PLUTARCO

Plutarco, Gli oracoli della Pizia 21, 404d
 
Eraclito, il «filosofo oscuro», visse intorno al 500 a.C., in un periodo in cui l’oracolo delfico godeva del suo massimo prestigio e splendore. In questa dichiarazione riportata da Plutarco, egli tenta di definire l’«oscurità» dell’oracolo, che deve aver lasciato disorientati quanti desideravano risposte brevi e precise alle loro domande o assistenza esplicita in situazioni difficili. Si è spesso sospettato che l’ambiguità dell’oracolo fosse deliberata: dal momento che in una profezia potevano essere lette numerose possibilità, il dio sarebbe stato in ogni caso nel giusto, indipendentemente da quello che poi sarebbe effettivamente accaduto. Eraclito preferisce una spiegazione diversa. Egli distingue due diversi modi di comunicare (a prescindere dal non comunicare): «parlare esplicitamente» e «alludere». Il primo è quello che si usa nella conversazione di tutti i giorni; il secondo è quello dei poeti, ma anche di alcuni filosofi, segnatamente di Eraclito stesso. I frammenti relativamente scarsi delle opere di Eraclito che sono giunti a noi suggeriscono che egli abbia modellato il suo stile su quello dell’oracolo delfico, dicendo sempre troppo poco piuttosto che troppo. Forse è stato proprio questo il principio al quale si sono attenuti tutti i grandi profeti nel corso dei secoli; le profezie di Nostradamus, pubblicate nel XVI secolo e ancora oggi non del tutto comprese, sono un buon esempio di questo stile enigmatico.
 
Credo che [tu] conosca il detto di Eraclito: «Il signore a cui appartiene l’oracolo di Delfi non dice né nasconde, ma accenna».
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