LA LIBERTA’

LA LIBERTÀ

di RA.

Da un punto di vista filosofico la libertà è assenza di costrizione e capacità di autodeterminazione, ossia sostanzialmente possibilità di scelta consapevole. Tutto questo è dire evidentemente molto poco perché non basta solo esaminare la libertà come modo di atteggiarsi di fronte alle scelte, ma anche considerare il grado di spinta che gli «elementi della scelta esercitano sulla psiche». È allora si dice da un lato che la scelta è libera quando consente la realizzazione dei propri desideri (concetto edonistico, corretto solo, per evitare le conseguenze dannose di una pura e totale spontaneità, dalla capacità di disciplinare le proprie inclinazioni in modo, secondo Aristippo, da possedere il piacere e, non da esserne posseduto).

Dall’altro lato si insiste invece sulla razionalità della libertà, nel senso che la sua conformità alla ragione comporta sia una motivazione razionale che una finalità razionale.

Comunque la libertà riguarda una zona del reale non soggetta al l’esperienza, nel senso cioè che essa c’è fintanto che non è resa in  qualche modo concreta. Io sono libero di compiere questo atto oppure quest’altro, ma una volta che l’ho compiuto non ho più alcuna libertà di annullarlo (factum infectum fieri nequit), né posso annullare le sue conseguenze che seguono l’ordine causale loro proprio.

Per cui è facile, a questo punto, per chi non ammette altra realtà al di fuori di quella sperimentabile, negarne il fondamento «concreto» e giungere a conclusioni deterministiche illiberali.

Da un punto di vista esoterico mi pare peraltro che il concetto di libertà sia tutt’altra cosa. Essa infatti non può essere altrimenti definita che la «conformità alla verità». Ce lo confermano i testi esoterici e Gesù stesso dice (Giov. 8-32) «se perseverate nei miei insegnamenti, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi».

Dunque non  è affatto la libertà di scelta (concetto ancora ristretto all’esperienza profana), ma l’adesione alla verità che rende veramente

liberi, nel senso di sottrarre il nostro io all’angoscia, appunto, delle scelte fondamentali. Quando Paolo ci dice che « la creazione stessa sarà liberata dalla servitù della corruzione, per aver parte alla libertà della gloria dei figli di Dio » (Rozzari 8-21) mi pare che confermi il significato ed il valore della concezione esoterica.

Si potrà obbiettare che, per realizzare la conformità alla verità, bisogna prima conoscerla, ma questo è un sillogismo valido nell’ambito della razionalità. Se si ammette che non solo la ragione, ma anche — e pet noi soprattutto — l’intuizione sono fonti di conoscenza e che quest’ultima, per la sua immediatezza, è indubbiamente più idonea, si incaricherà la verità stessa di rendersi palese al momento e nelle condizioni opportune. Nell’esoterismo, dice Schurè, ciò che si insegna non è un dogma o è un dogma che non ha valore se non come impulso di evoluzione. Una verità — aggiunge  ancora — che non abbia al tempo stesso forza vitale è una verità sterile. Per cui la vera libertà dell’allievo è quella di conformarsi ai «segni» dei Maestri (da ciò «insegnare», appunto), senza servilismo e senza ipercritica. Lo scrittore citato mostra anche come deve atteggiarsi la libertà individuale nel mondo iniziatico: «vi sono tre modi di ascoltare: ascoltare sottomettendosi  alla parola come ad una autorità infallibile, ascoltare in senso critico, ribellandosi contro ciò che si ascolta, ascoltare semplicemente, senza fede servile e cieca, ma senza opposizione sistematica; lasciando agire sudi sé le idee, osservandone gli effetti. Quest’ultimo deve essere, nell’intenzione occidentale, l’atteggiamento del discepolo nei confronti del maestro».

La fede servile e cieca alla parola altrui è il più evidente ostacolo all’azione dell’idea, ma anche l’atteggiamento critico, incapace per sua natura di cogliere i momenti che superano la razionalità, impedisce in egual modo che l’idea si faccia strada nell’animo e sia veicolo dell’intuizione, che altro non è, per dirla con il Bergson, che un ritorno consapevole dell’intelligenza all’istinto. «Essa, dice ancora il filosofo, sale fino al cielo e si ferma a qualche distanza dalla terra. Nel primo caso, l’esperienza metafisica si collegherà a quella dei grandi mistici; ed io posso constatare, per mio conto, che questa è la verità. Nel secondo caso le esperienze metafisiche resteranno isolate le une dalle altre senza tuttavia contrastare fra loro».

Dunque libertà, in senso iniziatico, non riguarda tanto l’individuo che la auspica, quanto la realtà spirituale che lo circonda: questa deve essere libera, ossia non ostacolata da atteggiamenti umani, affinché possa scivolare nell’anima e promuovere quella conoscenza di sé che l’intuizione rende possibile.

La libertà non è poter scegliere fra opposte realtà, ma consentire che lo Spirito abbia la libertà di agire nel nostro animo, sgombro (libero, cioè) da preconcetti irrazionali e da restrizioni razionali.

Ciò è possibile perché lo Spirito è libero per sua natura, infatti «esso soffia dove vuole». Si tratta soltanto di lasciargli la porta aperta.

Se libertà vuol dire conformità alla verità, che cosa vuol dire dunque verità, domanda che Pilato stesso pone a Gesù, andandosene subito come racconta Giovanni, quasi a far intendere in lui, assertore dell’innocenza del profeta, una sorta di ironia di fronte ad una parola così impegnativa? Le Upanishad ci dicono che la verità è «vidya», ossia conoscenza; gli gnostici della prima era cristiana la chiamano « gnosi » ossia ancora conoscenza; Zaratustra la pone «nelle parole che non si possono dire», ma che si possiedono, ossia si conoscono.

Ma la conoscenza è soggettiva, relativa ad ognuno di noi, per cui in definitiva la verità è la propria certezza. Sembra un assurdo, perché è contradditorio pensare alla simultanea esistenza di più verità, ma poiché essa appare necessariamente in forme limitate e relative oggetto della nostra esperienza, relativo è il suo manifestarsi, non l’assolutezza del valore fondato nell’integralità dell’Essere. «Ogni verità è una mezza verità, ogni paradosso può essere ‘conciliato… le tesi e le antitesi si differenziano solo per un diverso grado di verità. Lo stesso deve dirsi della mente infinita e delle menti finite che sono di quella stessa identica natura» . Così spiega il Kybalion, nome attribuito ad una raccolta di insegnamenti ermetici. In sostanza dunque, la libertà è da un lato libera apertura del proprio animo all’azione dello Spirito e, contemporaneamente, libera esplicazione verso l’esterno delle nostre certezze relative. In questo secondo senso, sembra che il concetto sia simile a quello di libertà profana (poter dire quello che si vuole, poter scegliere fra più proposizioni da esprimere) e, benché da un punto di vista effettuale sia così, da un punto di vista causale l’atteggiamento dell’uomo libero tiene conto della matrice da cui la sua libertà proviene.

Poiché ognuno di noi può essere veicolo di un messaggio esoterico, consegue una grande responsabilità della libertà: non occorre allora richiamare concetti razionali per disciplinarla; basta semplicemente

ricordarci della sua vera natura, che è quella appunto di «possedere la verità». Oppure, come dice il Fr. Maffeo, è «la libertà dell’Uomo Perfetto che si identifica col Principio Eterno di verità e di giustizia».

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