I GUANTI BIANCHI

I GUANTI BIANCHI

Con il grembiule i guanti costituiscono l’usuale abbigliamento del Massone e, originariamente, avevano la funzione di proteggere le mani. Come il grembiule evitano le lesioni causate dalle schegge o dalla sostanza del materiale lavorato e inoltre proteggono dal freddo. I guanti, con il grembiule di pelle, sono quindi un rivestimento che costituisce a priori un’evocazione della tenuta dei muratori del Medioevo, finalizzata ad evitare le ingiurie e le irritazioni epidermiche causate dal lavoro della pietra. Nella ritualità massonica la loro origine è dunque lato mistica e non cavalleresca, come talora si è affermato, dalla quale invece deriva l’uso della spada. Mackey e Gould3 rinviano a un’incisione copiata da una vetrata di una cappella absidale della cattedrale di Chartres e pubblicata negli Annales Archéologiques. La vetrata (XIII sec.) rappresenta dei massoni operativi al lavoro. Tutti indossano dei guanti, e, come si ricava dall’immagine e dalla nota finale del testo, il tagliatore di pietra a capo scoperto sotto il compasso sulla destra indossa guanti molto spessi, mentre l’architetto incappucciato a sinistra che sonda il muro a piombo ne porta di più fini. Decisivo è anche il dettaglio dei costruttori della Torre di Babele reperito in una miniatura della Crusader Bible, nota anche come Bibbia Morgan o Bibbia Maciejowski, manoscritto illuminato del 1250, in cui si vede chiaramente che i muratori indossano dei guanti. Pur non essendo molte le immagini medioevali di muratori guantati– al punto che Robert Macoys nel Dictionary ofFreemasonry(1859) affermava perentoriamente che, diversamente dai Liberi Muratori, nessun massone operativo li aveva mai utilizzati, l’uso dei guanti è tuttavia attestato in alcuni documenti riportati nello stesso numero degli Annales6 e menzionati da Mackey e Gould: nel 1381 il castellano di Villaines-en-Duesmois fa un acquisto abbastanza considerevole di guanti per darli agli operai al fine di «salvaguardare le loro mani dalla pietra e dalla calce»; a Digione nel 1383-84 si acquistano numerosissime dozzine di guanti per distribuirli ai maçons per i lavori alla certosa di Champmol; nel registro dei conti 1486-87 della città di Amienssi trova la quietanza al guantaio Pierre Daminois per l’acquisto, la consegna e il pagamento di diverse paia di guanti di pelle bianca di pecora con cinghie da dare ai muratori (machons) e ai tagliatori di arenaria (tailleurs de grez). Gould, nel suo studio, incastona un’altra referenza iconica che si rinviene nelle Vitae duorum Offarum, manoscritto del monaco benedettino Matthew Paris, dove un’immagine che illustra la costruzione dell’abbazia di St. Albans è abbastanza simile a quella della vetrata di Chartres, nonché altre prove documentali di origine britannica. Tra queste i registri della cattedrale di York, nei quali è usuale trovare nel 1355 tuniche, grembiuli, guanti e zoccoli dati come compenso per lavori straordinari, nel 1371 grembiuli e guanti consegnati ai muratori e ad altri artigiani e naprons et cirotecis (grembiuli e guanti) nel 1404. Ulteriori registrazioni appaiono negli anni 1421-22, 1432-33 e 1498-99, fino all’ultima registrazione del 1507: For approns and glovys for settyng to the masons (per grembiuli e guanti per la copertura dei muratori). L’usanza esisteva ancora nel 1629, sotto il cui anno nei conti di Nicoll Udwart, tesoriere dell’Heriot’s Hospital di Edimburgo – splendido esempio di un edificio scolastico di architettura rinascimentale – si trova: Item, for sex pair of gloves to the Maissones at the founding of the Eist Quarter (Inoltre, sei paia di guanti ai Massoni per la fondazione del quartiere orientale). Senza dubbio, altre e nuove ricerche hanno portato8 e porterebbero a prove documentali e testimonianze iconiche eloquenti attestanti l’uso dei guanti. Ma è fuor di dubbio che i costruttori di cattedrali, abbazie e grandi opere civili e militari, pubbliche e private del Medioevo e del Rinascimento indossassero guanti per proteggere le mani dalle conseguenze del loro lavoro. È altrettanto evidente che i massoni speculativi abbiano ricevuto dai loro predecessori operativi i guanti massonici, così come il grembiule, entrambi i quali, essendo utilizzati da questi ultimi per scopi pratici, sono stati assegnati dai primi, nello spirito del simbolismo, a uno scopo più nobile e glorioso. I banchetti a spese dei nuovi membri e la pratica di esigere da loro dei guanti (o denaro per l’acquisto), chiamata clothing the lodge (vestire la Loggia), erano in voga alla fine del XVI sec. e l’usanza durò fino alla seconda metà del XVIII. Infatti, nel 1598 e 1599, William Schaw, Maestro delle Opere del Re e Sorvegliante Generale del Mestiere, pubblicò nuovi Statuti per le logge dei muratori in Scozia, i cui membri erano chiamati Masons e sottoposti a una ricezione rituale nella quale erano “fatti” Brother and Fellow in the Craft (Fratelli e Compagni di Mestiere o d’Arte). Nello Statuto del 1599 – che è un supplemento anziché una revisione di quello del 1598 – si dichiara esplicitamente che il compagno d’arte doveva pagare una tassa d’ingresso per un banchetto e una somma per i guanti dei membri della Loggia. La pratica di origine operativa del dono dei guanti è anche descritta in un’opera del 1686 di Robert Plot, un erudito profano privo di simpatie per la massoneria, in cui si dice che la Society ofFreemasons, alsuo tempo, ammetteva candidati tra persone della più eminente qualità (persons of the most eminent quality) che, nella prima riunione, dovevano portare in dono guanti per tutti e per le loro mogli e offrire inoltre una colazione. Siamo nella fase di ammissione di persone estranee all’ambiente muratorio, nel momento in cui le fratellanze dei muratori inglesi e scozzesi si trasformavano subendo più decisamente l’influenza platonica, ermetica, bruniana e rosacrociana come pure della prisca theologia, dell’erudizione e dell’antiquaria. Intanto, nei primi anni del XVIII sec., il termine tecnico clothing the lodge implicava che ogni Fratello al suo ingresso fosse tenuto a fornire a ogni membro presente un grembiule e un paio di guanti. Lo si capisce dal VII dei Regolamenti Generali delle Constitutions di Anderson del 1723:«Every new Brother at his making is decently to cloathe [sic] the Lodge, that is, all the Brethren present, and to depositsomething for the relief of indigent and decayed Brethren» (Ogni nuovo Fratello alla sua ammissione dovrà decentemente vestire la Loggia, cioè, tutti i Fratelli presenti, e depositare qualcosa per il sollievo di Fratelli indigenti e bisognosi). Come anticipato, agli inizi della massoneria moderna, questa fu la consuetudine sia in Gran Bretagna che in America, ma, crescendo il numero degli affiliati, la necessità di fornire costantemente questi abbigliamenti diminuì e l’usanza fu abbandonata. Anche se in pressoché tutte le immagini settecentesche di cerimonie massoniche nessuno porta i guanti, il frontespizio delle Constitutions del 1723 ce ne indica l’uso: il Primo Gran Sorvegliante Josias Villeneau, oltre a portare sul braccio destro diversi lunghi grembiuli con i lacci, tiene nella mano sinistra dei guanti. Si può pensare che il loro uso fosse ancora facoltativo nelle logge e si è anche supposto che il grado di Maestro con la leggenda di Hiram di cui si hanno notizie certe solo dal 1730 non fosse ancora legato alla nozione d’innocenza rappresentata dai guanti. Il primo riferimento a quelli che sono forse divenuti i paramenti più caratteristici della Libera Muratoria nell’immaginario pubblico –il grembiule e i guanti–si trova nel più antico catechismo libero-muratorio a stampa conosciuto.La prima messa a nudo del rituale, noto come A Mason’s Examination (per il nome che gli attribuì Gould), fu pubblicata sotto forma di lettera anonima senza titolo nel n. 4712 dell’11 Aprile 1723 del giornale londinese The Flying-Post or Postmaster. Rivelando segreti gelosamente conservati in copie che circolavano privatamente e che spesso venivano distrutte piuttosto che farle cadere in mani profane,visi accenna: When a Free-Mason is enter’d, after having given to all present of the Fraternity a Pair of Men and Women’s Gloves and Leathern Apron… (Quando un Libero-Muratore è entrato, dopo aver dato a tutti i presenti della Fraternità un Paio di Guanti da Uomo e da Donna e un Grembiule di Pelle…). Se fino ad allora era il candidato che doveva regalare i guanti agli altri membri come parte della tassa di ammissione, negli anni immediatamente successivi sembra che i Liberi Muratori, dopo aver ripreso l’antico costume in uso nelle maestranze dei costruttori, lo rovesciassero e facessero diventare normale che fosse la Loggia a regalare i guanti al candidato e a illustrarglieli come simbolo di purezza. Per quanto riguarda questa innovazione, la prima testimonianza si deve a John Coustos(1703-1746), gioielliere e commerciante in pietre preziose, nato a Berna ma naturalizzato inglese. La sua carriera massonica – non improbabile per la sua formazione giovanile come tagliapietre – è degna di nota per

due eventi. Il primo è la persecuzione e le torture che subì dall’Inquisizione cattolica in Portogallo nel 1743, due anni dopo il suo trasferimento a Lisbona, per l’inosservanza della bolla papale In eminenti avendo costituito una Loggia. Il secondo – che qui ci interessa – è che, divenuto massone nel 1730, per la prima volta, nella Libera Muratoria andersoniana, nel suo caso compare il dono a un neo-iniziato di un paio di guanti come riferisce nelle sue memorie il Tommaso Crudeli britannico. La stessa pratica si osservava nella Loggia di Coustos a Lisbona. Sempre dal 1730 fece la sua comparsa la leggenda su cui si fonda la Libera Muratoria. I guanti bianchi si ritrovano così associati alla morte di Hiram per mostrare che i compagni sono innocenti del suo assassinio. In quell’anno veniva data alle stampe la Masonry Dissected di Samuel Prichard, in cui si trova la prima descrizione del terzo grado e dove Salomone dopo l’assassinio di Hiram order’d … that Fellow-Crafts with white Gloves and Aprons should attend his [i.e. Hiram’s]Funeral (ordinò … che Compagni d’Arte con Guanti bianchi e Grembiule dovessero partecipare al suo [i.e. di Hiram] Funerale). L’ordre desFrancs-Maçons trahi (1745) dichiara che durante il funerale di Hiram nel Tempio, tous les Maitres portoient des tabliers & des gands de peau blanche, pour marquer qu’aucun d’eux n’avoitsouille ses mains du sang de leur Chef (tutti i Maestri portavano grembiuli e guanti in pelle bianca, per dimostrare che nessuno di loro aveva macchiato le sue mani con il sangue del loro Capo). Il Trahi, tra parentesi, è anche il primo documento che parla dell’uso di donare al nuovo iniziato un altro paio di guanti da destinare alla donna che stima di più. Un’identica descrizione della cerimonia funebre del Trahi si trova nell’anonimo Anti-Maçon del 1748, che pure menziona la consegna al recipiendario delle due paia di guanti bianchi. Secondo la confessione rilasciata all’Inquisizione da Coustosil 21 marzo 1743, Solomon caused a command to be given to the Officers and Apprentices …that,wearing their Aprons tied to their waists, as their custom now is, and gloves on their hands, they should go to the said place and disinter the body (Salomone fece eseguire un comando da dare agli Ufficiali e Apprendisti …che, indossando i loro Grembiuli legati alla cintola, come è ora loro costume, e guanti nelle loro mani, si dovesse andare al detto luogo e disinterrare il corpo). Anche un manoscritto rituale francese del 1760 riprende, in modo analogo, la scena: Les memes Maitres, qui avoient ete a la recherche du corps de N.R.M.H. partirent en gands et tabliers blancs, pour marquer, qu’ils n’avoient point trempe leurs mains dans le sang de leur Maitre (Gli stessi Maestri che erano stati alla ricerca del corpo del N[ostro] R|ispettabile] M!aestro] H!iram] partirono in guanti e grembiuli bianchi per dimostrare che non avevano immerso le loro mani nel sangue del loro Maestro). Identiche formulazioni si ritrovano in rituali del settimo e ottavo decennio del Settecento che sarebbe ridondante o addirittura pedante menzionare. Basti dire che la medesima descrizione manoscritta –inclusa, ovviamente, la formulazione data al significato della vestizione dei guanti bianchi – finisce per ritrovarsi nei rituali del Rito Scozzese Rettificato (1782), del Rito Moderno (1786) e del Rito Scozzese Antico ed Accettato (ca. 1815). Ciò che importa è osservare che in tutti i rituali antichi l’insegnamento morale nella maestria implica che essi siano immacolati, che non una sola macchia di sangue li lordi: sono la prova che il Libero Muratore non ha commesso alcun delitto e che l’ignoranza, il fanatismo e l’ambizione non hanno spinto nessun Fratello all’irreparabile. Les Plus Secrets Mystères des hauts grades de la maçonnerie dévoilés, ou le vrai rose-croix fu una delle prime e più celebri divulgazioni dei rituali degli alti gradi massonici che ebbe un notevole successo. Nel rituale del Parfait maçon è lu, il primo dei sette gradi in cui, con gli altri due successivi, si sviluppa il tema dell’assassinio di Hiram, si spiega che i guanti che vengono dativous apprennent que l’innocence seule a du chagrin sans remords (insegnano che l’innocenza sola ha del dolore senza rimorsi). Ciò che sarà compiutamente svelato nel grado di Maestro è racchiuso anche negli antichi rituali in grado di Apprendista. Nel catechismo della Maçonnerie adonhiramite è data la seguente spiegazione: D. Porquoivous a-t-on donné des gants blancs? R. Pour m’apprendre qu’un Maçon ne doit jamais tremper les mains dans l’iniquité. (D. Perché vi sono stati donati dei guanti bianchi? R. Per insegnarmi che un Massone non deve mai immergere le mani nell’iniquità). Nel rituale di ricezione nel grado di Apprendista della Guide des Maçons Écossais il Venerabile, prendendo i guanti da uomo, dice: Ne souillez jamais la blancheur éclatante de ces gants, en trempant vos mains dans les eaux bourbeuses du vice; ils sont le symbole de votre admission dans le temple de la vertu (Non macchiate mai il candore splendente di questi guanti, immergendo le mani nelle acque fangose del vizio: essi sono il simbolo della vostra ammissione nel tempio della virtù). Similmente, il Régulateur du Maçon del 1785, ma stampato nel 1801 –che rappresenta la versione primitiva del Rito Francese – spiega: Les gants, par leur blancheur,vous avertissent de la candeur qui doit toujoursrégner dansl’âme d’un honnête homme, et de la pureté de nos actions (I guanti, con il loro colore bianco, vi avvertono del candore che deve sempre regnare nell’anima di un uomo onesto e della purezza delle nostre azioni). All’atto della fondazione del Grande Oriente d’Italia nel 1805 si affermava che: «I guanti bianchi fanno parte integrante dell’abito massonico di tutti i gradi». Ciò veniva riconfermato quando si andava compiendo l’Unità d’Italia: «Tutti i Massoni durante i Lavori avranno i guanti bianchi», spiegando che quest’obbligo come le altre «prescrizioni» fossero «impreteribili onde conservare la decenza, dignità e carattere massonico della tenuta». Semplificando molto, si può dire che solo a dalla fine del XVIII sec.si riscopre il significato «realizzativo» dei simboli del Maestro d’Opera. Nel caso delle vesti della mano, a questi Autori massonici ma anche a quelli del secolo successivo e dei tempi nostri risultava forse sorprendente che i rituali settecenteschi che avevano rimesso i guanti in gran pompa non evocavano mai l’aspetto «operativo», ma piuttosto l’aspetto morale e poco si curavano dell’aspetto allegorico ed emblematico tralasciando del tutto la conseguentemente possibile interpretazione esoterica. Si è detto che i guanti sono maschere delle mani. Sicuramente i guanti rispondevano a un’esigenza etica collettiva, di sociabilità condivisa, e divenivano simbolo d’uguaglianza tra Fratelli, anche perché alle origini della massoneria moderna dissimulavano i segni del lavoro profano, abolendo le differenze di ceto sociale, nascondendo la mano rozza e callosa dell’operaio e quella rosea e delicata del nobile o del borghese sedentario. Ma, oltre a questo aspetto di cooptazione egualitaria in una società inclusiva – l’incontro sulla livella –, nei guanti bianchi vi è anche il riferimento alla sociabilità elitaria nella quale si sviluppa la Libera Muratoria. Assieme e dopo il grembiule – entrambi ricevuti all’atto dell’iniziazione – sono un oggetto di distinzione che fornisce un senso di delimitazione della propria dignità. Sono un simbolo di separazione dal mondo profano e di reclusione nel Sacro. Nell’esprimere anche un’alterità, una distanza fisica e morale dai profani, nell’etichetta testamentaria rappresentano una barriera e s’indossano perché le mani che dovranno toccare i simboli sacri non possono essere quelle che maneggiano gli oggetti profani nella vita quotidiana: il sacro deve essere preservato da ogni profanazione. Come dice il Maestro Venerabile al neofita: «Accetta questi guanti che ti offrono i Fratelli: non offuscarne mai il candore; le mani di un Libero Muratore devono restare sempre pulite». Questa necessità di purificazione, simboleggiata in ogni tempo dalle abluzioni che precedevano le iniziazioni ai sacri misteri come dal loro uso presso ebrei, musulmani e induisti, resta, come è stato detto, sempre di attualità31 , come forma di preparazione all’unità con il divino. Non solo il colore bianco nella tradizione occidentale è sempre stato associato alla purezza e all’innocenza, ma negli antichi misteri e nelle pratiche pontificali etrusche, greche e romane il lavarsi le mani costituiva un atto cerimoniale di ordine exoterico. E, infatti anche oggi, i guanti vengono indossati prima dell’ingresso nel Tempio a significare e indicare la necessità di essere puri da ogni misfatto o atto colpevole per essere ammessi a partecipare ai sacri riti. Mackey ci rammenta la bella iscrizione che ornava in un tempo remoto il frontone di un tempio a Creta: lavati le mani e piedi, prima di entrare. Possiamo aggiungere come Euripide nell’Oreste rimarchi spesso la purificazione delle mani secondo il rito, affinché le porte – non solo dei templi ma anche quelle della comunità – non siano sbarrate. Mackey Gould e Mainguy hanno collazionato, oltre a qualche fonte classica i primi due, taluni riferimenti all’Antico Testamento e il primo molto correttamente ipotizza che il grembiule alluda al «cuore puro» e i guanti alle «mani pulite» e Irène Mainguylo segue. I guanti consegnati al neofita sono destinati ad insegnargli che le azioni di un libero muratore devono essere pure e senza macchia al pari dei guanti. Nelle logge tedesche, dove la parola usata per guanti è Handschuhe (coperture delle mani) e quella per azioni è ovviamente Handlungen (opere delle mani), la nozione simbolica è ancor più significativa. Seguendo Mackey che si rifà ai versetti dei Salmi 24,3-4 (Chi potrà salire il monte del Signore?/ Chi potrà stare nel suo luogo santo?/ Chi ha mani innocenti e cuore puro), i guanti possono essere considerati come il complemento indispensabile del grembiule. Entrambi hanno lo stesso significato e suggeriscono esigenze di purificazione e di rigenerazione. Strettamente connessi nel rito d’iniziazione, il loro simbolismo segue la considerazione del primo ed entrambi rammentano gli impegni solennemente prestati, la purezza richiesta per ogni Lavoro rituale e l’esigenza che le mani di un Libero Muratore restino pure da ogni azione biasimevole e che nella sua coscienza non alberghi alcun sentimento vile. Ad essi sono legati anche il secondo paio di guanti bianchi da donna che, pure temporalmente, il neofita riceve nel corso dell’iniziazione. Di essi qui non trattiamo, perché l’argomento, per la sua profondità e delicatezza, richiede una trattazione a parte che ci auguriamo di potere un giorno sviluppare. Jules Boucher ne La symbolique maçonnique (1948) parlò dei guanti come un filtro che trasforma in benefico il magnetismo emanato dalle mani, suscitando la derisione di qualche Fratello che segue la corrente cosiddetta «fredda» o «razionalista» della Libera Muratoria. Il massone e alchimista francese osservava come nelle assemblee massoniche, dove tutti indossano guanti bianchi, si sprigioni un’atmosfera particolarissima in cui si avverte un’impressione di serenità e quiete e come la modificazione apportata da questo «segno esteriore» sia più profonda di quanto si possa essere tentati di credere. È per noi indubbio che, insieme certamente a molti altri elementi rituali, la posizione assunta per consuetudine dai Massoni in Loggia, detta «del faraone» o altrimenti «dello scriba» o «della sfinge», dove si siede in una postura eretta e rilassata, con le palme delle mani guantate riposanti tra coscia e ginocchio, crei una speciale energia o atmosfera di pace e armonia. Altri Fratelli, sulla scia di Boucher, hanno detto che mettere dei guanti bianchi è come introdurre le proprie mani in un atanor, strumento di solve et coagula, altri hanno richiamato la teoria dei campi unificati o l’olismo della fisica moderna. Sono tutti nomi in cui ci avventuriamo per esprimere come meglio sappiamo la ricerca dell’ineffabile. I guanti bianchi, come è noto, sono indossati per tutta la durata dei Lavori in Loggia, tranne che per il momento consacrato alla catena d’unione. Si potrebbe dire che questa è l’unica circostanza in cui le mani siano denudate e in cui l’atanor dei guanti non è più utile, perché il Massone è simbolicamente divenuto pietra filosofale e può unirsi con le altre pietre nell’unità della catena di mani e di cuori uniti. La Libera Muratoria si concepisce come l’erede dei costruttori di templi e cattedrali. Basandosi sul simbolismo dei massoni costruttori, il Libero Muratore sta lavorando sulla pietra. L’uso dei guanti, come si è visto, si giustifica come protezione delle mani per questo lavoro.  Nel Medioevo, il provveditore dei massoni consegnava i guanti ai cavatori, ai cementari, ai lapicidi e ai posatori per proteggerli nell’esercizio della loro arte. Se si trapassa, perciò, dalla loro funzione operativa al significato simbolico, i guanti bianchi significano, innanzi tutto, che chi li porta è protetto dalle costrizioni materiali esterne e dalle loro aggressioni. Ferite o lesioni dell’esecutore che possono essere intese come i contraccolpi della sua azione: delusioni, attrazioni e repulsioni, ritorni violenti e inaspettati di ostinate imperfezioni dell’io empirico. Chi li indossa ha fatto ogni sforzo per evitare di contaminare il Sacro o l’Opera a cui lavora in Loggia. Oltre alla cura di non alterare la qualità del suo lavoro, il Massone che toglie, raschia, liscia, ripulisce la sua opera, non lascerà neppure le impronte delle dita perché non può rivendicare la proprietà del Sacro; la traccia che deve lasciare è il dirozzamento in sé, l’essenza della sua opera, la finezza del suo lavoro. Nulla rimarrà del sudore della sua fatica, ma lascerà solo la sua anima, unicamente il suo soffio e il suo spirito, affinché l’Opera viva e si irradi sulla terra.

TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’. MORENO NERI

DALLA RIVISTA “HIRAM” 1/2017

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