LUTERO CHIAVE DI VOLTA TRA L’ETA’ DELLA RELIGIONE E L’ETA’ DELLA RAGIONE

LUTERO CHIAVE DI VOLTA TRA L’ETÀ DELLA RELIGIONE

E L’ETÀ DELLA RAGIONE

di B. B.

La storia naturale dell’uomo va nell’unico senso possibile rappresentato

dal miglioramento delle conoscenze e di conseguenza della maggior libertà dell’uomo stesso. Questo è ciò che è alla base del divenire umano e comunemente è inteso come ricerca della verità.

È anche il presupposto della breve analisi di una piccola parte della storia dell’uomo, relativa però al momento cruciale dell’abbandono di credenze stabilizzate nei secoli e di scoperta dell’utilità e dei vantaggi della ragione.

In questo particolare periodo storico, Lutero è un passaggio obbligato, strettoia attraverso la quale l’evoluzione naturale della storia dell’uomo è stata, secondo alcuni, rallentata, bipassata secondo altri. Lutero visse in un tempo pieno di rivolgimenti, tant’è che  il XVI secolo è considerato un momento di transizione storica tra il medioevo e l’età moderna. In questa transizione il Rinascimento ebbe un peso fondamentale nel capovolgere l’interesse dell’uomo dal cielo alla terra mentre Colombo ampliava gli orizzonti del mondo conosciuto. La struttura monolitica creata da Carlo Magno cinque secoli prima si disgregava con la comparsa delle monarchie nazionali e le corporazioni delle «Arti» medioevali venivano intaccate dall’individualismo economico e dal capitalismo incipiente dei Fugger.

La Chiesa Cattolica Romana diventata dal VII secolo in avanti entità non solo spirituale ma politica accumulò nei secoli seguenti gli errori di qualunque sovrano. Il Papa sovrano si trovava inesorabilmente invischiato in intrighi con altri sovrani e poco si distingueva da questi sia nella fede che nella condotta. Inoltre le conversioni in massa dei barbari operate fra il 1000 e il 1300 abbassarono ulteriormente il livello spirituale della Chiesa. La Chiesa Romana tendeva più a mantenere il dominio territoriale che ad imporre il suo credo spirituale, anzi questo era spesso usato per mantenere il potere temporale. Era sostanzialmente tollerante coni i non cristiani (da ricordare che l’Inquisizione eretici era diretta ai cristiani e non ad altre fedi) e fu il perno dell’umanesimo rinascimentale paganeggiante e terreno.

Non solo, ma la cultura e la politica cattolica romana favorirono nel XV  secolo le scienze e permisero l’ampliamento geografico dei confini umani. Con il vescovo e canonico Copernico la terra perse il suo ruolo centrale nell’universo e Vesalio illustrò il corpo umano. La Chiesa Romana ovviamente usava la tolleranza quando aveva convenienza ed aiutava per lo stesso motivo le arti e le scienze. Anche se questo atteggiamento non fu costante nel XV – XVI secolo (basti pensare all’uccisione durante la notte di S. Bartolomeo dell’ugonotto dell’ultima ora, grande demolitore di Aristotele e della scolastica, Petrus Ramus) la Chiesa Romana non si oppose al corso naturale della evoluzione umana, contrastandola spesso ufficialmente ed anche praticamente, ma non abolendo gli stimoli che la generava. Nel periodo più fatiscente della storia della Chiesa Romana, i Papi proteggevano l’arrogante ed agnostico Michelangelo, il grande umanista Erasmo stampò e diffuse in tutta l’Europa il suo «Elogio della Pazzia» e si rifugiò nella cattolica Basilea. La cultura cattolica aveva prodotto i semi ed i germogli per l’età della ragione, proprio perché non volle (o non poté?) continuare ad essere cultura teocratica ma, anche se in modo ambivalente, accettò che l’uomo cercasse altri valori che la salvezza divina o la creazione in terra del regno di Dio. Il popolo più direttamente a contatto con la Chiesa Romana (in particolare le popolazioni dell’Italia) era nel XV_XVI secolo anticlericale, ma religioso anche se non andava in Chiesa. Amava le cerimonie consacrate dal tempo, i santi che aiutavano o consolavano, il credo raramente messo in dubbio che innalzava le loro vite dalla povertà delle loro case alla sublimità del più grande drammone popolare mai concepito, la redenzione dell’uomo ad opera della morte del suo Dio. La ricchezza del passato era quasi un’eredità ed un interesse devoluto agli italiani: qualsiasi italiano proponesse di porre fine a questa organizzazione meta di tributi sarebbe apparso pazzo alla maggiore parte degli italiani. Le classi superiori erano in disaccordo con il Papato sul potere politico nell’Italia, ma incoraggiavano il cattolicesimo come un sostegno vitale per l’ordine sociale ed il pacifico governo. Comprendevano che la gloria dell’arte italiana era stata esaltata con la Chiesa attraverso l’ispirazione delle sue leggende e l’aiuto del suo denaro. II Cattolicesimo stesso era divenuto una arte; i suoi elementi esteriori avevano sommerso gli elementi ascetici e teologici: vetri dipinti, incenso, musica, architettura, scultura, pittura, anche dramma — questi erano tutti nella Chiesa e della Chiesa Gli artisti e gli eruditi d’italiano non avevano bisogno di convertirsi al cattolicesimo, perché avevano convertito il cattolicesimo alla erudizione e all’arte. Centinaia, migliaia di eruditi ed artisti venivano aiutati da vescovi, cardinali e papi; molti umanisti anche scettici si erano innalzati ad alte posizioni nella Chiesa. L’Italia amava troppo la bellezza raggiungibile per rovinarsi su una verità irraggiungibile.

La situazione della Chiesa Romana nel XV-XVI secolo non era però casuale. Nel XII secolo con papa Gregorio VII vi fu un tentativo di «cristianizzazione» che tendeva a riformare in un solo tempo la chiesa e il mondo con organizzazione di tutto il clero (imposizione del celibato), indipendenza della Chiesa dal controllo dei laici, canalizzazione delle guerre fra i vari signori locali nelle crociate contro i nemici della fede. La teocrazia medioevale raggiunse il suo fastigio nel secolo XIII, sotto papa Innocenzo III: nessun sovrano d’Europa ebbe la sua potenza. Con il solo ausilio delle armi spirituali resse le redini da Gibilterra a Gerusalemme, da Stoccolma a Costantinopoli, come rappresentante di Cristo e pastore dei fedeli. Il trionfo della Chiesa venne accompagnato da una imponente sintesi nel campo del pensiero ad opera di Tommaso

d’Aquino che raccolse gli elementi offertigli dall’antichità classica e cristiana, dalla sapienza degli Arabi e dalla filosofia ebraica, in un sistema teologico composito. In questo sistema la realtà veniva interpretata in termini organici come costituita da grandi entità universali anziché solo di singoli enti dissociati. Questa filosofia detta «realismo» radicava lo Stato e la Chiesa nella realtà ultima dell’essere. Come già precedentemente accennato la disgregazione di questa perfetta costruzione teologica e teocratica iniziò ben prima della comparsa di Lutero. Lo smantellamento del Sacro Romano Impero, dinastia degli Hohenstaufen, fu iniziata dal papato stesso e favorita dalla Francia, primo paese europeo ad acquistare i lineamenti di uno stato moderno, che con blocchi economici provocò la bancarotta della Chiesa, ed il suo esodo ad Avignone. Qui Giovanni XXII inventò tributi e balzelli per ricavare denaro per la Chiesa, con vendite (o « riserva ») dei posti vacanti e vendite di « indulgenze » (con complicate giustificazioni teologiche). In questo modo i papi avignonesi (tutti francesi) riuscirono in 70 anni a procacciarsi entrate triple di quelle del Re di Francia, che permettendo questo, controllava il papato e ne impediva il ritorno a Roma. Ma dopo uno scisma durato quarant’anni (1378-1417) i papi riacquistarono Roma e consolidarono il loro prestigio monarchico. Nacque il Rinascimento. Nell’Europa Centrale del Nord sotto la spinta di un iniziale ideale nazionale nascevano le prime insofferenze verso il Papato: Wyclif e Giovanni di Gand in Inghilterra, l’imperatore germanico tentarono durante la «cattività babilonese» di Avignone di sbarazzarsi senza riuscirvi, dell’influenza e del controllo papale. Lo spirito settario dell’alto Medioevo aveva ripreso piede e una proliferazione di sette sconvolgeva l’Europa: dall’Italia settentrionale alla Provenza, nelle vallate del Reno e in Boemia; spesso poi l’eresia si fondeva con il sentimento nazionale (Huss e Wyclif). Le sette misero tutta la teologia sotto accusa: gli escatologisti attendevano un nuovo Cristo, il millenarismo e la dottrina della predestinazione tra loro variamente combinati tendevano a scalzare l’autorità della Chiesa sia dal punto di vista morale che come istituzione terrena. Vennero negati da quasi tutti i settari (hussiti, anabattisti, ecc.) la validità dei sacramenti, la facoltà sacerdotale di somministrarli, il miracolo della transustanziazione (per cui il pane e il vino si tramutano nel corpo e nel sangue del Signore). Un comunismo utopico veniva attuato da varie sette ed anche da gruppi di cattolici («Amici di Dio» nella Valle del Reno, i «Fratelli della Vita Comune» in Olanda).  Tutta questa gente aveva solo occhi al cielo: la civiltà e la cultura che creava era esclusivamente religiosa tinta di forte intolleranza, lontana da ogni spiraglio razionale. Cercavano la verità assoluta aborrendo la ragione, non cercando conoscenza ma esaltando la fede, utilizzando il misticismo come una droga, ed informando di queste cose le pur giustificate rivolte sociali (vedi la Bauernkrieg). Lutero colse questo spirito nordeuropeo e facendo leva sul nazionalismo germanico-prussiano, sull’incoerenza morale dei papi, dei vescovi, dei sacerdoti e dei monaci, sull’arroganza del potere italiano- papista riuscì a creare un sentimento religioso che valorizzava

fortemente Dio e screditava le possibilità dell’uomo. Il suo habitat era la foresta nordica, uomo gotico aguzzava lo sguardo oltre le vette degli alberi eccelsi per cogliere un barlume d’infinito. Non aveva alcuna cultura se non i testi su Cristi terrifici e sulla dannazione eterna. Il Diavolo (sua ossessione per tutta la vita) era onnipresente, la sua religione si basava sull’orrore della predestinazione; passava da fasi acute di depressione a stati di esaltazione maniacale. La previsione del giorno del giudizio lo riempiva di panico e la sua paura era accresciuta dalla convinzione che spiriti malefici cospirassero alla sua perdizione: erano gli abitatori dell’inferno che vagavano per ogni dove infestando la terra, cavalcando sulle ali del vento, popolando boschi e torrenti, pronti con ghigno sardonico ad attirare e precipitare gli incauti nell’eterno abisso (Baiton).

L’uomo di Lutero amava e temeva il suo Dio, non pensava ad alcuna valorizzazione di sé attraverso il suo operato (era ininfluente circa il suo destino eterno), rifiutava sdegnato ed intollerante ogni paragone con altre religioni (Luther iber alles), l’arte era sorella del diavolo, allo Stato dava obbedienza cieca ed assoluta quando questo assecondava la sua fede, altrimenti lo combatteva (e non a torio oggi molti storici attribuiscono al luteranesimo lo sviluppo delle passate tendenze totalitarie in Germania).

La tolleranza era scarsa anche nei confronti delle altre sette che da Lutero originarono (calvinisti, zwingliani, anglicani, ecc.). Questa rigida dottrina etico-morale produsse anche vantaggi (basti pensare al rifiuto luterano di ogni dogma), particolarmente nell’assetto economico-nazionalistico dell’Europa che svincolata dal controllo papale meglio sviluppò la propria potenzialità (sorsero con la riforma i grandi stati nazionali, Paesi Bassi, Inghilterra, Scozia, Danimarca, Svezia, Svizzera).

Ma che differenza con il contemporaneo uomo rinascimentale «uomo universale» che si proponeva di acquisire ogni forma di dottrina e di perizia e di eccellere negli esercizi fisici come nell’arte, nelle lettere come nell’esplorazione o nella guerra. Lutero nei suoi paesi distrusse quasi tutta l’arte sacra gotica e rinascimentale (arte religiosa allora quasi unica fonte di opere) e per oltre un secolo impedì all’uomo lo sviluppo della conoscenza. Solo con gli scettici, volti non più al problema antitetico cattolicesimo/protestantesimo, autorità o meno del papa, ma al problema più grande dell’esistenza di Dio e del libero arbitrio, ricomparvero nei paesi luterani le avanguardie del nuovo spirito Europeo precursori attraverso il razionalismo dell’Illuminismo e dell’età della ragione. Lutero fece fare un passo indietro alla storia, la Riforma nel XVI secolo riportò una parte dell’Europa al Medioevo, cui occorsero

due secoli per procreare Leibniz e Lessing il cui « Nathan der Weise », accettando come uguali tutte le religioni, dà il sopracitato giudizio su Lutero e la Riforma.

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