LEZIONI DI MASSONERIA

LEZIONI DI MASSONERIA

J. G. Fichte

Presentando queste “Lezioni sulla Massoneria” che Johann G. Fichte tenne nel 1800 e pubblicate da Fischer nella rivista massonica “Fleusinien” si restituisce al testo la sua forma originale, mondato di quelle interpolazioni ad aggiunte che ne fece il Fischer.

Per la necessità di rendere in indice le Lezioni, i titoli e sottotitoli sono stati estratti dal sommario dell’edizione del Flinter che riproduce criticamente quella originale.

LEZIONE PRIMA

– Si parte dall’esistenza di uomini saggi c virtuosi nell’Ordine Frammassonico.

– Lo scopo dei saggi è lo scopo finale dell’Umanità.

– L’evoluzione umanavien postain pericolo dalla divisione del lavoro

– In seno alla divisione del lavoro una società particolare non può avere alcun compito.

-Lo scopo di una società particolare può essere soltanto quello di risollevare a cultura umana universale l’unilateralità delle classi sociali.

– Limiti di questa determinazione dello scopo: educazione alla libertà etica o alla sensibilità morale?

– Può valere la Frammassoneria come fine a se stessa?

– Che cosa opera la cultura massonica nel Massone: l’immagine dell’uomo maturo.

– Quale azione esercita la cultura massonica sul mondo: influsso reciproco delle classi sociali.

LEZIONE SECONDA

– Lo scopo finale dell’esistenza umana: i problemi di questa vita alla luce dell’eternità. I tre punti principali di questo problema: Chiesa, stato, dominio sulla natura.

-Qual è l’oggetto della cultura massonica? Procedendo dall’educazione dell’intelletto, essa è istruzione.

– Lo scopo ecclesiastico come oggetto dell’istruzione massonica: la concezione universalmente umana della religione

– La classe particolare, a cui è affidata l’educazione religiosa della maggiore società.

– Lo scopo politico nell’istruzione massonica: Amor di patria e sentimento cosmopolita.

– Il lavoro nella concezione massonica.

– Le istituzioni segrete di cultura son certo altrettanto antiche quanto la divisione delle classi.

– Queste istituzioni segrete costituiscono sicuramente una tradizione continua attraverso tutta la storia.

– La forma didattica di queste istituzioni deve essere metaforica, e quindi segreta: né può usare altro che la comunicazione orale.

– Il contenuto di questa istruzione non può essere altro che la sapienza della cultura universalmente umana, che ogni epoca deve cercare nei misteri.

Si parte dall’esistenza di uomini saggi e virtuosi nell’Ordine Frammassonico

Voi non potete esigere ragionevolmente che io vi debba concedere altra conoscenza dell’Ordine salvo che esso esiste. Ciò che pretendete di sapere dai vostri libri intorno alla maniera della sua esistenza, io già posso non riconoscerlo, per ciò che tutte queste letture non hanno generato in voi alcun sapere e solo vi hanno avviluppato nelle contraddizioni.

E nel dubbio di quale dei vostri autori dovete mai fidarvi, se non possedete alcun criterio per valutarli e nessun termine medio per collegarli? E per quanto voi possiate anche credere, o, per usare il vostro linguaggio, trovare verosimile o più verosimile alcunché secondo la critica storica: tuttavia mi richiamo al vostro proprio sentimento, quando sostengo, che la vostra vera conoscenza della cosa, strettamente intesa, non va più in là della esistenza dell’Ordine.

Ma questo è anche per me affatto sufficiente, e solo vi invito a concatenare a questa conoscenza sicura altrettanto sicure conclusioni: vogliamo però noi trovare che cosa è in sé e per se stesso l’Ordine Framassonico? No, non tanto questo, ma piuttosto che cosa esso può essere in sé e perse stesso, o, se volete, che cosa deve essere.

Questa domanda vi stupirà, perché non l’avevate ancora mai fatta, ma ‘essa è, secondo il Sovrano, l’unica che voi possiate fare. Ciò che Ordine è, apprendetelo per amor mio, se vi piace, dai frammassoni sfracellati; che cosa può essere, siete in grado di trarlo da una fonte migliore, dalla vostra ragione. Ma se sapete ciò, voi non crederete, secondo una certa coerenza, che esso sia realmente in sé e per se stesso così, quanto che così può essere secondo la vostra logica convinzione; per lo meno non potrete sostenere la prima tesi (ma nemmeno negarla), perché per far ciò dovreste essere degli iniziati.

E avete più probabilità di essere con pieno diritto un legislatore massonico, che non di poter arrischiare con qualche diritto questa tesi.

Cerchiamo su questo campo, dove tutto vacilla, un punto saldo su cui poggiare sicuramente il piede, e muoviamo da dati di fatto indiscussi.

Sapete che nei primi decenni del secolo XVIII precisamente in Londra, viene fuori pubblicamente una società, che verosimilmente è sorta ancor prima, ma della quale nessuno sa dire donde venga, che cosa sia e che cosa voglia. Essa si propaga, non ostante ciò, con inconcepibile rapidità, e si diffonde

attraverso la Francia e la Germania in tutti gli stati dell’Europa cristiana, e perfino in America.

 Uomini di tutte le classi, reggenti, principi, nobili, dotti, artisti, commercianti, entrano nella sua cerchia: cattolici, luterani e calvinisti si fanno iniziare e si chiamano l’un l’altro Fratelli.

La società che, non si sa per qual ragione, o almeno, com’io vi prego di credere, molto accidentalmente, si chiama Associazione di Liberi Muratori, attrae l’attenzione dei governi, vien perseguitata nella maggior parte degli stati, per esempio in Francia, in Italia, in Olanda, in Polonia in Spagna in Portogallo in Austria in Baviera e a Napoli, colpita dal bando di due pontefici, dappertutto

gravata delle accuse più contraddittorie, e sopra di essa si getta ogni sospetto che sia odioso alla gran massa e attiri l’odio di questa. Ma essa resiste a tutte queste tempeste, si diffonde in altri stati, si trapianta dalle capitali nelle città di provincia, dove prima appena la si conosceva di nome: e trova inaspettatamente protezione e appoggio in un luogo, se nell’altro deve affrontare gravi pericoli: là vien cacciata come nemica del trono e promotrice delle rivoluzioni, c qua invece acquista la fiducia dei migliori governanti.

Così essa arriva fino ai nostri giorni. Voi vedete come in quest’epoca i membri di tale società si domandino una buona volta seriamente: ma donde veniamo? Che cosa siamo e che cosa vogliamo? E vedete come d’ogni luogo si raccolgono per rispondere a queste proprie domande; come si guardano a vicenda, seri in viso, e ciascuno attende la risposta dal suo vicino, e infine come tutti comprendono, gridando o tacendo, che nessuno di loro, di quanti si son radunati, lo sa. Ora che fanno? Forse ritornano a casa, spiegano ai loro Fratelli la generale in scienza? Si sciolgono reciprocamente dai loro impegni e si separano l’uno dall’altro con un poco di vergogna? Niente affatto! l’Ordine perdura e si estende, allo stesso modo di prima.

L’associazione soffre cose ancor più aspre. La ricerca del suo segreto vien più incalzante, esso è portato a conoscenza di tutti in pubblici scritti, per esempio nel Segreto dei frammassoni Scoperto, nella Frammassoneria Atterrata o Tradita; la considerazione di alcune Sette Massoniche è innalzata al grado della perfetta consapevolezza, di altre a quello della verosimiglianza: si trova qua e là la Massoneria ha servito solo a velare scopi abominevoli c si introducono questi scopi nella sua luce, che li uccide. Che accadrà ora? I frammassoni si dichiareranno sciolti dal segreto così tradito, per liberarsi d’un tratto dal

sospetto di scopi innominabili, chiuderanno le logge, e metteranno nella loro biblioteca il frammassone sfracellato. No! L’associazione continua a vivere, come se mai si fosse detta una sola parola né mai si fosse stampata alcuna lettera intorno a lei, e fosse mantenuto nel suo seno, senza romperlo mai, il silenzio.

Infine l’associazione stessa si scinde interiormente; e cessando ogni unità, i Fratelli si dividono in sette, che chiamano sistemi, si tacciano vicendevolmente di eresia, si mettono in bando, e ripetono il gioco di una Chiesa che sola rende felici. Il venerabile Servati chiede: «e s’io volessi diventare frammassone, dove stanno i veri maestri?» e nel suo denso libro non sa dare alcuna risposta: intanto i massoni di tutti i colori e distintivi rispondono concordemente: «in nessuna, in nessuna altra parte che presso di noi».

Or che ne segue? il profano, che prima aveva tuttavia rispetto almeno per il nome di Fratello, trova adesso ridicoli i massoni che a vicenda si perseguitano ce si accusano di eresia; e ricade sopra la Massoneria qualche cosa che è ben peggio di tutte le persecuzioni: il freddo scherno e la derisione della gente colta. Ne trarremo però senza esitazione la conseguenza dello scioglimento della mirabile

società? No, ancora una volta! Essa si conserva e diffonde come sempre, e molti timidi Fratelli, che arrossirebbero fino alla radice dei capelli se si dicesse di loro in un circolo elegante che sono massoni, vanno coscienziosamente alla loggia allo stesso modo di prima.

E come si è talora detto per scherzo: «il maggior segreto dei frammassoni è, che non ne hanno nessuno»: così ora si può dire a buon diritto: «il segreto più divulgato e tuttavia più nascosto dei frammassoni è che essi sono e continuano a esistere. Invero, che cosa è mai, che cosa può essere ciò che lega insieme tutti questi uomini di pensiero vita e cultura quanto mai diversi, e li tiene vicini fra

mille difficoltà, in quest’epoca, di chiarificazione e di progressiva freddezza?».

Andiamo anche più in là, e consideriamo più da vicino questi stessi uomini. Forse si tratta di gran teste deboli, fanatici, ipocriti, intriganti o ambiziosi, che hanno fatto lega tra loro.

Sicuro, è ben concepibile come l’uomo astuto e disonesto possa unirsi con dei pazzi, per guidarli ai propri fini o almeno divertirsi a spese della loro pazzia: concepibile come l’ambizioso possa cogliere il fanatico nella sua brama di misteri e per soddisfare il proprio orgoglio prendere ai suoi ordini l’uomo che altrimenti stia sopra a lui per condizione e per autorità; concepibile come l’intrigante si possa unire con teste deboli per far loro dire e pagare ciò che gli piace. Ma no! In tutte le epoche si trovano nell’Ordine gli uomini più saggi, più onesti, più rispettabili per ingegno, sapere e carattere; e in genere vi sono parecchi, certamente ve n’è uno tra i Fratelli, a cui voi vi gettereste in braccio con piena fiducia, come al direttore e alla guida della vostra vita.

Però non trascuro alcuna possibile obbiezione, quest’uomo saggio e onesto può essere entrato, per un qualsiasi accidente e per un qualsiasi capriccio di gioventù, in un Ordine che gli fosse sconosciuto nella sua intima essenza: viene poi a conoscerlo, e trova che non vale nulla, che procede innanzi sulla base di

un giochetto infantile: ma non può tornare indietro, perché una certa vanità gli impedisce di dichiararsi illuso: mentre il suo interno pudore lo distoglie dal dedicarsi a tal vuotaggine, e così egli si ritira, senza parere, nel silenzio. Se questa è la vera istoria di tutti gli uomini onesti  saggi dell’Ordine, allora fermiamoci qui, chiudendo le nostre ricerche, vergogniamoci di aver onorato l’Ordine anche tanto così della nostra attenzione, e abbandoniamolo con un risolino di compassione ai fanatici in buona fede e agli intriganti egoisti.

Ma così non è [la storia], per quanto son vere le vostre e le mie esperienze. Gli uomini veramente saggi e onesti, che noi conosciamo, sono andati innanzi nell’Ordine, se ne sono seriamente occupati, si sono affaticati per lui c gli hanno anzi sacrificato altri scopi importanti.

E ora sono arrivato al punto che ritengo saldo e sicuro per voi, che non siete Massoni, e per ogni ragione conseguente: quanto è vero che anche soltanto un uomo indiscutibilmente saggio e virtuoso si occupa dell’Ordine Framassonico, di tanto è vero ch’esso non è un giuoco, di tanto è certo ch’esso ha uno scopo, anzi [uno scopo] serio e sublime. Così avremo dunque trovata la base da cui poter volgere lo sguardo a tutto il resto c spingere innanzi il piede con circospezione.

Però, prima di far questo, vi sento dire: «È vero che uomini saggi e virtuosi si occupano seriamente dell’Ordine: è un fatto. Ma di che cosa si occupano? Dell’Ordine come esso è, o come e quale esso, per opera loro appunto, può diventare? Forse lavorano solo allo scopo di farne alcunché e scrivere sulla tabula rasa dei frammassoni qualche cosa che sia degno di loro? Se è così, voi avete con la vostra deduzione dimostrato soltanto ciò che si sapeva, che cioè l’uomo saggio e virtuoso nulla fa per scherzo, ma niente avete conseguito a favore dei frammassoni». Tutto [ho conseguito] di ciò che posso conseguire per loro appo voi: e poiché non ho altro modo di rispondervi, formulerò, sebbene essa sia già, perfettamente adatta al mio scopo finale, la mia proposizione così: quanto è certo che uomini saggi e virtuosi quanto mai seriamente si occupano dell’Ordine Framassonico, di tanto è certo che esso può avere un fine razionale, buono, sublime. Questo fine, possibile o reale, cerchiamo ora di trovarlo nel proseguire per questa via. Noi possiamo cioè sapere che cosa possa, c che cosa necessariamente debba volere l’uomo saggio e virtuoso, quanto è vero che la saggezza e virtù è soltanto una, e determinata da leggi eterne della ragione. Dobbiamo quindi limitarci a indagare che cosa possa proporsi come scopo l’uomo saggio e buono in tal colleganza, e con ciò

avremo trovato con certezza dimostrativa l’unico scopo possibile dell’Ordine Framassonico.

Lo scopo dei saggi é lo scopo finale dell’Umanità

Ciò che vuole l’uomo saggio e virtuoso, ciò che é il suo scopo, é lo scopo finale dell’umanità. L’unico scopo dell’esistenza umana sulla terra non é né cielo né inferno, ma solo l’umanità, che quaggiù portiamo in noi, e la sua massima possibile perfezione. Diversamente da questo nulla conosciamo: e ciò che noi chiamiamo divino, diabolico, bestiale, null’altro é che umano. Quanto non é contenuto nello scopo della perfezione più grande possibile, quanto non si riferisce ad esso, o non ha rapporto con esso né qual parte né quale mezzo, non può costituire lo scopo di nessun uomo, e l’uomo saggio e virtuoso non può proporselo come scopo sia nel più generale che nel più particolare dei casi: ciò che sta sopra o sotto all’umanità, giace anche fuor della cerchia del suo pensiero, dei suoi sforzi, del suo agire. In una qualsiasi misura quello scopo viene alla luce in tutti gli uomini, senza che essi chiaramente lo pensino e lo perseguano di proposito, semplicemente per via della loro nascita, e vien pure conseguito mediante la loro vita nella società: sembra come se non fosse il loro scopo, bensì un scopo unito a loro. Ma l’individuo cosciente lo pensa chiaramente, esso é il suo scopo, ed egli se lo pone qual meta cosciente di tutto il proprio agire. Come viene esso perseguito nella grande società umana? Forse tutto opera in favor suo direttamente e senza deviazioni, con forze associate? Non pare. [La società] non pensa né lavora con la chiarezza e con la consapevolezza proprie dei singoli saggi; su lei pesano le colpe del mondo trascorso, e occupata com’é di questi peccati, essa appena ha tempo di lavorare per una posterità che a sua volta avrà da lavorare per un’altra. Essa deve sostenere la sua gran lotta con la natura ostinata e con il tempo infingardo; essa vuole acquistar vantaggio su entrambi, e intanto la sua attività é sottoposta a una condizione svantaggiosa, ma inevitabile: essa ha divisa in parti l’insieme dell’evoluzione umana, se ne é distribuite le varie branche e attività, e a ciascuna condizione sociale ha assegnato il suo campo speciale di collaborazione. Come in una fabbrica si risparmiano tempo e spese con ciò che il singolo operaio per tutta la sua vita fa soltanto quella data forma di molla, di chiodo, ruota, o recipiente, dà soltanto quel dato colore, sorveglia e guida solo quella data macchina, e ciascun altro del pari per tutta la sua vita eseguisce la tal altra forma di lavoro, cui da ultimo riunisce in un tutto un capomastro sconosciuto a tutti loro: egualmente procede [la cosa] nella grande officina dell’evoluzione umana. Ciascuna classe lavora e produce alcunché per tutte le altre, oltre a ciò che ciascuno dovrebbe fare per la propria parte e per la sua stessa persona: e quelle producono alla lor volta anche per lei ciò per cui non ha né tempo né attitudine l’uomo ben altrimenti occupato per il loro benessere. Al benessere e al perfezionamento del tutto guida ogni opera dei singoli l’invisibile mano della provvidenza. – Così scende il dotto nelle profondità dello spirito e della scienza, per evocare alla luce ciò che dopo alcune epoche sarà a tutti facile e giovevole, mentre il contadino e l’operaio lo nutrono e lo vestono; l’impiegato dello stato fa valere il diritto, che senza di lui dovrebbe applicare la comunità stessa, e il guerriero difende l’inerme, che lo nutre, contro la potenza straniera.

L’evoluzione umana vien posta in pericolo dalla divisione del lavoro

Ora, ciascun singolo si forma in grado eminente soltanto per la condizione che ha scelto. Dalla giovinezza in poi egli viene per sua scelta e per circostanze accidentali determinato verso una forma di vita, e viene tenuta in conto della migliore quell’educazione che prepara il ragazzo per la sua futura vocazione nella maniera più conforme allo scopo; rimane posto in disparte tutto ciò che sta nella più stretta relazione con quella, o ciò che in lui non può, come s’usa dire, essere utilizzato. Il giovinetto destinato a diventare un dotto impiega tutto il suo tempo a imparare le lingue e le scienze, e proprio con preferenza per quelle che sono necessarie per guadagnarsi il pane in avvenire, quindi con minuziosa esclusione di quelle che richiede la formazione del dotto in generale. Tutte le altre forme di vita e attività gli sono estranee, com’esse [del resto] sono estranee l’una all’altra. Il medico ha rivolto tutta la sua attenzione alla sola medicina, il giurista alla legislazione del suo paese, il mercante a quel determinato ramo del suo commercio, il fabbricante alla sola produzione del suo manufatto. Nel suo campo egli sa quanto occorre, e anzi con maggiore chiarezza e fondatezza: questo [sapere] gli é quindi particolarmente caro, e lo considera come sua proprietà acquisita; in esso vive come nella sua casa paterna. – E tutto questo é bene, ciascuno fa in ciò il proprio dovere, e il tenore contrario non solo sopprimerebbe tutti i vantaggi della società, ma sarebbe dannoso anche al singolo, come al tutto. Ma da ciò sorge in tutti necessariamente una certa incompiutezza e unilateralità, che, se non proprio necessariamente, almeno però abitualmente si trasforma in pedanteria. La pedanteria, che ordinariamente si confonde con la sola classe erudita – forse perché essa vi é più visibile, forse perché vi si dimostra maggiore intolleranza, – domina in tutte le classi sociali e il suo principio fondamentale é dappertutto il medesimo, cioè il seguente: di tenere in conto di educazione generalmente umana l’educazione appropriata al proprio stato particolare, e fare ogni sforzo per realizzarla. Così l’erudito pedante stima solo la scienza e deprime ogni altro valore; le sue lezioni e conversazioni in società di gente mista procedono allo scopo di comunicare ai suoi uditori una particella della sua dottrina e farli bramosi della precisione di pensiero ch’egli possiede. Il mercante pedantesco sprezza per contro l’erudito e proclama: « non vi é che computo e denaro! il denaro é la soluzione [del problema] della vita ragionevole e felice». il guerriero sprezza l’uno e l’altro, stima soltanto forza fisica e agilità, coraggio bellico e difesa dell’onore com’egli la intende, e non gli rincrescerebbe arruolare tutti quelli che sanno battere il tempo di marcia. i teologi in modo eminente (poiché la loro classe ha ottenuto fra tutte il maggior influsso, o per amore del cielo o per timore dell’inferno) si affaticano, da quando hanno esistenza, a educare in tutti gli uomini, fino giù ai ragazzi del villaggio, dei teologi ben fondati e dei dogmatici di polso. – « Mirate avanti tutto al regno di Dio, il resto é cosa meschina! » dicono i teologi, e con loro tutte le altre classi sociali, – e sappiamo bene quello che intendono per il regno di Dio. Così domina dappertutto una grande unilateralità, ora utile e ora dannosa: così ciascun individuo non é soltanto un dotto, ma teologo o giurista o medico, – non é soltanto uno spirito religioso, ma cattolico o luterano, ebreo o maomettano, – non é soltanto un uomo, ma politico, mercante, guerriero; e così dappertutto si impedisce, con l’educazione di classe più alta possibile, la più alta possibile evoluzione dell’umanità, il sommo fine 9dell’esistenza umana; anzi essa deve restar impedita, perché ciascuno é gravato dall’ineliminabile dovere di educarsi il più perfettamente possibile per la sua particolare occupazione, e questo é quasi impossibile se non si affronta il rischio dell’unilateralità.

In seno alla divisione del lavoro una società particolare non può avere alcun compito

Ritorniamo ora, seguendo queste premesse, alla Frammassoneria, per non staccarcene più, e costruiamovi sopra alcune durevoli conseguenze. La Massoneria invero non può proporsi nessuno degli scopi, a cui si dedica già notoriamente e apertamente qualcuna delle classi, degli indirizzi e ordinamenti esistenti nella società umana; essa non può voler attraversare la strada, né procedere accanto ad alcun’altra associazione: poiché in tal caso essa sarebbe superflua, in quanto volesse fare già quel che già accade senza di essa. – Né potrebbe addurre a propria scusa il fatto che la pubblica istituzione, di cui volesse mettersi a fianco e adottare lo scopo, fosse manchevole e difettosa. É cosa di mera usurpazione il voler far meglio in via di occupazione secondaria ciò che altri non possono far meglio come loro occupazione principale; è una pazzia il pronunciare sentenza di condanna sopra istituzioni, che forse si conoscono soltanto secondo il loro aspetto esteriore, e non secondo le inevitabili difficoltà che esse trovano nell’oggetto della loro attività. Ciascuna di queste istituzioni in seno allo stato porta in sé stessa il germe del miglioramento e tende alla perfezione: per la Massoneria può solo presentarsi, in generale, il problema, se vi é un’istituzione per un certo scopo, e non come essa vi soddisfa; poiché di ciò altri hanno a curarsi. Se essa volesse attivamente invadere un piano d’azione estraneo, non farebbe che diffondere il disordine, e in pari tempo disturberebbe e devierebbe la sua attuazione; sarebbe anzi sommamente nociva, in quanto dovrebbe oltre tutto far ciò in segreto, poiché pubblicamente non si conosce alcun singolo ramo dell’incivilimento umano ch’ella potesse intraprendere. L’uomo savio e virtuoso non potrebbe sostenere una tal società, qualora essa volesse occuparsi di questioni ecclesiastiche o politiche, filosofiche erudite o commerciali: egli dovrebbe anzi, una volta conosciuta la sua esistenza perturbatrice, giudicarla a fondo. E non occorrerebbe altra maggiore fatica che di farla conoscere; poiché é supremo interesse dell’intera società umana e di ciascun suo ramo, dello stato, della Chiesa, del pubblico dotto e commerciante, di annientare una tale associazione, tostoché essa venga conosciuta. Così resterebbe interamente e incondizionatamente escluso dalla Massoneria ogni scopo di cui già si occupi una qualche classe sociale; e sarebbe egualmente pazzesco e ridicolo che i suoi membri si occupassero in segreto di fare buone scarpe, che di riformare nel tutto o nelle parti lo stato. Ogni Massone, che volesse negare ciò, porrebbe in non cale non solo il suo buon volere e la sua intelligenza massonica, ma il suo stesso buon senso. Ma un qualche scopo essa deve però averlo: altrimenti sarebbe un vano, vuoto scherzo, e l’uomo savio e virtuoso tanto poco potrebbe occuparsene, quanto se essa si proponesse il suddetto scopo dannoso. Ma questo può essere solo uno scopo di tal genere, che la maggiore società umana non abbia per esso alcuna speciale istituzione; uno scopo per cui ella, giusta la natura dello scopo stesso e quella della società, non possa avere alcuna speciale istituzione. Poiché se la società potesse avere una tale istituzione, all’uomo savio e virtuoso meglio converrebbe accogliere questa istituzione in seno della grande società e farnela anzi scaturire, piuttosto che voler promuovere il suo fine mediante una separazione da questa società. La natura della grande società e dello scopo pertinente alla sua cerchia esigerebbe incondizionatamente che egli richiamasse attenzione dello stato sopra questo ramo sin qui 11dimenticato, e quasi non si riesce a concepire come, della sua attività; allo stato egli dovrebbe poi, e di nuovo incondizionatamente, lasciar piena libertà di pensare o no alle istituzioni corrispondenti; in nessun caso potrebbe egli segregarsi con una società per dedicarsi attivamente a questo scopo, perché ei non é fatto, assolutamente, per questa forma di attività. Si domanda ora se può darsi un siffatto scopo, razionale e buono, per il quale la maggiore società non possa, giusta la sua natura, avere alcuna istituzione particolare, e quale sia questo scopo; – e l’unico scopo possibile della Massoneria (considerata nel suo puro aspetto di società « separata ») sarebbe così trovato.

Lo scopo di una società particolare può essere soltanto quello di risollevare a cultura umana universale l’unilateralità delle classi sociali

Verrò tosto a illuminare più da presso la vostra congettura che io pensi in qualche modo di porre la Frammassoneria come fine a sé; stessa, quando vi avrò posto innanzi, come chiave di volta di questa serie di riflessioni, la seconda conseguenza della nostra precedente considerazione su la maggiore società umana. Abbiamo riconosciuto essere un male, che la cultura che si svolge dentro la maggiore società e a suo vantaggio vada sempre del pari congiunta con una certa unilateralità e incompiutezza, la quale si oppone alla evoluzione più alta possibile, ossia puramente umana, e impedisce il singolo uomo, come intera umanità, di procedere felicemente verso la méta. Ci é dato ora un scopo, che la maggior società umana non può affatto prender di mira, in quanto esso le sta ben al di sopra e vien posto primieramente per l’esistenza della società [stessa]: uno scopo che può venir conseguito solo uscendo dalla società e segregandosi da lei, lo scopo di annullare gli svantaggi della forma educativa nella maggiore società, e assorbire la cultura unilaterale per una particolar condizione nella cultura generalmente umana, nella [cultura] universale dell’uomo tutto quanto – come uomo. Questo scopo é grande, poiché ha per oggetto ciò che per l’uomo assume il massimo interesse; esso é razionale, poiché esprime uno dei nostri più sacri doveri; é possibile, in quanto é possibile tutto ciò che noi dobbiamo fare: ed é [invece] quasi impossibile, o almeno estremamente difficile, a conseguirsi nella grande società, perché la condizione, la forma di vita, le relazioni [sociali] avvincono l’uomo di legami sottili ma saldi, e lo attraggono, senza che egli se ne accorga, in una cerchia [invalicabile], laddove egli dovrebbe procedere innanzi. Pertanto [tale scopo] é raggiungibile solo mediante una segregazione dalla società: ma non mediante una segregazione perpetua, perché ne sorgerebbe una nuova uniteralità, e perché con ciò andrebbero perduti per la società i vantaggi della cultura puramente umana in qualche modo acquisita, e perché a questo soltanto si vuol mirare, a fondere insieme entrambe le forme educative, e così innalzare la necessaria cultura di classe; – bensì mediante il ritiro nella solitudine, poiché questa rafforza la nostra unilateralità più che non la sopprima, e ricopre il nostro cuore d’una corteccia egoistica; – dunque soltanto con l’aderire a una società separata dalla [società] maggiore, ma che non nuoce a nessuna delle nostre relazioni dentro a quella e che ha ricevuto in sorte l’ufficio di metterci di tempo in tempo davanti agli occhi ed a cuore il fine dell’umanità, per farne il nostro [scopo] pensato, e che lavora con mille espedienti a straniarci dalle nostre scostumanze professionali e sociali, ad elevare la nostra cultura a [cultura] puramente umana. Questo, o nessun altro, é lo scopo della società frammassonica, in quanto é certo che si occupano di essa uomini saggi e virtuosi. – Il Massone, che nacque uomo ed é passato attraverso l’educazione della sua classe, attraverso lo stato e le sue rimanenti relazioni sociali, deve essere su questo terreno nuovamente educato da capo a fondo per essere uomo. – Ma ciò può essere soltanto lo scopo di una società « separata »; e risponde quindi, per noi, al problema che avevamo impostato: che cosa é l’Ordine Frammassonico in sé e per sé? Ovvero, se preferite, che cosa può essere? 13« Peraltro, voi dite, questo scopo é da una parte troppo ampio, dall’altra troppo ristretto. Troppo ampio, perché può essere conseguito per altre vie, con la meditazione, i viaggi, l’affaccendarsi in mezzo agli uomini e nella vita sociale; troppo ristretto, perché nessuna società di qualsiasi specie può, secondo la sua natura, operare il perfetto raggiungimento di esso ». Quanto al primo punto, sul quale soltanto in seguito verrà tutta la luce necessaria, io rispondo per ora sol brevemente così: l’uomo può staccarsi dal cammino prefissato e prendere un atteggiamento che esorbiti dalla sua condizione; può imparare a cancellare dalla sua personalità esteriore la pedanteria, ed elevare il suo modo di pensare a una maggiore universalità che non prima. Ma il suo intima rimane da tutto questo imperturbato: egli continua sulla sua vecchia strada, pur dietro a siepaglie ed eleganti pareti. Mediante la mera riflessione egli può forse cancellare dentro di sé lo spirito di classe, ma anche conferire al suo carattere individuale, che ancor più é diverso da quello della pura umanità, tanto maggiore caparbietà. Ciò che deve essere qui operato in tutta serietà può avvenire solo in una società separata come noi l’abbiamo dedotta, e come voi presto la concepirete, in mia compagnia, secondo la sua complessiva attività.

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