IL SIMBOLO

IL SIMBOLO

M. Ven. e F.lli carissimi,

La Massoneria è un Ordine universale iniziatico di carattere tradizionale e simbolico. (G.O.I.; Costituzioni; Art. 1)

Il discorso di stasera, dunque, tocca uno dei punti centrali di questa “società”

Il termine simbolo deriva dal greco S u m – b o l o n (Sum-bolon) sostantivo che origina dal verbo S u m – b a l l w (Sum-ballo); significa mettere insieme, congiungere, riunire.

Il simbolo, nell’antica Grecia, era la metà di una moneta o di un anello che si donava all’ospite, di cui, l’ospitante, conservava l’altra metà: i discendenti di uno e dell’altro avrebbero potuto un giorno riconoscersi fra loro, confrontando le due metà combacianti. Ciascuna delle metà era chiamata simbolo, e già in questa circostanza la parola rivelava il suo significato profondo: ogni metà, infatti, non soltanto suggeriva l’immagine dell’altra, ma evocava la realtà del complesso, dell’intero.

Simbolo è un termine molto usato in ambito artistico, psicanalitico, scientifico ed altri ancora, anche se con significati assai diversi.

Nel campo che c’interessa questa sera si rivela, però, difficile da definire.

Leggendo i numerosi trattati sulla Massoneria ci accorgiamo che la definizione di simbolo è regolarmente molto vaga addirittura assente; ci dicono quali sono, ci “spiegano” i significati, ma la definizione non appare con chiarezza.

Appartengo a quel gruppo di Fratelli che pensa la Libera Muratoria, come una scuola Iniziatica che “insegni” allo “studente” a percorrere una strada di perfezionamento interiore. Tale cammino consentirebbe di raggiungere l’obbiettivo richiesto durante l’iniziazione.

Come primo e più semplice significato si potrebbe dire che i simboli rappresentano il linguaggio utilizzato in questa scuola.

I motivi di questa scelta dipendono da numerosi fattori, il principale dei quali è la necessità di comunicare concetti che non sono traducibili in parole.

Il linguaggio, per così dire ordinario, non è in grado di descrivere il mondo apparentemente paradossale che dovremmo esplorare.

Termini come Iniziazione, Conoscenza, Luce, rivestono significati più complessi e di difficile definizione di quelli letti sui vocabolari. Sappiamo bene che persino nella fisica moderna il comune linguaggio non è in grado di descrivere la realtà; anche in questo ambito termini come spazio, tempo, forza, materia, energia, non hanno assolutamente un significato paragonabile a quello ordinario.

Il paradosso è sconcertante: dobbiamo usare il linguaggio per comunicare le nostre esperienze interiori, ma tali esperienze sono indescrivibili mediante la lingua normale. Nasce, dunque, la necessità di utilizzare un mezzo diverso.

Nella Tradizione occidentale, a questo fine, sono utilizzati soprattutto i miti ed i simboli. Il simbolo non è un ideogramma o un segno; non ha un significato assoluto, definito, codificato. Il simbolo è “aperto” per definizione, permette e suggerisce una pluralità d’interpretazioni. Nel pensiero simbolico non vi è, e non potrebbe esservi, una sola ed unica interpretazione. La “lettura” di un simbolo non è un fatto automatico, esplicabile a parole, non può essere letta su un libro, né appresa da un Guru, che abbia l’imprimatur della corretta interpretazione.

Il senso si scopre poco a poco in misura dell’esperienza che si acquisisce.

Frasi come “lasciare fuori i metalli”, “sgrossare la pietra grezza” hanno un significato che dopo due mesi di Massoneria appare evidente e dopo 10 anni, invece, si rivelano dense di contenuti dei tutto inesplorati.

Il simbolo non è solo un diverso tipo di linguaggio; è qualcosa di molto di più.

E’, a mio parere, anche un importante mezzo di meditazione e di riflessione.

Tutti i membri di questa Officina sono particolarmente legati all’effettivo disegno dei Quadro di Loggia durante rituale di apertura, invece dell’apposizione di un quadro già confezionato.

Non è un legame affettivo o emozionale; la concentrazione palpabile dei fratelli durante il disegno, indica l’importanza che attribuiamo alla creazione sulla lavagna dei singoli simboli, che compongono il quadro. Non vorrei fare del facile sincretismo, ma ritengo che la meditazione sui simboli possa richiamare alla mente la relazione tra Buddhisti e Mandala. Nel nostro caso, si tratta di una meditazione superficiale e veloce che però dovrebbe essere in grado di risvegliare idee che dormono profondamente in noi. Questo venire a galla o, perché no, questo parto d’idee è favorito dalla capacità di correlare, di notare analogie. Tale capacità è assolutamente indispensabile per sviluppare l’utilizzo di un’altra logica.

Come il linguaggio ordinario in certi ambiti perde significato, così anche il nostro comune ragionamento non può essere sufficiente. Nelmondo che vogliamo esplorare, il ragionamento analitico, che frammento e polverizza, con una causalità lineare, che porta ad una conclusione inattaccabile non può funzionare.

In questo ambito, termini come “o…. o…’; oppure ‘a = b; b = c dunque a = c che fanno parte dei nostro quotidiano modo di ragionare non hanno più senso. Si deve adottare una logica diversa basata sulle analogie, sulle correlazioni e sulle intuizioni. Tale criterio espone al rischio di grandi errori e di imboccare vie sbagliate. Il labirinto è un simbolo molto rivelatore di questo tipo di problema; non penso comunque, che esista la possibilità di uscire dal labirinto senza un cambiamento radicale della nostra logica di ragionamento. La Tavola Smeraldina è un perfetto esempio di diverso modo di organizzare il pensiero.

Il simbolo è dunque, la vera chiave dei metodo analogico, infatti, con la sua molteplicità di significati, permette accostamenti razionalmente inarrivabili.

Abbiamo finora accennato ad un tipo particolare di linguaggio, ad un oggetto di meditazione e ad una chiave del metodo analogico; il profondo significato e la funzione dei simbolo sono ancora mal definiti.

Forse si potrebbe parlare di un mezzo di contatto diretto, un ponte tra il mondo materiale ed il mondo dello spirito; di una via di accesso al ‘Sé”; di un collegamento che attraverso una parte visibile ci permetta di “vedere” l’invisibile.

Le affermazioni appena lette mettono bene in evidenza la difficoltà di comunicare a parole.

La funzione dei simbolo è di rivelare una realtà totale, inaccessibile agli altri mezzi di conoscenza. (M. Eliade)

La funzione del simbolo è presente ovunque il particolare rappresenti l’universale, non come sogno od ombrabensì come rivelazione viva ed immediata di ciò che non può essere indagato. (Goethe).

Nessun essere umano, nemmeno Leonardo o Michelangelo, può svegliarsi una mattina e decidere: adesso disegno un simbolo. Dunque chi ha “creato” questi simboli? Un fratello di quest’officina ha dato una definizione molto interessante che riporto integralmente: “Gli oggetti presenti nel tempio sono chiaramente vettori di messaggi simbolici che ci arrivano da un tempo più o meno lontano. Chi è il mittente? 0 meglio, chi sono i mittenti? Secondo me, uomini illuminati che hanno voluto in qualche misura farci partecipi della loro esperienza e trasmettere un insegnamento finalizzato a consentirci il progresso lungo un percorso di conoscenza. A volte li chiamiamo col nome collettivo di ‘Tradizione'”.

Il simbolo, ci ricorda l’etimologia, è un’entità che congiunge, riunisce; di cui noi possediamo una metà. Dunque noi disponiamo di mezzo ponte su un fiume che desideriamo oltrepassare. In qualche raro caso avremo dei barlumi che ci permetteranno di vedere l’altra metà del ponte; in quel preciso momento il simbolo funziona e diventa reale. In pratica, agisce.

Non si tratta, quindi, di decifrare un cruciverba particolarmente complicato, ma di stimolare la nostra concentrazione nei confronti dello studio e della meditazione sui simboli; così si dovrebbe provocare un’onda di ritorno che permetta la progressiva “trasmutazione” nell’individuo.

Molte tradizioni riportano questo tipo di azione, non solo passiva come oggetto di riflessione, ma attiva come entità in grado di generare una trasformazione. Ci troviamo davanti alla più misteriosa delle funzioni dei simbolo. Non chiedetemi come, perché, in che modo agisca questo effetto, rivolgetevi a Fratelli più grandi di me.

Ritengo, però, che per degli Iniziati, questo sia il significato più profondo; il significato da indagare.

Inizialmente noi sappiamo solo compitare, quindi riconosciamo le lettere, e non le parole o le frasi. Il nostro dovere è quindi di meditare ed ascoltare, in silenzio, i racconti di viaggio degli altri viandanti. Con il loro aiuto ed il nostro studio dobbiamo cercare di mettere insieme le lettere fino a formare frasi compiute che ci permettano di seguire una strada. Una volta capito questo bisogna poi anche percorreva e sicuramente non è la parte più facile.

N.B. Ho scolpito questa tavola in qualità di II° sorvegliante come tavola di istruzione per i fratelli apprendisti

Fr.·. S.C

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