PIETRE LEVIGATE 2° parte

PIETRE LEVIGATE (seconda parte)

di Luciano  Rossi

Un uomo si imbatte in una tigre. Fugge. La tigre lo insegue. Giunto ad un dirupo l’uomo scende affannato lungo la parete del precipizio, poi si afferra ad un rampicante e resta sospeso nel vuoto. La tigre lo fiuta dall’alto. Terrorizzato, l’uomo guarda in basso: sotto di lui è comparsa un’altra tigre pronta a divorarlo.

L’uomo vede accanto a sé un bella pianta di fragole. Tenendosi al rampicante con una mano, con l’altra coglie le fragole. Le guarda intensamente… e poi le assapora. Come sono buone

Parabola Zen

.

E reale tutto ciò che produce effetti reali, tutto ciò che modifica la realtà preesistente. Dunque anche un’idea, un pensiero, persino un’illusione

[se muteranno il mio comportamento]

possono essere [considerati] reali

Roberto Assagioli

La mappa non è îl territorio

  1. Korzybski

Uno dei principali obbiettivi massonici è quello di “conoscere se stessi”. Ma cosa significa più precisamente per noi “conoscere”, in questo caso? Cosa dobbiamo “conoscere” di noi stessi? Cosa dobbiamo cercare? E, a seconda di quel che cerchiamo, quali tecniche usare per raggiungere il risultato? Accanto al conoscere è ricordare di Platone… al conoscere è giudicare di Kant, … al conoscere è sognare di Bion, io posi tempo fa, in una sede che ho ricordato nella prima parte di questo articolo, volendo rispondere a questa domanda, un mio teorema che dice: conoscere è costruire. In quella prima parte feci però un altro piccolo passo, passando dal teorema generale “conoscere è costruire” al suo corollatio massonico “conoscere è levigare”. Quelli che avevo cercato in quella sede di esporre, sul piano teorico, erano alcuni meccanismi che sovrintendono, anche se probabilmente non da soli, alla trasformazione degli stati di coscienza.

A questi meccanismi io sto dedicando di Luciano Rossi da tempo molto spazio iniziatico (ossia del tutto esperienziale) e, accanto ad esso, un consistente investimento intellettuale: lo faccio perché i miei studi teorici e le mie esperienze meditative mi fanno ritenere, ogni giorni di più che levigare la pietra consiste soprattutto nel trasformare il nostro stata naturale, profano, di coscienza. Ora, in questa seconda parte, vorrei riprendere l’argomento e, con esso, dare più spazio alla pratica vera  propria, senza giungere tuttavia a quei dettagli immediatamente operativi della levigatura che potrebbero interessare solo coloro che sono pronti a intraprendere sin da ora un percorso meditativo vero e proprio. I massoni infatti possono, in via elettiva, modificare, proprio attraverso la meditazione, i loro stati ordinari, o grezzi, di coscienza.

Nella prima parte dicevo, lo ripeto brevemente, che levigare la pietra consiste principalmente nel togliere da sé alcune introiezioni (pregiudizi e condizionamenti) e rimettere dentro di sé tutte le proiezioni in atto (metalli),ossia tutte le caratteristiche nostre che abbiamo finora erroneamente attribuito ad altri e terminavo dicendo presso a poco che … ‘“’come è per la statua, così è anche per noi; anche noi abbiamo scorie e pregiudizi da togliere, così come abbiamo metalli da riconoscere ed accettare, metalli o difetti che non sono altrui, ma solo nostri”.

E se non tutti i metalli sono proiezioni è però vero che tutte le proiezioni sono metalli, … metalli che vanno ritirati, recuperati e riconvertiti, … non buttati. Il ritiro delle proiezioni, ossia dei metalli, è importante perché anche un metallo (quadrato nero del pavimento), come ogni altro nostro elemento, è una ricchezza e quindi non dobbiamo lasciarlo fuori di noi; una ricchezza che diventa disponibile se sappiamo consapevolmente … vederla, accettarla e riconvertirla.

Ma per essere chiaro, faccio un esempio. Supponiamo che durante la mia meditazione io incontri uno di quelli che la meditazione buddista chiama “i cinque grandi impedimenti”: ad esempio la rabbia. Suppongo di provare rabbia, che so, … verso il mio maestro di meditazione.

In tal caso che cosa accade? Accade precisamente che, quando sono assalito dalla rabbia, la mia mente non è più sgombra e attenta all’oggetto di meditazione: smetto per esempio di essere consapevole del mio respiro (se questo era l’oggetto di meditazione prescelto) e la mia

mente, anziché essere abitata da un respiro silenzioso, è completamente invasa da sentimenti di rabbia: anzi sono già alcuni minuti che io sono attraversato da questa emozione e nemmeno me ne sono accorto. Poi, finalmente. Mi avvedo che c’è stata una mancanza di continuità, un’interruzione dell’attenzione. Sono stupito di essere passato, già da tempo, da un pensiero all’altro senza essermene minimamente accorto. Da quanti minuti mi sono distratto? Da quanti minuti la mia mente è invasa da questa rabbia imprevista verso il mio istruttore?

Da quanti minuti ho cominciato a che è pensare un maestro incapace e senza comunicativa, un uomo freddo e distante che seminale sue istruzioni di sciocchezze pseudoscientifiche? L’ira ha interrotto la mia tranquilla attenzione al respiro, che avevo programmato (ahi me illuso!) di mantenere per un certo tempo, e sono stato travolto dall’irritazione; anzi, sono diventato V’irritazione stessa, mi sono identificato con l’irritazione, perdendo con ciò ogni consapevolezza, ogni distanza, ogni capacità di osservazione serena. Mail passato è passato: devo pensare solo a cosa posso fare ora e chiedermi: “Ora che sono di nuovo consapevole, cosa posso fare’?”°. Posso fare questo: ritenermi fortunato che la meditazione si sia impigliata proprio in quel sentimento, finora silenzioso, di irritazione che covava a mia insaputa sotto le ceneri e che in tal modo si è fatto spazio verso la superficie ed è diventato virulento e così ben leggibile. Posso ritenermi fortunato perché ora posso semplicemente approfittarne di ciò che è emerso per svolgere un compito imprevisto, ma liberatorio: quello di osservare tranquillamente

questo “metallo”, di accettarlo come mio e poi prenderne le distanze. Devo comprendere che io non sono l’irritazione, bensì ho ora quella Specifica irritazione. L’irritazione non è la mia mente, bensì un contenuto attuale, o magari anche abituale, della mia mente. L’irritazione è un mio compagno di viaggio, non è “me stesso”. E un contenuto impermanente, che entra ed esce, che sorge e si dissolve. Inoltre mi devo chiedere un’altra cosa, non è forse proba- bile che io stia ora proiettando la mia incapacità su un altra personae che svaluti lui per non sva- lutare me, per difendermi dall’angoscia di riconoscermi

inadeguato?

Se così è, sono irato in verità solo contro me stesso. Dunque, a questo punto, onestà, salute mentale e status massonico vogliono che io ri- tiri dal maestro la mia incapacità e me la riprenda. E con essa mi riprenda anche tutta la rabbia che vi era connessa, legata; operazione conveniente, questa, dal momento che si tratta di riprendermi un’energia potente che, essendo appunto “legata”, non era più disponibile e utilizzabile per la creatività. Se divento consapevole di questo metallo “vile”, smetto di identificarmi con lui e di agirlo con fatica inutile e inconsapevole.

E posso anche trasformare alchemicamente questo metallo in oro. Se accerto di essere incapace e rabbioso (e mi perdono per questi due difetti), allora la mia energia libera cresce e io posso riprendere il mio cammino con rinnovato vigore, anziché rimanere legato ad un risentimento che mi tiene fermo ad un evento del passato.

Dunque il processo da compiere è: vedere, accettare (o integrare) e convertire. Cominciamo dal vedere. Come si fa a vedere?

I frammenti grezzi, i metalli, i pregiudizi, i condizionamenti sono pensieri o emozioni che vengono sentiti o visti facilmente solo quando si crea in noi un particolare silenzio mentale. Provare per credere. Certo, occorre essere istruiti su come creare questo silenzio. Ma per fortuna esistono tecniche precise per farlo, alcune segrete che si apprendono solo pervia iniziatica, altre che raccontano maggiormente e più liberamente di sé. Quando creiamo in noi questo silenzio il limite della coscienza si abbassa e allora possiamo “vedere” (o diventare coscienti di) cosa c’è più giù, negli strati sottostanti della nostra psiche. Alcune parti, prima inconsce, diventano in tal modo coscienti e non perché sono salite alla coscienza, come si dice in psicoanalisi, ma perché la soglia della coscienza è discesa (ubbidendo al comando [Scendi e] Visita l’interno della terra) e abbiamo potute vedere quelle parti grezze in basso là dove esse stanno. Questa prima fase è quella della consapevolezza o della presenza a sé stessi, Dopo aver visto la scaglia grezza, sia che essa rappresenti una proiezione o una introiezione, non dobbiamo però, per rimuoverla, usare in modo inesperto uno scalpello qualsiasi, bensì lasciare che un particolare scalpello mentale osservi il frammento, lo consideri e ne decida il destino. Per far questo, tale scalpello deve dapprima “annotare” la scaglia grezza e accettarla; poi riconvertirla o lasciarla svanire .. e decidere per il perdono di sé o dell’altro, a seconda di che frammento si tratti.

La pietra levigata allora è per noi in questo contesto la mente tersa, e non i suoi contenuti non permanenti; è la mente tersa che viene trovata

(invenies) col lavoro meditativo, dopo che i contenuti della mente individuati, sia pregiudizi che metalli, sono stati riconosciuti come ospiti non permanenti e non più come il nostro sé. Abbiamo così completamente ottemperato al comandamento VITRIOL. Non solo abbiamo visitato l’interno, ma, dopo averla pulita dai contenuti che la offuscavano, abbiamo anche trovato e visto la nostra mente nascosta.

La nostra mente nascosta è la pietra occulta. Per «trovarla si doveva andare oltre i pensieri rumorosi e le emozioni tumultuose della coscienza grezza.

Dobbiamo dunque creare il silenzio in noi stessi con la esperienza della meditazione, anzi con la pratica di una opportuna meditazione; dobbiamo farlo per ascoltare i pensieri sottili, i messaggi appena sussurrati, per osservare i frammenti grezzi così come si manifesteranno e lasciarli svanire nel perdono. Nella pratica massonica più comune la meditazione sulla pietra grezza e sui metalli è quasi sempre, esclusivamente, una riflessione intellettuale e non anche esperienziale come dovrebbe essere: del resto, quando ci accingiamo a fare questa esperienza, spesso non sappiamo come fare. Meditare dunque … qui non significa riflettere, ma sentire nella carne. La riflessione intellettuale non può, da sola, raggiungere una parola che si è fatta carne ed abita nel nostro corpo. Per raggiungere la carne occorre una meditazione di carne. Tutti noi, per esempio, ricordiamo come nel Gabinetto di riflessione, quella prima indimenticabile sera, non abbiamo riflettuto in modo speculativo, ma abbiamo provato una forte emozione. Giustamente questo luogo viene talora chiamato anche Gabinetto di Meditazione ed è con grande sapienza che la tradizione iniziatica ne ha perpetuato l’uso. Occorre tuttavia precisare che, per essere veramente tale, la meditazione deve accompagnarsi ad una consapevolezza che immagino possa spesso mancare nel Gabinetto di meditazione. Non siamo, purtroppo, molto abituati alla consapevolezza, abitudine che può nascere solo da una severa ed allenata disciplina interiore. E poiché non ci siamo abituati, la consapevolezza può apparirci una sorta di magia capace di creare in noi un’insolita esperienza, di produrre in noi, in modo apparentemente prodigioso, uno stato, una condizione, un prodotto improbabili, e che può farlo senza che i suoi artifici siano particolarmente visibili e perciò comprensibili. Rendendoci del tutto presenti alle fragole, la consapevolezza può farci dimenticare le tigri. Si tratta dunque di uno strumento magico e potente.

La nostra curiosità sta crescendo e si chiede con sempre maggiore insistenza: “Quale è questa magia che può far dimenticare due tigri affamate? E quale magia dello stesso tipo potrebbe possedere la Massoneria? … Quale magia, capace di trasformare gli uomini nel

Gabinetto di meditazione con il suo metodo, se davvero applicato? Inoltre, tale magia trasformativa ha un metodo preciso? E, se sì, tale metodo può essere appreso?”

Credo che la risposta a tutte queste domande sia in ogni caso affermativa e che il metodo di questa magia possa essere rivelato dalla frase di Leonardo da Vinci messa in epigrafe alla prima parte di questo lavoro: L’architettura lavora per via di porre; la scultura per via di torre.

Togliere e mettere; ossia, in altre parole, proiettare e introiettare, cancellare e generalizzare. Per operare questo cambiamento di stato di

coscienza, e dunque anche per levigare la pietra, dobbiamo compiere sempre due operazioni fondamentali: da un lato togliamo allo stato profano di partenza le caratteristiche grezze, che non devono essere presenti nel modello ideale levigato, e dall’altro enfatizziamo quelle caratteristiche levigate già presenti che ci interessa

mantenere. L’operazione di mettere consiste in una sottolineatura, in un potenziamento degli clementi richiesti, o in una loro generalizzazione, come preferisce dire la PNL (Programmazione Neuro-Linguistica). L’operazione di togliere consiste nella eliminazione di caratteristiche non utili al nostro progetto o disturbanti.

Nel caso in cui un uomo decida “da grande” (specificamente da massone) di levigare la sua pietra, deve avvenire in lui, ora, per la seconda volta, tutta una serie di operazioni. Una serie di operazioni uguali e contrarie ad altre già avvenute in passato. La prima fase, quella già avvenuta in passato, talvolta ripetutamente, consiste in un condizionamento naturale alla intolleranza e al pregiudizio che hanno formato le incrostazioni che rendono grezza la pietra. La seconda consiste in un decondizionamento e un ricondizionamento “terapeutici”, voluti dalla coscienza dell’adulto e, questa volta, per scopi

consapevoli e buoni. Entrambi i condizionamenti sono delle magie ed è merito del secondo mago aver saputo intuire, scoprire, le arti del primo e imparare a riprodurle … identiche e invertite. Nella prima fase il mago è la vita stessa, la storia personale dell’individuo, che ha agito sul soggetto, ipnotizzandolo, condizionandolo. Nella seconda fase, ad operare la magia è la sapienza cosciente dello stesso soggetto che era stato vittima del primo malaugurato condizionamento”. Come avviene in pratica tutto ciò?

Cercherò di descrivere come avvenga tale seconda condizionamento. di descrivere come si trasformi una configurazione psichica indesiderata

in una favorevole, una configurazione grezza in una levigata. Noi viviamo il nostro presente con la mente purtroppo piena di riflessioni in cessanti rivolte a organizzare le difese contro l’angoscia, sentimento

che nasce per lo più o dalla paura del futuro o dalla rabbia e dal dolore del passato (sappiamo che anche l’intolleranza e il pregiudizio nascono dalla paura). Noi possiamo oggi imparare ad uscire da tali stati di coscienza ordinari rendendoli inattuali, distraendoci, e attualizzando

altri stati di coscienza ora inattuali.

Come nella parabola zen dell’uomo appeso all’arbusto, impariamo a distrarci dallo stato di pensiero angoscioso (paura delle tigri) notando

e gustando le fragole, concentrandoci sulle fragole e rendendo inattuali le tigri. Vivere la bellezza della pianta di fragole. quando questa ci si presenta, dovrebbe essere il normale, ordinario stato di coscienza. Invece non lo è. In molte occasioni esso viene totalmente relegato nelle

zone inattuali della mente. La paura del dispiacere attrae tutta la nostra attenzione e la distoglie dalle piacevoli sensazioni che, attualizzate, potrebbero accompagnare più spesso, per non dire sempre, la nostra vita. Dovrebbe esser naturale percepire le sensazioni

attuali e probabilmente per gli animali lo è: ma per le nostre menti evolute e specializzate è diventata invece abituale l’elaborazione continua dei piani di difesa contro il nemico.

Questo nemico è rappresentato dall’insieme dei sentimenti spiacevoli che provengono dal passato e dal futuro (paura, rabbia, dolore, vergogna, delusione, ecc.); è diventato quindi naturale per noi vivere nel passato (tigre che sta dietro  o nel futuro (tigre che sta davanti). Così che percepire le sensazioni del presente (sapore delle fragole) diventa meta di un progetto non facile e di un processo lungo  e paziente che, per realizzarsi, deve mutare il naturale flusso dei pensieri. Percepire le sensazioni dunque, anziché essere un evento del tutto naturale, è un’operazione forzata, inusuale, che dobbiamo ottenere con artifici, destrutturando la coscienza attuale che ha contenuti di solo pensiero o sentimento e strutturando un nuovo stato di coscienza fatto di sensazioni piacevoli e focalizzate.

Per fortuna tutto questo universo di attenzione e consapevolezza, pur essendo “soltanto” un mondo psichico, ha effetti del tutto reali e può costruire un Uomo altrettanto reale, un massone, un levigato. Dunque, anche se levi gare è costruire un Uomo reale, questo processo costruttivo, come afferma Assagioli in cpigrafe, può essere fatto di pensieri sensazioni, allucinazioni positive. Cause spirituali queste che producono tuttavia effetti materiali. Per avere una mente fersa da frammenti grezzi, libera da avversioni © attaccamenti possiamo semplicemente coltivare la presenza, la attenzione- consapevolezza al momento presente.

Tale pratica, così diffusa in ambito orientale. non è estranea nemmeno a certi ambienti massonici. Nel rito di Menphis Misraim, per esempio, mi risulta che sia prevista la meditazione di gruppo, fatta in Tornata. Noi, che questo rito non abbiamo. possiamo però meditare da soli, con una pratica simile a quella che i Fratelli del Menphis fanno in gruppo, traendone sicuramente effetti simili (di levigatura). Io apprendo questa loro pratica da un testo di Francesco Brunelli, ex Sovrano Gran Maestro dell’ Antico e Primitivo Rito di Menphis e Misraim, allievo di Roberto Assagioli e debitore verso di lui del metodo psicosintetico. Il testo da cui traggo spunto è Principi e metodi di Massoneria 0perativa. una guida ai lavori di Loggia, Ed.  Bastogi. Foggia, 1981. Dice in quell’opera il Brunelli (p.113): “Non una sterile esercitazione mentale proporremo come lavoro di Loggia ed individuale, ma la meditazione [ossia una esperienza corporea, un modo di vivere]”. In quel testo il Brunelli si dilunga nella descrizione della meditazione di gruppo e delle tecniche assagioliane; parla anche di visualizzazioni guidate e di meditazioni creative. Non scende però nel dettaglio dei vissuti interiori che si provano alla vista dei metalli, né parla a sufficienza del loro trattamento, che rimane comunque una operazione molto delicata, che ci può dare molto, ma anche togliere molto se siamo incauti nell’effettuarla. Credo dunque che siano proprio le tecniche per affrontare questi vissuti grezzi quelle che risultano le più necessarie da conoscere operativamente per un progresso spirituale. Queste tecniche (di tratta mento dei cinque impedimenti) dovrebbero costituire la prima fase della meditazione sulla pietra grezza. Può certamente essere Messo a punto un sistema organizzato di meditazioni che sia specifico per il raggiungimento degli obbiettivi massonici. Nella fattispecie, per la seconda fase di visualizzazioni creative, quelle che anche il Brunelli descrive, si può mettere a punto una serie di meditazioni che possono Veretere su argomenti spirituali caratteristici: dalla scalata della montagna alla discesa nell’abisso, dalla conquista del Graal all’ottenimento della pietra filosofale, ecc. Tali meditazioni massoniche

potrebbero essere trattate in una sede successiva o in una sede diversa. Una sede che abbia comunque una caratterizzazione fortemente

pratica. Per ora ci basti l’aver indicato almeno una traccia di un modo per levigare. Se levigare è lasciar perdere gli attaccamenti profani (restituire le introiezioni o togliere) e riconoscere i propri difetti (riprendersi le proiezioni o mettere) occorre creare una condizione di silenzio meditativo per vedere attaccamenti e difetti: cosa ben diversa sarebbe L’attività (che temo ahimè sia prevalente nella prassi) di individuare solo i difetti del Fratello anziché i propri: questo sarebbe ancora proiettare o far sì che l’anima investa in nuovi attaccamenti. In definitiva sarebbe ancora introiettare materiale grezzo e ci allontanerebbe ulteriormente dall’obbiettivo di conoscerci ed emendarci. Riassumendo diciamo che conoscere è levigare e levigare è “mettere e togliere”, lo stesso mettere e togliere che ha prodotto un giorno la pietra grezza, attraverso il proiettare e introiettare, il cancellare e generalizzare.

Oggi, in sede di levigatura, mettere e togliere diventano “integrare e lasciar andare”, attraverso l’osservazione meditativa e la disidentificazione, le vecchie proiezioni e le introiezioni, i metalli e i pregiudizi. Sto semplificando, è evidente: ma non più di quel che serva, credo, per comunicare con le sole parole di carta un’esperienza emotiva.

L’esperienza umana è troppo ricca, per poterla cogliere e raccontare senza semplificarla. Non si sostiene qui che meditare sia necessario e sufficiente per levigare: si sostiene che attraverso la meditazione si può svolgere una notevole mole di lavoro in tal senso. Non conosco una strada altrettanto efficace per lavorare da soli all’ardua impresa di conoscere se stessi e trasformarsi.

Così, anche se semplificando, mi sento di riaffermare che levigare è meditare e che, reciprocamente, meditare è levigare.

Ma come meditare? Beh, … credo di aver fatto intuire al Lettore che quest’ultimo è un intero pianeta a sé stante. In estrema sintesi la meditazione può esser definita come un orientamento consapevole e tranquillo ad un oggetto specifico. Tale oggetto può essere il respiro, un

pensiero (spesso un mantra) o una sensazione (visiva, auditiva o tattile). Fare questo produce in noi effetti reali, levigala nostra realtà preesistente; ma lo fa solo attraverso il superamento di prove, di impedimenti, talvolta dolorosi e durevoli. La meditazione è un complesso di esperienze molto grande e molto ricco. Ed è ovvio che non se ne possa parlare qui. Tuttavia se si vorrà, alla meditazione in generale e alla sua modalità massonica, si potrà accennare in un momento successivo.

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