ALFABETO MASSONICO

L’alfabeto massonico

Gianfranco Vignolini

    Tante leggende e teorie hanno cercato – e cercano ancora – di penetrare il mistero della formazione del linguaggio scritto che, secondo alcuni, avrebbe addirittura preceduto quello vocale. Non risulterebbe, certo, produttivo o inerente al tema che si va a trattare introdurre un discorso su questo argomento, per il semplice motivo che sarebbe un po’ come voler disquisire se sia nato prima l’uovo o la gallina. Pertanto si ritiene più utile riportarci, senza compiere alcuna digressione, all’argomento, per noi più interessante, relativo alla formazione del Cifrario letterario che, di seguito, ci apprestiamo ad introdurre.

    Gennaro D’Amato, nel suo libro “Il processo all’Atlantide di Platone” (2a ed., I Dioscuri, Genova 1988), formula una teoria sostenuta anche da altri ricercatori che, estrapolata dal complesso del suo scritto, ben si attaglia a spiegare, anche in chiave esoterica, l’origine dell’Alfabeto criptico massonico che è mia intenzione illustrare a corredo del mio precedente lavoro pubblicato su “Il Laboratorio” n. 30 (aprile-maggio 1997), a titolo “La Tavola Architettonica: il Verbale di Tornata”.

    Il termine Alfabeto deriva dalle lettere greche alfa” (= a) e “beta” (= b) che sono appunto le prime della serie delle altre che lo compongono. La parola Abaco o abbecedario, che descrive il sistema pratico per imparare il linguaggio scritto, contiene in sé le vocali e la consonante “a, b, a, c” (e cioè: a, b, c) delle prime tre lettere dell’alfabeto. Per analogia, tale parola può essere correlata alla voce Kaaba, la Pietra Cubica adorata alla Mecca da tutto il mondo islamico la quale, letta alla rovescia, suona proprio “abac” e cioè: a, b, c (K usata per C). Si noti anche l’assonanza costituita tra Caaba e Cuba o Cubo, per meglio comprendere dopo, i passaggi analogici a seguire. Infatti la parola araba Kaaba traduce anche il lessico Giovinetto, la qual cosa ci porta a considerare una figura umana, alta quanto larga se disposta a braccia aperte e distese, “delimitabile in un quadrato”, come ha rappresentato Vitruvio nella “Architettura” e illustrato da Leonardo da Vinci in un suo celebre disegno.

    La mitologia greca, per suo conto, ci propone Mercurio come divinità dalle molte attribuzioni, ma anche come dio tutelare della Verità (e quindi delle cose graficamente rappresentabili) nelle sembianze di una “pietra quadrata” e Giano sotto la forma di una “pietra cubica”. Ed è proprio una figura geometrica, il quadrato, quella che costituisce le fondamenta del linguaggio scritto oltre che delle cifre numeriche. Già il Patrie aveva avuto l’intuizione che l’origine delle lettere potesse avere come base di costruzione un cifrario geometrico avendo a spunto una leggenda araba che racconta che le lettere e le cifre numeriche avrebbero avuto origine da un emblema inciso sul gioiello incastonato nell’anello di Salomone. Tale teoria è talmente suggestiva da reputarla vera perché si dimostra calzante anche nel caso della scrittura moderna, ma si attaglia correttamente anche a tutti gli alfabeti che hanno preceduto la comparsa di quello fenicio che si ritiene fra i più antichi del mondo.

        Caratteri inscritti nel quadrato, poligono con lati, angoli e diagonali uguali che, perpendicolari fra loro, sono bisettrici degli angoli al vertice

    Nel contesto di questa suggestiva teoria, tuttavia, va data giusta considerazione all’evoluzione di alcune linee rette in quelle curve che caratterizzano certe grafie alfabetiche. Per tali considerazioni, quindi, il “quadrato”, come figura geometrica generatrice di ogni forma di scrittura, ci conduce a far riferimento, sotto il profilo sessuale, all’attributo della “femminilità” ed è anche, proprio al femminile, che si esprime ciascuna lettera dell’alfabeto come dimostra infatti l’articolo “La” che precede ciascuna di esse (la A, la B, la C … la V, la Z). E proprio sotto questo profilo potremmo definire questa figura come “la gran madre di tutte le lettere” di cui essa è matrice (dal latino “mater” = madre). Ciò premesso non resta che affrontare l’esame dell’alfabeto criptico massonico. L’alfabeto massonico sfrutta il “quadrato” ed il “punto” per formare tutte le lettere in esso rappresentate nella maniera che più appresso si descrive attraverso i due schemi che si vanno a costruire.

    Le lettere sono le seguenti:

    In ogni casella sono iscritte due lettere, la seconda della quale si rappresenta con lo stesso tracciato geometrico della prima, però provvisto di un puntino. Questo alfabeto si ritiene pressoché coevo con la rinascita dell’Istituzione massonica, nel 1717, come si può anche evincere da una rappresentazione a stampa eseguita nel 1785.

    La sua decrittazione non risulterebbe un problema per un esperto nella materia il quale impiegherebbe solo poco tempo per avere un’esatta decifrazione. Si immagina anche, al tempo in cui esso fu concepito, non potesse rappresentare un rompicapo per tutti coloro i quali avessero voluto decifrarlo stante l’esistenza della sua spiegazione nelle pubblicazioni che avevano ad oggetto la Massoneria, i suoi riti e le sue cerimonie. La ragione, dunque, della sua adozione doveva avere lo scopo, non certo principale, di rendersi incomprensibile alla gran massa della gente, per nulla o poco alfabetizzata, che poteva nutrire sospetto o avversione verso l’Istituzione massonica quanto, piuttosto, quello di riallacciarsi alla tradizione delle scritture criptiche dei massoni operativi costruttori di chiese e cattedrali. A conforto di questa seconda ipotesi si riporta l’esempio di certe scritture ancora leggibili sugli stipiti dei portali di alcune chiese romaniche esistenti nei territori di Pistoia, Prato, Lucca e Pisa le quali potrebbero essere state edificate, forse, da “Compagnie di Maestri Comacini” che operavano nel territorio delle città citate.

    Iscrizione criptografica di San Pietro Maggiore di Pistoia

    Questa epigrafe ridotta al suo essenziale, risulta così formata

    Il primo simbolo della parola è una M onciale nella forma adottata nel periodo carolingio; si deve tener presente, in questo caso, l’evoluzione subita delle linee rette in curve. Il secondo, quarto e sesto simbolo sostituisce di volta in volta le vocali; in questo caso prima una I e poi una E due volte. Il terzo simbolo è H o Kh in greco; consonante aspirata che corrisponde anche al fenicio Het. Il quinto simbolo è il Lambda in greco, Lamed in fenicio. Le lettere graficamente definite sono: M, Kli o H e L. La scrittura completata delle vocali mancanti risulterebbe quindi: M (I) Kh (E) L (E), cioè “Michele”.

    Anche questo alfabeto risulta iscrivibile nel quadrato usando lo stesso artificio adoperato per trasferirvi le lettere a noi oggi note.

    Dalla decifrazione dello scritto risulterebbe quindi una triplice ripetizione del nome “Michele”, l’arcangelo più caro alla cultura religiosa dei Longobardi, nella sua qualità di “Condottiero delle Armate Celesti” in permanente lotta contro il male. La scrittura anzidetta viene così a costituire, oltre che un emblema apotropaico eretto a difesa del “luogo sacro” (alla pari ad esempio di un labirinto o degli animali terrifici che ornano le facciate delle chiese gotiche), anche un marchio di fabbrica dei costruttori che avevano realizzato la struttura. Attribuendo tali manufatti all’opera di Maestri Comacini risulta ancor più evidente la connessione analogica dell’alfabeto criptico della Massoneria moderna con le scritture in uso alla “Massoneria operativa” di quel tempo.

    Il lavoro che precede risulterebbe, tuttavia, incompleto se non si facesse un pur breve riferimento all’esoterismo che sottende alle figure geometriche del “quadrato”, del “punto”, del “triangolo rettangolo” aperto sull’ipotenusa, dritto o capovolto (ovvero di una “squadra”) che, di volta in volta, risulta dall’utilizzo di due lati contigui del quadrato. Il quadrato è il simbolo più evidente e concreto che ci richiama alla “creazione”, la quale prende sviluppo dal “punto” che, attraverso la sua espansione prima del “cerchio” ha, infine, come traguardo, più sapienziale che razionale nel “quadrato” stesso dando soluzione al problema mai risolto della “quadratura del cerchio”.

    Il quadrato, come già accennato in precedenza, è anche il simbolo scelto ad indicare la realtà delle cose (nella simbologia esoterica il “quadrato”, fra i tanti suoi significati, assume quello della materia, cioè del concreto, mentre al triangolo si riserva quello dello spirito) a dimostrazione della propria esistenza per il fatto di possedere un nome che si esprime anche in lettere alla cui formazione sulla “Tavola di scrittura” concorre, proprio come nell’edilizia, la “squadra” che da questo si ricava (nella redazione del “Verbale di Tornata” non è proponibile l’utilizzazione del cifrario testé illustrato se non per riportare parole semestrali o altro argomento breve e importante alla stregua degli egizi che usavano i geroglifici come “scrittura sacra” e quella demotica per gli usi più comuni e lettere commerciali). Tanto si propone per valorizzare, in un’ottica più ampia, l’importanza di una crittografia, quella massonica, che ha la dignità di un vero e proprio linguaggio scritto e tradizionale.

    Articolo originale comparso su

    Il Laboratorio, N. 34, 1998

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