Eraclito, il
«filosofo oscuro», visse intorno al 500 a.C., in un periodo in cui l’oracolo
delfico godeva del suo massimo prestigio e splendore. In questa dichiarazione
riportata da Plutarco, egli tenta di definire l’«oscurità» dell’oracolo, che
deve aver lasciato disorientati quanti desideravano risposte brevi e precise
alle loro domande o assistenza esplicita in situazioni difficili. Si è spesso
sospettato che l’ambiguità dell’oracolo fosse deliberata: dal momento che in
una profezia potevano essere lette numerose possibilità, il dio sarebbe stato
in ogni caso nel giusto, indipendentemente da quello che poi sarebbe
effettivamente accaduto.
Eraclito
preferisce una spiegazione diversa. Egli distingue due diversi modi di
comunicare (a prescindere dal non comunicare): «parlare esplicitamente» e
«alludere». Il primo è quello che si usa nella conversazione di tutti i
giorni; il secondo è quello dei poeti, ma anche di alcuni filosofi,
segnatamente di Eraclito stesso. I frammenti relativamente scarsi delle opere
di Eraclito che sono giunti a noi suggeriscono che egli abbia modellato il
suo stile su quello dell’oracolo delfico, dicendo sempre troppo poco
piuttosto che troppo. Forse è stato proprio questo il principio al quale si
sono attenuti tutti i grandi profeti nel corso dei secoli; le profezie di
Nostradamus, pubblicate nel XVI secolo e ancora oggi non del tutto comprese,
sono un buon esempio di questo stile enigmatico.
Credo che [tu] conosca il detto di Eraclito: «Il signore a cui appartiene
l’oracolo di Delfi non dice né nasconde, ma accenna».
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