COMUNICAZIONE E MASSONERIA


“Comunicazione e Massoneria”

Simbolismo / Filosofia / Storia / Società

IL GRANDE FRATELLO

E IL GRANDE ARCHITETTO

Con quali strumenti i “piccoli fratelli” potranno opporsi al Grande

Fratello mediatico?

Tavola del fr:. A:. M:.

Il Grande Fratello ed i reality show della televisione stanno sferrando un’offensiva sempre più intensa al mondo reale. Ogni giorno milioni di persone, come in una saga tolkeniana, infilano il proprio dito nella moderna versione dell’anello di Frodo – il telecomando – e spariscono in un mondo virtuale, fatto di ombre ed illusioni.

Ed ogni giorno aumentano le persone che non fanno più ritorno da quella dimensione subdola e narcotizzante (adolescenti che si perdono in un videogioco e credono di essere veramente un personaggio elettronico;

oppure commesse e massaie che trasferiscono totalmente le proprie sfere emotive ed affettive in una soapopera, diventando assenti ed insensibili nella sfera reale della propria famiglia o delle proprie amicizie).

Nuove sindromi mettono a dura prova gli psicologi. Per alcuni sociologi, poi, perfino la crescita dell’odio e dell’intolleranza nei confronti dell’Occidente da parte del Terzo e Quarto Mondo sembra alimentata dalle soap-opera, che globalizzano immagini e valori di facile ed eccessivo benessere, rendendo sempre più stridente il contrasto con la grama vita reale di tante masse diseredate.

Il Virtuale avanza, sospinto dai nuovi “media” e dalle nuove tecnologie. La società Reale sta subendo pesanti trasformazioni, Non tutte come si è visto in senso positivo. I nuovi mass media diffondono indubbiamente molta più cultura, molta più informazione. Ma pare che nello stesso tempo introducano anche nuove, indesiderate, “tossine” sociali e culturali. Banalizzando valori, sentimenti, pensieri della vita reale, talvolta perfino il senso religioso delle persone.

Cosa accadrà, quando questa sfida raggiungerà le porte dei Templi dedicati al Grande Architetto? Con quali strumenti i “piccoli fratelli” potranno opporsi al Grande Fratello mediatico?

I timori sono giustificati, visto i già considerevoli danni che i mezzi di comunicazione tradizionali (la stampa) hanno arrecato, nel tempo, all’immagine della Massoneria.

Fra Massa (e relativi Media) e Massoneria (e relativi Simboli) sembrano esservi inconciliabili antinomie. E come non accorgersi che in queste antinomie sono in gioco forze davvero notevoli e potenti. E’ in gioco soprattutto il confronto basilare fra l’individualità massonica ed il resto del mondo.

Il Tempio unisce o separa il massone dai suoi simili? Se la Massoneria è davvero la fonte inesauribile di sentimenti universali – quali Amore, Fraternità, Eguaglianza e Libertà – perché è così racchiusa in se stessa?

Dal mondo profano giungono certamente pericoli e minacce, e la Massoneria ha sempre dovuto difendersi da incomprensioni, dogmatismi e vere e proprie persecuzioni. Ma questo può bastare a giustificare la sua separatezza e la ritrosia a manifestarsi ed a comunicare se stessa al resto della società?

Secoli di sangue versato proprio in nome degli ideali più sacri ed universali dell’uomo, custoditi all’interno delle Logge, suggeriscono certamente una risposta affermativa.

 Il Tempio dunque è un confine. Un confine penetrabile ed impenetrabile al tempo stesso; nel senso che chiunque può in realtà oltrepassarne la soglia, ma quando ne uscirà non sarà più la stessa persona. Quindi il profano/profanatore non esisterà più. Di fatto questo lo rende impenetrabile.

La stessa sorte accomuna la Parola. La parola è lo strumento basilare della Comunicazione. Ed il Massone, più di ogni altro possiede la Parola, in tutte le sue più alte e complesse dimensioni.

Il LOGOS, la parola, è il fondamento stesso della Massoneria. Non a caso costituito e costruito dagli strumenti fondamentali della Libera Muratoria: il lambda “_”, ed il gamma “_”, il compasso e la squadra.

Ma varcando la soglia del tempio – in un senso o nell’altro – la Parola stessa si trasforma, muta contesto e significato, cambiano le stesse vibrazioni con cui la mente umana la percepisce sensorialmente ed intellettualmente. Probabilmente nasce proprio da ciò, la sostanziale incomunicabilità della Massoneria.

I suoi segreti sfuggono inesorabilmente ad ogni divulgazione perché vertono su verità di un ordine filosofico così elevato che la Parola stessa è impotente a tradurli. Per questo la filosofia iniziatica non è mai stata formulata in un linguaggio adatto all’orecchio (O. Wirth).

Sembra infatti non esistere alcun linguaggio umano adatto a tale scopo. Gli Antichi pensavano che la lingua di Dio, quella con cui parlava ad Adamo, potesse essere quella degli uccelli, creature alate come gli angeli, per loro natura più vicini al cielo ed ai suoi segreti. Sulla terra, forse solo la musica sembra potersi avvicinare a tale funzione espressiva.

Eppure nel nostro animo, si avverte quasi una ribellione a questa incomunicabilità, se è davvero tanto forte in ogni fratello l’amore per il prossimo, ed il desiderio di rendere il mondo migliore.

Ecco allora che le stesse possenti Colonne del tempio, acquisiscono un significato particolare. Non più solo Boaz e Jachin, ma Scilla e Cariddi, Abila e Càalpe, le celebri Colonne d’Ercole. Un limite per l’Uomo. Ma anche un confine da sfidare e da varcare.

La simbologia di Ercole è fortemente presente nel Tempio. I segni zodiacali, ripercorrono le sue fatiche iniziatiche. E le colonne sacre sembrano porsi come monito e confine, per avvisarci e renderci coscienti delle trasformazioni irreversibili che subiremo oltrepassandole.

Eppure sono state più volte oltrepassate. E più volte spostate. Ogniqualvolta che l’Uomo si è sentito pronto per varcarne la soglia senza naufragare, le sue conoscenze si sono ampliate ed il suo confine esistenziale si è spostato. E nuove colonne sono state poste di fronte al suo cammino.

Nella più remota antichità le Colonne d’Ercole erano probabilmente poste nel Canale di Sicilia, in quella che allora era la cortina di ferro fra Mondo Greco e Mondo Fenicio. Poi con l’espandersi del primo ed il tramonto del secondo, il mito (e soprattutto il cartografo alessandrino Eratostene nel secondo secolo a.C.)

aggiornò la sua geografia e pose il nuovo limite dell’Uomo alle porte dell’Oceano Atlantico, laddove ancora se ne conserva il ricordo ancestrale, a Gibilterra.

Ed ecco Ulisse, Erik il Rosso, probabilmente le Flotte templari prima ancora di Colombo, ecco l’Uomo pronto a raccogliere la nuova sfida, pronto a mettersi totalmente in gioco, a morire e rinascere Uomo Nuovo per varcare il nuovo limite.

In tempi più vicini a noi, le Colonne d’Ercole sono state nuovamente spostate, questa volta probabilmente fra le stelle. Ed è significativo il fatto che a raggiungerle ed oltrepassarle di nuovo, abbiano contribuito tanti Fratelli impegnati nei progetti spaziali (come non intravedere tale presenza nella scelta simbolica dei nomi delle varie serie di veicoli per la conquista del Cosmo: Mercury, Gemini, Apollo, sinonimi della Sapienza, della Fratellanza, e del dio della Luce e della Verità; la capsula di Alan Shepard si chiamò “Libertà”, quella di Gus Grisson “Statua della Libertà”, quella di John Gleen “Amicizia”, quella di Gordon Cooper “Fede”; erano tutti fratelli, come lo erano Neil Armstrong e Edwin Aldrin, i primi astronauti ad aver posato il piede sul suolo lunale, “un piccolo passo per l’Uomo, un grande passo per l’Umanità”).

Ecco dunque le Colonne d’Ercole, come le Colonne del Tempio, potrebbero essere un confine mobile, una porta dimensionale attraverso cui l’Uomo attraversa diversi stadi evolutivi (come nell’Officina l’iniziato si evolve da apprendista in compagno, da compagno in maestro).

Più propriamente tali Colonne potrebbero essere dei catalizzatori dell’evoluzione. Come gli obelischi egiziani. Come gli inquietanti monoliti dell’opera di Arthur C.Clarke: sentinelle e segnali dei gradi di evoluzione raggiunti dall’uomo, ed al tempo stesso “strumenti” di passaggio ad ulteriori stati di conoscenza (“Odissea nello Spazio”).

Lo stesso Massone è per sua natura un catalizzatore di cambiamento. Egli per primo l’ha subito, trasformandosi in un essere che non appartiene più a se stesso. Egli è diventato a tutti gli effetti un Operaio della trasmutazione universale del male in bene, un Artigiano illuminato del Progresso, un costruttore in grado di contribuire al piano del G.A.D.U. (O. Wirth)

Ma per quanti spostamenti subiscano le Colonne della conoscenza, anche ad opera dell’incessante esplorazione iniziatica portata avanti dagli stessi Liberi Muratori, il mistero è destinato a persistere. Nonostante tutti gli sforzi compiuti per svelarlo, il suo dominio si allarga ed arretra, a mano a mano che si avanza per scoprirlo (id.). Per questo è tanto difficile “comunicare” all’esterno la reale identità e l’essenza della Massoneria. Sappiamo che la Luce non è negata a nessun uomo, ma al tempo stesso può essere concessa solo a pochi, solo a chi la cerca veramente, ed è disposto a sopportare dure fatiche per conquistarla. Eppure c’è da chiedersi se chi si è posto a custode della Luce stessa, abbia realmente la volontà di diffonderla a tutti gli uomini.

Talvolta sembra che il Massone sia destinato a girare per il mondo con la tenue fiamma di una candela, e che per evitare che venga spenta da qualsiasi flebile vento, la debba proteggere tenendola sempre avvolta nel palmo della propria mano. In questo modo, però, la Luce di quella fiammella rimarrà sempre circoscritta, e saranno pochi a scorgerne il bagliore.

Così anche le più intime e fondanti Verità dell’essere umano e della sua trascendenza divina, da sempre, hanno dovuto essere difese da un velo protettivo per evitare contaminazioni della loro purezza. E questa protezione, da sempre, è stata offerta dai Simboli, “verità velate” per eccellenza.

La Massoneria è maestra nell’uso dei Simboli. Così come, con un faticoso e lungo apprendistato, essa rende i suoi membri abili nell’uso degli strumenti necessari per il lavoro nell’Officina e per costruire una società più giusta e fraterna.

Eppure la stessa Massoneria appare frastornata di fronte agli strumenti della Comunicazione di Massa (i mass media), quasi incapace di servirsene e di utilizzarli.

La Loggia possiede indubbiamente tutti gli strumenti per perfezionare l’individuo e la società, ma sembra che nessuno di essi sia adeguato per “comunicare” al proprio esterno, nel mondo moderno.

Anzi, sembra accrescersi nel tempo, una per altro giustificata diffidenza. Soprattutto verso alcuni rischi di degenerazione che l’esasperazione di talune tecnologie potrebbe arrecare sia nella sfera individuale che in quella sociale dell’uomo.

Questo soprattutto perché la Comunicazione, con i propri strumenti, sta creando sempre più alacremente un “suo” mondo particolare, un Mondo Virtuale, che sta acquistando sempre più spazio e potere, sottraendolo al Mondo Reale. E molti, fra gli iniziati ed anche fra gli studiosi profani più avveduti, cominciano ad avvertire il pericolo che questo dualismo possa prima o poi spezzare la catena dei reali rapporti umani.

 La tendenza evolutiva più comune e condivisa fra tutti i generi della comunicazione moderna (stampa, televisione, internet, ecc.) è infatti quella di proiettarsi verso metodologie on demand, ovvero verso mezzi e contenuti destinati ad un uso il più possibile “personalizzato” ed “individuale”.

Sembra stia inesorabilmente finendo il tempo in cui tutta la famiglia si riuniva di fronte allo stesso televisore, od il tempo ancora più lontano quando nei bar, nei circoli, od anche semplicemente dai barbieri, i giornali venivano letti e commentati tutti insieme fra i clienti e gli avventori …

D’altro canto, una volta, si doveva scegliere fra uno, al massimo due canali.

Oggi, nel più comune televisore domestico, si ricevono normalmente 30-40 canali terrestri, e circa 400 canali satellitari.

Presto (in Italia a partire dal 2006, al massimo, con le solite proroghe, nel 2008-2010) assisteremo al rivoluzionario avvento della cosiddetta TV “Digitale Terrestre”… Il che significa che le 40 frequenze “analogiche” ricevute attualmente dalle normali antenne terrestri (della nostra zona), si moltiplicheranno almeno per 4 volte: ogni televisore sarà infatti in grado di ricevere 4 nuovi canali digitali per ciascuna frequenza del vecchio sistema analogico. La qualcosa significherà ricevere almeno 160 diversi palinsesti (da altrettante TV locali e nazionali).

Di fronte ad una scelta così vasta di opzioni, le emittenti ed i produttori di programmi televisivi dovranno affrontare un dilemma sostanziale: come farsi “scegliere” e “riconoscere” fra tanti canali (un problema esiziale anche per gli investimenti pubblicitari).

E’ probabile che solo le emittenti che già ora sono più conosciute e ricercate (le reti RAI o quelle Mediaset, la 7, o le più grosse ed importanti televisioni locali) potranno mantenere un assetto generalista.

Quasi certamente tutte le altre saranno costrette ad assumere connotati più specialistici: prolifereranno così i cosiddetti “canali tematici”, ovvero il canale dei cacciatori, quello dello sport, quello dei viaggi, il canale della cucina, il canale dedicato ai documentari, quello dedicato agli animali, e così via …

Il televisore di casa assomiglierà pertanto sempre di più ad un’edicola: dove accanto a non più di una decina di quotidiani generalisti, vi sono centinaia, forse migliaia, di riviste specializzate (moda, armi, antiquariato, giardinaggio, ecc. ecc.).

A questo punto l’ascolto televisivo sarà ancora più “spezzettato” ed “individualizzato”, per la gioia dei pubblicitari che potranno “mirare” con una precisione mai conosciuta prima i propri target di specifici consumatori.

Ad ogni telespettatore la “sua” televisione su misura? Ad ogni prodotto e ad ogni pubblicitario il “suo” telespettatore preferito? Tutti felici e contenti? Forse sì, ma solo fino ad un certo punto, perché dietro a tutto ciò si cela una grossa incognita di tipo sociale …

E’ innegabile infatti che già ora la televisione ed internet ci stanno chiudendo sempre di più nelle nostre case, come spettatori solitari di un flusso continuo di immagini e suoni, che paradossalmente ci mantengono legati (solo virtualmente, però) a tutto il resto del mondo.

Ed all’interno delle stesse case, si compie un’ulteriore fase di isolamento: non si guarda più la televisione nella stessa stanza, ma ciascuno dei familiari tende a crearsi un proprio “spazio” riservato di visione, in singole stanze, davanti a singoli televisori (è sempre più raro che moglie e marito guardino lo stesso programma insieme ai loro figli).

Robert Putnam parla addirittura di “solitudine elettronica”, di “demos indebolito” da troppa realtà virtuale e televisiva.

 Gli studi di questo scienziato americano evidenziano infatti una preoccupante e crescente “perdita di comunità”, una continua erosione di “capitale sociale”, ovvero un inesorabile allentamento dei legami di vicinato e dei vincoli di collettività.

Il sociologo Giovanni Sartori osserva infatti che la televisione ed internet stanno creando una “folla solitaria” anche fra le pareti domestiche.

Le relazioni umane sono sempre più “catodiche” e “digitali”; non hanno più calore, sapore, non hanno più odore.

Anche il rito collettivo di assistere ad uno spettacolo cinematografico è destinato a subire profonde trasformazioni, con l’avvento della TV digitale.

Attraverso i decoder digitali che ogni televisore dovrà presto possedere (forse ci sarà una colossale rottamazione di tutti i vecchi modelli) sarà infatti possibile compiere un’altra sostanziale rivoluzione: la convergenza fra la televisione ed internet, e la totale “interattività” del sistema.

Questo significherà che i telespettatori del prossimo (IMMINENTE) futuro potranno richiedere uno specifico programma quando e come vorranno. Potranno anche “scaricare” film in DVD direttamente da internet, e “goderseli” (?) sul grande schermo al plasma appeso, come un quadro, ad una parete del salotto, con tutti gli effetti sonori dell’home theatre (lo standard “casalingo” del sistema di amplificazione con effetto dolby sorround del sonoro delle sale cinematografiche)

Per ora si avverte un solo limite tecnico: la durata. Quella dei film digitali domestici dovrà essere ridotta (da un’ora e mezza, a circa 40-45 minuti). Mentre le sale collettive (quelle degli attuali cinematografi) saranno riservate agli “eventi speciali”, ovvero ai film di durata tradizionale.

Probabilmente di ogni film si faranno due o più versioni: una ridotta per l’uso domestico, un’altra con scene aggiuntive per la visione nei cinematografi tradizionali (che comunque subiranno anch’essi trasformazioni tecnologiche: spariranno le tradizionali “pizze” di pellicola, sostituite da megabites digitali distribuiti tramite il satellite).

C’è di più: i film ad uso domestico potranno prestarsi ad una fruizione interattiva; potranno avere cioè più finali, o trame modificabili dallo stesso telespettatore.

A questo punto quale sarà il “vero” film? Quale sarà il vero significato dell’opera d’arte cinematografica?

Quello che potrà dargli qualsiasi telespettatore modificandone scene e sequenze a suo piacimento, o quello che aveva pensato il regista?

La cinematografia sembra così destinata ad assomigliare sempre di più ad un videogioco, dove lo spettato re giocatore può seguire diversi percorsi e disegnare trame diverse.

E’ una rivoluzione già in atto da tempo. Molti avranno infatti notato che le “trame” dei film hollywoodiani si stanno sempre più elementarizzando; molti avranno notato che gli effetti speciali digitali stanno assumendo un’importanza sempre più rilevante.

Questo proprio perché il mercato si sta rivolgendo prevalentemente proprio al pubblico dei videogames: il pubblico degli adolescenti, che altro non sono che i telespettatori-consumatori di domani …  Per addomesticare in questo modo la realtà, per cambiare la trama ed i comportamenti di un attore, bisogna però disporre di una tecnologia che permette di modificare movimenti, espressioni, frasi, ecc.  Ecco dunque comparire sulla scena gli ATTORI DIGITALI: attori che non esistono, interamente disegnati al computer, più realistici di un attore in carne ed ossa, ai quali, comunque, il computer può far compiere qualsiasi azione.

Ecco dunque ricreato in chiave moderna il GOLEM cabalistico.

 Tutta questa ambiguità fra reale e virtuale – nella fiction – sarebbe di per sé ancora accettabile, senza grossi problemi culturali.

Il vero problema è che questa nuova frontiera tecnologica pone grossi interrogativi etici soprattutto per quanto riguarda la percezione stessa della realtà nell’informazione.

L’immagine televisiva od una fotografia, non possono e non potranno più essere considerate prove irrefutabili della realtà. Perché anche un’intervista o le immagini di un telegiornale, già oggi con le più aggiornate tecnologie di broadcasting professionale, possono essere facilmente e verosimilmente alterate in mille modi.

Perfino gli avvenimenti sportivi in diretta rischiano di subire un processo di alterazione ed estraniamento dalla realtà: c’è infatti già ora chi studia di trasformare le telecronache dei Gran Premi di Formula Uno in una specie di videogioco, nel quale il telespettatore può inserirsi con una propria vettura virtuale nella gara vera e propria …

A questo punto, dunque, cambierà profondamente anche l’etica e la percezione dell’informazione e della realtà nei mass media.

Un problema già aperto oggi, prima del definitivo ingresso della società nell’ipersfera della realtà virtuale, dal momento che un giovane, grazie alla televisione (cartoni animati, telefilm, ecc.), prima di aver terminato le scuole elementari, assiste in media a ben 8mila omicidi ed a 100mila atti di violenza (come è riportato, nella raccolta di saggi “Cattiva Maestra Televisione” di Karl Popper, John Condry e Charles S. Clark).

Può quindi non stupire il fatto che il medesimo bambino non rimanga poi impressionato più di tanto quando la morte e la sofferenza, quelle “vere” e drammatiche di esseri umani reali, affiorano crudamente nelle immagini di qualche Telegiornale.

Per quel bambino è quasi impossibile percepire la differenza fra realtà e finzione del Dolore (sempre più spesso accanitamente evidenziato come elemento spettacolarizzante della stessa informazione televisiva, costretta anch’essa a sottomettersi alle ciniche leggi dell’audience – cfr. Luc Boltanski “Lo spettacolo del dolore. Morale umanitaria, media e politica” – Cortina Editore).

L’aderenza alla realtà fisica dei fatti e delle persone rischia di diventare sempre meno rilevante.

Inoltre la moltiplicazione dei canali, delle fonti, delle versioni e delle manipolazioni, rischia anche di creare una sorta di bulimia informativa, alla quale probabilmente potrà essere posto riparo solamente con una nuova cultura esercitata soprattutto a distinguere la finzione dalla realtà.

Una cultura calata nell’Umano. Una cultura che preservi i valori di una vita degna di essere vissuta, e non soltanto “guardata” o “riprodotta” in una sfera di esistenze edonistiche e virtuali, in cui la finzione (o “fiction” come si dice oggi nel gergo dei media) possa appagare ogni esigenza o lenire ogni insoddisfazione.

Nel Tarocco, la carta dell’Innamorato, sembra rappresentare proprio questa scelta morale. In essa, l’Iniziato compare fra due donne che sembrano disputarsi il suo cuore. Un’allegoria che richiama il mito e le colonne d’Ercole che avevamo citato all’inizio. Ad Ercole infatti, quando ebbe finito il suo apprendistato, si presentarono due magnifiche donne, la Virtù ed il Piacere, la prima promettendogli di farlo trionfare in tutte le prove della vita, l’altra di risparmiargli la pena di lottare. Il figlio di Alcmena non esitò, rifiutò di abbandonarsi senza gloria alle dolcezze, e scelse un vita di incessante e penoso lavoro a profitto dell’umanità (O.W.)

Ed è la scelta che compie ogni Fratello, ogniqualvolta accede al tempio passando fra la colonna dorica e ionica, che gli ricordano appunto l’essenza del proprio impegno di un incessante lavoro di perfezionamento, per difendere se stesso e gli altri dalle insidie di vane adulazioni materiali.

La saggezza della Libera Muratoria è stata in questo senso alquanto preveggente, dotando i fratelli di un’arma di difesa, la Spada, che trasformandosi nel Tempio da lama rigida in lama ondulata, fiammeggiante, acquista la caratteristica di un’arma vivente, simbolo dell’irraggiamento del Verbo massonico, considerato nel suo ruolo di protettore e custode del carattere peculiare della Libera Muratoria.

In magia la punta della spada tiene lontano le larve e dissolve le coagulazioni fluidifiche dei fantasmi.

E per chi non è schiavo della Lettera Morta, ciò significa che la Ragione che vigila non può essere ingannata dai miraggi dell’immaginazione (O.W.)

Particolarmente significativa, in questo contesto, la similitudine simbolica fra la spada e l’antenna ricevente di un moderno mass media. Come se la saggezza del Tempio volesse sottolineare l’esigenza di “difendersi” e “filtrare” tutto ciò che viene captato dall’etere mediatico, i cui segnali devono appunto essere intercettati dalla spada, e tramite la mano sinistra che l’impugna (parte difensiva-passiva) essere veicolati alla mente illuminata che dovrà vagliarli, e quindi scorrere nella mano destra (parte delle azioni attive) per riedificare il mondo reale, rigenerare l’amalgama dell’umanità, alzare steccati fra il Vero ed il Falso, con gli strumenti muratori che gli sono propri (in particolare il maglietto e la cazzuola).

Una preveggenza che viene da lontano. Già nel 1775 un piccolo trattato intitolato “La Grande Opera svelata a favore dei Figli della Luce“, sembrava prevedere il contrasto moderno fra Reale e Virtuale, e vi si leggeva:”La vita è troppo corta per gli uomini che pensano. E’ troppo lunga per quelli che non pensano. Il tempo passa rapidamente quando si è occupati, lentamente quando non si fa nulla. La vita consiste unicamente nell’azione. Senza l’azione la vita non differisce in nulla dalla morte. Vivere oziosi non è vivere, è vegetare. Non occuparsi che di sé, è vivere a metà. Interessarsi del benessere universale degli uomini ed agire di conseguenza, è veramente vivere e sentire che si vive“.

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