NOI DOBBIAMO ESSERE UN LABORATORIO DI SPERANZA

Noi dobbiamo essere un laboratorio di speranza”.
Il Grande Oriente sarà più luminoso e forte con l’aiuto e l’appoggio dei Fratelli: possiamo e dobbiamo tenere acceso il fuoco sacro e irradiare reale luce attraverso il sorriso, la benevolenza e la comprensione. E’ questo il messaggio lanciato alla Comunione dal Gran Maestro Stefano Bisi nel dar via il 10 dicembre scorso da Firenze alle tradizionali celebrazioni del Solstizio d’Inverno, che si tengono in queste settimane in tutt’Italia. Gremitissimo il tempio allestito per la grande Festa della Luce a Villa Vittoria, splendida dimora ottocentesca di proprietà della Regione Toscana, oggi adibita a Palazzo dei Congressi. Mille i posti a sedere nell’ampio anfiteatro che ha contribuito a regalare all’evento un’appropriata atmosfera.

Lo squarcio delle tenebre

L’apertura rituale dei lavori è stata affidata alla guida esperta del maestro venerabile della loggia Alberto Mario (121) di Sansepolcro. “Siamo qui – ha esordito Olinto Franco Baragli, dopo i saluti – in una dimensione fuori del tempo e dello spazio, insieme per celebrare ancora una volta il ritorno della luce”. In questi giorni, ha spiegato, il sole arriverà al suo punto più basso nell’orizzonte: questa discesa terminerà il 22 dicembre e allora parrà fermarsi fino a quando non ricomincerà a risalire. E’ l’uscita dall’oscurità, lo squarcio delle tenebre. Il rinnovamento di sé stessi e del Cosmo. Queste date sono porte, soglie, che dividono e mettono in comunicazione mondi diversi e contrapposti, spazi temporali dalle opposte caratteristiche che si alternano e si completano, in un dualismo ermetico che succedendosi, va a formare una unità: l’Anno, nome che proviene da annus e da annulus, l’anello, che con il suo significato circolare richiama qui, l’anello del tempo. I Solstizi – ha detto – sono come due confini entro i quali si possa e si debba svolgere l’attività degli uomini. Una serie di continue discese e continue salite in cui si snoda la nostra ricerca e il viaggio della nostra vita. Occorre scendere per poi salire e non si può andare in alto senza aver conosciuto il profondo. E, soprattutto, non c’è termine a questo alternante viaggio, che è libero nelle sue direzioni, è scandito se mai ed è regolato, solo da dei principi che sono universali e ci vengono ricordati dalla magnificente grandezza di ciò che ci circonda e ci sovrasta. Questi principi, questi confini, ci dicono che dobbiamo agire con ponderatezza, con equilibrio, cercando il giusto mezzo, avendo come riferimento la Verità e la Giustizia e l’ordine cosmico di Armonia e di Giusta Misura. Est modus in rebus, c’è un modo per far le cose. Per poter agire così, per poterlo fare, occorre essere ed avere consapevolezza di Sé”. “I Massoni, come iniziati – ha concluso – indagano se stessi, indagano la Natura, la Grande Madre, essi si riferiscono alla Luce e come ausilio alla loro indagine hanno la Geometria e gli strumenti geometrici e come riferimento, hanno la Fratellanza tra gli uomini. Festeggiamo, dunque, il periodo più buio dell’anno, il ritorno della Luce che guiderà il nostro cammino, in una metafora che indica il Lume indispensabile alla nostra Ragione e la Conoscenza che fortifica il nostro Spirito e ci permette di conseguire le nostre mete”.

Grandi numeri in Toscana

E’ intervenuto poi il Presidente del Collegio toscano, Francesco Borgognoni, che si è soffermato ad analizzare la presenza della Massoneria sul territorio, confermandone l’ottimo stato di salute con dati che parlano da soli. Sono 120 le logge del Grande Oriente, ha riferito, attive in tutta la circoscrizione e distribuite in maniera uniforme da nord a sud della regione e 3093 i Fratelli a piè di lista, con un saldo annuale positivo di 83 unità. Numeri importanti che confermano la presenza storica della Libera Muratoria in Toscana e il primato che da tempo detiene. Grande soddisfazione ha espresso Borgognoni anche per l’intensa attività in cui sono impegnate le officine e ha augurato un buon inizio con il motto templare: Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam (dal salmo 114 della “Antica Vulgata”). Ricevuti gli ospiti, a partire dalla numerosissima delegazione dei Capitoli toscani delle Stelle d’Oriente e da un gruppo di giovani rappresentanti dell’Ordine di DeMolay, ha preso la parola il Gran Maestro Stefano Bisi che ha delineato i tratti simboli della ciclicità temporale, introducendo la consueta cerimonia prevista per la Festa della Luce con l’accensione rituale delle candele, simbolo del ritornosolstiziale alla crescente luce.

Irradiamo la luce attraverso il sorriso

Subito dopo Bisi insieme al GMO Massimo Bianchi ha consegnato le onorificenze e gli attestati ai fratelli che hanno compiuto i 40 anni di appartenenza all’Istituzione. Fratelli che rappresentano la luce, ha detto il Gran Maestro, rivolgendosi anche ai rappresentanti dei Collegi presenti, come Carlo Ricotti (Lazio), Lucio Doriano (Campania), Luca Castiglione (Umbria). Citando il maestro venerabile dell’“Alberto Mario” e la recente iniziativa organizzata a Sansepolcro, dedicata ai 70 anni della Repubblica Italiana, alla Costituzione e in particolare agli articoli che tutelano alcuni diritti fondamentali come quello alla salute e alla associazione, Bisi ha ricordato come sia possibile conciliare il nostro lavoro tra le colonne con l’impegno fuori del tempio e ha invitato i Fratelli, tutti, a essere ottimisti. “Il Grande Oriente – ha sottolineato il Gran Maestro – sarà più luminoso e forte con l’aiuto e l’appoggio dei Fratelli, con il loro entusiasmo, con la loro positività; possiamo tenere acceso il fuoco sacro e irradiare reale Luce attraverso il sorriso, la benevolenza e la comprensione. Noi dobbiamo poi essere – ha aggiunto – un laboratorio di speranza”. Valorizziamo, è stato il suo appello, “i piccoli gesti quotidiani, pensiamo a costruire ponti, guardiamo le persone con umanità, stringiamoci l’uno all’altro confortando i più sfortunati di noi, quelli che hanno subito disgrazie familiari, coloro che sono in difficoltà di fronte alle avversità della vita. Ancora con forza e dolcezza dico a tutti i Fratelli: Avanti!”. Un’emozione fortissima e una lunga, interminabile standing ovation ha concluso la parte della serata aperta agli ospiti. Poi, in un grande clima di armonia, c’è stata la ripresa dei lavori per la chiusura rituale.

I punti cardinali del tempo

Il Solstizio d’inverno è simbolo della rinascita spirituale. Insieme al Solstizio d’estate e agli Equinozi costituisce i quattro cardini dell’architettura del tempo nell’arco di un anno. E questo appuntamento perenne che scandisce il ritmo dell’universo, rappresenta per i liberi muratori il momento della completa comunione con la natura, un’unione fortificata dal moto del sole, che il Grande Architetto dell’Universo ha creato per irradiare e vivificare generosamente e senza distinzione ogni forma di vita terrena. Il Solstizio invernale è il simbolo della rinascita spirituale, la sconfitta delle tenebre da parte del Sole, il trionfo della Luce e la Luce è il simbolo centrale dell’iniziato. Le porte del cielo si spalancano, il sole, nel suo moto apparente lungo l’eclittica, raggiunge il punto di declinazione minima, il più vicino alla terra, e pare fermarsi per poi riprendere la sua ascesa e tornare a espandersi. Per questo è considerato il momento che segna la rinascita e che nelle officine viene scandito da un rituale rigoroso, solenne, pieno di significati simbolici ed esoterici. La tradizione della celebrazione della luce in sintonia con l’attimo in cui essa parrebbe averci abbandonato e invece torna a illuminare il nostro cammino e le nostre vite è comune a molteplici civiltà, religioni, credenze di ogni tempo e paese.

Un ponte verso l’ignoto

Gli antichi celti fissavano l’inizio del loro calendario poco prima del Solstizio invernale, per darsi tempo di programmare le proprie attività in funzione della rinascita della luce. I romani celebravano nella seconda metà di dicembre la festa del Sole Invitto in onore del dio Mitra, dio della vita, della fertilità, della rinascita. Ed è anche per questo che i primi cristiani, dovendo fissare una data per la nascita del Cristo, scelsero un giorno vicino al solstizio, simboleggiando così l’avvento di una nuova luce. Per tutti, comunque, questo straordinario evento astronomico ripropone il tema dell’attesa – e dunque della speranza – attesa per quello che la stasi del sole implica e che implica l’oscurità che l’ha preceduta, con tutti i dubbi, le paure e gli interrogativi che poi felicemente finiscono per dileguarsi nella ripresa splendente del moto dell’astro. Una tappa che ha sempre rappresentato nella memoria dell’umanità un ponte tra il visibile e l’ignoto. Il Solstizio d’inverno è caduto quest’anno il 21 dicembre alle ore 10.44. E’ in questo preciso momento che il sole ha raggiunto la sua massima distanza al di sotto dell’equatore celeste.

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