PEDAGOGIA DELLE LIBERTÀ

PEDAGOGIA DELLE LIBERTÀ

DI GUSTAVO RAFFI GRAN MAESTRO DEL G.O.I.

Gentili Autorità intervenute,

Signore e Signori,

Carissimi Fratelli

l Grande Oriente d’Italia non ha finalità partitiche o interesse nell’azione politica, che deve svolgersi conformemente alle regole democratiche in altri contesti e in altri ambiti istituzionali. La nostra funzione appare, invece, quella di stimolare la società civile su temi qualificanti, intorno ai quali riteniamo di poter

portare un contributo sereno e razionale, in modo da prendere parte al difficile cammino di costruzione di un contesto civile migliore e più giusto. Sulla scorta degli esempi più limpidi della Libera Muratoria, la nostra Comunione cerca di assumere un ruolo preciso, quello di spazio fecondo per la libera elaborazione di un pensiero critico, che esalti la voce di una dimensione laica e interculturale, purtroppo non sempre gradita nel nostro paese. Ben più di un’agenzia della moderna laicità – come l’ha definita con rispetto lo storico Paolo Prodi –, la Massoneria contemporanea svolge nuovamente un ruolo storico di azione intellettuale e socio-culturale, volta non tanto alla difesa, quanto piuttosto all’espansione di tutti quei principi etici che conformano la Carta dei Diritti Umani e che cementano le fondamenta necessarie per ogni prassi civile indirizzata alla realizzazione di una “tolleranza” attiva e costruttiva.

Il nostro operare fuori dalla politica ci lascia fortunatamente quello spazio enorme che permette di soppesare con profondo *rispetto le ragioni e gli argomenti di tutti, di meditare soluzioni diverse in uno spirito di continuo esame e di dubbio permanente, senza aspirare al successo in termini di numero o di potere.

Per tutte queste ragioni, il tema fondamentale scelto quest’anno, quello della

“Pedagogia delle libertà”, non è affatto né casuale né banale.

Nel corso del suo lungo cammino, la Massoneria si è di norma posta come

laboratorio di idee, come spazio libero e adogmatico di incontro tra uomini

diversi, che, attraverso il dialogo e lo studio, accrescono la loro spiritualità,

affinano la conoscenza, rinsaldano la morale e si preparano a vivere socialmente,

in forza dei valori di tolleranza, libertà, eguaglianza e fratellanza.

Vi rammento che i Massoni hanno sempre lavorato alla costruzione delle più

importanti istituzioni democratiche, alla redazione delle costituzioni moderne, alla

definizione filosofico-giuridica dei principi fondamentali sui quali sono state create istituzioni straordinarie come la Società delle Nazioni, la Croce Rossa etc.; non dimentichiamo, inoltre, che i Liberi Muratori hanno sistematicamente lottato per il suffragio universale, per la scuola pubblica e gratuita, per l’abolizione della pena di morte, lavorando attorno a un’idea in continuo rinnovamento della piena dignità dell’uomo. Che tale patrimonio democratico e libertario, mirante alla difesa della centralità dell’essere umano, come soggetto e non come oggetto educativo da indottrinare, come protagonista responsabile delle sue scelte e non come suddito o bolso consumatore di merci, venga spesso sottaciuto non ci stupisce affatto, anche se tale silenzio non ci impedisce di continuare su questo duro sebbene al contempo necessario ed entusiasmante cammino.

Che cos’è infatti la Massoneria se non una palestra di continua e mutua educazione! Chi entra in Massoneria, lo fa perché sente la necessità di perfezionarsi attraverso un cammino spirituale e, conseguentemente, accetta un percorso che lo costringe a mettersi in discussione, ad affrontare attraverso i nostri rituali alcuni temi archetipali di enorme profondità.

Desidero ancora una volta sottolineare che la Massoneria educa anche a non trovare le risposte essenziali già confezionate. Al contrario di tante associazioni politiche e religiose, il Massone viene da subito invitato a non accontentarsi della vulgata comune o a credere supinamente a quanto gli viene detto anche in Loggia, e non solo fuori. I riti, i simboli, intorno a cui lavoriamo, servono a suscitare interrogativi, dubbi, perplessità, e richiedono risposte che non sono

aprioristicamente determinate o scontate, ma alle quali ciascuno deve avvicinarsi in un continuo adeguamento delle sue conoscenze e delle sue sensibilità. Tali caratteristiche rendono la Massoneria una realtà atipica, poiché essa non impone affatto un credo, né smentisce le verità eventualmente proposte da altri; semplicemente, si fa per dire, invita l’iniziato a rimeditare quanto egli ritenga di aver conosciuto in via definitiva e a ritornarvi sopra in modo più profondo e critico, grazie al libero esame e al confronto critico con gli altri. Si tratta, pertanto, di esperire attraverso il lavoro nel Tempio una pedagogia di libertà, adogmatica,

aperta alla conoscenza e al dubbio costruttivo, ma anche pronta a misurarsi con le nuove scoperte o con nuove e originali prospettive, mai assunte però in forma unilaterale.

La Massoneria dovrebbe per sua costituzione essere anticonformista, e quindi pronta a cogliere i nuovi stimoli che attraversano la società, ma allo stesso tempo così matura da saperli coniugare con la sua tradizione di prudenza, di saggezza e di pacata riflessione. Questo, insomma, è o dovrebbe essere, quando vi riusciamo, il nostro lavoro.

Non bisognerebbe stupirsi, allora, a fronte di una così particolare impostazione,

del fatto che i Massoni si sentono oggi profondamente colpiti dalla inadeguatezza con cui aspetti etici fondamentali per tutta la nostra società vengono di fatto trattati. Da tempo abbiamo espresso la nostra preoccupazione sul fatto che la laicità dello Stato si stia profondamente annacquando. Ogni tema cruciale diventa oggetto di un negoziato tra teologia e mondo laico, tra proclami da crociata e richiami al dogmatismo religioso e accordi più o meno sottobanco, in un mercato delle libertà che ci appare inqualificabile.

Non solo il nostro paese si è ritrovato con una delle peggiori normative rispetto

alla ricerca scientifica concernente i diversi aspetti della genetica e della fecondazione artificiale, ma si è tecnicamente dichiarato che la fecondazione

eterologa sarebbe un reato per puri motivi legati a una posizione teologica specifica, non condivisa né dalla comunità scientifica né da una parte della stessa Chiesa Cattolica. Il fatto poi che prestigiose istituzioni religiose abbiano proposto una pedagogia del disimpegno invitando i cittadini a non votare in occasione del referendum, nel merito del quale il Grande Oriente d’Italia non aveva espresso alcuna indicazione di voto se non quella di esercitare il diritto di voto, è stato indice di una manifesta strategia diseducativa nei confronti soprattutto delle generazioni più giovani. Come istituzione pedagogica la Massoneria non poteva infatti delegittimare uno dei più importanti strumenti della libertà di espressione del cittadino e per questa ragione invitare soprattutto i giovani a mantenere alta la considerazione per le dinamiche essenziali del confronto democratico,

denunciando come scellerato l’invito, da qualunque parte provenisse, a disertare

le orme.

Ma altri e più difficili argomenti sono emersi nel panorama presente e di fronte ai

quali non possiamo tacere. I Massoni non hanno timore di interrogarsi sul tema del dolore e della morte, ma anche di porsi qualche interrogativo nel merito sulla questione del diritto di concludere con dignità il cammino dell’esistenza. Nessuno di noi si sente perciò nella posizione di poter giudicare, o peggio condannare come peccatori coloro che, esaurite tutte le possibilità messe a disposizione della medicina e posti in una condizione umiliante, chiedono che sia interrotto l’accanimento terapeutico a cui sono stati sottoposti. Non si sta invocando una deregulation che liberalizzi o incentivi il suicidio, ma vorremmo che ogni essere umano, date certe condizioni ben definibili sul piano scientifico e deontologico,

possa restare padrone della sua vita e della sua morte e non giacere come un prigioniero incatenato a un corpo che è divenuto per lui solo una prigione inaccettabile.

La vita è certamente un dono, e rispettiamo coloro che ritengono inaccettabile abbandonarla anzi tempo anche se posti nelle peggiori condizioni. Si tratta di una convinzione che fonda le sue ragioni in motivazioni profonde e serissime, ma tale convinzione dovrebbe legittimamente determinare le scelte di coloro che la professano, e non ricadere come un diktat valido per tutti. Riteniamo che ci siano momenti dell’esistenza (o di un’esistenza che non è più pienamente tale, almeno per chi soggettivamente la sta esperendo) davanti ai quali lo Stato dovrebbe rispettare la dignità e la libertà di coscienza del cittadino, di chi in particolare patisce in prima persona; momenti in cui il giudizio altrui debba essere sospeso e in cui le diverse opzioni etiche, religiose, culturali e spirituali abbiano il pieno diritto di coniugarsi nella loro libertà, ma anche nella loro diversità.

Non è ammissibile che una sola pretesa verità assoluta possa essere imposta alla

comunità civile come l’unico vincolo etico morale da accettare senza deroghe. Lo Stato laico ha il pieno dovere di rispettare il dolore e, nei casi stabiliti, riconoscere la legittimità da parte del singolo di sottrarvisi, poste determinate condizioni. Una sorta di dittatura morale sul corpo malato viene, invece, spacciata come valore universale, mentre si tratta piuttosto di un’imposizione illiberale di stampo totalitario. Ricusiamo, inoltre, tutte le accuse che, anche di recente, vengono evocate contro le famose lobbies laiciste, che minerebbero i valori fondamentali della vita e della società. La Chiesa Cattolica non ha mai condannato in modo inequivocabile né la pena di morte né lo strumento della guerra e, nella sua storia plurisecolare, ha fatto uso sia dell’uno sia dell’altro quando lo ha ritenuto necessario. Peraltro, sappiamo bene che molti Massoni per ragioni di coscienza non accetterebbero mai l’eutanasia, ma allo stesso tempo essi non imporrebbero

mai agli altri una loro scelta personale su di un argomento così ontologicamente privato e terribilmente lacerante. Questa per noi è libertà  nella diversità; esercizio

delle proprie convinzioni senza vincoli teologici da imporre agli altri. La Chiesa ha certamente tutto il diritto di richiamare i suoi fedeli alle proprie verità, alla sua teologia, alla sua morale. Crediamo che sia invece inaccettabile che essa ritenga di poter assumere una tutela morale sulla libertà di coscienza di tutti gli Italiani, e soprattutto sul loro Stato, in modo che le sue leggi non siano conformi ai principi di laicità riconosciuti dalla Costituzione Repubblicana, ma a quelli dell’autorità religiosa.

Le invettive contro il laicismo e, soprattutto, contro il relativismo di cui saremmo

uno dei principali colpevoli sono molto deboli e argomentate solo sulla base di una faziosità aprioristica. Anche in questo frangente, siamo costretti a constatare che il relativismo è proprio di coloro che non sanno uscire da una cornice ristretta, considerata come efficace e vincolante in eterno, senza che essa sia mai soggetta a discussione e, come invece accade nelle scienze moderne, al criterio di falsificabilità. Relativismo è questa terribile autoreferenzialità che rende una parte del pensiero teologico assolutamente impermeabile al mutamento delle conoscenze, dei paradigmi storico-epistemologici, e che ripete nei secoli, senza

ammettere il diritto di scelta, la propria posizione inamovibile.

Non basta criticare l’anti modernità dei fondamentalismi, quando non si riconosce la legittimità di opzioni altre, di percorsi alternativi e soprattutto di categorie non subordinate a un preciso sistema teologico-filosofico. La certezza del possesso della verità assoluta non può tramutarsi in una imposizione generalizzata da parte di una Chiesa sull’intero corpo sociale se non in una teocrazia.

Non si fraintenda. La Massoneria non combatte le religioni; anzi, spesso ha facilitato il dialogo tra gli appartenenti a fedi e confessioni diverse e ancora oggi, in molti paesi extraeuropei, essa resta uno dei migliori veicoli per la diffusione dei valori di convivenza laica e democratica, secondo la lezione del parlamentarismo britannico che attraverso le logge si è irradiato a partire dal ‘700 in tutto il nostro continente e oltre.

I Massoni agiscono con riferimento alla grande opera del Grande Architetto dell’Universo, e per questa ragione considerano il loro simile un fine e non un mezzo, sempre pronti a cercare la via del confronto aperto senza apriorismi. Anziché riunirsi tra omologhi, essi aspirano a coinvolgere persone di estrazione, idee e culti diversi, perché è in tale complessità che ritengono di acquisire

maggior saggezza e conoscenza. La paideia massonica insiste infatti su un metodo che a ogni passo ribadisce la provvisorietà del nostro sapere, come i nostri Templi, la cui volta rappresenta un cielo stellato, simbolo della incompletezza dell’opera già svolta e della necessità di andare oltre sul cammino della sapienza e della verità. Per il massone, scoprire di avere torto è un risultato positivo, giacché egli si rende conto di aver lasciato indietro un errore a cui

era in precedenza legato e non una sconfitta irrimediabile. Tale via non è contro le

religioni, anzi può arricchire l’homo religiosus, aprendogli prospettive nuove e mai immaginate in precedenza. Si tratta, pertanto, di vivere una dimensione di incessante ricerca del perfezionamento interiore, che si apre all’altro e alle sue diverse prospettive, che si muove tra trasparenze e ostacoli, senza mai rinunciare all’ascolto e alla tolleranza. Questi i nostri strumenti e i nostri valori antichi, la cui validità ci pare inalterata ancor oggi.

Ritorniamo così al tema della pedagogia delle libertà. Nel solco di una storia secolare, vogliamo ribadire l’importanza della scuola pubblica e della formazione universitaria, così come dell’educazione permanente degli adulti. Ogni investimento dedicato ai giovani, alla costruzione di una identità

forte, matura, attenta ai cambiamenti

epocali e alle sfide della modernità, non può che ritornare in futuro decuplicato nei suoi effetti. Il cittadino viene formato a partire dall’asilo, attraverso la serietà e la professionalità di coloro che ne curano la crescita. In Italia, paradossalmente,

la figura degli insegnanti, a partire dai maestri elementari, sembra rimasta ancorata a un passato in cui il solo fatto di andare a scuola, in un’aula calda o perlomeno non gelida, doveva apparire come un privilegio. È inevitabile richiamare allora la memoria di uno dei più grandi massoni italiani del passato, di cui quest’anno ricorre il centenario della morte, Giosuè Carducci, il quale dal suo magistero non cessò mai di sottolineare la radicale importanza dei docenti, del loro ruolo civile, attori principali nel processo di costruttori di un paese e della sua identità, enfatizzando quindi la straordinaria fecondità dell’istituzione

scolastica. Inoltre, bisogna insistere sulla fondamentale importanza della

Scuola di Stato come strumento di integrazione degli stranieri, come luogo di costruzione dei cittadini futuri, evitando che si cada nel modello della scuola-ghetto, ove le diverse confessioni si fabbricano il proprio modello educativo in una sorta di tregua armata con le altre comunità. Il rischio è quello di allevare nuovi relativismi, nuovi fondamentalismi, fucina di uomini e donne che non si identificheranno affatto con la Costituzione della Repubblica e con la società aperta, ma solo con la propria comunità.

La costruzione di un processo di pace mondiale passa anche attraverso

queste sfide locali, o se si vuole, glocali, giacché la postmodernità insegna

che anche la dimensione più piccola può assumere rilevanza generale in

determinati momenti.

Proprio perché uniformata a profondi principi di auto-educazione del cittadino, la Libera Muratoria esalta la valenza positiva di tutte le istituzioni formative e pedagogiche preposte alla formazione dell’individuo. Non è compito della Libera Muratoria pronunciarsi su temi scottanti quali quelli dei cosiddetti PACS o DICO; diverse sono le opinioni dei singoli massoni su tale questione. La materia è certamente difficile, ma non sembra degna di un paese maturo una discussione

basata su proclami e scomuniche, sui richiami alla “famiglia naturale” senza

una riflessione assennata sulla complessità della vita di relazione e sulle sue costellazioni che da essa scaturiscono nella realtà del XXI secolo. Ci troviamo allora dinanzi a paradossi bizzarri. Si difende a giusto titolo la famiglia naturale, che in realtà è il frutto di una complessa evoluzione storica e sociale, mentre non si ricorda che nel nostro paese è diventato drammatico per le donne lavoratrici

avere figli, senza strutture adeguate e senza servizi degni di questo nome. Dove le

adozioni sembrano delle Forche Caudine e la possibilità di trovare un lavoro stabile alza sempre di più l’età media dei giovani che entrano finalmente nella dimensione del mondo degli adulti. Abbiamo però anche qualche dubbio sul fatto

che la “famiglia naturale”, una volta costituita secondo il rito concordatario, possa

essere sciolta dai tribunali rotali, cancellando giuridicamente anche gli effetti civili, come se nulla fosse mai accaduto. Si danno infatti pesi e misure diverse e fortemente squilibrate a svantaggio della dignità di uno Stato Laico. Auspichiamo, quindi, per il futuro che tali problemi siano oggetto di un confronto civile e aperto e non di un nuovo braccio di ferro tra la dottrina della fede e la società civile.

Le valenze pedagogiche della sociabilità massonica si coniugano in un contesto

più ampio e articolato, che non si pone affatto al di fuori di un atteggiamento

responsabile rispetto alla complessità sociale del mondo globalizzato, che appare

determinata da una dinamicità sino a qualche anno or sono inimmaginabile. La realtà sociale è, infatti, attraversata da rapidi mutamenti nei modelli culturali, nei costumi, negli atteggiamenti e nei comportamenti individuali e collettivi, che impongono o, comunque, ingenerano continui adattamenti e innovazioni. La complessità, a sua volta, è foriera di numerose sfide per l’uomo

d’oggi Per altro verso, i progressi nel campo scientifico e tecnologico, i processi di globalizzazione dell’economia, le nuove emergenze planetarie, i forti flussi migratori provenienti dai Paesi più poveri e il sorgere di nuovi razzismi costituiscono ormai una sfida sociale, culturale e politica molto impegnativa

per le società occidentali. In effetti, i temi, i problemi e le prospettive appena richiamate si configurano come fattori di disagio esistenziale.

D’altra parte, l’espansione esponenziale delle informazioni veicolate dai mezzi

di comunicazione di massa mentre, da un lato, offre possibilità di istruzione e di stimolo culturale, induce, dall’altro, pericolosi atteggiamenti di conformismo e rischi crescenti di manipolazione.

Questi scenari ci consentono di concludere che viviamo immersi in una società

complessa e cognitiva ma, ahimè, anche incerta e, perché no?, sotto molti aspetti,

volgare (assolutamente priva di finezza, di signorilità, di garbo) e sguaiata (mancante di decoro, di decenza, di educazione); inoltre, inducono a inquietanti interrogativi, che potremmo sintetizzare nel seguente quesito:

«Che tipo di uomo per questa società?», non dimenticando, però, di aggiungere: «per immaginare e realizzare un mondo migliore?». Ora, è ovvio che la risposta più

immediata sia «un uomo capace di dominare la complessità e di ritrovare, di conseguenza, l’orizzonte di senso». Facciamo riferimento, quindi, a un uomo, dotato di autonomia intellettuale e di creatività progettuale, protagonista della sua esistenza, che egli nobilita a ogni istante con i valori che gli sono propri, la volontà e la libertà, e che gli consentono, queste ultime, di essere e mantenersi

persona. Ma, oggi, esistono “condizioni fisiologiche” che aprono una prospettiva positiva in tale direzione? O sono ben presenti nel contesto contemporaneo premesse che favorirebbero ben altre e pericolose derive? La risposta a questi interrogativi non è di quelle che possono essere date con superficialità. Non è

difficile dedurre che oggi sono molte quelle che potrebbero essere definite emergenze esistenziali. È ragionevole, allora, ritenere che il futuro attende il loro superamento, impone una necessaria e ineludibile rimodulazione delle coordinate che garantiscono all’uomo il recupero di una dimensione in grado di consentirgli un’esistenza in sintonia con se stesso e con il mondo. Ed è questo il progetto che postula, legittima e invoca il contributo del pensiero e dell’azione della Massoneria. Occorre allora individuare quale ruolo potrebbe essere giocato dal

Grande Oriente d’Italia, nel processo di costruzione della civiltà del terzo millennio, soffermandoci sul perché della sua presenza, sui suoi principi e sulle sue finalità, sugli obiettivi da individuare e proporre e sui conseguenti compiti da svolgere. Sotto il primo profilo, quello della presenza, la Massoneria trova una legittimazione filosofico-ideologica in quanto ha elaborato ed è portatrice di una propria Weltanschauung che contempla il rispetto delle diversità, alimentato e nobilitato dall’adozione dei valori dell’uguaglianza, della fratellanza, della libertà e della tolleranza; ma ha anche una propria paideia, per una pedagogia dell’umano.

In ordine ai principi e alle finalità, invece, le sarà sufficiente attestarsi su quelle

adottate fino ad oggi, che possono essere riassunte nella dichiarata volontà di lavorare per il bene e il progresso dell’umanità.

La Massoneria è e resta un Ordine iniziatico i cui membri operano per l’elevazione

morale e spirituale dell’uomo e dell’umana famiglia; che propugna la tolleranza,

il rispetto di sé e degli altri, la libertà di coscienza e di pensiero, promuove l’amore

per il prossimo e ricerca tutto ciò che unisce fra loro gli uomini e i popoli per meglio contribuire alla realizzazione della fratellanza universale. Inoltre, essa afferma l’alto valore della singola persona umana e riconosce a ogni uomo il diritto di contribuire autonomamente alla ricerca della verità. La Massoneria, poi, è apolitica e non tratta questioni di politica e di religione. Il massone presta la dovuta obbedienza e la scrupolosa osservanza alla Carta Costituzionale

dello Stato nel quale risiede ed è tenuto ad astenersi dal partecipare, sostenere

o incoraggiare qualsiasi azione volta a turbare l’ordine liberamente e democraticamente costituito della società.

Quanto agli obiettivi, la Massoneria si configura come un laboratorio di idee, motore, quindi, di una propria elaborazione culturale e di una propria proposta di fronte ai grandi temi che si affacciano, di volta in volta, sulla ribalta

 della società. La Massoneria intende abitare il futuro sorretta dalla certezza di una “tradizione” ideologico-esoterica costituitasi nel tempo e che annovera

tra i suoi protagonisti personaggi che hanno contribuito a fare la storia del mondo. Fin dai suoi albori speculativi la Massoneria ha saputo immaginare un progetto rivelatosi formidabile fattore di cambiamento per il mondo intero. Questo progetto, fra l’altro, contemplava e contempla: diritti civili, libertà, uguaglianza, organizzazioni internazionali a garanzia della tutela di questi stessi valori e così via.

Quali gli ulteriori obiettivi la Massoneria può oggi individuare per continuare a

contribuire al bene e al progresso dell’umanità? Per ora, nell’impossibilità di enumerarli, anche perché molti saranno definiti in itinere lungo il procedere della civiltà del terzo millennio, è sufficiente sottolineare che essi sono compresi nel Progetto di un Nuovo Umanesimo per il Rinascimento dei valori, la sola via per pervenire a una Civiltà della Persona edificata sui fondamenti culturali della Massoneria, vale a dire, uguaglianza, libertà, fratellanza, tolleranza; valori, questi,

che conducono all’amore gratuito dell’uomo per il proprio simile. Si tratta di un Nuovo Umanesimo inteso come consapevole conquista di un nuovo senso dell’uomo e dei suoi problemi, che possa veramente preludere a una “rigenerazione” della civiltà, a una Renovatio, cioè alla Rinascita dello spirito dell’uomo, appunto.

La Massoneria concorre responsabilmente e produttivamente alla ricostruzione/

ricostituzione dell’uomo, affinché l’esito delle dinamiche presenti nell’attuale momento storico non conduca a una mesta deriva per la cultura e per la civiltà. La ricostruzione dell’uomo è resa possibile dall’abbandono dell’etica dell’emergenza e dal – la contestuale adozione di un’etica della responsabilità: mettere l’uomo al centro della vita può e deve, allora, rappresentare l’imperativo etico e/o la consegna esistenziale per combattere la “caduta delle evidenze

etiche”, la “disaffezione alla socialità” e la “quasi stanchezza della democrazia

(che corrispondono all’astensionismo dal voto, al dominio occulto delle forze economiche e finanziarie, alla mancanza di rispetto e ai conflitti tra poteri e ordini istituzionali, solo per restare in Italia). Questa prospettiva consentirebbe di non venir meno alla fedeltà all’essere dell’uomo.

A questo punto ci si deve chiedere: per realizzare questi obiettivi, quali sono le strade che la Massoneria è possibilitata a percorrere? Quali sono i compiti che a essa derivano dall’assunzione di questa responsabilità di fronte all’uomo?

La risposta a questi interrogativi impone alcune altre brevi considerazioni preliminari.  stato già ricordato che la proliferazione dei settori del sapere e

la frammentazione delle conoscenze che ne è conseguita e la complessità dei problemi che affliggono il «villaggio globale», che costringe sovente la persona a  occuparsi esclusivamente del quotidiano a discapito dell’espansione dell’area della progettualità, hanno affievolito nell’uomo contemporaneo la coscienza del significato dell’esistenza. In particolare, quest’ultimo rischia di smarrire la capacità di meravigliarsi, di contemplare e di immedesimarsi, per scivolare

lungo la china dell’indifferenza e della riduzione dei rapporti sociali: il suo sempre

più accentuato ripiegamento individualistico sembrerebbe condannarlo all’impersonalità delle relazioni. Vive, in buona sostanza, una crisi di orientamento valoriale. Infatti, il progresso cognitivo, il moltiplicarsi delle offerte del plaisir e gli apparenti spazi delle libertà personale non sono, di per sé, portatori di autenticità e felicità: il senso dell’esistenza esige impegno, autenticità nelle relazioni e deve necessariamente essere ancorato a un mondo di significati e di valori. Al contrario si assiste all’inesorabile graduale perdita dei valori personali: si sta sacrificando

sull’altare del successo e del potere l’autenticità stessa della vita. A quest’ultima, il mondo dei mass-media sostituisce e riverisce sua maestà l’immagine. La sopravvalutazione dell’individualità, del piacere e anche del sapere, in quanto tali,

genera, invece, sempre un disorientamento generale e favorisce la caduta di quel partecipe senso d’umanità che alimenta la capacità individuale del percepirsi accomunati a tutti gli altri esseri viventi. Nel recupero dell’interiorità, lontano dal frastuono dei rumori e dell’annichilimento dell’esaltazione, risiede la possibilità di scoprire che l’esistenza umana è orientata sempre verso qualcosa o qualcuno che sta al di fuori di se stesso: un significato da realizzare o un’altra esistenza umana da incontrare ( V. Franki, 1980). Ne deriva la necessità di una ride -finizione di un nuovo atteggiamento vitale, modulato sul riconoscimento dell’interdipendenza di tutto e della conseguente complementarietà di tutti. A ogni uomo spetta il compito di condividere umanità e cooperare soprattutto alla riscoperta di un senso ampio e forte per cui vivere, implicante tutti gli altri esseri viventi e la realtà terrestre nel suo insieme. Da qui scaturisce, allora, il compito della Massoneria in ordine alla via da percorrere per realizzare gli obiettivi contenuti nel suo progetto d’umanità.

Prima preoccupazione e intenzione della Massoneria, quindi, diventa l’esigenza di

contribuire al potenziamento dell’orizzonte culturale, per consentire all’uomo di ritrovare la via del senso, quel percorso esistenziale finalizzato a promuovere in

ogni singolo uomo la capacità d’intercettare le esigenze vitali dell’umanità intera, nella consapevolezza di una ricerca comune di giustizia, pace, felicità e verità.

Per realizzare ciò risulta, allora, necessario, in primo luogo, guadagnare la capacità di riaprire un dialogo diretto con la natura, con le cose e con le persone; poi, imparare ad ascoltare empaticamente gli altri, per registrare i problemi connaturati alla stessa vita associata, senza mai sposare interpretazioni ideologiche riduttive; infine, giovarsi delle conoscenze per rintracciare le informazioni efficaci per comprendersi, condividere e partecipare. In altri termini:

l’uomo deve recuperare lo stesso senso del vivere, deve riconquistare una relazione significativa con l’esistenza e, solo allora, la crescita culturale si tradurrà in autenticazione d’umanità e comprensione della realtà della vita in ogni sua forma: è questa la scommessa che la Massoneria è pronta a giocare e a vincere nel terzo millennio.

La via della comprensione esistenziale e del dialogo coniugata all’impegno personale può consentire la crescita etica necessaria per giungere alla ridefinizione dell’orizzonte di senso: questo anelito, che potrebbe essere definito

etico, deve essere il compagno di viaggio dell’uomo se egli vuole attingere

la vita significativa. La Massoneria configurandosi come ambiente formativo al di là delle diversità delle condizioni culturali, sociali ed economiche, rappresenta un

ambito di esistenza e, nel contempo, lo sfondo di valore entro il quale accogliere

l’istanza etica, corroborarla con i propri principi, elaborarla in forma di comunicazione significativa e affidarla al confronto culturale. La Massoneria nel terzo millennio, dunque, come sentinella etica ( non dimentichiamo che pur sempre Essa può essere definita “sistema morale velato da simboli”) contro trionfanti ideologie del non-pensiero, volta a costruire le condizioni spirituali del futuro; per compiere, spedizioni verso le terre del non-ancora, utopia speranza; non per conquistarle, per esserci, non per integrarvisi ma per essere altro anche nell’altrove (I. Mancini).

La Massoneria non può dare garanzie sul traguardo, ma garantisce che mai vi sarà ritorno sulle posizioni precedenti. Si fa viatico per il futuro: per fornire una

dimensione di senso contenuta in una visione filosofica che ha attraversato

il passato e attraversa il presente ma che è rivolta soprattutto al futuro e che si incentra sull’Uomo. Per questo futuro il Grande Oriente d’Italia intende “lavorare” per insegnare all’uomo ad apprendere e formarsi: intende continuare a essere laboratorio di produzione di un pensiero pensante incessante, non prefabbricato, sempre in atto, infinito, ricerca critica, emancipativa.

Ma questo significa educare alle libertà :essere costruttori di comprensione e di dialogo in un mondo troppe volte trafitto dalla violenza e dalle ingiustizie; ma soprattutto fa comprendere la vera grandezza dell’essenza del vivere.

Dlla rivista hiram 2/207

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