LA TOLLERANZA DEL MASSONE SCOZZESE

La Tolleranza del Massone Scozzese(

“Dacci comprensione e tolleranza per rispettare le opinioni degli altri…” La preghiera laica, nella sua universalità, letta come può essere da tutti, aderenti ad una fede e no, racchiude forse meglio di ogni altra cosa il principio, la parola chiave che ci rende concretamente e spiritualmente liberi ed uguali.

            Comprensione e tolleranza, in cui sono compendiate tutte le virtù dell’uomo nei suoi rapporti sodali e civili, parole forse trasferite nella nostra cultura troppo affrettatamente con amicizia, principio che appartiene alla sfera degli affetti intimi e personali.

            La tolleranza , cioè la comprensione e il rispetto degli altri e delle altrui opinioni, la lealtà e la sincerità, la solidarietà verso tutti per l’affermazione della democrazia come costume di vita è il risultato di un lungo processo di educazione e di autoformazione, che si realizza lentamente all’interno delle nostre Officine.

            Se vogliamo ripercorrere lo stimolante itinerario del concetto moderno di tolleranza, dovremmo ricordare la straordinaria analisi di Locke, e rileggere Voltaire, con una rivisitazione che ci faccia ritrovare le nostre radici nella ragione illuministica e dare corso ai nostri principi libertari, riprendendo la famosa affermazione di Max Weber secondo il quale per la garanzia della libertà di scienza e coscienza l’unico tempio aperto dovrebbe esser il Pantheon.

            Una lunga premessa che vuole solo provocare la riflessione, perché le parole possono essere vuote espressioni o pietre con le quali costruire l’edificio della nostra vita democratica. Riflessione ad alto contenuto pedagogico come momento di autoeducazione, che potrebbe accompagnarci in una costruttiva e piacevole avventura di elevazione, e che non possiamo affrontare da soli perché occorrono capacità di chiedere e offrire ausilio, e desiderio e volontà di accettazione degli altri comunque siano.

            Prima condizione è di riconoscere che tutti siamo parimenti depositari di diritti da rispettare, se si esclude quello di essere intolleranti e di esprimere giudizi morali e perseguitare qualcuno per le idee, le opinioni, sulla base di pregiudizi, di dogmi, di pseudo verità assolute. Con la formazione che quotidianamente riceviamo nei nostri Templi possiamo e dobbiamo rappresentare un prezioso modello sociale per combattere tutti quei casi di violenti intolleranze che ci circondano, provocate da odio etnico, religioso e perché no anche politico.

            Il principio di tolleranza, che dovrebbe animare costantemente la nostra vita, si fonda sul duplice presupposto della inalienabile libertà individuale dell’uomo  e dei limiti connaturati dell’intelletto, che vietano ad altri di imporre come assolutamente e universalmente vere le proprie credenze, i propri convincimenti, come spesso accade nel campo religioso e politico.

            Fu proprio per rifiutare la persecuzione religiosa che furono gettate le basi della moderna democrazia americana, quella che più onora i concetti di tolleranza, di intercultura, di interetnia, tanto troppo spesso devastati nella nostra cronaca quotidiana.

            La tolleranza come mezzo per evitare errori di giudizio e con essi le infamie e gli errori denunciati dalla ricerca storica e ancora presenti nelle nostre quotidiane relazioni, diventa allora un dovere morale , prima virtù dell’uomo, massima espressione di saggezza e apertura al futuro e alla verità.

Al contrario l’intolleranza è spesso pigrizia mentale, incapacità di allargare gli orizzonti del proprio ragionamento, il ventaglio delle competenze, è vetustà intellettuale, dipendenza psicologica, prepotenza spirituale.

La tolleranza però non esclude la fierezza nel sostenere le proprie ragioni, perché rimane sempre la libertà di compiere o di non compiere ciò che è determinato dalla nostra volontà, sulla base del concetto universale ed eterno di non fare agli altri ciò che non vorresti fatto a te, e fare agli altri tutto il bene che vorresti che gli altri facessero a te.

            Noi viviamo un’età dell’uomo caratterizzata dalle contraddizioni delle trasformazioni epocali, e della nostra società siamo parte significativa. E’ una età che sembra avversare ogni compromissione positiva con l’altro, età in cui l’individualismo e il localismo si fanno sempre più egoistica esigenza di difesa del proprio spazio vitale a danno di tutti, individui e società, in cui la differenza che tutto distrugge e annulla è la caratteristica e la condizione dominante e tragica della vita di relazione.

Un’età in cui i processi si fanno sommari e le guerre e le distruzioni, che pure ci colpiscono emotivamente, diventano spettacolo quotidiano al quale assistiamo nel caldo tepore della casa e degli affetti.

Eppure mai come in questa nostra epoca le relazioni, gli scambi, i contatti si sono fatti più stretti, più frequenti, immediati, planetari. Ma sono comunicazioni che soddisfano solo lo scambio di informazioni economicizzate, che non sono comunione, il cui tramite fondamentale è solo la parola e non anche lo sguardo, il sorriso, il desiderio di compiacere, di informare per migliorare, per aiutare, per condividere.

            Io credo che i principi che la libera muratoria ci trasmette quotidianamente possono essere una sfida ai tempi, ma non dobbiamo aspettare che gli altri se ne accorgano, dobbiamo essere noi a proporsi costantemente con l’esempio e il modello di vita perché si è Massoni in ogni momento della giornata e non solo all’interno delle nostre Officine.

TAVOLA SCOLPITA DAL FR .’. G. T.

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