LA GRANDE RELIGIOSITA’ DELL’EROE DEI DUE MONDI: IL SUO CREDO IN DIO, NEL VERO E NEL GIUSTO

                           LA GRANDE RELIGIOSITA’ DELL’EROE DEI DUE MONDI:                        IL  SUO CREDO IN DIO, NEL VERO E NEL GIUSTO

di

Aldo Chiarle

GIUSEPPE GARIBALDI, INTOLLERANTE

Dl OGNI IMPOSTURA DEI PRETI “PESTE DELL ‘ITALIA

Ancora oggi pochi hanno la visione chiara della religiosità alta e sublime di Giuseppe Garibaldi; la pubblicistica di dozzina lo fa passare per antireligioso e negatore di Dio.

Nulla di più inesatto, perché della religiosità e di Dio Giuseppe Garibaldi ha sempre fatto norma di vita. Annota l’eroe: “Chi è Dio? E’ il regolatore del mondo. E’ quella intelligenza infinita la cui esistenza, gettando lo sguardo nello spazio e contemplando la stupenda armonia che regge i corpi celesti disseminati, chiunque deve confessare”

“Come tutti gli esseri, io sono dotato di una quantità di intelligenza e se l’intelligenza universale che anima tutto è Dio, io avrei allora una scintilla animatrice emanata da Divinità, sarei una parte e questa idea mi nobilita, mi soddisfa fa qualcosa del mio nulla e contribuisce a sollevarmi dalle miserie di questa vita.

“Io accenno, ma non insegno, poiché mi sento troppo infinitamente nulla al cospetto dell’onnipotente per poterne ragionare. Semplice bella e sublime è la religione del vero; essa è la Religione del Cristo, poiché tutta la dottrina di Cristo poggia sull’Eterna Verità. “Non fare agli altri ciò che non vorreste per voi” e “Chi non ha sbagliato, getti la prima pietra sul delinquente”. “Di fratellanza il primo concetto e simbolo di perdono il secondo. Simboli, precetti, dottrine che, radicati negli uomini, costituirebbero quel grado di perfezione e prosperità a cui è suscettibile giungere”

Ma se era grande la religiosità di Garibaldi, grande era la sua reazione contro le imposture religiose.

Il suo anticlericalismo non era di maniera, non era vuota retorica ma era l’esplosione di un animo generoso, conscio della assoluta inconciliabilità del prete con un domani migliore, ln cui il trionfo della libertà e della giustizia spianasse il cammino all ‘illuminato progresso.

“E’ dovere di ogni italiano di combattere il prete, peste dell’Italia”, egli scriveva il 25 agosto del 1868 e il I gennaio 1889 scrive da Caprera ad un convegno di liberi pensatori, augurandosi presto fosse cancellata “la cancrena sacerdotale che appesta il paese”.

Agli organizzatori di un solenne comitato per estendere a Roma e al Lazio la “Pressione delle corporazioni religiose, così il generale nel 1870: “abolire le corporazioni religiose è salvare l’ Italia dalla rogna più pericolosa da cui possa essere colpita una nazione .. .il sacerdozio è puntello di ogni tirannia mascherata… non istiamoci garruli ed indolenti a contemplare cretinamente ciò che si trama a Roma per colpirci col doppio gioco della menzogna e del furto”

E successivamente aderendo al Congresso razionalista di Bruxelles proponeva i seguenti punti:

  1. I liberi pensatori sono apostoli del vero, cioè della ragione, della scienza, e però sono anche i migliori istitutori dei popoli e le scuole debbono essere laiche.
  2. I preti, a qualsiasi religione rivelata appartengono (buddismo, maomettismo, cattolicismo, ecc.), sono falsi apostoli. Essi, gli autori delle torture, dei roghi, dei sacrifici umani, sono i naturali nemici delle nazioni, che hanno mantenuto e che mantengono sempre in sanguinose discordie.

E pochi mesi prima della sua morte, quasi presago della fine, Garibaldi scrisse due lettere, una ai messinesi e l’altra ai palermitani e le volle scrivere di suo pugno.

Ai messinesi: “…ricordando il più grande eroismo di popolo che registri la storia del mondo, il Vespro, vi rammenterò soltanto che gli assassini dei nostri padri di quell’epoca furono mandati e benedetti da un papa e che i successori di quell’infallibile scellerato hanno venduto l’Italia settanta volte allo straniero e che oggi stesso stanno trattando di venderla e non vi riescono per mancanza di mediatori e di barattieri”. Ai palermitani “A te, Palermo, città delle grandi iniziative!

Maestra nell’arte di scacciare i tiranni, a te appartiene di diritto la sublime iniziativa di scacciare dall’Italia il puntello di tutte le tirannidi, il corruttore delle genti, il patriarca della menzogna, che villeggiando sulla destra del Tevere, sguinzaglia di là i suoi neri scagnozzi….”.

Ma I ‘idiosincrasia per la “nera tonaca” copre un sottofondo ma serio, è la sensibilità di un grande uomo per i problemi dello stato di diritto, per una società laica responsabile e democratica, “L’Italia – scrive Garibaldi – è il paese dove il governo e i preti, mantengono diciassette milioni di analfabeti”

E il suo giudizio sulle Leggi delle Guarentigie, dopo Porta Pia, i rapporti fra lo Stato e la Chiesa è deciso e drastico: “L’Italia amoreggia oggi con l’idea sacerdotale e la lecca, l’accarezza, supplicandola genuflessa, acciocché le mantenga i suoi figli nella ignoranza e nell ‘abbruttimento, chiamando l’atto suicida delle garanzie”.

Per Garibaldi il papato rimane “sempre il mortale nemico della libertà italiana e lo ha sempre contro in tutte le sue battaglie: gli austriaci da parte loro e i preti non mancano mai di fare le indagini possibili per scoprirmi… i preti poi dal pergamo e dal confessionale suscitano le cittadine ignoranti a far la spia per la maggiore gloria di Dio”

Nel suo testamento, vergato di pugno, scrive: “Ai miei figli, ed a quanti dividono le mie opinioni, io lego I ‘amore mio per la Libertà, per il Vero, il mio odio per la menzogna e la tirannide”

“Siccome negli ultimi momenti della creatura umana, il prete profittando dello stato in cui si trova il moribondo e della confusione che sovente vi succede, s ‘inoltra e mettendo in opera ogni turpe stratagemma e coll’impostura di cui è maestro che il defunto compiti, pentendosi delle sue credenze passate ai doveri di cattolico, in considerazione, io dichiaro che trovandomi in piena ragione oggi, non voglio accettare in nessun tempo, il ministero odioso, disprezzevole, scellerato di un prete che considero atroce nemico del genere umano e dell ‘Italia in particolare. E che solo in istato di pazzia o di ben grassa ignoranza, io credo possa un individuo raccomandarsi ad un discendente di Torquemada”

Terminiamo questa carrellata sul pensiero di Garibaldi uno scritto che ci auspichiamo venga meditato perché di palpitante attualità: “Quando io penso al potere dei preti, conservato ad onta d’ogni scelleraggine appenda credibile e di cui dovrebbe essere incapace l’umana natura anche di idearle, dico che in questo secolo che si chiama civile mi viene sovente il dubbio che cotesti cretini a cui appartengo per forme, altro non sino che una delle tante famiglie di scimmie da me vedute nel nuovo mondo”

“Un prete è un impostore. Chi può provare il contrario? E vi vuol poi tanta matematica per capirlo? Eppure la potenza di quell ‘essere malefico continua. Le plebi ne sono affascinate ed il despotismo si serve di cotesto fascino per malmenare i popoli. E si grida da una parte e si fa i sordi dall’altra, ed intanto va avanti questo bordello chiamato costituzione di popolo libero”.•

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