IL VIANDANTE

Il viandante

  (Massimo Corti)

          La metafora del Viandante Massone, sviluppata con ineguagliabile profondità dal Fratello poco fa,  impone a noi tutti la domanda di un “quo vadis?” a cui facile non è dare istantanea, certa e immediata risposta.  Eppure come massoni dobbiamo necessariamente individuare la nostra rotta, aver chiaro il nostro Egitto e il nostro mar Rosso da attraversare e arrivare così a soddisfacenti e appaganti risultati.

           Montaigne diceva: “ A chi mi domanda ragione dei miei viaggi, solitamente rispondo che so bene quel che fuggo, ma non quel che cerco”. Noi uomini Massoni invece, con il cammino iniziatico occorre aver chiaro anche ciò che cerchiamo, la meta che vogliamo raggiungere, indipendentemente se riusciamo in questa atavica e titanica impresa.

           E ciò deve essere fatto con determinazione e con umiltà: la determinazione di colui che vuole raggiungere la meta, l’umiltà di colui  che è cosciente dei suoi limiti eppure è assetato di  sapere e di saggezza.

           In questa ricerca non bisogna temere di sconfinare nell’utopia, visto che il viaggio comporta di per sé l’attraversamento dei limiti attraverso cui si esce dalla realtà come per penetrare in una realtà inesplorata che sembra appunto sogno.

           Ma non viviamo forse un tempo che richiede anche utopie?  L’utopia massonica con il requisito della libertà non merita forse di essere conosciuta  e trascritta?

           Deve essere il nostro un cammino ben organizzato e impostato su solidi principi, lento ma costante. “ quando si viaggia troppo in fretta, si prendono gli abusi per le leggi del paese” diceva Voltaire.

           Per edificare templi non esistono quindi scorciatoie, si potrebbe rischiare di far franare l’intera parete, anche quella del FrT libero muratore che lavora di fianco a noi.

           Quindi umiltà e determinazione sono inscindibili nel nostro metodo di ricerca. Quanto è diversa la ricerca del successo profano dalla ricerca del successo interiore e massonico. Più  spesso la prima spinge a calpestare il vicino che uomo non è: è un concorrente, un avversario, un ostacolo. Il raggiungimento invece, degli ideali massonici presuppone di essere dotati di virtù, di saggezza, di equilibrio, essere permeati di senso di giustizia, di solidarietà, di fratellanza.

           Ritengo che il viandante massone abbia, primo fra tutti, un dovere ineluttabile: quello della conoscenza e della costruzione di se stessi, unito alla ricerca del vero e del giusto. La conoscenza di se stessi è una attività sempre in divenire e né mai può fermarsi e ritenersi definita. La costruzione del tempio interiore presuppone attivismo iniziatico, un camminare di buona lena, un uso di buoni materiali e soprattutto la necessità di un progetto.

           La Massoneria, per questo viaggio interiore, non indica verità, ma incoraggia l’individuo a percorrere una strada tutta sua, per raggiungerla.  Il nostro è un cammino “personale” e iniziatico che si rifà al  “conosci te stesso” dell’oracolo greco, e all’aforisma agostiniano: “E gli uomini vanno a mirare le altezze dei monti e i grossi  flutti del mare e le larghe correnti de’ fiumi e la distesa dell’oceano e i giri delle stelle; e abbandonano se stessi”.

           Ciò però non basta! Occorre anche vivere il nostro presente in un sano equilibrio tra tradizione ed innovazione. Anzi, proprio in questi periodi di grandi trasformazioni economiche, sociali, politiche, la Massoneria  può e deve puntare al nuovo come fece alla fine del ‘700.  In questo senso, nel senso cioè di una mai appagata sete di conoscere e di sapere, in un clima che sa guardare avanti,  il Massone è sempre come ieri, un rivoluzionario, un uomo libero che deve puntare al nuovo e al cambiamento.


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