la modernità, e nel partecipare alla crescita
spirituale ed umana del nostro tempo.
Di conseguenza, le
Obbedienze firmatarie:
– si dichiarano fondamentalmente rispettose del principio
della libertà assoluta di coscienza;
– si dichiarano persuase che l’affrancamento (specialmente
sociale) dell’uomo e della donna avvenga attraverso una lotta senza tregua nei
confronti delle chiusure dogmatiche, delle derive settarie e delle ideologie
contrarie alla dignità umana;
– si dichiarano legate indefettibilmente al principio di
uguaglianza;
– si dichiarano coscienti che la democrazia e il principio
di laicità costituiscano i pilastri portanti nell’organizzazione di una
società.
Il punto
simbolizza lo stato limite dell’astrazione del volume, il Centro, l’origine, il
focolare, il principio di emanazione e del termine del ritorno. Designa la
potenza creatrice e la fine di ogni cosa. La manifestazione è l’estensione del
punto secondo le direzioni dello spazio, principio di quest’estensione è lui
stesso senza dimensioni, non sottomesso alle condizioni spaziali. Il punto
contiene il cerchio. Rappresenta inoltre l’equilibrio, l’armonia e l’origine
della meditazione.
Il cerchio, punto
esteso, simbolizza perfezione, omogeneità. Il movimento circolare è perfetto,
immutabile, senza variazioni come il tempo. Il cerchio è anche il cielo, il
mondo dell’invisibile, la figura dei cicli celesti, delle rivoluzioni
planetarie, del ciclo annuale raffigurato dallo Zodiaco. É il segno
dell’armonia e delle norme architettoniche stabilite sulla divisione del
cerchio. Nel mondo celtico il cerchio simbolizza un limite magico invalicabile,
cordone di difesa attorno alle città, ai templi, alle tombe, per impedire ai
nemici, alle anime erranti, ai demoni di penetrarvi. Il cerchio protettore
prende la forma, per l’individuo, dell’anello, del bracciale, della collana,
della cintura, della corona. Questi cerchi avevano il ruolo di stabilizzatori,
mantenendo la coesione tra anima e corpo…
Il triangolo
equilatero simbolizza la divinità, il numero 3, l’armonia, la proporzione. Il
triangolo è il glifo del raggio solare, presso gli antichi Maya, abbinato al
sole e al mais diventa un simbolo di fecondità. Il triangolo con la punta in
alto simbolizza il fuoco e il sesso maschile, con la punta in basso l’acqua e
il sesso femminile. Il sigillo di Salomone è composto dai due triangoli
sovrapposti che rappresentano la saggezza umana. Nella Massoneria ogni
triangolo corrisponde a un elemento: equilatero alla terra, rettangolo
all’acqua, scaleno all’aria, isoscele al fuoco.
Simbolo femminile.
Dei rombi ornano alcune volte dei
serpenti in immagini amerindie. Vi si attribuisce un significato erotico
dove la losanga rappresenta il sesso femminile e il serpente il fallo,
esprimendo così una filosofia dualista. Dal periodo preistorico il rombo
rappresenta la vulva e quindi la matrice della vita. Per estensione significa
anche la porta dei mondi sotterranei, il passaggio iniziatico nel ventre del
mondo, l’ingresso nella residenza delle forze ctonie. In Cina è uno degli otto
emblemi principali e simbolo della vittoria.
Figura antidinamica
ancorata a quattro lati, simbolizza l’arresto o l’istante fermato, la stagnazione,
la solidificazione, la stabilità: gli accampamenti e le tende dei popoli nomadi
hanno invece figura circolare. Molti spazi sacri adottano una forma
quadrangolare: altari, templi, città, campi militari. Il quadrato è la figura
di base dello spazio, il cerchio, e in particolare la spirale, quella del
tempo. Il quadrato magico data le origini della scienza, evoca il senso del
segreto e del potere occulto, è un mezzo di captare e immobilizzare
virtualmente un potere. Esiste un grande amuleto a sette quadrati di sette,
collegati ai differenti giorni della settimana e da qui ai pianeti e ai
metalli: Luna all’argento, Marte al ferro, Mercurio ad una lega con l’argento,
Giove allo stagno, Venere al rame, Saturno al piombo, Sole all’oro.
La figura del
trapezio è stata comparata al fronte di una testa di toro, da qui la sua
evocazione dell’idea di sacrificio. Se la si considera come un triangolo
tronco, il trapezio esprime incompiutezza, irregolarità, insuccesso. Questo può
provenire dal fatto che la figura è in divenire, che è stata deviata, che è
stata bloccata nel corso del suo sviluppo o che è stata mutilata. Queste
osservazioni possono essere trasferite, simbolicamente, dal piano fisico al
piano psichico e riassumersi nella manifestazione di una certa difficoltà al
dinamismo.
Testo dei simboli:
“Dictionnaire des symboles”
Jean Chevalier – Laffont Editore, Paris