LA TRADIZIONE MASSONICA.

LA TRADIZIONE MASSONICA.

Nel primo articolo delle Costituzioni dei Liberi Muratori viene definito l’Or-dine massonico come universale, iniziatico e tradizionale. Mi propongo dunque con questo lavoro di provare a dare una risposta alla domanda implicita che questa definizione solleva: da quale tradizione specifica discende l’Ordine Massoni-co libero muratorio? Non intendo certamente offrire un altro lavoro storico circa le radici e la provenienza di questa istituzione, impresa nella quale si sono cimentati ormai molteplici scrittori e saggisti, tutti dovutisi arrendere davanti alle indubbie difficoltà di reperire fonti e materiali validi secondo il canone di giudizio della moderna scienza storica. Ciò che invece intendo offrire nelle pagine che seguiranno è una bozza di percorso che possa far luce su quale possa esserne la discendenza «ideale», su quale sia la dottrina esoterica che l’Ordine, come ogni ordine iniziatico della sto-ria, custodisce e dovrebbe trasmettere ai suoi adepti. Oggi ogni fratello massone sa che il metodo che viene insegnato agli Apprendisti è un metodo simbolico che, applicato ai rituali e ai simboli presenti nelle logge, consente di pervenire ad una conoscenza delle realtà interiori dell’uomo. Tale definizione è tuttavia talmente rarefatta che può essere applicata per definire il funzionamento di ogni società iniziatica, e se questo può essere giustificato dall’attributo di universalità che possiede la Massoneria, rischia di ritorcersi contro di essa. Secondo questa interpretazione, infatti, con il trascorrere del tempo la «dottrina» massonica avrebbe mantenuto solamente l’universale struttura comune ad ogni società iniziatica, quasi come ne costituisse l’unica essenza corretta ed eternamente valida (una sorta di archetipo), volta ad aiutare ogni uomo a percorre-re la strada iniziatica. Di questa visione viene tuttavia sottaciuta la naturale conseguenza, ovvero la perdita della naturale identità e peculiarità che la via massonica possiede rispetto a tutti gli altri ordini iniziatico-tradizionali, conseguenza questa che può condurre anche ad un rischioso smarrimento dei suoi affiliati durante il percorso o, comunque vada, ad una perdita di efficacia del suo obbiettivo primario, risolvendosi così in un alto ideale senza possibilità di applicazione concreta. È stato quindi per cercare di ritrovare questa individualità tradizionale che ho pensato di proporre queste riflessioni. I riferimenti simbolici che fanno da sfondo a queste considerazioni sono racchiusi nel Rituale di Aumento di Salario, in parti-colar modo negli ultimi tre viaggi

Grandi Iniziati.

Irène Mainguy, famosa catalogatrice delle più diffuse opinioni riguardanti la simbologia ed i rituali massonici, scrive nella sua opera dedicata al grado di Compagno d’Arte: «il quarto viaggio invita il recipiendario a uniformarsi all’insegna-mento della Tradizione, ma gli chiede anche di partire alla scoperta dell’infinito. Sia che si tratti dei grandi iniziati o dei filosofi considerati benefattori dell’umanità, ciascuno di essi ha saputo apportare una comprensione dell’universo e una riflessione esistenziale sull’uomo e sul divenire del genere umano. Il compagno, approfondendo i propri studi e le ricerche sulle diverse filosofie, dev’essere in grado di trovare la propria filosofia personale, quella a lui più adeguata». Il passo decisamente rispecchia una diffusa interpretazione sul significato di questo viaggio: è importante che il Compagno, passato dalla perpendicolare alla livella, espanda il campo della propria conoscenza fino a non lasciare nulla al di fuori della propria riflessione; in tale modo è capace di giungere alla propria matura visione del mondo. La natura di esemplarità di questi grandi personaggi viene qui utilizzata per mettere in luce l’enciclopedismo della conoscenza che il Compagno deve maturare ed il relativismo della conclusione cui è tenuto ad arrivare. Sebbene oggi non rappresenti una concezione eccezionale, ma anzi sia quasi considerato buon senso, non è in questo modo che la tradizione legge i nomi che affitti alla Colonna del Settentrione. Durante l’epoca tardoantica (più precisamente nel IV-VI sec. d.C.) gli epigoni dell’antica saggezza pagana cercarono di opporsi alla nuova cultura cristiana che ormai si stava affermando nei territori dell’Impero. Il loro progetto fu quello di riformare la tradizione filosofica, sino ad allora divisa in scuole rivali, per opporla all’offerta salvifica rappresentata dalla nuova religione. Alla base di questo progetto c’era l’idea che le scritture sacre dei pagani (tra i quali spiccano gli Oracoli Caldaici) fossero ben più antiche e venerabili di quelle dei cristiani e possedessero a loro volta il sigillo della rivelazione, secondo l’opinione che i principi divini avessero comunicato, sia pure in modo maggiormente enigmatico, la propria natura agli uomini sia greci che barbari. Questa constatazione rendeva perciò insostenibile la pretesa cristiana di erigere a criterio universalmente valido un solo culto particolare. I culti non sarebbero infatti che manifestazioni diverse tra loro, tutte relativamente valide, di un’unica sapienza trascendente che risiederebbe presso gli dei. Una manifestazione di questa trascendente sapienza divina era rappresentata  dalla filosofia greca che, secondo questa nuova lettura, venne rivelata a Pitagora direttamente dagli dei. Coloro che maggiormente si adoperarono per promuovere questa visione, opponendosi alla nascente egemonia cristiana, furono gli appartenenti alla corrente detta del «Neoplatonismo» i cui esponenti di spicco furono: il grande filosofo Plotino, il suo diretto successore Porfirio, Giamblico di Calcide e Proclo, ultimo grande diadoco dell’Accademia di Atene. Oggi sappiamo bene che quello scontro culturale venne vinto dal Cristianesimo, tuttavia la sua vittoria si rivelò parimenti una sconfitta: la tradizione filosofica greca venne infatti assimilata all’interno della teologia cristiana ed in questo modo si conservò per essere consegnata alle epoche posteriori. Sarà nella Firenze medicea del XV secolo che il medico e filosofo Marsilio Ficino, riprenderà l’antica lotta culturale interrotta nella tardoantichità, per darle un nuovo e inconsapevole impulso. All’interno della sua formulazione, la tradizione cristiana, che vede nella rivelazione a Mosè il suo atto di nascita, viene parallelamente accostata ad una tradizione coeva altrettanto verace e legittima, che Ficino renderà successivamente canonica con il nome di Prisca Theologia rappresentando così la discendenza iniziatica del sapere pagano. In questa catena il primato di fondatore della conoscenza viene sottratto a Pitagora per essere attribuito a Ermete Trismegisto, considerato contemporaneo di Mosè, a cui fanno seguito altri nomi tra cui lo stesso Pitagora ed il suo «discepolo» Platone. Si rende evidente quindi, dopo queste considerazioni, come i Grandi Iniziati della Colonna del Settentrione non rappresentino solo il proprio valore individuale di grandi benefattori o generici pensatori, ma rimandino ad una loro dottrina specifica che nel tempo si è sempre celata nelle pieghe della storia, una dottrina che ha a che fare con l’uomo e la sua evoluzione, legando strettamente Cristianesimo e cultura greca.

DA ACACIA n.1 del 2020

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