GEPPETTO

Papà e mamma di un figlio di legno

Geppetto, primo genitore simgle creato dalla fantasia di Collodi.

Paziente, affettuoso, sempre pronto a perdonare quella creatura che, prima o poi, dovrà tornare libera

Babbo, babbino, grida quel burattino che ne combina una più del diavolo. E Geppetto è li, sempre pronto ad accorrere, a perdonare, a comprendere quello strano bambino che si è fabbricato dopo che mastro Ciliegia, spa­ventatissimo, gli ha regalato un pezzo di legno parlante. Geppetto finisce in carcere, ne passa di tutti i colori, si dispe­ra per le disavventure in cui si tuffa l’incosciente Pinoc­chio, ma non rinuncia al suo ruolo di padre-madre artefice di una creatura che, prima o poi, dovrà tornare libera.

E’ premuroso: gli rifà i pie­di dopo che Pinocchio se li è bruciati sul caldano, gli dà la colazione che aveva prepara­to per sé, vende la sua unica casacca per comprargli l’Ab­becedario. Ma chi è Geppet­to? Da dove viene? Nel voca­bolario dei nomi toscani, Geppe e Geppo stanno per Giùseppe: in sintonia con la pratica parodica e comica del giornalismo satirico, in cui Collodi è maestro, è diffi­cile non pensare ad un san Giuseppe satirico~ Un acco­stamento già emerso in alcu­ne opere e nel convegno che fu organizzato nel 1980 alla Fondazione Collodi.

Ma è proprio così? Forse:

Collodi d’altronde non è nuo­vo alle parodie bibliche, ce ne sono a iosa negli articoli giornalistici, e anche nelle Avventure di Pinocchio~ ba­sta pensare a mastrociliegia che sente la ‘vocina, si guar­da intorno ma senza trovare nessuno, e al passo della tra­sfigurazione di Gesù narrata nel racconto evangelico di San Magia, Geppetto sta nella sua <(paternità ma­terna». Innanzitutto si tratta di un uomo solo, oggi si di­rebbe un single, che mette al mondo (qui nel senso di crea con le proprie mani) un figlio. Dicevano le mamme to­scane ai propri bambini discoli: «come ti ho fatto ti disfo». Ed è quello he viene in mente talvolta a un Geppetto esasperato di fronte alle ma­lefatte di Pinocchio. Collodi ha così rappresentato, forse Italiana, una famiglia che non è composta da padre, ma­dre e figli per scelta e condi­zione primaria, e non per fa­talità o condizioni seconda­rie. E non c’è mai il minimo tento flnamento: Geppetto non ha bisogno di un ~a1tro componente della famiglia. Il suo amore è tutto per Pinoc­chio, di cui è padre e madre, senza distinzioni. Per Geppet­to ogni distinguo è super­fluo: nel suo mondo rude, nel suo laboratorio artigianale, lo spazio per un’affettuosità che si riversa in quel figlio di legno, che si è fabbricato da solo, come Zeus che senza bisogno di ac­coppiarsi partorì Atena dalla propria testa, vergine e arma­ta di tutto punto.

Geppetto, dunque, tra San Giuseppe e Zeus? Sì, ma con la differenza che nel caso del santo falegname fu Maria a partorire senza concepimen­to dopo essere stata prescel­ta, e nel caso del dio greco fu la stessa Atena a pungergli la testa con la lancia, per l’ur­genza di uscire, e a Zeus non restò che farsi spaccare la testa per consentire alla dea di nascere.

Geppetto invece, falegna­me laico, non è stato prescel­to da nessun deus ex-machi­na ne ha dovuto piegarsi al Fato: ha deciso di fabbricarsi un burattino coi un pezzo di legno che gli aveva regalato mastro Ciliegia, e poi, veden­do che gli si muovevano gli occhi e lo guardavano fisso, dice al burattino «Occhiacci di legno, perché mi guarda­te?». Come fosse la cosa più naturale del mondo.

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