REGOLARMENTE

Regolarmente

Maestro Venerabile, Fratelli carissimi,

regolarmente mi sono trovato a meditare su quanti vantaggi, ma su quanti impegni avevo accettato e sottoscritto, la sera dell’iniziazione, nei miei confronti e del mondo esterno, diventato da quella sera più distante, diventato il mondo profano

Quale grossa responsabilità avevo io, privilegiato, nei confronti dell’esistenza che mi circondava! Ero io virtuoso e di sani principi per accedere alla costruzione del Tempio ed accedere all’aiuto della Forza, della Bellezza e della Saggezza che mi veniva offerto e poterne così usufruire per crescere nel mio intimo? Io sapevo dove attingere e cercare, sapevo dove e come confortarmi nei momenti difficili e sapevo ricercare, costruire, sapere, crescere nella forza e nella saldezza dell’lniziazione.

I miei Fratelli mi indirizzavano ed io potevo chiedere, informarmi, ricevere ed immergermi in me stesso con tutta serenità e tranquillità senza che niente e nessuno potesse infrangere questo mio microcosmo.

Dovevo imparare a spogliarmi dei metalli, dovevo avere tolleranza nei confronti di chi turbava o mi avversava, ma comunque ricercare la Luce: questo è ed era il mio scopo, teoricamente, unico.

Ma quanto egoismo era in tutto ciò, quanto i miei pensieri si infrangevano sulle realtà del mondo profano e sulla utopica estraneità della mia vita materiale?

Io, Iniziato, Massone vivo nel mondo, in un mondo che mi pesa, mi ostacola, mi condiziona e non mi capisce. Non mi capisce ed io inconsciamente lo accantono, non voglio considerarlo e mi defilo dalla realtà perché mi può creare impedimenti, momento per momento divido le mie due vite, quella pratica e quella spirituale.

Vergognati Massone, mi dico, tu hai di più e ti lamenti, ti nascondi.

Poi un amico, un lontano conoscente, un ex compagno di scuola si avvicinano e mi chiedono aiuto; subito mi sento importante, poi sono felice e mi sento vivo e partecipe dei loro problemi, ma soprattutto mi sento un uomo, un Massone vivo.

Questo per trasmettervi nella maniera più semplice, ma anche più provocatoria, un pensiero che è prevalente nelle mie riflessioni da sempre e che non mi sembra affrontato positivamente nella nostra Istituzione.

Il vivere nel mondo con il dono dell’iniziazione ci obbliga a trasformarci in doverosi trasmettitori della nostra conoscenza e del nostro equilibrio a vantaggio di coloro che ci circondano.

È difficile trattare questo argomento senza cadere in facili luoghi comuni religiosi, ma credo che nessuno dei molti illustri Fratelli del passato si siano mai posti questo problema, ma abbiano fatto solo ciò che sentivano doveroso verso il mondo, e più semplicemente, impegnandosi ad essere Massoni fuori del Tempio, fuori da quel piccolo mondo che ci permette di cercare la Lucc lottando con la vita terrena, ma non partecipandovi in maniera attiva nella sua trasformazione.

Quale risultato pensiamo di ottenere se questa via serve solo a noi e non a modificare nel possibile il genere umano ed a regolare noi stessi, essendo tra i pochi che con l’unione e con la forza del Tempio possiamo non vacillare?

Essere Massoni in ogni gesto, in ogni azione, in ogni incontro con le difficoltà della vita terrena è la reale essenza delle nostre scelte, da non confondersi con il riunirci tra noi, per accrescere solo noi stessi, senza portar fuori tutto quello che è necessario ed utile per migliorare alla gente questo gravoso passaggio di costante disconoscimento tra quello che può essere e quello che gli uomini ne stanno facendo.

Ora vi chiedo: sappiamo noi quanta linfa possiamo trovare fuori dal Tempio se teniamo sempre la porta chiusa?

“E la Luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno ricevuta ‘ .

R. Gril,

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