APPUNTI DI LAICITA’

Appunti di laicità

Lucio Vilevich

Il Fratello Lucio Vilevich della R. L. Italia di Trieste ha voluto ricostruire, attraverso un dialogo tra i Fratelli di una Loggia, un discorso che ha per filo conduttore il concetto di laicità. Non è un discorso puramente teorico, ma si svolge con precisi riferimenti alla storia del nostro Paese e ai principi propugnati dalla Libera Muratoria, senza trascurare anche le ambiguità che nel concreto emergono da un dibattito sul laicismo, evidenti poi in alcuni precisi avvenimenti storici. Per questo motivo ha voluto intitolare il suo lavoro “Appunti di laicità” e sintetizzarlo in una conversazione che si sviluppa armonicamente tra i Fratelli – pur con l’apporto di prospettive diverse – dando vita, alla fine, a un lavoro unitario che attinge, come detto, ai principi della Muratoria e ne interpreta la corrispondenza ai tempi correnti. Così i Fratelli, dal primo che pone il tema agli altri che seguono, non hanno un nome perché potrebbero essere ciascuno di noi. Tutti concorrono all’approfondimento dell’argomento proposto, senza polemiche, raggiungendo uno sviluppo corale che onora il metodo muratorio. La conclusione dell’ultimo interlocutore è una proposta, ma anche un’esortazione che tutti dovremo avere sempre ben presente.

Un Fratello, come detto, pone un primo tema: «La Loggia apre i lavori sul Libro di Giovanni: manifesto riferimento al GADU, riferimento che, come prescritto dagli antichi Landmarks, non può mai venire omesso dai lavori, significando la comune origine spirituale nonché genetica – come scientificamente dimostrato nello scorso secolo – di tutta la specie umana. Questo rituale prescrive a noi Fratelli di rispettare ogni credo che si riferisca al GADU – quali che ne siano le forme devozionali – e c’invita a diffondere questo rispetto nella nostra società, evitando qualsiasi aspetto di prevaricazione e di scontro tra confessioni diverse. Il nostro Ordine, che si è affermato nel tempo soprattutto per sottrarre gli uomini di buona volontà ai violenti e sanguinosi confronti tra le fazioni sorte all’interno della Chiesa Cristiana, si trova oggi nella necessità di prospettare un nuovo impegno per studiare le radici di confessioni poco note e per estendere i nostri principi anche ai loro devoti».

A questo segue un intervento di precisazione: «La Costituzione della Repubblica Italiana garantisce non solo la libertà di religione – la quale come intimo convincimento personale fa ovviamente parte della libertà di pensiero – ma la libertà di culto, cioè la libertà di manifestare pubblicamente ciascun credo mediante le espressioni e i riti ad esso propri. Questa garanzia discende direttamente dal principio di Cavour “Libera Chiesa in Libero Stato”, che sta alla base dell’identità dello stato laico e unitario. Il tempo da allora intercorso e gli ambigui accordi stipulati dai governi per regolare i rapporti con lo Stato Vaticano hanno confuso le coscienze degli Italiani, i quali non hanno più chiara quale sia la distinzione tra doveri e strutture civili da un lato e dottrine e morali religiose dall’altro».

Un altro apporto affronta l’aspetto storico: «Non ha più alcuna eco il grido dei nostri Fratelli Mazzini e Garibaldi “Dio e Popolo”, che attribuiva all’ispirazione del GADUla volontà dei popoli verso la libertà della coscienza e l’affrancamento da ogni tirannide politica e dottrinale, al fine di realizzare una società moderna di cui ogni membro avesse la capacità di svilupparsi autonomamente e d’intervenire nel pubblico interesse. Dopo la martellante ubriacatura del ventennio fascista, la geniale intuizione del partito comunista d’impossessarsi della figura di Garibaldi fin dalla Resistenza – trasformando un campione della libertà in un sostegno della più feroce dittatura – ha fatto eclissare dalla memoria democratica l’epopea garibaldina, primo e forse unico fondamento della nostra unità e della nostra Repubblica. Molti, confusi ed ignari, ripongono ormai l’identità italiana solo nel Presepe di Greccio».

Da un’altra parte ci si riferisce all’attualità dei principi fondanti del nostro Paese: «Il generoso tentativo del Presidente Ciampi di ridare dignità all’inno nazionale si è in breve affievolito perché i fieri versi di Mameli risultano vuoti e incomprensibili senza il sostegno di un solido terreno culturale che ricostruisca i tempi eroici in cui un poeta ventenne – assieme a tanti altri – s’immolava al Vascello per dare vita a quella libertà di cui oggi, se lo vogliamo, possiamo godere. Ogni grande popolo possiede ed esalta un punto del passato da cui nasce la sua storia odierna: così è la Rivoluzione per la Francia, l’unificazione per la Germania, la difesa del Parlamento per la Gran Bretagna, l’indipendenza delle colonie per gli Stati Uniti. Ma il nostro punto fondante sembra dimenticato. Storicamente l’Italia appare come uno stato che si è costituito per segreti accordi nelle alte sfere e continua a venir governato da poteri riservati e indifferenti alle reali volontà e necessità del popolo. Forse è tempo di trarre dall’oblio il poeta del Vascello e i suoi compagni in camicia rossa, ormai liberi dai condizionamenti del secolo scorso, per ribadire l’essenziale valore delle loro idee e del loro sacrificio: se non ci fossero stati, saremmo ancora più di ieri “calpesti e derisi”. È un compito fondamentale per gli uomini di scuola e di cultura, senza dimenticare che la visione di Mameli (e naturalmente di Mazzini e Garibaldi) comprende altri popoli soggetti a dittature e violenze. Accogliere i derelitti di altre genti innalzando non croci e vessilli da campanile, ma il tricolore del ’48, simbolo della libertà e del diritto dei popoli, può confermare a noi stessi la grandezza di quelle idee e far comprendere, anche ai nuovi venuti, la realtà di vivere in un Paese finalmente grande».

Un dubbio si manifesta in chi interviene successivamente: «Il laico si distingue dal chierico, ma la sua laicità non garantisce che a causa della sua fede religiosa, quale che sia, egli non si trovi soggetto alle direttive del clero. L’enunciazione di Cavour “Libera Chiesa in Libero Stato” sembra essere, più che la manifestazione del principio della laicità dello Stato nazionale, un metodo di propaganda, in un momento cruciale della storia, per abbattere la resistenza dello Stato Vaticano alla riunificazione dell’Italia sotto la monarchia del Piemonte Sabaudo. Garibaldi, eroe nazionale e nostro Gran Maestro, è stato peraltro un avventuriero e un dittatore: specie a partire dai fatti di Bronte, ha combattuto per liberare gli italiani da un padrone, ma per consegnarli ad un padrone diverso». Il dubbio si manifesta pure in un altro interlocutore: «Il laicismo è sempre stato alla base della nostra Famiglia e dei nostri Lavori, e proprio questo è il momento di riconfermarlo di fronte a tutti, perché il ruolo dei Liberi Muratori è sempre stato essenziale per garantire la laicità del Paese e dovrebbe esserlo anche oggi di fronte alla sfida per l’integrazione di chi cerca qui la sua libertà, ma purtroppo non sappiamo se disponiamo dei mezzi sufficienti per affrontare questo compito». A questo punto è opportuno un chiarimento: «“Laico”, come principio, è il popolo indistinto “a priori”, diverso dal “demos”, popolo che costituisce lo stato, ed è quindi libero da ogni verità precostituita. Chi però tra il popolo intravede pericoli, considera la religiosità come un valore forte che distingue e difende. Non è però accettabile che il clero, quale che sia, influisca sulle discussioni e sulle decisioni in uno stato democratico.

Laicità significa, però, dialogo tra le differenze: non possiamo impedire agli altri di diffondere le loro idee». C’è chi riporta l’argomento all’attualità «I temi affrontati sono di enorme complessità: in effetti questi problemi emergono quando il popolo si trova in difficoltà. Pur confermando l’obbligo della tolleranza e dell’uguaglianza, dobbiamo considerare che la fede islamica prevede l’obbedienza alla “sharia” e non alle leggi civili». E c’è chi si riferisce invece alla tradizione: «Libertà e uguaglianza non si raggiungono senza laicità e senza libertà di pensiero: ci è d’insegnamento in questo l’esempio di Giordano Bruno. Ma basti leggere Kipling ne “La Mia Loggia Madre” per rilevare l’armonia della ritualità muratoria: “C’erano il capostazione e il postino, e fuori eravamo Signore e Sahib, ma tra le Colonne eravamo Compagni e Fratelli”».

A questo punto viene sottolineata la valenza del “Libro”:

«L’apertura del Libro sull’Ara è prevista da tutti i rituali, anche nei paesi orientali o prevalentemente islamici, e non risulta che vi siano obiezioni di principio, a meno che non si considerino le proposte di chi riterrebbe più opportuna l’apertura del libro a pagine bianche».

Alla fine qualcuno vuole riportarsi all’oggi: «L’influenza e l’ingerenza clericale sono ancora troppo evidenti rispetto alla società civile nelle procedure legislative: ne è un chiaro esempio la discussione sulla fine della vita conseguente al caso Englaro, discussione che si è esaurita anni addietro col decesso della sfortunata giovane e che non è più stata ripresa né a livello giuridico, né a livello parlamentare. È anche questo uno dei problemi per cui sarebbe necessaria la realizzazione completa dei principi della Costituzione Repubblicana, al rispetto della quale sono tenuti tutti, senza alcuna distinzione di credo o di opinioni personali».

La conclusione di chi ha proposto l’argomento non può essere che una proposta: «Il fatto grave è che questi temi, così attentamente trattati dalla Loggia, siano considerati con leggerezza o siano del tutto ignoti, specie per i giovani, al di fuori delle nostre Colonne. Sarebbe bello che quei Fratelli che ne hanno la possibilità si recassero nelle scuole non per insegnare “ex cathedra”, ma per sentire quel che ne pensano gli studenti e con loro conversare, superando quello stacco generazionale che tutti lamentano, ma senza sapere come affrontarlo.

HIRAM 2/2017

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