IL VOLO, PARADIGMA DEL VIAGGIO INIZIATICO
Fin dalla notte dei tempi l’umanità ha sognato e costruito miti sul volo ed i miti sono un ottimo mezzo per riflettere sull’esoterismo, perché ricchi di rimandi simbolici. Quello di Dedalo ed Icaro adombra una prova iniziatica fallita per il mancato rispetto di un Landmark (non volare troppo alto) da parte dell’allievo, ma soprattutto per l’imperfetta preparazione del maestro. Sullo sfondo i concetti primordiali del Tempo e del destino post-mortem dell’Uomo.
Tavola del fr:. R:. R:. (per g.c. della R:.L:. Montale all’Obbedienza della Serenissima Gran Loggia di San Marino). Questa tavola è l’evoluzione di un intervento preparato in precedenza per celebrare il centenario della morte dell’Eroe della Prima Guerra Mondiale, Francesco Baracca.
Volare è sempre stato uno dei grandi desideri proibiti, che ha spinto l’uomo a rischiare e mettere in gioco la propria esistenza, anche in barba all’istinto di sopravvivenza.
Vorrei ricordare l’aforisma del biologo tedesco Ernst Haekel (1866), “L’ontogenesi ricapitola la filogenesi”, perché lo ritengo fondante per illustrare l’aspirazione al volo dell’uomo.
Il significato più ovvio che desidero evidenziare è che durante lo sviluppo embrionale e fetale l’organismo ripercorre le tappe evolutive che dagli esseri monocellulari hanno portato la specie umana fino alla situazione attuale. Organismi unicellulari, pluricellulari, vertebrati, liquido amniotico e vita acquatica, acquisizione della respirazione polmonare, acquisizione della postura eretta, acquisizione del linguaggio verbale.
In altre parole nella profondità delle nostre persone, vi sono ricordi ed esperienze degli stadi evolutivi trascorsi, non solo la memoria sinaptica delle esperienze dirette, ma anche ricordi molto più ancestrali originatisi nelle profondità di organi e tessuti che si sono via via adattati a stile di vita diversi.
Così che se appare evidente che l’uomo sia il signore della terra (è la specie che ha l’impatto maggiore sul pianeta), non possiamo considerarci estranei neanche all’ambiente acquatico, potendone governare la superficie e almeno per brevi periodi anche le profondità.
Il mondo dell’aria però è precluso agli umani che non possiedono neanche i più remoti meandri degli istinti, attività proprie degli uccelli. Le due linee evolutive sono completamente separate. Per l’uomo il volo ed il possesso dell’aria sono assolutamente preclusi.
Forse anche per questa ragione il volo ha sempre rappresentato un desiderio proibito dell’uomo, che ha catalizzato in tale attività significati e valori simbolici evidentissimi.
Fin dalla notte dei tempi l’umanità ha sognato e costruito miti sul volo ed i miti sono un ottimo mezzo per riflettere sull’esoterismo, perché ricchi di rimandi simbolici.
La rivisitazione in chiave esoterica dei racconti mitologici permette di entrare molto più a contatto con i simboli in esso contenuti. I miti sono intesi come racconti di coscienza collettiva dell’umanità o come esempi iconici delle eterne difficoltà che l’uomo incontra nella vita, sempre in sostanza uguali anche nel continuo mutare dei tempi.
Siamo stati abituati a pensare al racconto di Dedalo e Icaro come esempio di amore filiale di un padre ingiustamente recluso con il figlio, che, come estrema prova di amore insegna al figlio stesso l’arte di volare, arte che il figlio, nella comune imprudenza tipica della gioventù, esercita in modo scellerato tale da provocarne la morte.
In chiave esoterica il racconto si riempie invece di simboli che conducono a riflessioni straordinarie.
In prima istanza Dedalo si identifica in un maestro, un artista che per qualificazioni iniziatiche e per il proprio percorso di crescita era giunto ad uno stadio di evoluzione spirituale superiore. Il mito racconta che Dedalo era di ascendenza reale ateniese; i suoi avi erano stati i mitici re di Atene ed andando a ritroso con essi si arriva fino ad Elleno, capostipite dei popoli greci, figlio quest’ultimo di Deucalione e Pirra, la coppia progenitrice del genere umano nel mito greco del Diluvio Universale (solo di sfuggita e per anticipare altre considerazioni sul Tempo vorrei sottolineare che tale diluvio è enormemente precedente a quello della tradizione biblica – n.d.a.).
Sebbene siamo di fronte ad un iniziato, nel suo percorso vi erano però alcune impurità, o potremmo dire che permanevano “metalli”, che ne limitavano la maturazione.
a) Il primo metallo del curriculum esoterico di tale maestro viene evidenziato dalla tradizione greca che ricordava fra gli antenati di Dedalo anche il dio Efesto, dio misterioso della metallurgia, che aveva una sua fucina nel cratere del vulcano dell’isola di Lemno ed un’altra dentro l’Etna in Sicilia; qui aiutato nel lavoro dai Ciclopi.
Al culto di Efesto era collegato in Grecia quello di divinità misteriose ed inquietanti, i Cabiri, dei ctoni, potenze sotterranee, genii bizzarri del fuoco, che sapientemente battevano e fondevano i metalli, ma non appartenevano all’Empireo delle dività superiori.
b) Seconda impurità: Dedalo ormai grande e famoso artista ateniese, assunse come apprendista il giovane nipote Talos,. ma geloso per la bravura artistica raggiunta dal nipote, Dedalo lo gettò nelk vuoto dall’Acropoli di Atene. L’invidia verso Talos e la sua successiva uccisione a causa delle sua bravura (Talos stava infatti diventando un iniziato più addentro ai segreti della natura dello suo stesso), evidenziano un percorso spirituale di Dedalo non compiuto, dal quale non aveva ottenuto un equilibrato “tutto tondo” (da confrontarsi con un’altra storia famosa… “Tre l’uccisero, ignoranza, fanatismo e ambizione”).
c) Terza impurità: Fuggito da Atene a seguito dell’omicidio, Dedalo riparò a Creta da re Minosse. Al re era stato donato da Poseidone un magnifico toro bianco, che avrebbe dovuto essere sacrificato al dio, ma Minosse non lo fece, sostituendolo con un toro comune. Poseidone per vendicarsi fece innamorare Pasifae, moglie di Minosso, del toro bianco, e la moglie convinse Dedalo a costruire come imbracatura una vacca di legno ricoperta di cuoio, al fine di potercisi calare dentro ed accoppiarsi con il toro.
Da quell’accoppiamento mostruoso nacque il Minotauro con corpo d’uomo e testa di toro. Il mito della costruzione dell’imbracatura di legno che porta ad un amplesso mostruoso adombra il fatto che le arti che Dedalo seguiva erano inquinate dell’eredità oscura proveniente dalla natura di Efesto e degli dei Cabiri.
Quando la via iniziatica è rivolta all’acquisizione di potere e non alla conoscenza, si generano ego ipertrofici ed eventi luttuosi.
d) Quarta impurità: Dedalo, intanto, a Creta, infatuatosi di Arianna le donò un gomitolo sacro (ha cioè dispensato conoscenze segrete a chi non possedeva le qualifiche iniziatiche necessarie), aiutando lei e Teseo a fuggire dal labirinto dove era tenuto il Minotauro. Teseo uccise poi il Minotauro.
Minosse per punizione fece rinchiudere nel labirinto Dedalo e suo figlio Icaro.
Ma Dedalo, come ogni uomo di desiderio, soffriva la reclusione nel mondo profano (il labirinto da lui stesso progettato è appunto simbolo eterno della vita profana, del girovagare senza apparente meta, senza via d’uscita dell’uomo che non possiede la visione suprema dell’iniziato.
Per tale motivo desiderava ardentemente intraprendere o continuare il viaggio iniziatico che conduce a dimensioni superiori dell’essere, esattamente come avviene per tutti i fratelli presenti in questo Tempio.
Questo continuo ricadere che porta l’iniziato addirittura prigioniero nel labirinto da lui stesso progettato e costruito, riecheggia la progressiva caduta dell’umanità da livelli iniziatici superiori a livelli via via più corrotti.
e) Nella storia si innesta il mito del re Minosse,. emblema meraviglioso e completo della concezione del tempo dei saggi greci. La tradizione induista e buddista dell’Oriente appare straordinariamente simile a quella ellenica-romana.
Minosse desiderava legittimare la sua vicinanza agli dei, per sottolineare la sua appartenenza ad una stirpe di superuomini, e per questo chiese a Poseidone di inviargli un dono: un meraviglioso toro bianco che lui avrebbe poi sacrificato degnamente, ma egli preferì l’inganno e sacrificò un toro comune.
La conseguenza di questo inganno l’abbiamo appena ricordata, aggiungiamo però che il toro fu inviato nelle pianure ateniesi (emblema della dimensione umana) dove faceva strage di uomini. Fra questi il figlio maschio di Minosse. Teseo infine catturò il toro e lo portò ad Atene dove finalmente fu sacrificato.
In espiazione della morte del figlio (la morte dell’erede esplicita chiaramente che la dinastia era destinata all’estinzione, perché impura o imperfetta), Minosse volle che gli ateniesi (l’Umanità) inviassero ogni 9 anni (un grande anno greco) 7 fanciulli e 7 fanciulle ateniesi, per essere rinchiusi nel labirinto e divorati dal Minotauro.
Vi erano già stati due viaggi, per cui il tragico rito durava già da 18 anni, quando Teseo con Arianna uccise il mostro e causò la reclusione di Dedalo e suo figlio Icaro.
Fin qui il mito, ora vorrei rivederlo in chiave metafisica.
Il Minotauro rappresenta lo scorrere inesorabile del tempo che fagocita ogni cosa.
I nove anni o Grande Anno Greco di questo rito cruento rappresentano simbolicamente la durata di un Kalpa indù.
I sette fanciulli e le sette fanciulle rappresentano a loro volta i quattordici Manvantara indù nelle loro due serie settenarie, che costituiscono appunto un Kalpa. Ogni Manvantara termina con un cataclisma che causa la scomparsa totale dell’umanità e la comparsa di una nuova.
Ogni Manvantara a sua volta si suddivide in quattro epoche, quella d’oro, quella d’argento, di bronzo e di ferro. Per chiarezza noi stiamo vivendo gli ultimi anni del Kali Iuga o epoca del ferro, del settimo Manvantara del nostro Universo.
Questo escursus sottolinea la profonda conoscenza della filosofia antica di tutte le principali dottrine sacre. Sia in Oriente che in Occidente i saggi, seppur con parole e suggestioni diverse riportano le stesse tradizioni primordiali.
Il Tempo per noi occidentali si identifica in quello lineare, siamo soliti disegnare una linea su cui il tempo scorre ad intervalli sempre uguali. Alcune tradizioni come quella ebraico-cristiana descrivono un tempo escatologico; il tempo ha cioè una inizio, scorre e infine termina nel Giorno del Giudizio Universale, in cui Dio regolerà tutti i conti.
Ma l’umanità antica conosceva anche un tempo ciclico, la cui memoria fa capolino nei racconti popolari delle stagioni, dei cicli lunari, dei cicli naturali del raccolto e così via. Anzi al tempo della Grecia classica gli storici non descrivevano il tempo se non in riferimento ad eventi di riferimento, senza cercare mai una correlazione globale, una cronologia, ritenendo ciò una perdita di tempo, appunto.
Gli anni dei grandi cicli di cui ho parlato, non corrispondono ovviamente con gli anni della scienza moderna; il nostro Universo ha un’età stimata di 14 miliardi di anni, ma questi sono l’unità di misura degli esseri profani, di coloro cioè che vivono alla periferia del cerchio, distanti dal centro. Gli altri anni sono invece quelli degli iniziati, di coloro che hanno la posizione centrale.
Esiste una sorprendente sovrapposizione fra questi due tempi quando si osservano fenomeni prossimi a noi, mentre mano a mano che ci si allontana verso il passato o il futuro le due scale divergono sempre di più.
Senza cercare spiegazioni troppo complesse, vorrei ricorrere ad una piccola finzione: tutti noi abbiamo visto una bicicletta nella notte, con una luce posta nel cerchione fra i raggi. Questo punto luminoso che percorre sempre la stessa circonferenza, come potrebbe facilmente vedere un osservatore posto sul mozzo, descrive invece un andamento irregolare e senza alcuna correlazione ad un osservatore posto lontano nel buio. Basterà infatti cambiare velocità alla bicicletta, che è invisibile nella notte, farle percorrere una salita o una discesa, invertire la direzione, frapporre alberi o altri ostacoli, per generare un fenomeno che agli occhi dell’osservatore appare assolutamente privo di regole e inspiegabile. Così è la differenza fra il tempo profano e quello sacro, come evidentemente ben conoscevano gli antichi; essi crearono queste meravigliose storie per tramandare al di là della comprensione la conoscenza primitiva assoluta.
f) Torniamo al nostro mito iniziale – Dedalo e Icaro – riprendendo la storia dal punto in cui l’abbiamo lasciata.
Dedalo non si perse d’animo e riuscì a preparare grandi ali di penne tenute insieme dalla cera, e applicandosi le ali alle spalle padre e figlio, Icaro, spiccano il volo lasciando il labirinto.
Dedalo, racconta il mito, aveva raccomandato al figlio di volare ad un’altezza media, di non elevarsi troppo per evitare che il calore del Sole sciogliesse la cera della ali (importanza dei Landmark!).
Icaro invece volò sempre più su, ebbro di quell’esperienza, e fu così che la cera si sciose facendolo precipitare ed annegare nel Mar Tirreno.
La chiusura di Dedalo ed Icaro nel labirinto e la loro successiva fuga adombrano una prova iniziatica. Il maestro e l’allievo, che sulle indicazioni del primo aveva iniziato a squadrare la sua pietra grezza, superano la prova della Terra (il labirinto) ed anche quella dell’Aria (il volo), ma forse proprio a causa delle impurità del maestro che non si era liberato delle scorie dei metalli, l’allievo da lui preparato supera male la prova del fuoco (il Sole) e precipita in mare fallendo la prova dell’Acqua.
I greci agli uomini che non erano riusciti ad elevarsi sopra la vita comune, assegnavano come destino post mortem un’esistenza residuale e larvale nell’Ade, privi di una vera coscienza. Solo gli eroi, gli uomini che realizzavano conquiste eccezionali in vita, potevano tendere verso l’immortalità, essere rapiti verso le altezze e divenire così invisibili agli uomini comuni. In quella regione del silenzio, dell’inaccessibilità, gli uomini divenuti eroi godevano assieme agli dei della bevanda dell’immortalità.
Questo per i greci era il cammino verso l’alto che doveva intraprendere l’iniziato mediante il percorso offerto dai Piccoli e Grandi Misteri. Percorso iniziatico che Dedalo non riuscì completamente a compiere.
In questo mito si ritrovano quindi tutte le caratteristiche della moderna iniziazione massonica. Per fortuna il Maestro Terribile che ci ha accompagnato a bussare alla porta del Tempio e che ha sostato con noi fra le colonne ed amorevolmente (a dispetto del nome) ci ha sostenuto nelle prove iniziatiche, non era evidentemente macchiato dalla colpe di Dedalo.
Ho detto
R:. R:.
5 Settembre 2018 e.v