INTERVISTA A CAVOUR SULL’ITALIA DI OGGI

INTERVISTA A CAVOUR SULL’ITALIA DI OGGI

Testo integrale dell’opera teatrale composta e messa in scena da Gabriele Montagna a Villa il Vascello per le celebrazioni del XX Settembre di Gabriele Montagna Attore e Regista

(Un giornalista annuncia l’arrivo sul palco di un Padre della Patria. Camillo, Paolo, Filippo, Giulio, Benso Conte di Cavour, di Cellarengo e di Isolabella. Nell’avvicinarsi al palco, passando in platea, il Conte si sofferma, galante, con le Signore del pubblico. Dopo un po’ viene sollecitato dal giornalista a prendere posto nel salottino allestito per l’occasione

Giornalista: Signor Conte, la prego, si accomodi. (Pausa) Vedo che non disdegna la compagnia femminile.

 Cavour: Sì, effettivamente, è … come dire … il mio tallone d’Achille. Ho amato molto e sono stato anche molto ricambiato.

Giornalista: È stato decisamente un Primo Ministro … diciamo così … un po’ donnaiolo, se mi permette.

Cavour: Mai quanto il penultimo che ha avuto la Repubblica Italiana. Giornalista: Questo è vero.

Cavour: E comunque le mie conquiste … erano tutte maggiorenni. Giornalista: Questo è indiscutibile! (Pausa) Ma, per rimanere in tema, se lei oggi legge le nostre riviste, i nostri giornali, potrà da subito notare che la politica si occupa molto di sesso. E che a volte le donne possono anche cambiare il corso della Storia.

Cavour: È sempre stato così. Segno inequivocabile che l’Umanità nei secoli non è poi così cambiata.

Giornalista: E certamente possiamo anche affermare che lei non è mai stato uno stinco di santo.

Cavour: Venivo da una famiglia bigotta e … non mi sono mai sposato. Potrei affermare, come diceva Mazzini parlando di sé, che la mia sola fidanzata era l’Italia. Ma certamente le donne mi sono sempre piaciute, e pur non essendo io una gran bellezza (si tocca la pancia), alle donne non dispiacevo.

Giornalista: Ma ha mai amato veramente?

Cavour: Il mio grande amore, quello dei venti anni, è stata Nina. Giornalista: Già, Nina!

Cavour: La marchesa Anna Giustiniani Schiaffino … ne ero pazzamente innamorato.

Giornalista: Sì, ne era pazzamente innamorato … ma ciò non le impedì di fare l’amore in un bosco con un’altra donna.

Cavour: Vedo che lei è molto informato.

Giornalista: Quindi conferma?

Cavour: Confermo. La donna in questione era la marchesa Clementina Guasco di Castelletto … e il bosco era quello di Valdieri, vicino Cuneo. Anche Clementina era sposata come Nina e una volta fece una scenata orribile di gelosia … quanto più sono sposate, tanto più fanno scenate … e minacciò addirittura il suicidio.

Giornalista: Mentre a suicidarsi davvero fu proprio … Nina … Cavour: Ancora oggi quel suicidio pesa tremendamente sul mio cuore. Giornalista: Ma signor Conte, scusi, lei intrecciava storie solo con nobildonne?

Cavour: No, ovviamente. Passata la giovinezza sostituii le marchese con una ballerina.

Giornalista: Una ballerina?

Cavour: Una ballerina del Regio di Torino. Si chiamava Bianca Ronzani.

Giornalista: Ma lei signor Conte era continuamente in movimento. Cavour: Ciò nonostante, non ho potuto far nulla per diminuire … le mie circonferenze (si tocca la pancia).

Giornalista: E … ci dica qualcosa di più di Bianca Ronzani.

Cavour: L’ho amata davvero!

Giornalista: Anche questa?

Cavour: Anche questa! Pensi che le scrivevo lunghe lettere mandandole “bacci infuocati”

Giornalista: Forse voleva dire “baci infuocati”.

Cavour: No no. Proprio “bacci”! L’ortografia italiana non era mai stata il mio forte. Ero più avvezzo alla lingua francese. Ça va sans dire. Giornalista: Mi incuriosisce non poco. Qual era il contenuto di queste lettere?

Cavour: La prego, non chieda oltre. Non è il caso con tutta questa gente (indica il pubblico). Mi limito solo a dire che erano lettere bellissime e … come si direbbe oggi … “a luci rosse”. Pensi che, dopo la mia morte, furono comprate dal vostro fratello massone Costantino Nigra per ordine del re, e bruciate in un camino.

Giornalista: Quando si parla di lei, signor Conte, non si può non parlare di un’altra presenza femminile. Sua cugina la Contessa di Castiglione.

Cavour: Eh già! Virginia Elisabetta Luisa Carlotta Antonietta Teresa Maria Oldoini, maritata a 17 anni a Francesco Verasis Asinari, Conte di Costigliole d’Asti e Castiglione Tinella.

Giornalista: Mamma mia!

Cavour: Donna dotata di immensa bellezza. La sua dote più evidente, assieme ad un freddo cinismo ed una rara astuzia.

Giornalista: Ormai è storia il fatto che lei incoraggiò sua cugina Virginia a concedersi a Napoleone III per migliorare le relazioni del Piemonte con la Francia. In più, pare che la Contessa ci guadagnò un cammeo di smeraldo di 60 carati.

Cavour: Lei pare più informato di un … telegiornale.

Giornalista: Ma lei signor Conte, cosa ci guadagnò?

Cavour: Sui presunti spionaggi nel letto della Castiglione si è fatta molta fantasia. La verità è che io a Parigi, nel mondo finanziario e diplomatico, disponevo di confidenti molto più attendibili di Virginia. Ma lei era la più bella della Corte, e il provincialismo torinese, diciamolo, esagerava nei pettegolezzi.

Giornalista: (Incalzando con una certa forza) Sarà … ma i suoi rapporti con le donne sembrano piuttosto cinici! Lei non ha mai avuto la mano leggera con la bella Rosina, amante del re Vittorio Emanuele; e nemmeno con la sfortunata principessa Clotilde, costretta a sposare il maturo e chiacchierato Gerolamo Bonaparte, detto “plon plon” a causa della sua vita scapestrata. Lei passava sopra i sentimenti per manovre politiche!

Cavour: (Rispondendo a tono) Sì è vero e non me ne pento! Ci mancava anche che Vittorio Emanuele invece di cercare alleanze dinastiche sposasse la figlia del tamburino. E quanto alla principessa Clotilde, dopo Plombières scrissi da Baden al Re un rapporto nel quale spiegavo tutto ciò che occorreva fare per trascinare la Francia alla seconda guerra con l’Austria, dopo che avevamo rovinosamente perduto la prima. Sapevo che il re non voleva dispiacere alla ragazza, a Clotilde, e perciò non gli lasciai margini e gli scrissi che la Storia serviva a provarci che le principesse erano esposte ad una vita assai triste. In poche parole, egregio signore, io pensavo che i destini di tutti, dico, tutti, dovevano piegarsi alla causa dell’Italia. Ed anche quando mi occupavo di donne, caro il mio giornalista, pensavo sempre all’Italia, diversamente da quanti anche oggi devono occuparsi dell’Italia ma pensano sempre e solo alle donne.

Giornalista: La prego, Conte Cavour, non si scaldi. (Pausa) Sarà meglio cambiare argomento, le pare?

Cavour: Sì, sarà meglio. Forse ci converrebbe parlare più appropriatamente di politica, no? D’altronde sono stato un Primo Ministro.

Giornalista: Ha ragione. Parliamo di politica. (Pausa) E parliamo della politica dei suoi tempi, cercando di trovare contatti con la politica italiana di oggi.

Cavour: A cosa fa riferimento?

Giornalista: Faccio riferimento al più celebre dei suoi discorsi nel Parlamento non più sardo, ma nazionale, discorso nel quale lei prese di petto la questione romana e la necessità di abbattere il temporalismo vaticano. Leggo testualmente le sue parole: Io non so concepire maggiore sventura per un popolo colto che vedere riunito in una sola mano il potere civile ed il potere religioso. Ripeto, grande attualità nelle sue parole, in quanto oggi, a 150 anni di distanza, succede che il potere civile del Governo e del Parlamento sia chiamato a prendere  decisioni dettate da precetti del potere religioso, come per esempio in una materia delicata come la Bioetica!

Cavour: Vede, ai miei tempi la parola “Bioetica” non esisteva. Ma sicuramente posso affermare che io, in un certo qual modo, ho anticipato i tempi con la formula “Libera Chiesa in Libero Stato”. Ma attenzione. Libera Chiesa significa che la Chiesa è libera di professare il proprio magistero e prescriverlo ai fedeli. Ma lo Stato è altrettanto libero quando garantisce la libertà dei cittadini, e quindi non si piega alle pressioni di chi pretende di trasferire i precetti religiosi che obbligano i fedeli, nelle norme giuridiche che sono obbligatorie per tutti. Ripeto … per Tutti.

Giornalista: I suoi biografi pensano che la sua avversione contro il potere temporale della Chiesa avesse origine dalla Ginevra calvinista della sua famiglia materna. E storici autorevoli l’hanno definita “il più europeo” fra i patrioti del Risorgimento. In poche parole … l’Italia le stava stretta?

Cavour: (Ridendo) No, vede, non mi stava stretta l’Italia. Mi stava stretta la grettezza conservatrice della corte subalpina e di buona parte della nobiltà. Quando non ero in campagna, stavo bene a Ginevra, Londra e, soprattutto, Parigi. I libri che leggevo erano i classici del liberalismo francese ed inglese. La Francia e l’Inghilterra erano i miei punti di riferimento. Avevo compreso che per fare l’Italia, al Piemonte servivano l’alleanza con l’esercito francese e i prestiti dei banchieri di Londra. Ma tutta la mia giornata, compresa la notte, dormivo solo quattro o cinque ore su una branda in ufficio, era dedicata all’Italia, la patria in cerca di uno Stato. Anche i miei avversari maggiori, Mazzini e Garibaldi, in questo mi assomigliavano. Erano tutti cittadini d’Europa. E lo scopo che ci univa, perché sovrastava i nostri contrasti, era di risvegliare l’Italia assopita nei secoli e aprirle la porta di ingresso nell’Europa moderna. Mi si dice che adesso l’Italia non è più come è stata nei primi 50 anni della sua Repubblica. L’Italia non è più in prima fila fra i costruttori dell’Unità europea, in quanto prevalgono localismi, chiusure, paure … leghe … e “grillini” parlanti.

Giornalista: (Ridendo) Vedo che lei è molto informato.

Cavour: Faccio quello che posso. (Pausa) Vorrei lasciare un piccolo suggerimento agli Italiani di oggi.

Giornalista: Quale?

 Cavour: Vorrei suggerire quello che scrivevo sul mio giornale Il Risorgimento nel 1848 … quando affermavo che noi ci educhiamo alla vita nuova con lo studio assiduo degli eventi che succedono fra le nazioni.

Giornalista: Un ottimo consiglio sulla strada dell’Unità! (Pausa) Ma, a proposito di Unità, pare abbastanza strano che lei volesse come capitale d’Italia una città che non aveva nemmeno visitato in vita sua. Roma.

Cavour: Se è per questo non ho visto nemmeno il Mezzogiorno. (Pausa) Sì è vero! Non conoscevo Roma. E non ero neppure troppo invogliato ad andarci. Prevedevo che fra gli imponenti monumenti romani avrei provato la nostalgia delle modeste case di Torino. Eppure, mi creda, comprendevo Roma meglio dei pochi torinesi che la conoscevano, come D’Azeglio. Come spiegai in Parlamento, rispondendo ad una interpellanza di Audinot, Roma soltanto era quella città che non aveva alcuna storia municipale. Per questo motivo per me Roma apparteneva al Mondo e, quindi, senza Roma capitale, l’Unità d’Italia non poteva dirsi compiuta.

Giornalista: Mi vorrà perdonare signor Conte se continuo sul tema dell’attualità.

Cavour: Mi dica.

Giornalista: Lei, come dire, lei ha indebitato il Piemonte fino al collo per costruire le strade ferrate, superando anche le Alpi. Oggi in Italia, esattamente in Val di Susa, c’è una accesa guerriglia fra i così detti no-tav contro coloro che vogliono costruire il grande tunnel che dovrebbe collegare la sua Rorino a Lione, per far passare in Italia una delle maggiori arterie ferroviarie europee. Andava così anche ai suoi tempi?

 Cavour: Non ero ancora in Parlamento quando scrissi per una rivista francese un articolo intitolato Des Chemins de Fer en Italie. In questo articolo io spiegavo che dal punto di vista commerciale l’Italia doveva nutrire grandi speranze nelle ferrovie. Affermavo che rendendo pronte, economiche e sicure le vie di comunicazione interna, facendo sparire la barriera delle Alpi che separava l’Italia dal resto d’Europa, sarebbe aumentato in maniera prodigiosa l’afflusso di turisti che volevano visitare la nostra terra e avremmo portato copiosa ricchezza. Quando poi fui eletto alla Camera e, successivamente, divenni Capo del Governo, il collegamento ferroviario con la Francia fu un punto centrale dei miei programmi di investimento, con priorità al collegamento fra la Val di Susa, la Savoia e Lione.

 Giornalista: Sì, ma a che costo?

Cavour: Mi coprii di debiti con Rotshild, affrontai le enormi polemiche parlamentari e, nel 1857 si diede avvio al traforo del Frejus, portato a termine soltanto dieci anni dopo la mia morte. (Pausa) Non solo grandi costi economici, ma anche grandi costi in termini di perdite di vite umane a causa delle numerose esplosioni in galleria. A Torino, in Piazza Statuto, c’è il monumento agli operai caduti per il Frejus. Ed io li considero eroi risorgimentali al pari degli altri che hanno combattuto per l’Unità d’Italia. Immolati al genio del progresso e alla filosofia laica del mio secolo.

Giornalista: Ed oggi … gli stessi problemi?

Cavour: Con le tecniche di oggi i lavori della Torino-Lione saranno un’impresa facile e si[1]cura rispetto ad allora. Anche ai miei tempi c’era chi sosteneva che il Frejus era una follia e che sarebbe bastato ampliare le vecchie mulattiere.  Ma se l’Europa non è una parola vuota, le grandi infrastrutture di comunicazione sono essenziali ed è essenziale che l’Italia non sia tagliata fuori.

Giornalista: Quindi lei è a favore della Tav?

Cavour: Certo … ma nel più profondo rispetto della Natura e delle popolazioni del luogo. I lavori devono essere assegnati a gente competente e responsabile che non provochi ferite idrogeologiche e che si attenga alle regole della Comunità Europea.

Giornalista: Certo il progresso miete qualche vittima … ma deve andare avanti. (Pausa) Ah, a proposito di progresso, ha saputo che è stato scoperto il “BOSONE” … quella cosa che hanno definito la “Particella di Dio”?

Cavour: (Sorride visibilmente) Già … la particella

Giornalista: Scusi, ma perché ride su questa notizia? Non capisco. Cavour: No, mi perdoni, non volevo essere scortese o minimizzare la notizia. Solo che ho saputo … notizia gossip … che l’ex premier … quello prima di questo che avete ora …

Giornalista: La prego Conte … stia attento a quello che dice … non vorremmo dei problemi … che c’entra l’ex premier con la particella di Dio, scusi?

Cavour: Stia tranquillo … stavo solo riferendo che alcune voci mi hanno riportato che appunto l’ex premier abbia affermato preoccupato da Arcore: “Hanno scoperto la mia particella … la mia particella”.

Giornalista: (Glissando) La prego, lasciamo perdere e andiamo avanti.

Cavour: Come vuole!

Giornalista: E parliamo di cose serie! (Pausa) Lei ha speso la vita per fare l’Italia. Visti i risultati, lo rifarebbe?

Cavour: Sono morto troppo presto, come Mosè in vista della Terra Promessa. Quel giorno della mia morte, secondo la testimonianza di Farini e Castelli, divorato dalla febbre regalatami dalle zanzare di Leri, deliravo parlando soprattutto del Sud appena conquistato … o meglio … non lo definivo Sud, ma Mezzogiorno. Parlavo dei “napoletani”, del dovere di riscattarli dalla sudditanza borbonica. Dicevo della necessità di educare i giovani, di governare con la Libertà e non con lo stato di assedio. Beh, sono passati 150 anni da allora, l’Italia è in mezzo ai guai oggi … lo so! Ma i progressi sono stati enormi, la popolazione è triplicata, l’aspettativa di vita si è allungata di trent’anni, gli analfabeti che erano il novanta per cento, sono quasi scomparsi. Sì, qualcuno è rimasto in Parlamento fra i deputati del Nord. Il bilancio è sicuramente positivo! Ci sono tante cose ancora da fare. Dissi allora e ripeto oggi: “L’Italia è fatta, tutto è salvo”. E i miei cinquanta anni li ho spesi per la mia Patria senza risparmio.

Giornalista: Concludendo questa piacevole chiacchierata, Conte Cavour, mi permetta un’ultima domanda … beh, più che una domanda è un invito.

Cavour: Invito?

Giornalista: Un invito. Un invito a fornire, da uomo europeo quale lei è stato, a fornire dei suggerimenti, fors’anche dei consigli, ad un altro uomo europeista convinto, come è il Professor Mario Monti, nostro attuale Primo Ministro. A lei quindi la responsabilità di concludere..

HIRAM 1/2013

Questa voce è stata pubblicata in Lavori di Loggia. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *