COMMEMORAZOINE DEI DEFUNTI

Commemorazione  dei defunti

(E.  R.)

Rispet.mo   M .’. V .’.     

Carissimi Fratelli,

      stasera, in questa serata dedicata alla Commemorazione dei defunti, il nostro primo pensiero è rivolto alla memoria del Fratello  Lando Conti,  nell’anniversario  dalla sua tragica morte per mano di feroci assassini.

      Il mese scorso si sono svolte a Firenze le commemorazioni ufficiali, con orazioni e interventi autorevoli; noi, più semplicemente, lo ricordiamo con commozione e sincera partecipazione nella sacralità di questo Tempio,  in tutto simile a quello che il Fratello Lando frequentava, nel quale era stato iniziato  e dove ha percorso il suo cammino  massonico così brutalmente interrotto.

      Egli, in quanto libero muratore, più di ogni altro uomo amava la giustizia e la tolleranza, operava per il bene e il progresso di tutta l’umanità, esecrava l’odio e la violenza; come è successo a tanti uomini illustri, Lando Conti è caduto sotto i colpi di coloro che hanno scelto di vivere nelle tenebre, che privilegiano l’aggressività, che vogliono demolire la società civile e che nella loro cecità colpiscono uomini con doti morali  e spirituali così elevate che la persona uccisa diviene un simbolo più forte e carico di significati  di quello che essi volevano distruggere.

      Insieme a Lando Conti ricordiamo e onoriamo tutti i Fratelli che sono passati all’Oriente Eterno, tributando loro una batteria di lutto.

      Vorrei ora sviluppare alcune brevi riflessioni  sui significati della Commemorazione dei defunti, che si colloca nel calendario massonico in un periodo dell’anno nel quale le tenebre prevalgono ancora sulla luce, ma solo per poco, in quanto   il 21 Marzo con l’equinozio di Primavera la notte ed il giorno saranno di eguale durata e subito dopo avremo finalmente  l’inizio del periodo di  prevalenza della luce, che avrà il suo culmine con il solstizio d’Estate.

      Nel corso dell’anno massonico la tornata dedicata ai defunti deve rappresentare, a mio avviso,  un momento di pausa per i nostri lavori, un momento di riflessione intima, realizzata attraverso un lungo silenzio simbolico durante il quale  sviluppare una profonda meditazione.

      Questo è uno dei significati più importanti di una ricorrenza come quella  che noi stasera celebriamo: una sosta nel cammino iniziatico, nella quiete del Tempio, nella sacralità di questo luogo; una sosta indispensabile per riordinare le idee e fare un bilancio  del cammino fin qui percorso, diverso per ciascuno di noi sia perché diversi sono i momenti della partenza, sia perché ognuno imprime un suo ritmo più o meno veloce al progredire sulla strada maestra alla ricerca della luce, sia infine, perché diversi e di varia natura sono gli ostacoli che troviamo nel nostro procedere.

      L’uomo, quando giunge al termine del suo viaggio terreno e si trova di fronte la morte, cerca con tutte le sue forze di sviluppare nella propria mente le immagini del film della sua vita e vorrebbe poter scartare quelle mal riuscite e conservare soltanto quelle belle;  ma non può farlo, tutto il film è suo ed è stato interamente sviluppato ed è troppo tardi per rivedere e correggere alcune sequenze.

      Il nostro viaggio iniziatico  invece, non è ancora finito, né ci è dato sapere quanto a lungo durerà, e utilizzando sul piano esoterico l’immagine simbolica che abbiamo appena descritto, ci è consentito di scartare o di tenere le nostre esperienze spirituali e morali, di correggere gli errori commessi, di fare tesoro di tutto ciò che abbiamo sinora incontrato lungo il nostro cammino.

      Per far ciò, per trovare il tempo di girarsi indietro e di valutare seriamente il passato, sono indispensabili delle pause nei nostro architettonici lavori, dei momenti di serena meditazione  che dobbiamo saper cogliere nel loro profondo significato:  una lucida introspettiva,  una visita all’interno di noi stessi nel corso della  quale analizzare i nostri più reconditi sentimenti e  rettificando continuamente il nostro pensiero, ottenere la pietra filosofale:  cioè la vera saggezza.

      Un’altra riflessione suggerita da questa tornata è rappresentata dal significato simbolico della morte e dalle sue implicazioni esoteriche.

      La storia dell’umanità è certamente ricca di questo simbolo; i primi uomini, meditando sui fenomeni naturali cui assistevano e in modo particolare  sul ciclo lunare (nascita, crescita, pienezza, decadenza, scomparsa ) tanto simile al ciclo di vita delle creature, e osservando, nella loro esperienza agreste, che per far nascere una nuova pianta  occorreva che il seme  morisse e marcisse, ricavarono le teorie e i simbolismi sulla morte, sulla purificazione, sulla rigenerazione, e immaginarono che la fine del corpo rappresentasse il termine di un piccolo periodo e l’inizio di un lungo periodo successivo, più bello e più luminoso del primo;  teoria diffusa sotto forme diverse presso quasi tutti  i popoli della terra e che ritroviamo nella maggior parte  dei culti da noi conosciuti.

      Forse nella storia dell’umanità, su questo tema, senza voler fare un discorso religioso ma basandosi solo sui fatti narrati dalle Sacre Scritture, il simbolo più profondo e complesso è rappresentato dalla morte di Cristo,  per il modo nel quale essa è maturata e si è compiuta  e per l’accostamento  con l’altro grande simbolo della resurrezione.

      Simbolo profondo  in quanto nel suo divenire  porta con sé molti valori (negativi e positivi) sui quali ponderare e riflettere: il tradimento, la vittoria apparente e momentanea dell’ignoranza e del potere sull’intelligenza e sullo spirito, la sofferenza purificatrice, il dubbio che assale dolorosamente  e la faticosa ricerca della verità.

      Simbolo complesso perché ne racchiude molti altri: la salita lunga e penosa sul monte Golgota, fra insulti e flagellazioni, a rappresentare un sofferto e consapevole viaggio iniziatico, la croce  formata dall’incrocio fra la perpendicolare e la livella, con la quale si possono, con spostamenti dei due assi verticale e orizzontale,  costruire altri simboli quali la squadra, la lettera “Tau”  (T).

      La nostra Istituzione, nella sua profonda matrice iniziatica e filosofica, sente tutta la forza spirituale del simbolo rappresentato dalla morte e ce lo propone in questa e in molte altre occasioni, offrendolo alla nostra meditazione  e alla nostra capacità  di liberarlo  dai molti veli che lo coprono.

      Togliendo anche soltanto uno   di questi veli, ci rendiamo subito conto che la morte di cui si parla è quella morale e spirituale,  è quella dell’intelligenza e della ragione, è quella dell’amore e della tolleranza; questa è la morte che noi massoni dobbiamo più temere e contro la quale dobbiamo lottare con tutte le nostre forze.

      Appena ci rendiamo  conto che la fiamma ideale che  l’iniziazione ha acceso nel nostro animo  si sta affievolendo, dobbiamo essere pronti  ad alimentarla di nuovo con tutti i mezzi disponibili, non rinunciando a chiedere il conforto e l’aiuto dei Fratelli.

      La morte spirituale è spesso il risultato della nostra indifferenza di fronte all’immortalità, di fronte alle enormi capacità e potenzialità  della psiche umana, tuttora non completamente esplorata.

      A ciascuno di noi il compito di  rinnovare questa indifferenza, di far scaturire da questo momento di meditazione una forza morale e spirituale capace di rigenerare il nostro animo, di farci proseguire con vigore i nostri lavori, di ridare slancio e serenità al nostro cammino iniziatico.

      Così operando possiamo dare un senso concreto e compiuto a questa ricorrenza, che altrimenti avrebbe solo toni celebrativi e malinconici, e rendere più solida la nostra catena di amore alla quale stasera si sono di nuovo uniti i Fratelli defunti, in uno spirito di comunione  e di affetto ancorato alla più genuina tradizione iniziatica della nostra Istituzione

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