IL GRANDE ORIENTE Dl NAPOLI

IL GRANDE ORIENTE Dl NAPOLI

E LA LOGGIA TARANTINA

“NEMICA DELL’AMBIZIONE” (1810-14)

di

Francesco Guida

Il Rito Moderno o Unito o Riformato francese del 1802

Napoleone considerò ed organizzò la Massoneria come uno strumento di sostegno e controllo politico. Doveva, però, fare i conti con il rito scozzese, che riconosciuto dall’Inghilterra, non dava garanzie di fedeltà e docilità assoluta. Ragioni squisitamente politiche lo indussero a creare in Francia un nuovo rito indipendente.

L’Assemblea Generale del Grande Oriente di Francia istituì nel 1802 il Rito Unito, conosciuto all’estero come Rito Moderno o Riformato, perché voleva essere una “riforma” del rito scozzese. Infatti, la sua “piramide” contava undici scalini invece degli scozzesi trentatré, ed erano:

Apprendista

Compagno

Maestro

Eletto Segreto

Grande Eletto Scozzese

Cavaliere d’Oriente

Sovrano Principe Rosa-Croce

Cavaliere Kadosh

Cavaliere Templare

Cavaliere Templare Maestro o Principe del Regio Senato

Illuminatissimo Gran Maestro (1)

Gran Maestro fu nominato Giuseppe Bonaparte, Luogotenente Cambacérès, Rappresentante particolare Roittiers de Montaleau.

Tale rito si rese caratteristico per l’istituzione di alcune commemorazioni come la Festa del Risorgimento della Natura fissata al 21 maggio, e quella del Riposo della Natura fissata a fine novembre. Ovviamente l’Inghilterra non riconobbe tale rito e vennero a cessare i rapporti massonici con la Francia. (2)

Penetrato nel regno di Napoli, il 24 giugno 1809 sorse nella capitale il Grande Oriente di rito riformato comprendente tutte le logge del regno, retto dal Gran Maestro Gioacchino Murat, re di Napoli. (3) Murat fu iniziato il 26 dicembre 1801 nella loggia “Hereuse Rencontre” di Milano, costituita il precedente 26 giugno all’obbedienza del Grande Oriente di Francia; loggia costituita da 18 elementi, di cui 11 provenienti dall’esercito o dall’amministrazione pubblica; (4) a seguito del suo trasferimento a Parigi fu eletto Venerabile della loggia “La Colombe” del Grande Oriente di Francia, (5) quindi nominato nel 1803 Primo Gran Sorvegliante dello stesso Grande Oriente di Francia (6)

Completamente differente era la massoneria di rito scozzese, ormai indebolita dal nuovo corso ma non estinta se l’11 giugno 1809 riusciva a costituire il Supremo Consiglio del 330 grado, ma proprio la posizione di fragilità la indusse ad un concordato con Murat conferendogli il Titolo di Sovra no Gran Commendatore.

Secondo il marchese Orazio De Attellis, massone scozzese, nel 1810 i vecchi scozzesi fondarono la società dei Carbonari, complottando con i borboni e gli inglesi contro i francesi.

Nel 1812, in occasione della campagna di Russia che allontanava Murat dal regno di Napoli, molte logge rientrarono nel rito scozzese, ed in breve tempo si ricostituì il Supremo Consiglio autonomo, in antitesi al Capitolo del rito riformato.

I massoni di rito scozzese si affiliarono alla Gran Loggia di Edimburgo, costituendo il 23 febbraio 1814 la Gran Loggia Madre di Rito Scozzese. Ormai lo scozzesismo napoletano aveva assunto apertamente il ruolo dell’opposizione antinapoleonica e anglofila. Allarmati da tale minaccia, la regina Maria Carolina fece demolire la Gran Madre

Loggia, ed il marito, Gioacchino, emanò il 4 aprile 1814 1’editto contro le vendite carbonare, anche se l’anno successivo tentò una disperata riconciliazione per fini politici. (7) Nel 1815, ultimo anno dell’epopea napoleonica, crollò il rito riformato, , ma il rito scozzese continuò a svilupparsi sino al 1820-21. (8) In Francia, nel 1816 venne ricostituito il Grande Oriente ed eletto Gran Maestro il Maresciallo Macdonald, che adottò il rito scozzese. Nel regno di Napoli alla fine del 1820 regnava sotto il versante massonico lapiù grande confusione, al punto tale che, seppure per breve tempo, si contarono tre grandi orienti massonici: il primo di Giuseppe Zurlo, già alto dignitario di rito riformato, di tendenza aristocratica; il secondo di rito scozzese, di tendenza borghese e costituzionale; il terzo formato da carbonari di Salerno. (9)

La Loggia “Nemica dell’Ambizione’

Dal Quadro delle logge regolari del Grande Oriente di Napoli per l’anno 1813 risulta che a Taranto esisteva dal 1810 la loggia “Nemica dell’Ambizione” di rito riformato, retta dal Venerabile Saverio Trippa e con l’indicazione del deputato nella persona di Nicola Libetta. (10) Chi erano gli altri componenti? Non disponendo di un piedilista possiamo considerare qualche ipotesi. Nell’Archivio di Stato di Lecce si rinviene un elenco di 19 attendibili (=sospetti) di Carosino, redatto dall’Intendente di Terra d’Otranto il 10 maggio 1829. Il primo della lista è Saverio “Trippa, arciprete di Carosino, antico settario prima del 1820, massone e carbonaro, Gran Maestro della seconda, fu “effervescente” (=ribelle, incontrollabile) e promotore di sette. Tale rapporto indica solo un altro nominativo come massone, Giuseppe Capriulo, proprietario, antico settario prima del 1820, effervescente. (11) Stessa ipotesi può applicarsi ad un altro personaggio citato dall’Intendente nella lista degli “attendibili” di Taranto, Filippo Mazza, definendolo “Gran Cordone di Massoneria”, installatore di Vendite. (12) Sempre su tale elenco si ritrova la setta di Roccaforzata, denominata dei ‘Massoni e Carbonari”, che contava tra gli elementi più significativi il parroco Vincenzo Martino, effervescente, partecipante all’assemblea generale dell’Alta Vendita di Terra d’Otranto, tenutasi a Galatina nel 1817, installatore di sette. (13) Viene inoltre segnalato l’arciprete di Faggiano Angelo Lenti, antico settario, massone e carbonaro, organizzatore della Vendita dei “Massoni e Carbonari” di Faggiano; (14) Salvatore Mendutti di Massafra, canonico, massone e carbonaro (15); Pietro Luccarelli di Taranto, sacerdote, già Massone, capo della setta “La Repubblicana” dei Patriotti di Taranto. (16)

A questo punto, possiamo verosimilmente iscrivere costoro al piedilista della loggia Nemica dell’Ambizione, tenuto conto che non sorsero altre logge nel periodo 1814-15. Inoltre la qualificazione di antico settario era riferita a chi era nota l’appartenenza in setta da lungo ternpo.

E quindi quale era la setta che da lungo tempo minacciava l’ordine

borbonico se non la Massoneria? Trippa, Lenti, Luccarelli, Martino, Mendutti, oltre ad avere in comune l’appartenenza massonica presentavano un’altra  affinità: appartenevano al basso clero. La storia massonica di Taranto è contraddistinta da questa particolare presenza già a partire dal 1799 con don Giovambattista Gagliardi, proseguendo con i prelati della loggia Amica dell’Uomo, esistita negli anni 1804-1805. (17) A questo punto non sarà troppo azzardato ipotizzare che questi prelati sono gli stessi che componevano prima la loggia Amica dell’Uomo e dopo la Nemica dell’Ambizione. Già il titolo di questa loggia appare inconsueto rispetto a quello delle altre improntate a valori come l’amicizia, l’amore, la perfezione, la costanza, a mentre quello della loggia tarantina inneggia all’umiltà, che è nemica dell’ambizione. Virtù non molto considerata dalla massoneria dell’epoca ma 0 che ben si concilia con esponenti del basso clero in loggia, quei prelati che sono a contatto quotidiano con la gente, ne conosce ansie e umori.

Un clero che, profittando della pausa quindicinale di condanne papali 6 ritrova in loggia “la stessa dirigenza con la quale interagisce quotidianamente nel sistema imperiale (18) E sarà proprio quel “clero massonizzante dell’età napoleonica ad affiancare poi i liberali e democratici del protorisorgimento nella richiesta di costituzioni e nell’assecondare il proti cesso di unificazione nazionale”. In altri termini, era l’istanza di “evangelismo o, cristiano” (19) che questo tipo di clero portava utopicamente e se profeticamente avanti, ed il percorso settario dei sopra citati prelati vuole esserne un eloquente esempio.

Il Venerabile Arciprete Figlio di Raffaele e Anna Lacava, Francesco Saverio Trippa nacque a Carosino, piccolo paese in agro di Taranto, il 15 gennaio 1766. Abbracciato l’abito sacerdotale fu dapprima parroco, poi arciprete di Carosino. Dotato di grande cultura partecipo’ alla rivoluzione del 1799 accettando la carica di deputato della municipalità ed in concorso con altri deputati  e col presidente piantò l’Albero della Libertà nella piazza del paese.  Rubricato tra i rei di stato riuscì ad evitare il carcere e beneficiò dell’indulto del febbraio 1801. (20) Ma l’indole libertaria dell’arciprete non si sopiva dinanzi ad un provvedimento di clemenza. Durante il periodo dei Napoleonidi, regnando Giuseppe Bonaparte, proponendosi come  municipalista (figura affine all’odierno consigliere comunale), Trippa, fece notare per spregiudicatezza politica, al punto tale da suscitare le prime occupazioni di monsignor Capecelatro, l’enigmatico arcivescovo di Taranto, discusso protagonista del moto repubblicano autoesiliatosi a Napoli, finissimo dialettico. Capecelatro in una lettera inviata alfedele vicario abate Tanza, confidò questa preoccupazione innanzitutto per Trippa  e poi per lo stesso vicario che da questi aveva ricevuto doni e denaro te (paventando quindi un tentativo di corruzione da parte di Trippa), suga gerendo la sottile soluzione di presentare l’effervescente arciprete non come candidato bensì come cooptato dalla municipalità di Carosino alla e carica di municipalista. (21)

Col tempo Saverio Trippa maturò come il buon vino la sua vocazione e        rivoluzionaria.

Tra la fine del 1804 e gli inizi del 1805 in Taranto operavano due logge massoniche, una castrense “Della Filantropia” e l’altra ordinaria “L’Amica dell’Uomo”, comprese nel piedilista del Grande Oriente presso la Divisione edell’Armata d’Italia, retta dal generale bresciano Giuseppe Lechi, dipendente dal Grande Oriente di Francia.

Nella loggia L’Amica dell’Uomo ritroviamo Saverio Trippa con la carica di Segretario. La loggia cessò di operare dopo il 1805 ma monsignor Trippa

proseguì l’attività massonica come Venerabile della loggia “Nemica dell’Ambizione” (1810-1815) all’obbedienza del Grande Oriente di Napoli, retto da Gioacchino Murat.

Conclusa l’epopea napoleonica anche la massoneria subì una battuta d’arresto, ma l’esperienza settaria accumulata consentì a Saverio Trippa di fondare una Vendita carbonara a Carosino, e di organizzare attentati e insurrezioni nel 1817 e nel 1820, al punto tale da meritare l’attenzione del generale borbonico (e massone di affiliazione inglese) Riccardo Church. (22) Trippa si serviva di una struttura di occultamento della setta massonica prima e della vendita carbonara dopo: la Confraternita del SS Rosario di Carosino. Gran parte dei rubricati del 1801 e del 1829 erano iscritti alla Confraternita: “L’opera diplomatica di sensibilizzazione condotta dal clero locale e da don Saverio Trippa in particolare, con la complicità degli intellettuali confluiti in gran parte nel sodalizio del Rosario aveva scosso le coscienze anche dei più increduli; le adesioni alla setta lievitarono rapidamente, soprattutto fra i confratelli, ed il loro numero, andando ben al di là dei rubricati sfuggiva ad ogni sospetto”. Gli uomini della vendita-confraternita erano inseriti saldamente al potere del decurionato, per cui si verificava paradossalmente che quando l’intendente ordinava la formazione di un corpo di polizia o di rappresentanza formato da persone di specchiata fede borbonica venivano indicati i settari della confraternita. “Il clero e la Confraternita del SS. Rosario continuarono ad avere un ruolo centrale, subendo sino all’ultimo (unità d’Italia) i sospetti della polizia che non perdeva occasione per colpire sodo”. (23)

Nel 1818 la commissione militare esiliò Saverio Trippa per 19 anni, di cui scontò appena un anno, godendo dell’indulto regio (24). Morì a Carosino il 18 novembre 1829. (25)

Nicola Libetta

Dottore in Legge, fu sindaco di Lecce dal 1792 al 1794. Secondo una fonte fu giacobino e per tale appartenenza venne coinvolto nel processo del 1793-94.

Nominato giudice venne trasferito a Catanzaro, e nel 1799 processò i rivoluzionari locali, ma il cardinale Ruffo, constatata la sua moderazione di giudizio, chiese al ministro Acton di processarlo. Nel 1806 fu nominato Procuratore regio del tribunale speciale straordinario di Trani-Lecce e Lucera. Nel 1809fu tra gli ideatori del codice penale. Da tale anno visse a Napoli ove esercitò l’avvocatura. Ben noto agli ambienti intellettuali di Terra d’Otranto, fu indicato quale deputato della loggia “Nemica dell’Ambizione” di Taranto, proprio perché residente a Napoli. Il Grande Oriente era strutturato in modo tale che i deputati (=rappresentanti) portavano le istanze delle logge di periferia. ln tal modo venivano conosciute fatti ed esigenze delle logge, che altrimenti non potevano esser note per via delle distanze, dei mezzi di comunicazione, e della sicurezza della comunicazione. Libetta nel 1813 era stato nominato Consigliere di Cassazione da Murat, e nel Grande Oriente di Napoli rivestì la carica prestigiosa di Gran Presidente della Gran Loggia di Amministrazione.

Con il ritorno dei Borboni non solo non cadde in disgrazia ma fu promosso, nel 1820, a Presidente della Suprema Corte di Giustizia. (26)•

NOTE BIBLIOGRAFICHE.

(l) Anonimo, Rituali e Società Segrete, Ed. Convivio-Nardini, Firenze 1991, p, 43;

(2)           Anonimo, Rituali e Soc. cit. p. 69;

(3)           Giuseppe Gabrieli, Massoneria e Carboneria nel regno di Napoli, Ed. Atanor; Roma

1981, pp. 23-25;

(4)           Vittorio Gnocchini, Almanacco Massonico, Ed. A, Pontecorboli, Firenze 1994, p. 26 giugno;

(5)           Vittorio Gnocchini, Napoleone e la Massoneria, in Agorà n. 3/97 p. 16;

(6)           Vitt0iio Gnocchini, Almanacco cit. p. 26 dicembre;

(7)           Renato Soriga, Le società segrete e i moti del 1820 a Napoli, in Le Società segrete, l’emigrazione politica ed i primi moti di indipendenza, Modena 1942, p. 80;

(8)           G. Gabrieli cit. pp. 23-25;

(9)           R. Soriga, cit. pp. 90-91;

(IO) Giuseppe Gabrieli, II Grande Oriente murattiano, in Rivista Massonica del G. O.

1. n. 7/1976p. 421;

( Il) Archivio Stato Lecce, Intendenza Terra d’Otranto, Atti di Polizia, Pacco 58, Attendibili, fasc. 1488 p. 291 anno 1829, integralmente riportato da Antonio Cinque Sopravvenienze storiche di una comunità in Carosino, Editore Mandese, Taranto 7988, P• 146;

(12) Vincenzina Zara, La Carboneria in Terra d’Otranto, Ed. E Ili Bocca, Tormo 1913,

p. 150 nota;

(13)         Ferrante Tanzi, VArchivio di Stato in Lecce- Note e documenti, Stabilimento Tipografico Giurdignano, Lecce 1902, p. 203;

(14)         C. Tanzi. cit. p. 204;

(15)         Aychivio Stato Lecce, Intendenza Terra d’Otranto, Atti di Polizia, Attendibili, fasc.

1237, riportato da Michela Pastore in Settari in Terra d’Otranto, Lecce 1961;

(16)         Salvatore Panareo, Dalle carte di Polizia all’Archivio Provinciale di Lecce, in Rinascenza Salentina, anno 1938, pp. 1-4; cfr. C. Tanzi, cit. , p. 206;

(17)         Francesco Guida, La Massoneria tarantina durante l’occupazione francese (1804-

1805) in Agorà, anno IV n. 4 dicembre 1999, p. 41;

(18)         Aldo Alessandro Mola, Le stagioni massoniche dell’età napoleonica: dal giacobinismo all’Impero, in Libertà e modernizzazione, Ed. Bastogi Foggia 1996, p. 105:

(19)         Gian Mario Carzaniga, La Religione dei moderni, Ed. FTS Pisa 1999, pp. 236-237;

(20)         Nicola Vacca, I Rei di stato Salentini del 1799, Trani 1944, p. 48;

(21)         Nicola Vacca, Terra d’Otranto fine settecento inizio ottocento, Soc. Storia Patria per la Puglia Bari 1966, p. 102;

(22)         Antonio Cinque, La Confraternita del SS. Rosario nei rapporti tra Chiesa e Società a Carosino, Ed. Mandese, Taranto 1993, pp. 53-57;

(23)         A. Cinque, La Confraternita cit. , idem;

(24)         Pietro Palumbo, Risorgimento Salentino, Lecce 1911, p. 303:

(25)         N. Vacca, Rei di Stato cit. , p. 48;

(26)         N. Vacca, Terra d’Otranto cit. , p. 219;

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