REALTA’ CELATE

REALTA’ CELATE

Arte, esoterismo e alchimia. La Luce del dubbio

L’uomo conosce il concetto di realtà? Ciò che può scansionare con la vista può essere considerata tale? Possiede gli strumenti per comprenderne l’essenza, per indagare e prendere consapevolezza del “Regno delle madri”?

Johann Wolfgang Goethe definisce il “Regno delle madri1) quella dimensione che deve portare alla luce e rendere visibile qualcosa che rifugge dal semplice utilizzo del senso della vista. La percezione perfetta, che ha come obiettivo quello di andare oltre la superficie delle cose attraverso la profondità cognitiva, intellettiva ed emotiva dell’uomo, potrebbe corrispondere alla possibilità di risalire alla genesi del Tutto per poi comprenderne l’essenza.

Molti filosofi hanno affrontato il tema della  differenza tra realtà e verità. Tra questi, naturalmente, non poteva mancare Platone che, nel suo “Mito della caverna” 2), immagina alcuni uomini incatenati all’interno di una caverna incapaci di muoversi o girarsi. Alle loro spalle un grande fuoco che proiettava sulla parete di fronte ai prigionieri le ombre di individui che camminavano, parlavano, muovevano oggetti e si relazionavano tra di loro in ordinarie scene quotidiane. Gli uomini non erano in grado di comprendere ciò che stava succedendo perché ignoravano la realtà dei fatti. Se uno di loro si fosse liberato avrebbe avuto due possibilità: fuggire dalla caverna senza voltarsi oppure girarsi, svelare il mistero, scoprire la verità, prenderne coscienza e condividerla con gli altri. La cosa incredibile, però, è che nessuno gli avrebbe creduto: i loro sensi non solo erano atrofizzati, ma dopo molti anni ciò che vedevano sulla parete era diventata una comfort zone irrinunciabile e, per questo, considerata reale. La simbologia del mito di Platone ci stimola a considerare la luce come conoscenza, gli uomini alle spalle del fuoco come l’essenza della realtà, le ombre sulla parete come la superficie delle cose e la luce abbagliante del sole all’esterno, dopo molti anni di oscurità, un tentativo di avvicinamento alla realtà del profano che, non avendo gli strumenti della conoscenza cognitiva, considera reale una percezione certamente alterata dall’abbaglio solare. Come afferma F. Nietzsche, solo se abbiamo il coraggio di non dare eccessiva importanza al senso della vista possiamo pensare di trovare la verità in un luogo materialmente improbabile: nella nostra anima 3).

Possiamo partire da qui per indagare il rapporto tra uomo e realtà tra coscienza e verità avvalendoci di uno strumento ulteriore, sicuramente credibile perché interessa entrambi gli emisferi cerebrali dell’uomo 4), attendibile, poiché l’urgenza comunicativa difficilmente può essere alterata da pensieri mendaci: l’arte visiva. Se riflettiamo sull’etimologia della parola “Arte” ci rendiamo conto che deriva dalla radice sanscrita “Arti”, che significa “andare”, “mettersi in moto”, “muoversi verso”. In effetti le arti, intese come linguaggio e come prezioso strumento comunicativo, in tutte le loro espressioni sollecitano dinamismo interiore sia da parte dell’artista, sia nei confronti di un fruitore chiamato a una percezione polisensoriale che coinvolge, al tempo stesso, mente, conoscenza teorica ed esperienziale, cuore e anima. L’espressione artistica in genere si trasforma, perciò, in un mezzo in grado di aprire la porta a contenuti profondi e unici in quanto espressione del libero pensiero e di stati d’animo. Allo spettatore di un lavoro di arte visiva è chiesto di abbandonare pregiudizi e schemi mentali eccessivamente razionali e superficiali a vantaggio di una dimensione più interiore, profonda e personale 5) .

“L’uomo – scriveva Pitagora – è la misura di tutte le cose, di quelle che sono e quelle che non sono per ciò che sono” 6) . L’uomo che lascia la dimensione profana, che prende coscienza della fallacità del senso della vista e di un approccio materialistico alla vita, che acquisisce tra le Colonne la consapevolezza che la verità è una vera e propria conquista, si accorge di avere un potere enorme: quello di poter plasmare, integrare, evolvere, arricchire, completare, far gemmare e perfino nullificare una realtà che è parte di sé. Il Tutto è parte di noi. Noi siamo parte del Tutto. Nel mondo delle arti visive, siamo di fronte a un doppio processo creativo – quello della genesi dell’opera e quello del percorso percettivo soggettivo – che ci rimanda a un simile processo interattivo e a più fasi: quello dell’Ars Regia (tradizione alchemica), Arte Reale, Arte che rende simili a un Re (emanazione diretta del Divino), Arte che, attraverso un percorso simbolico, conduce a una trasformazione interiore. Una trasmutazione che coinvolge in primis l’artista, ma che dal dipinto arriva a tutti coloro che si concedono a una “percezione illuminata”. Essa, per mezzo di un procedimento al tempo stesso materiale e spirituale, proietta in quella che è definita la “Grande opera”, una sorta di unione tra l’io umano e l’io sociale, tra l’essere e il sé, tra il microcosmo (singolo individuo) e il macrocosmo (il Tutto). Un pensiero che ci riporta al concetto tradizionale di alchimia e della pietra filosofale in grado di trasmutare, simbolicamente, qualunque cosa in oro: incorruttibilità, regalità, eternità e piena, totale e lucida consapevolezza.

Nella storia dell’arte, vecchia tanto quanto la storia dell’uomo, ci sono stati artisti che sono ricorsi in modo lucido e consapevole alla simbologia alchemica nella ideazione e costruzione dei propri lavori, altri che l’hanno allusa indirettamente attraverso concetti alchemici (uovo, albero della vita, sole, luna, quattro elementi, ecc.). Ma siamo certi che sia sufficiente un’analisi iconografica per comprendere un dipinto? Che la vista possa, in modo indipendente, condurci verso il pensiero dell’artista? E se l’artista avesse deciso di lasciarci un messaggio nascosto, più o meno evidente a occhi, intelletto e anima preparati a comprenderlo? La cosa certa è che, nel corso dei secoli, molti artisti hanno utilizzato codici espressivi plurimi, nella maggior parte dei casi per scelta cosciente (desiderio di trasmettere un messaggio identificabile solo da poche e privilegiate persone). In altri casi, invece, in modo meno cosciente, ma non per questo meno efficace, per l’intervento di quelli che Carl Gustav Jung definirebbe “Archetipi emersi dall’inconscio collettivo” 7) . In molte opere, perciò, possiamo trovare piani percettivi differenti, ma in quasi in tutte non sarà sufficiente un approccio percettivo eccessivamente o solamente razionale: se l’artista è un alchimista, anche il fruitore dovrà connettersi a sistemi percettivi compatibili a questo percorso esoterico.

L’alchimia corrisponde all’antico sistema filosofico-esoterico che combina elementi di fisica, chimica, astrologia, arte, semiotica, metallurgia, medicina, misticismo e religione diventando una vera e propria filosofia dell’uomo che cerca la via della verità attraverso la trasformazione della materia, implicando un’esperienza di crescita unita a processi di liberazione e purificazione spirituale. La trasmutazione dei metalli in oro si inserisce nell’ottica evoluzionistica tipica dei filosofi neo-platonici che pensavano che tutta la creazione, corrotta a causa del peccato originale, tendeva a ritornare verso la perfezione originaria, allo stesso modo i metalli mutano verso, la forma più nobile della loro specie 8) . L’Alchimia viene comunemente definita la “Grande Arte”, mentre il processo alchemico “Opus”. L’unione dei due elementi prende il nome di “Grande Opera”.

L’Alchimia va ritenuta una grande avventura dell’uomo, un intento ambizioso volto a migliorare l’uomo ed il suo mondo. Quel mondo che Dio gli ha donato. Potremmo perfino supporre che ogni attività creativa possa essere collegata a filo doppio All’alchimia in quanto portatrice di verità profonde. Lo stesso Jung, grande collezionista di testi alchemici utilizzati nello studio della psicologia, affermava che fin dalle sue origini l’alchimia presentava un duplice aspetto: da un lato il lavoro pratico del laboratorio, dall’altro il processo psicologico, in parte conscio e in parte inconsapevole, proiettato al processo di trasmutazione della materia. Di fatto, l’artista è un alchimista che ignora di esserlo: egli, anche senza rendersene conto, interroga la memoria archetipica dell’immaginario collettivo facendo emergere collegamenti più o meno diretti con il simbolismo alchemico. Il più delle volte non è l’artista a creare il simbolo, ma è il simbolo, tramandato di generazione in generazione, che gli s’impone. L’artista trasforma la materia in forma che incontra il colore e la superficie per poi unirsi alla luce, alla bellezza suprema. Obiettivo sia del pittore che dell’alchimista è quello di trasformare la realtà nella sua espressione più alta. Per estensione teorica, anche nei primordi della pittura potremmo riconoscere un approccio non lontano dai principi alchemici. Le scene dominanti nei graffiti del Paleolitico di circa 20 mila anni fa, nelle grotte di Lascaux (vedi foto 1) non avevano uno scopo decorativo o estetico: attraverso quei disegni si voleva propiziare l’esito favorevole della caccia (per ragioni di sopravvivenza). Si cercava un contatto con l’oltre – presagio –attraverso un aspetto razionale e consapevole del processo creativo. Nel Neolitico (circa 9 mila anni fa), con l’avvento dell’agricoltura e la fine del nomadismo, l’uomo stabilì una relazione nuova con la terra e con i nuovi strumenti per lavorarla. La sua più o meno fertilità diventava un decisivo fattore di salvezza. Tra gli amuleti risalenti a quel periodo, oltre alle figure geometriche del quadrato e del rombo (rispettivamente simbolo della terra e sacro simbolo dei suoni delle avversità della natura), troviamo monili che raffigurano mammelle (simbolo di fertilità – vedi foto 2). Quello della cultura greco-romana era un mondo – popolato da figure bizzarre, mostruose, ma anche da dei immortali ed eroi invincibili ricchi di poteri magici – che voleva dare delle risposte, dare un ordine e un senso alla vita, ma che spesso finiva per essere denso di tutte le paure e le incertezze di quegli stessi uomini che ne avevano scritto la sceneggiatura. Basti pensare a Giove (vedi foto 3), Dio dei cieli e della terra, che anziché rappresentare la perfezione cosmica (assunta alcuni secoli più tardi dal Dio Cristiano), risultava una divinità imperfetta, capace di mantenere un ordine universale e di proteggere i più deboli, ma anche di essere irascibile e vendicativo contro il genere umano e contro altri dei. Veniva appresentato con in mano un fulmine: fonte di vita, sorgente di tutte le energie e centro di irradiazione della luce.

Crono (vedi foto 4) è il Dio del tempo e del libero arbitrio, il cui attributo è un serpente che si morde la coda (Uroburo, antico simbolo di eternità). L’Uroburo è un simbolo alchemico che racchiude diversi significati: come cerchio rappresenta il ciclo dei tempi e l’immortalità; come serpente che si morde o che inghiotte la propria coda raffigura l’unione degli opposti: vita/morte, finito/infinito, luce/ombra, bene/male.

Il Medioevo ha avuto il merito di riorganizzare i simboli del passato interpretandoli in chiave religiosa: un periodo nel quale le arti visive diventarono la “Letteratura degli ignoranti”, ma anche strumento di richiamo per certe persone che “erano in grado di leggere”. Una modalità espressiva che si appoggiava molto sull’;alchimia, che utilizzava un linguaggio fortemente simbolico per nascondere i contenuti possibili di inquisizione 9) . La figura di Cristo era quella più raffigurata in assoluto nella Storia dell’Arte, in particolare il Cristo Pantocratore, Signore dell’Universo e creatore del Tutto, perfetta sintesi dei quattro elementi, del mondo terreno e di quello divino, Dio Sole posto al centro dell’Universo (vedi foto 5).

Il concetto moderno di esoterismo nacque nel Rinascimento quando furono divulgati alcuni testi attribuiti a Ermete Trismegisto (vedi foto 6), l’antico saggio considerato il predecessore di Mosè. Grazie ai testi Ermetici, le Sacre Scritture hanno avuto la possibilità di essere trasmesse nel tempo superando i roghi delle biblioteche legati alle persecuzioni pagane nell’Impero Romano (azioni di intolleranza, discriminazione e violenza religiosa) 10).

Per i Massoni, l’esoterismo corrisponde a un approccio spirituale che si basa su dottrine e concetti a carattere segreto trasmessi oralmente dal Maestro agli Apprendisti. L’obiettivo dichiarato è quello di perseguire gli studi delle Scienze Occulte 11) , delle conoscenze esclusive per trasformare l’uomo – riferimento alla trasmutazione alchemica – dal piano umano a quello divino. L’Art. 5 della Costituzione della Massoneria del GOI afferma “La Comunione Massonica Italiana segue il Simbolismo nell’insegnamento e l’esoterismo nell’Arte Reale” 12) . Il Rinascimento divenne un momento straordinario per la cultura europea grazie anche al recupero di tradizioni a noi lontane (come la cultura mesopotamica ed egiziana) che danno nuova linfa alla cultura greco-romana con tradizioni ermetiche ed esoteriche derivata anche dalla cabala ebraica. Nel Quattrocento e nel Cinquecento si svilupparono l’ermetismo, la cabala cristiana e la magia: oltre all’influenza sulle arti e sull’architettura, il Rinascimento operò un profondo cambiamento nel pensiero e nella cultura generale attraverso la diffusione della filosofia mistica e alchemica. In un clima che favoriva l’esigenza alla trascendenza, la bellezza divenne uno dei principali strumenti per pervenire all’idea platonica. In un contesto del genere, l’alchimia corrispondeva al miglior utilizzo possibile delle forze contrastanti e dei materiali “grezzi” a disposizione dell’uomo, in maniera che l’amalgama, l’unione armonica di elementi di per sé eterogenei non producevano una semplice somma, ma una moltiplicazione esponenziale che metteva l’individuo in grado di percepire l’invisibile, l’infinito e l’eterno 13) .

Molti dipinti di Sandro Botticelli (1445-1510), come “La nascita di Venere” (1482/85 – vedi foto 7), proponevano percorsi percettivi ermetico-platonici, vissuti alla corte medicea, attraverso i quali si tendeva a trasformare la realtà in bellezza e mito. Venere esce dalle onde sopra una conchiglia bianca coprendosi il seno e il ventre mentre i venti soffiano cospargendo nell’aria fiori. Il mare e la conchiglia simboleggiano la natura femminile mercuriale della materia prima (in alchimia, il mercurio e lo zolfo erano ritenuti gli elementi primordiali con i quali ogni altro metallo risultava formato in quanto conteneva in sé tutti i diversi aspetti della qualità della materia). Quella di Venere è, perciò, una rinascita spirituale che si identifica con la conclusione del viaggio alchemico. Gli alchimisti non si limitavano a registrare per iscritto le loro ricerche, bensì riproducevano anche un’infinità di testi e disegni attraverso i loro sogni e i loro incubi, le loro visioni: strutture segniche fortemente simboliche che, ancora oggi, sono oggetto di studio e di indagine per la loro profondità al di fuori del tempo. Il grande pittore fiammingo Hieronymus Bosch (1450-1516) può essere considerato la figura più rilevante di questa Arte immaginativa e visionaria. Nel suo “Trittico del giardino delle delizie” (1480-90 – vedi foto 8), sembra voler riassumere la storia dell’umanità disseminando una serie di simboli interpretabili attraverso la dottrina cristiana medievale 14) .

Nel primo pannello a sinistra, attorniato da un bestiario medievale e affiancato dalla fontana della vita, Dio (raffigurato con Cristo) fa incontrare Adamo ed Eva, l’evento scatenante di tutti i mali del mondo. Nel pannello centrale, caratterizzato da un’onirica serie di peccati carnali attraverso figure umane, animale e vegetali, si evidenziano i simboli del pesce e dell’uovo (simboli cristiani di salvezza e di rinascita dopo la purificazione). Nel terzo pannello a sinistra in una visione dell’inferno, l’atmosfera angosciante dei tormenti successivi alla dannazione evidenziano la caducità dei beni terreni. Satana, raffigurato con una testa d’uccello, divora i dannati espellendoli in una sfera senza uscita. Le monete d’oro riprodotte da un dannato potrebbero alludere al processo alchemico, così come ai quattro elementi: terra (villaggio), acqua (fiume infernale), aria (mulino a vento con pale luminose) e fuoco (vulcano che brucerà tutti i peccatori).

Una delle caratteristiche dei ricercatori rinascimentali era il loro eclettismo; infatti tendevano a svolgere diverse attività in contemporanea secondo l’ideale dell’uomo universale impersonato, ad esempio, da Leonardo Da Vinci (1452-1519) considerato da molti, oltre che un grande pittore, il primo scienziato in senso moderno. In uno dei suoi scritti criptici, affermò di essere in grado di trasformare il piombo in oro. La maggior parte dei suoi lavori possedeva diversi livelli di lettura con una serie di simboli non sempre legati All’iconografia principale. I saperi della tradizione andavano diffusi in modo criptato per nasconderli, proteggerli, conservarli e trasmetterli. Il suo “Uomo Vitruviano” (1490 ca – vedi foto 9) è un uomo nudo con braccia e gambe  allargate, iscritto in un cerchio perfetto, ma anche in un quadrato e in una stella a cinque punte, in perfetto equilibrio tra microcosmo (individuo) e macrocosmo (Universo) e i quattro elementi della natura. Ne risulta un’enigmatica figura in cui Leonardo indica come l’uomo abbia le stesse misure auree che regolano l’universo a cui è unito in un rapporto armonico, proporzionato e indissolubile tra le parti di un insieme, secondo la visione ermetica egizia, greca e romana, con un successivo recupero medievale.

Anche nel celeberrimo dipinto “Monna Lisa” (1503 ca – vedi foto 10), c’è una grande attenzione per la misura aurea che nasconde un codice matematico segreto. Ma la Gioconda gioca anche su uno dei cardini alchemici per eccellenza: l’androginia. Il famoso sorriso sembra racchiudere questo segreto alludendo sia a un carattere maschile che femminile. Sul fondo del dipinto, impercettibile a occhio nudo, il numero 72, simbolo dell’androgino alchemico. Leonardo è alla ricerca di un sistema scientifico per la pittura, matematicamente misurabile, ma al tempo stesso si concede ai simboli alchemici che si relazionano con l’irrazionale e lo spirituale 15) .

Albrecht Dürer (1471-1528) è noto per l’invenzione della tecnica incisoria dell’acquaforte,

tecnica analoga alle trasmutazioni alchemiche. L’incisione “Melancholia I” (1514 – vedi foto 11) allude alla prima prova degli alchimisti: uno stato di malinconia, angoscia e travaglio interiore è associato alla Nigredo, simile alla notte. Con il tema della malinconia,

gli artisti rinascimentali volevano comunicare, servendosi di un linguaggio cifrato comprensibile solamente agli adepti, precisi insegnamenti esoterici e illustrare le quattro fasi della procedura alchemica:

–nigredo (nero/notte): depressione, ansia, paura e solitudine

–albeda (alba/bianco): cura, trasformazione e rinascita

–citrinas (pomeriggio/giallo): guarigione, consolidamento e consapevolezza

–rubedo (tramonto/rosso): compimento, gioia e spiritualità

Le 4 fasi dell’alchimia prendono il nome dai 4 colori fondamentali della pittura greca: nero,

bianco, giallo e rosso. Esse furono messe in relazione ai 4 elementi, alle 4 stagioni e alle 4 fasi del giorno. Secondo Jung “Per nascere veramente, occorre rinascere” 16) .

Il titolo dell’opera di Dürer è scritto in alto a sinistra, ma accanto alla parola Melancholia (10 lettere), sono state aggiunte le lettere S (simbolo del carattere volatile della materia) e il numero romano I (indica una condizione primitiva, la prima fase degli alchimisti –

nigredo). In tutto sono 12 le lettere che compongono la scritta, come i 12 mesi dell’anno e i 12 segni zodiacali. La donna reca un compasso nella mano destra (simbolo che allude allo spirito che guida e modella la materia).

L’origine della Massoneria è uno dei grandi enigmi della storia. L’arte dei tagliatori di pietre, i cavalieri templari, gli architetti e gli artigiani che costruirono il Tempio di Re Salomone e perfino i culti dei misteri del mondo antico sono stati proposti quali fonti dell’Ordine. Studi più recenti, tuttavia, hanno dimostrato che molti fondamenti filosofici della Frammassoneria – Libera Muratoria – traggono origine dal Rinascimento, da tradizioni mistiche come la Cabala e l’Ermetismo, alle quali è stata data una struttura simbolica derivata dalle corporazioni dei mestieri medievali 17) .

Il Seicento si aprì con le scoperte astrologiche di G. Keplero e di Galileo e si chiuse con il Newton che espose le sue leggi sulla gravitazione universale. Un secolo in cui si parlava dell’autonomia della scienza dalla religione e si poneva la matematica come punto di riferimento imprescindibile per formulare qualunque teoria. Solo ciò che era dimostrabile poteva diventare prassi. La scienza e la filosofia diventarono inseparabili e il valore degli studi non dipendeva più dalla loro corrispondenza con una possibile verità, ma doveva seguire procedure rigorosamente scientifiche che partivano dall’esame di fenomeni concreti. Il Seicento è considerato un punto di rottura con l’Ermetismo, ma favorì la nascita di una nuova mistica chiamata Teosofia: sapere filosofico legato al concetto che tutte le religioni hanno un’unica origine che afferma di poter condurre l’uomo alla verità attraverso una conoscenza esoterica della divinità. In un secondo momento sancì l’affermazione della Massoneria speculativa 18) . Nel Seicento, quando l’alchimia era ormai praticata anche nelle

piccole città, pittori e alchimisti condividevano nel loro lavoro molte sostanze come l’olio di lino, gli spiriti, i minerali brillanti e colorati, il vetriolo, ecc. Nella pittura barocca in generale, i temi alchemici sono numerosi. A Roma avevano un grande successo le idee dell’alchimista Heinrich Khunrath e, in particolare, le sue teorie sullo stretto legame tra alchimia, musica e fede cristiana. Fervido sostenitore di questo pensiero era il Cardinal Del Monte, cultore di astrologia e della tradizione ermetico- alchemica, che di lì a poco divenne il più importante committente di Caravaggio (1571-1610) al quale fece affrescare il suo laboratorio alchemico.

Il dipinto “Giove, Nettuno e Plutone” (1597 – vedi foto 12) risulta essere un’allegoria del processo trasmutativo della materia dallo stato solido (terra) a quello liquido (acqua) e aeriforme (aria); infatti sono raffigurati Giove (zolfo), Nettuno (Mercurio) e Plutone (Sole), figli di Cronos che, secondo i racconti omerici, si spartirono il dominio della terra, dell’acqua e del cielo. Il globo luminoso rappresenta il cosmo e simboleggia la pietra filosofale in cui si vedono il sole (principio maschile) e la luna (principio femminile) in congiunzione. I segni zodiacali che si intravedono nella sfera centrale (pesci, ariete, toro e gemelli) indicano il periodo ideale, la primavera, per svolgere l'opera alchemica. Le tre divinità sono associate a tre animali simbolici che, in genere, le rappresentano: Giove

all’aquila, Plutone a Cerbero tricefalo guardiano dell’Ade nelle cavità sotterranee, Nettuno al cavallo marino dalle pinne grigie. Tutti e tre sono autoritratti dello stesso Caravaggio.

Dalla seconda metà del Settecento, l’arte non veniva più considerata al servizio di “forze superiori” e l’artista non era più uno strumento divino, non gli era data a priori un’interpretazione obbligatoria della natura, ma veniva sollecitato a tenere inconsiderazione una pluralità potenzialmente infinita di fenomeni dietro i quali erano da ricercare i significati più profondi che legavano l’individuo a un Tutto più elevato. In questo contesto, presieduto dal pensiero illuminista fortemente legato alla ragione, l’alchimia riaffermava la sua vera essenza: la sua opera non aveva bisogno di prove scientifiche trattando qualcosa che andava oltre il materiale. A. Schopenhauer riaffermò l’importanza che l’uomo rivestiva nel predisporsi a scoprire quell’essenza della realtà che corrispondeva alla volontà di vivere, mettersi in gioco, tornare protagonisti del proprio destino con la conoscenza, per essere in grado di andare oltre le apparenze delle cose. Un concetto che condusse il filosofo tedesco a fare una distinzione tra fenomeno (analisi delle cose per come appaiono, accogliendo l’illusione imperfetta dell’oscurità che regna nelle dimensioni dei profani) e noumeno (analisi della cosa in sé, percepibile attraverso un approccio polisensoriale unito a ragione e conoscenza, appannaggio dei liberi muratori) 19) .

“L’incubo” (1781 – vedi foto 13) è l’opera che ha reso famoso Johann Heinrich Füssli (1741-1825): uno dei suoi lavori più enigmatici, un’immagine pittorica dalla grandissima introspezione psicologica che costituisce una novità assoluta per l’epoca. In un interno borghese, il demone-incubo siede sul corpo di una giovane donna, riversa sul letto addormentata, quasi a soffocarla. La testa di un cavallo (simbolo delle tenebre del mondo) che compare in secondo piano, minacciosa e spettrale, contribuisce a rendere ancora più terrificante la scena. Gli incubi entrano in possesso dei nostri sensi quando, addormentati, molte delle nostre barriere difensive vengono meno e permettono ad esseri poco piacevoli che arrivano da altre dimensioni di invadere il nostro apparato sensoriale.

In quello stesso anno Immanuel Kant pubblicò “Critica della ragion pura” 20) con l’intento di mettere in discussione le certezze della scienza. Indagò, infatti, il dubbio cartesiano 21) dirottandolo verso se stesso in quanto, come affermava David Hume 22), l’oggettività della scienza non poteva esistere (il solo affermarlo risulterebbe un “pensiero oggettivo” e quindi fuorviante) perché risultava soggettivo il procedimento di qualunque prassi dimostrativa. Il pensatore tedesco propose, perciò, un altro percorso filosofico con lo scopo non tanto di indagare la realtà, ma di testare le possibilità di accesso alla verità, mettendo in dubbio la ragion pura e proiettandoci oltre i suoi limiti. I dubbi di Kant presero il nome di Criticismo: sintesi di un approccio che metteva in discussione l’oggettività assoluta della ragione ponendo il fenomeno e il noumeno a distanza siderale 23) . Per Socrate il dubbio stesso era espressione della verità. Il Libero Muratore, nell’analisi che lo conduce a indagare l’essenza della realtà, parte proprio dall’esercizio del beneficio del dubbio e non si accontenta, come farebbe lo scettico, di considerarlo un punto di arrivo. Come proposto da Cartesio e perfezionato da Kant, il Massone arriva a dimostrare che il percorso di conoscenza inizia dal dubbio per poi giungere a confermare, filosoficamente, l’esistenza del Grande Architetto dell’Universo. Il libero muratore vuole mettersi in gioco, vuole convivere e crescere con il dubbio che la nostra verità potrebbe non essere definitiva e che si nasconde al solo senso della vista per concedersi solo a coloro che hanno intrapreso un percorso di crescita nel “Tempo iniziatico”, 24) che permette di giungere nell’essenza dell’essere che, con un fare morale, etico e virtuoso, indaga i vari mondi della conoscenza e dell’autocoscienza dell’anima. Se così non fosse, verrebbe meno il percorso massonico. Andrea Appiani (1754-1817) è uno dei più moderni artisti del suo tempo: noto per aver decorato Villa Reale di Monza, in particolare per l’affresco che narra la favola dell’anima di “Amore e Psiche” (1791 – vedi foto 14) nell’edificio della Rotonda Appiani. Da Libero Muratore, ha lasciato molte immagini che, nonostante il loro essere apparentemente neo- classiche, attraverso la dimestichezza con il mito, venivano inserite in contesti di fantasia ritenuti implausibili per l’epoca. Ne sono risultati una serie di segni e simboli esoterici che dimostrano come la verità non può essere di per sé conosciuta e può essere raggiunta solo accettando la provvisorietà e la precarietà della realtà oggettiva. Come dimostra Appiani, la prova della sua esistenza esiste proprio nel momento in cui dubitiamo delle false illusioni che oscurano il cammino per raggiungerla.

William Blake (1757-1827) è stato un artista educato all’esoterismo e studioso dei testi attribuiti a Ermete Trismegisto che si presentava come avverso al razionalismo dell’Illuminismo e sostenitore di quella lucida immaginazione in grado di far nascere un dipinto quasi per magia. Fece parte della società dei Rosa Croce ed era considerato da alcuni colleghi come una persona mentalmente alterata: “L’immaginazione non è uno stato mentale, ma è l’esistenza umana stessa. Se le porte della percezione fossero purificate tutto apparirebbe all’uomo come in effetti è: infinito”! La razionalità priva di ogni dubbio  è mandare in corto circuito la ragione.

limitativa perché è finita e impedisce di vedere ciò che potrebbe essere visto e tenta di spiegare ciò che non può essere spiegato 25) . Blake, seppur indirettamente, ci fa comprendere quanto il dubbio sia positivo perché fonte di ogni ricerca e condizione di ogni conquista. Per il Libero Muratore risulta essere uno stato esistenziale che lenisce sentimenti di insoddisfazione e di inquietudine connessi alla sola superficie di tutte le cose, trasformandosi in energia propulsiva e stimolo per deflagrare lo Schopenhaueriano velo di Maya che cripta tutte le cose del mondo 26) .

Tra le sue opere più suggestive ci sono “Jerusalem” (1804 – vedi foto 15) e “Il sole allaporta d'Oriente – il Vecchio dei Giorni misura il tempo” (fine 1700 – vedi foto 16). Nella prima, l’apprendista – con le sue incertezze ed i suoi dubbi – sta facendo il primo passo verso la conoscenza e utilizzerà il disco che porta con sé per poter vedere oltre. Egli sa che andrà incontro a una morte spirituale per rinascere in un’altra dimensione, pur rimanendo Signore dei due mondi (gambe a cavallo di entrambi i mondi). Il dubbio, in questo caso, si genera dal disagio procurato dall’oscurità che non ci permette di orientare il nostro

percorso verso le virtù massoniche. Il profano tende a negare ogni dubbio mentendo a se stesso considerandosi portatore di una verità assoluta e incontrovertibile. Il Libero Muratore, al contrario, lo utilizza per alimentare i valori e per intercettare quella luce che lo condurrà verso la verità della verità. Nella seconda opera, l’apprendista è diventato maestro – fine della Grande Opera – ed è stato accolto alla Corte di Dio: è come un sole, una stella, un faro da seguire. É in pieno possesso di se stesso ed è consapevole di passato, presente e futuro. Il compasso, generalmente associato alla squadra, è uno dei principali simboli esoterici: esso serve a tracciare il cerchio, mentre la squadra serve a tracciare il quadrato. Palese evocazione del Grande Architetto Dell’Universo.

La lunga e variegata coda dell’alchimia spirituale e dell’esoterismo influì sulla produzione pittorica della seconda metà dell’Ottocento, soprattutto in ambito simbolista, all’interno di quella rinnovata attenzione nei confronti del mondo occulto che si configurava come risposta al più crudo positivismo, cercando di dimostrare al di là dell’evidenza esistevano altri mondi contrassegnati dallo spirito e dalla propensione verso Dio. Su queste linee spiritualiste si mossero diversi gruppi di nuovi alchimisti e di rosacrociani con l’intento dichiarato di scoprire il mondo che stava oltre. Anche l’arte, come strumento privilegiato per esplorare la realtà invisibile, contribuì in modo determinante a questa indagine ricorrendo all’immaginario alchemico e al simbolo con contenuti spesso complessi e universali. Se l’artista ha il compito di raffigurare, nelle sue opere, ciò che percepisce attorno a sé a prescindere dal suo esserne più o meno cosciente, include il Divino. Jan Toroop (1858-1928) si formò a Bruxelles dove maturò un linguaggio pittorico decisamente opposto al naturalismo, caratterizzato da un ermetismo simbolico ed esoterico manifestato in modo particolare in alcune copertine disegnate per Louis Couperus, che saranno considerate modello per le successive stilizzazioni dell’Art Nouveau: “God and Golden” (1903 – vedi foto 17). Alfonse Moucha (1860-1939) fu un artista eclettico e un grande disegnatore che produsse  un generoso numero di opere: in modo particolare si occupò di manifesti teatrali e cover per libri e riviste. Considerato uno dei padri dell’Art Nouveau – “Zodiaco, La Plume” (1897– vedi foto 18) –, fu iniziato alla Massoneria a Parigi nel 1898 diventando, a sua volta, promotore di una Loggia in Cecoslovacchia nel 1919 occupando il ruolo di Maestro Venerabile promuovendo i valori di tolleranza, libertà, solidarietà, verità e fratellanza 27) .

Il Novecento fu il secolo di due correnti artistiche che si legavano, in modo diretto e indiretto, alle evoluzioni dell’esoterismo e dell’alchimia nel corso dei secoli: la Metafisica e il Surrealismo. La Metafisica di Giorgio de Chirico (1888-1978) è assolutamente compatibile con la tradizione ermetico-cabalistica: Il termine fu adottato per definire una pittura che aspirava a superare i limiti del visibile e del reale, rivelando un significato profondo degli oggetti attraverso il loro inconsueto accostamento in un clima di suggestione magica e atmosfera enigmatica e silente.

Il dipinto “Le Muse Inquietanti” (1917/18 – vedi foto 19), non solo esprime qualcosa che va oltre l’apparenza fisica – l’essenza intima della realtà al di là dell’esperienza sensibile –, ma propone una serie di simboli legati all’alchimia e alla Libera Muratoria come il pavimento a scacchiera, l’uovo ermetico, colonne e templi (che sono una costante di tutto il corpus dechirichiano insieme alla dualità e all’equilibrio degli opposti). Come scrive lo stesso De Chirico: “Il pittore, come un alchimista nel suo laboratorio, cercava la materia meravigliosa.

Era possibile che un pittore compisse un lavoro da alchimista, diventasse una specie di mago”. Il parallelo tra la visione del mondo surrealista e la tradizione alchemica si riscontrava già nel paragrafo iniziale del Manifesto di Breton (1924): “L’uomo, come l’alchimista, è il sognatore definitivo”. Un volantino surrealista dell’epoca recitava: “Voi che avete piombo in testa, fondetelo per farne oro surrealista”. In fondo il Surrealismo era una filosofia di vita, basata sul concetto caro all’Alchimia: “Conoscere se stessi per poter trasformare se stessi”. Il più surrealista dei surrealisti, non solo nelle opere che ci ha lasciato, ma anche nella tipologia di vita che ha condotto, è stato certamente Dalí. Salvador Dalí (1909-1989) era sensibile e attratto dal mistero, dal paranormale, dalla cabala e all’alchimia: spesso ne seguì il simbolismo memore delle filosofie del passato e dei trattati alchemici. Per l’artista spagnolo, l’amore e la donna erano elementi essenziali per il percorso iniziatico: in molte sue opere, l’eros risulta essere un passaggio obbligatorio per giungere all’”oro”. Dalì disegnerà anche un celebre mazzo di Tarocchi legato agli Arcani Minori.

Negli anni Trenta del Novecento, Dalí arrivò a scomporre la materia e a cercare di frammentare le sue opere, quasi come voler anelare a una lucida trasmutazione intuendo che un dipinto poteva aleggiare nell’aria come fosse senza peso. Nel dipinto “Orologi molli” (1931 – vedi foto 20), gli elementi fluttuano nello spazio senza avere un preciso luogo di ubicazione: la trasformazione è certamente implicita in questo lavoro. Se luogo e spazio non hanno più vincoli, forse anche il terzo elemento che contraddistingue la nostra esistenza viene a cessare: il tempo.

La arti visive del Novecento si sono divise tra figurative e astratte. Da una parte la bellezza esteriore e il realismo potevano condurre verso l’estasi, verso il sole della vera conoscenza platonica. Dall’altra nell’Arte astratta, il pensiero e i contenuti emotivi (più irrazionali e istintivi) conducevano in dimensioni altre a patto che il fruitore entrasse nella dimensione creativa ed estatica dell’emozione che aveva presieduto la creazione dell’artista.

Jackson Pollock (1912-1956) ha sempre avuto un grande interesse per il mondo dell’alchimia e per i processi di trasformazione della materia. Pollock dichiarava di dipingere il stato di trance: “Quando dipingo non sono consapevole di ciò che sto facendo.

É solo dopo un periodo di convivenza con un mio quadro che mi rendo conto di ciò che ho fatto”. L’alchimia si manifesta nel caos iniziale della materia, nella drammatica ricerca della metamorfosi in forma, in termini istintivi, dinamici e drammatici. I Surrealisti lo avrebbero definito “automatismo psichico”, quello di Pollock potrebbe essere chiamato “automatismo fisico” per la tecnica dell’Action painting e del Dripping in cui il colore viene sgocciolato dal pennello o direttamente dal tubetto sulla tela, enfatizzando l’atto fisico della pittura. La sua composizione “Alchimia” (1947 – vedi foto 21), nella quale la materia del colore è ottenuta attraverso una serie di sovrapposizioni, conferma l’idea che l’alchimia può esercitare sull’opera un pathos, una vitalità esplosiva, uno stimolo per la ricerca della genesi del Tutto proprio ripartendo da Platone. Essere veramente liberi significa rompere le catene che ci legano alla caverna, prenderne coscienza, non desiderare immediatamente di fuggire all’esterno, rifuggendo quella verità relativa che inquieta e che non ha gli strumenti per andare oltre. Girarsi, superare l’abbaglio iniziale della luce del fuoco, mettere a fuoco l’origine del Tutto e trovare il coraggio di trasformarlo nel proprio percorso esistenziale.

TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’. M. V.

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NOTE

1) Johann Wolfgang Goethe, Le affinità elettive, Garzanti, Milano, 2008.

2) F. Sartori, Il mito della caverna, in Platone. La Repubblica, libro VI, Laterza, Bari, 2007.

3) F. Nietzsche, Su verità e menzogna in senso extramorale, Adelphi, Milano, 2015.

4) Semir Zeki, La visione dall’interno. Arte e cervello, Bollati Berlinghieri, Torino, 2007.

5) C. Rovelli, La realtà non è come appare. La struttura elementare delle cose, Cortina Raffaello Editore, Milano, 2014.

6) V. Capparelli, Il messaggio di Pitagora. Il pitagorismo nel tempo, Edizioni Mediterranee, Roma, 1990.

7) C.G. Jung, Gli archetipi dell’inconscio collettivo, Bollati Berlinghieri, Torino, 1977

8) G.C. Signore, Alchimia. Evoluzione ed involuzione della Grande Arte, Edizioni LSWR, Milano, 2017.

9) S. Hutin, Gli alchimisti del Medioevo, Edizioni Arkeios, Roma, 1977.

10) A. Roob, Il museo ermetico. Alchimia e mistica, Taschen, Bonn, 2014.

11) K. Rudiger Mai, Le società occulte. Studio analitico delle organizzazioni segrete: dai Templari alla Massoneria, dai

Rosacroce alla Carboneria fino ai più recenti sviluppi, Editoriale Armenia, Milano, 2007.

12) Costituzione e Regolamento – Grande Oriente d'Italia – Sito Ufficiale

13) D. Rosaci, Arcana memoria. Storia dell’esoterismo, Falzea Editore, Bologna, 2015.

14) L. Soave, Simboli nell'arte. Breve guida per scoprire i significati nascosti nelle opere, Palombi Editore, Roma,

15) M. Campanella, Estetica spirituale. Un viaggio artistico attraverso il simbolismo esoterico, Anima Edizioni,Milano, 2015.

16) C.G. Jung, Il libro rosso, Bollati Berlinghieri, Torino, 2010.

17) W. Kirk Macnulty, Massoneria. Simboli, segreti, significato, Mondadori, Milano, 2010.

18) R. Steiner, Teosofia. Un’introduzione alla conoscenza super sensibile del mondo e del destino dell’uomo, Tipheret, Acireale, 2020

mandare in colto circuito la ragione

19) A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, Newton Compton, Roma, 2011.

20) I. Kant, Critica della ragion pura, Laterza, Bari, 2005.

21) Nella prima metà del Seicento, Cartesio concepisce il destino dell’uomo come segnato dal dualismo tra spirito e

materia. É stato proprio il filosofo francese a prendere in considerazione, per la prima volta dopo la filosofia

classica, “l’esercizio del dubbio” come percorso imprescindibile dell’intero processo di riflessione giungendo alla

celeberrima frase “Cogito ergo sum” (penso e dunque esisto) esaltando la propria consistenza esistenziale in

funzione del pensiero. Cartesio cerca di risolvere la questione della fallibilità del giudizio umano attribuendo alla

volontà (auto-inganno incosciente) la responsabilità di non riuscire a varcare la dimensione dell’oltre per non mandare in corto circuito la ragione.

22) G. Preti (a cura di), David Hume. La regola del gusto e altri saggi, Abscondita, Milano, 2020.

23) Kant e Schopenhauer: fenomeno e noumeno a confronto (skuola.net)

24) Nell’ottica massonica, il tempo non è mai a senso unico, ma diventa pulsione di vita, ricerca esoterica di qualcosa di determinante solo se dissociato dai convenzionali strumenti di misurazione. Il tempo iniziatico è quello collegato al lavoro svolto in Loggia, ma soprattutto all’interno della società in coerenza con i Principi Massonici attraverso i quali il libero muratore mette in connessione la propria con le altre coscienze.

25) T. Todorov, Simbolismo e interpretazione, Guida Editori, Napoli, 1986.

26) A. Schopenhauer, Dal mal di vivere al nulla, Conte Editori, Lecce, 2000.

27) AA.VV., Alphonse Mucha. Modernista e visionario, Forte di Bard Edizioni, Aosta, 2010

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