DALLA INIZIAZIONE

DELLA INIZIAZIONE

Giovanni Gigliuto

“Egli sa [ Dio onnipotente, n.d.r.] che non ho scritto le mie osservazioni né per amore di una lode umana, né per il desiderio di una ricompensa temporale, che non ho nascosto nulla di prezioso o di raro per malizia o gelosia, che non ho passato sotto silenzio nessuna cosa, riservandola per me solo, ma per accrescere l’onore e la gloria del Suo Nome ho voluto venire incontro alle necessità e aiutare il progresso di un gran numero di uomini”.

TEOFILO, Traité de divers arts (sec. XII)

“Nihil sub sole novi!

In questi pensieri, dunque, non vi può essere nulla di nuovo… Essi sono un rosario di cose eterne.

Se in questo rosario si trovano rose non mie, non sono state rubate, sono venute da sé e qui riportate per forza analogica e non volutamente. Non ho avuto nessuna preoccupazione per i pensieri già detti da altri, e ciò perché non esiste in questi scritti alcuna vanità individuale”.

(ARA, Massime di scienza iniziatica)

E’ sempre impresa ardua (e spesso anche inutile) scrivere o dire sull’iniziazione.

Tanti, troppi forse, autori, maestri, illuminati ci hanno propinato la loro verità, la loro definizione e in certi casi, anche la loro ricetta

sull’iniziazione.

Ma allora questo scritto? Che senso ha? Si aggiungerà a quegli altri?

Chiaramente non sta a noi decidere.

Il nostro intendimento, il nostro desiderio, è quello di stimolare la ricerca, il contatto con l’unico Maestro che possa veramente istruirci: quello interiore.

Per far sì che il Massone smetta finalmente di adagiarsi, di considerarsi (e quel che è peggio) sentirsi ‘uomo del dubbio’ e tenda finalmente al raggiungimento di certezze!

In tutte le culture, in tutti gli agglomerati umani – dalla semplice tribù allo stato nazionale – sono stati di grande importanza, sia dal punto di vista religioso che sociale, i cosiddetti riti di passaggio.

Questi scandivano le varie fasi e della vita religiosa e della vita sociale degli appartenenti al ‘gruppo’. Queste fasi avevano un carattere sacro ed erano officiate da sacerdoti, da sciamani. Questi riti avevano quindi una particolare importanza nella vita biologica e sociale dell’individuo, basti pensare ad esempio ai riti di passaggio della pubertà – quello della fecondità (femminile) e quello della virilità (maschile) – che erano celebrati solennemente in quanto consacravano (e allo stesso tempo, ufficializzavano) l’individuo nel suo nuovo status.

“Nei riti di iniziazione della pubertà, l’adolescente muore alla propria condizione naturale, biologica, e torna di nuovo in vita come essere culturale; da questo momento in poi avrà accesso ai valori spirituali della tribù”1.

“[Poiché, n.d.r.] in qualsiasi società la vita dell’individuo consiste nel passare successivamente da un’età all’altra [l’iniziazione si pone come la principale tra le, n.d.r.] cerimonie, il cui fine è identico: far passare l’individuo da una situazione determinata a un’altra anch’essa determinata”2

Possiamo evidenziare che l’iniziazione ha una sua struttura schematica, precisa e ricorrente, comune a tutti i riti di passaggio: separazione, limiti e aggregazione:

– la separazione ha la funzione di tagliare i legami con il mondo quotidiano e introdurre in una dimensione diversa;

– questa dimensione è di limite, ed è caratterizzata da prove, in cui viene rivelato al neofita l’universo simbolico di conoscenze del gruppo a cui accede;

– avvenuto ciò, il novizio viene aggregato al gruppo, da questi cioè accettato e considerato degno di appartenere.

Da quanto detto, risulta evidente di come il concetto di ‘iniziazione’ è strettamente legato a quello di ‘morte’, tant’è che si può benissimo affermare che i due termini, in un certo qual modo, si equivalgono e che l’uno non può prescindere dall’altro.

La celebrazione – e per certi versi l’esaltazione – della morte serviva, oltre che a esorcizzarla, a capire il senso ed il perché della vita avvicinando in tal modo il neofito alla comprensione del massimo mistero iniziatico, il Principio Supremo; tale celebrazione avveniva nei cosiddetti Misteri3, ai quali il neofito veniva iniziato, immesso in un mondo superiore, altro.

“L’universo in cui penetrano ora i novizi è quello del mondo sacro. Tra i due c’è rottura, soluzione di continuità. Il passaggio dal mondo profano al mondo sacro implica in un certo modo o nell’altro l’esperienza della Morte: si muore ad un’esistenza per accedere a un’altra”4.

L’iniziazione costituisce così il cominciamento del pellegrinaggio interiore, di quello che sarà chiamato “iniziato”, indipendentemente dalla natura di questa iniziazione, che corrisponde del resto, in un certo qual modo, al suo itinerario futuro, alla sua via.

“Tale simbolismo sembra dunque assolutamente necessario nei rituali iniziatici in quanto è ciò che rende possibile una nuova nascita: Il momento centrale di ogni iniziazione è rappresentato dalla cerimonia che simbolizza la morte del neofito e il suo ritorno tra i vivi. Ma colui che ritorna alla vita è un uomo nuovo, che assume un altro modo di essere. La morte iniziatica significa a un tempo la fine dell’infanzia, dell’ignoranza e della condizione profana.

[…] Nello scenario dei riti iniziatici, la ‘morte’ corrisponde al ritorno provvisorio al Caos; è dunque l’espressione esemplare della fine di un modo di essere: quello dell’ignoranza e della irresponsabilità del bambino”5.

“L’iniziazione è un complesso di cerimonie, prove e rivelazioni di ordine mitologico, ontologico e morale, attraverso le quali una persona, viene a far parte, con pieno diritto, ad una società esoterica. Per acquisire il diritto d’essere ammesso tra gli iniziati, il novizio deve affrontare una serie di prove iniziatiche: grazie a questi riti e alle rivelazioni che essi comportano, egli sarà riconosciuto come un membro responsabile della società”6.

“Condizione essenziale, però, perché i riti producano il loro

pieno effetto, è e rimane la ‘iniziabilità’ del soggetto cui essi vengono conferiti; il ‘profano’, infatti, per poter essere ‘iniziato’, deve possedere determinate ‘disposizioni’ o particolari attitudini naturali, senza le quali i riti non avrebbero nessuna efficacia”7.

Quali sono, allora, le condizioni dell’iniziazione? René Guénon è stato molto preciso al riguardo:

“1) la qualificazione, costituita da certe possibilità inerenti alla natura propria dell’individuo, e che sono la materia prima su cui il lavoro iniziatico dovrà effettuarsi;

2) la trasmissione, cioè il tramite ad una organizzazione tradizionale, di un’influenza spirituale che dia all’essere la ‘illuminazione’ che gli permetterà di ordinare e di sviluppare queste possibilità che porta in sé;

3) il lavoro interiore, per cui, con l’aiuto di ‘cooperanti’ o di ‘appoggi’ esteriori, se è il caso e soprattutto nei primi stadi, questo sviluppo sarà realizzato gradualmente, facendo passare l’essere, di gradino in gradino, attraverso i differenti gradi della gerarchia iniziatica, per condurlo allo scopo finale della ‘liberazione’ o dell’Identità Suprema”8.

Da tutto questo si evince – e non ci sarebbe bisogno di evidenziarlo, se qualche autore non lasciasse ad intendere il contrario9 – che non ci si

può iniziare da sé: nemmeno con una candela davanti a uno specchio…10 “Vi sono certi ignoranti i quali s’immaginano che ci ‘si inizii’ da sé, il che è in qualche modo una contraddizione in termini; dimenticando, seppur l’hanno mai saputo, che la parola initium

significa ‘entrata’ o ‘principio’, essi confondono il fatto stesso

dell’iniziazione, intesa nel senso strettamente etimologico, col lavoro da compiersi ulteriormente affinché questa iniziazione, da virtuale nel primo momento, divenga più o meno completamente effettiva.

.L’iniziazione, compresa in tal modo, è ciò che tutte le tradizioni s’accordano nel designare come la ‘seconda nascita’; come un esse potrebbe agire da se stesso prima ancora d’esser nato?”11.

Bisogna riconoscere tuttavia che esistono iniziazioni individuali che non passano per un’iniziazione regolare, ad una condizione tuttavia – di capitale importanza – che è il legame ad un centro iniziatico.

“[…] anche se succede che un individuo apparentemente isolato raggiunga un’iniziazione reale, questa iniziazione non potrà mai essere spontanea soltanto che apparentemente, e che di fatto, implicherà sempre il legame, con un mezzo qualunque, ad un centro che esiste effettivamente”12.

L’iniziazione costituisce dunque il punto di partenza, per così dire, regolare di ogni via iniziatica, essa significa legame ad un’organizzazione tradizionale – eccetto, come sottolineato, casi rarissimi dove questo legame alla Tradizione è realizzato direttamente. L’iniziazione inaugura quindi la vita nova, l’avanzamento verso gli ‘stati superiori dell’essere, il ritorno al Principio Supremo.

“Si tratta, in tutti i gradi, di stati da realizzare interiormente, di una conoscenza, dunque, che non è comunicabile, e per l’ottenimento della quale l’iniziato non deve contare che su se stesso”13.

Sorge spontanea la domanda, non affatto peregrina: più iniziazioni consento una più rapido avanzamento nella Via?

“Le forme tradizionali possono essere paragonate a vie che conducono tutte ad uno stesso scopo14, ma che, in quanto vie, non sono meno distinte; è evidente che non è possibile seguirne più di una per volta, e che, quando si è ingaggiati in una di esse, conviene seguirla fino in fondo senza scostarsene; voler passare dall’una all’altra sarebbe proprio il mezzo migliore per non avanzare in realtà, se non per rischiare di smarrirsi del tutto”15.

NOTE

3 Il termine deriva da greco télos = compimento ed è analogo a teleuté = morte.

4 M. ELIADE, La nascita mistica. Riti e simboli d’iniziazione, Brescia 1980.

5 M. ELIADE, La nascita mistica. Riti e simboli d’iniziazione, Brescia 19806 M. ELIADE, La nascita mistica. Riti e simboli d’iniziazione, Brescia 1980, p. 10.

7 G. GANCI, I misteri esoterici, Roma 1978, p. 8.

8 R. GUÉNON, Considerazioni sulla via iniziatica, Genova 1987, p. 51.

9 Vedi per esempio il racconto di P. COEHLO, L’alchimista, Milano 1995.

10 Sono le cosiddette ‘iniziazioni in astrale’ (sic!). E’ quello che insegnano alcune correnti pseudo rosacruciane e teosofiche. Si potrebbe sorridere immaginando la scena, ma dobbiamo sottolineare lo stupore nell’apprendere che una miriade di persone credono e praticano questo ‘rito’

11 R. GUÉNON, Considerazioni sulla via iniziatica, Genova 1987, pp. 47-48.

12 R. GUÉNON, Considerazioni sulla via iniziatica, Genova 1987.

13 J. ROBIN, René Guénon. Testimone della Tradizione, Catania 1993, p. 144.

14 “Per essere del tutto esatto, converrebbe aggiungere qui: a condizione che esse siano complete, vale a dire che comportino non solo la parte exoterica, ma a anche la parte esoterica ed iniziatica; d’altronde, in principio è sempre così, ma in effetti può avvenire che, per una specie di degenerescenza, questa seconda parte sia dimenticata e in qualche modo perduta”. R. GUÉNON, op. cit., nt. 4, p. 71.

15 R. GUÉNON, op. cit., p. 71.

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