AGAPE PERCHE’

AGAPE    PERCHE’

“Perché”Agape“? Perché Amore!” esordisce il testo. Il Fratello continua spiegando che, molto significativamente, i greci di età classica distinguevano tre diverse idee, tre diverse tipologie di amore: Eros, Philia, Agape.

Il Fratello ritiene bellissimo che qualunque essere umano possa conoscere tutti e tre i volti di ciò che molto concisamente noi oggi definiamo con una sola parola.

– Eros è l’amore che ci infiamma  per un altro essere, per un’idea (pensiamo al Fratello Garibaldi o al mito dei giovani degli anni ’70 del secolo scorso, Che Guevara);

– Philia è l’amore che ci spinge a comprendere, a penetrare il significato profondo delle cose, che ci fa sentire parte del tutto e proprio per questo unici, originali, irripetibili, orgogliosi del nostro essere che tuttavia non può essere se non in comunione col tutto;

–  Agape è infine l’idea di amore che, partendo dalla consapevolezza di appartenenza al tutto, ci unisce in nozze alchemiche con quanti e quanto ci circonda, in un’osmosi che potrebbe essere definita “plastica”.

Agape, perché tutto quanto si fa o ci si accinge massonicamente a fare sarà comunque ” buono, utile e glorioso”,  perché le azioni del Massone  sono improntate all’idea di gloria per il Grande Architetto dell’Universo, dell’ineffabile pensiero che è all’origine di ogni cosa e di ogni tempo; perché la Conoscenza è una fase della creazione, e tutto quanto si crea (e non solo ciò che è materia ) è dettato da Agape, cioè dall’Amore, “…che tutto muove e motiva…“.

L’atto simbolico che più  rende l’idea di Agape è allora il banchetto.

Non si deve confondere però l’Agape con un’allegra riunione conviviale, quasi un momento ricreativo tra “allegri compagni”; si tratta in realtà di una condivisione sacralizzata, in un tempo e in uno spazio anch’essi sacralizzati, si tratta di un pasto che più che saziare, ha il compito di porsi quale simbolo e momento di riflessione.

L’idea di “pasto sacro” è antica quanto l’uomo.

Si pensi all’antropofagismo rituale che si riteneva potesse di fatto trasmettere dall’estinto (fosse egli un valoroso nemico o un amato congiunto) ai suoi divoratori, la forza, il coraggio e i poteri e, quindi, tutte quelle qualità ritenute migliori o edificanti. Anche nei rituali mitriaci, la consumazione del pasto sacro costituiva un momento fondamentale del rito (il cospargersi e nutrirsi del sangue del toro). Per gli indiani d’America, consumare in condivisione alcune parti del bisonte cacciato assumeva il significato di affratellamento nell’arricchimento derivante dalla assimilazione delle migliori doti del gigantesco animale.

La storia è ricca di momenti di condivisione del cibo quale preludio o epilogo di eventi importanti.

Tuttavia, troppo spesso non si presta la dovuta attenzione a quanto si “mastica”, preferendo ora questo e ora quello, in dipendenza di gusti e mode.

Il pasto condiviso ritualmente non può soggiacere a queste variabili.

Ogni portata infatti ha il suo perché e la sua funzione in un dato momento; ogni gesto, ogni parola è motivato. L’assunzione del cibo è misurata, per far riflettere piuttosto che saziare.

Il rituale dell’agape massonica contiene dei momenti irripetibili e degli atti che possono indurre a profonda meditazione.

Innanzitutto il Fratello sottolinea l’importanza di nutrirsi degli stessi alimenti.

Egli invita a non tralasciare un particolare meraviglioso: mettendo da parte per un attimo le certezze di uomini dell’era atomica, e pensando in maniera un tantino più “romantica”, si arriva ad ignorare, volutamente, la diversità dei gruppi sanguigni.

Quale migliore rappresentazione vi può essere se non quella derivante dall’avere un sangue formatosi o alimentatosi  dalle medesime sostanze nutritive? E così, bevendo la stessa acqua che  beve contemporaneamente il vicino, mangiando dello stesso pane e della stessa carne, l’idealità di fratellanza diviene corpo e sostanza: si diventa sangue dello stesso sangue. E cosa ha unito col sangue i fratelli ?  Non certo il denaro o le ricche libagioni, ma la comune e parca consumazione di alimenti semplici, tanto semplici da non differire molto da come la Natura li mostra, appena elaborati unicamente allo scopo di favorirne la consumazione stessa.

La terminologia tuttora utilizzata durante le Agapi massoniche – talvolta curiosa, talvolta eccentrica – risente dell’influenza della formazione militare che per molto tempo ha caratterizzato la componente umana della Libera Muratoria.

Le Agapi sono espressamente prescritte dagli Statuti Generali massonici, almeno nelle ricorrenze dei due San Giovanni e in occasione dell’anniversario della fondazione della Loggia. Il  cibo è strettamente prescritto anch’esso dagli Statuti  e secondo alcuni esso è ripreso dalla tradizione ebraica. Secondo una prima e veloce semplificazione, il Fratello osserva che:

il pane azzimo è strettamente legato alla tradizione del culto solare e della sua iniziazione;

l’uovo sodo ricorda i quattro elementi;

il sale coi suoi cristalli riporta al cubo perfetto;

le olive, alla fabbricazione dell’olio che arde nei fuochi perenni dei luoghi sacri;

le verdure, funzionali alla purificazione;

l’agnello – in realtà l’ariete -, al primo simbolo zodiacale;

il vino, del colore del sangue, alle vigne da coltivare;

l’acqua, alle capacità di amalgamare i materiali e infine la frutta alla gioia.

L’Agape – ribadisce il Fratello – è un’esperienza che va vissuta intensamente e nella massima ritualità, nel rispetto e nel ricordo di quanti hanno tramandato questa specifica tradizione.

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