I BUCHI NERI
di Guido Onorato
Agli inizi del nostro secolo, quando le poche strade esistenti erano percorse da cavalli e carrozze, Albert Einstein ed alcuni fisici matematici, impostarono quella famosa « Teoria della Relatività » che è la base di tutte le più recenti scoperte sulla dinamica celeste. In essa il tempo lo spazio e la stessa materia non presentano le medesime caratteristiche di immutabilità alle quali siamo abituati. In seguito a questa teoria la concezione dell’universo risulta completamente stravolta .rispetto all’antica immagine. L’esperienza basilare della quale Einstein si è servito per divulgare la teoria della relatività ristretta parte dal considerare un treno che viaggia in uno spazio galileiano; in uno spazio, cioè senz’aria e in assenza di campi (attrazioni gravitazionali, magnetiche ecc.) di qualsiasi natura. In questo spazio, il treno viaggia di moto rettilineo, uniforme, cioè con velocità costante. Immaginiamo ora che esistano due osservatori, uno sul treno e uno sulla banchina. L’osservatore che si trova sulla banchina, lancia mediante una pila per esempio, un segnale luminoso, nella stessa direzione del moto del treno. Per l’osservatore che ha lanciato il segnale, vale senz’altro la legge V = C. Per l’osservatore che si trova sul treno la velocità del raggio di luce sarà data invece dalla velocità della luce meno la velocità del treno. Ciò porta alla immediata conclusione che la velocità della luce è diversa per i due sistemi di riferimento; quello fisso, cioè l’osservatore sulla banchina e quello mobile, cioè l’osservatore sul treno. Ma questo risultato, che sembra così evidente, in realtà è illusorio perché è in contrasto con uno dei principi fondamentali della fisica, confermato da innumerevoli esperienze: la costanza della velocità della luce nel vuoto, indipendentemente dal sistema di riferimento. Con un’altra esperienza, avvalendosi sempre dello stesso treno, ed esaminando la incompatibilità del concetto di simultaneità per un determinato avvenimento tra due sistemi di riferimento, uno fisso e uno mobile dimostra poi che « un’attribuzione di tempo è fornita di significato solo quando ci venga detto a quale corpo di riferimento tale attribuzione si riferisce ». In altre parole il tempo non trascorre con lo stesso ritmo per un corpo di riferimento fisso, e per un corpo di riferimento mobile. Prendiamo ora un regolo campione, ad esempio il metro campione conservato al museo di Sèvres e poniamolo sulla superficie di un enorme disco rotante. Poi prendiamone un altro del tutto identico e poniamolo sullo stesso disco, sul centro di rotazione di modo che le due velocità tangenziali siano differenti. Noi osservatori fissi al di fuori del disco, vedremo il metro posto più lontano dal centro contrarsi sempre di più, all’aumentare della velocità tangenziale. Analogamente se disponessi due orologi, uno al centro e l’altro all’estremità del disco, un osservatore estraneo al disco vedrà muoversi le lancette dell’orologio collocato sulla periferia del disco in maniera più lenta di quelle dell’orologio situato al centro del disco. Per questo se avessi a disposizione un’astronave che viaggiasse ad una velocità molto prossima a quella della luce e compissi su questo veicolo una brevissima escursione durata supponiamo qualche minuto, al mio ritorno a terra ritroverei i miei amici invecchiati di molti anni, e più il veicolo sul quale ho viaggiato si è avvicinato alla velocità della luce, maggiore è il lasso di tempo trascorso per quelli che ho lasciato, periodo di tempo che diventerebbe infinito se io avessi potuto viaggiare per un solo istante alla velocità della luce. Con la successiva teoria della relatività generale prevista e sperimentata, la curvatura dello spazio a causa dell’energia gravitazionale dei vari corpi celesti avvia alla comprensione dei moti degli astri e al calcolo delle traiettorie dei corpi nello spazio. Cosa vuol dire che lo spazio è curvo? Vuol dire che quando voglio far partire un razzo, anche se gli imprimo una spinta in direzione perfettamente radiale (quella del filo a piombo) questo razzo si muoverà invece secondo una linea curva a causa dell’attrazione terrestre fino a quando non sfuggirà al campo di attrazione. Ovviamente, a parità di spinta, maggiore è la forza gravitazionale, più sarà curva la traiettoria del razzo. In questa premessa, si sono tirati in ballo concetti che dall’inizio della storia dell’umanità hanno travagliato il pensiero filosofico di tutti quelli che vi si sono dedicati: il tempo e lo spazio. La geometria euclidea con la sua sconcertante evidenza ci ha tutto sommato reso un cattivo servizio. La immutabilità delle misure, il concetto dell’uomo centro dell’universo ci hanno condizionato in modo talmente radicale, da renderci del tutto ostico il concepire che il tempo quale noi lo intendiamo altro non è che una misura relativa approssimativamente al nostro mondo. Il tempo e lo spazio, in assoluto, non esistono. Esistono solamente in relazione a un determinato sistema di riferimento e sono comunque variabili come un elastico! Tutto ciò è oggetto della teoria relativistica, che per lo stragrande numero di conferme sperimentali che finora ha dato è per il momento da ritenersi esatta. Veniamo dunque ai buchi neri – come si formano. Agli inizi dell’ottocento Laplace aveva ipotizzato che nello spazio si potessero trovare dei corpi con una massa talmente grande da avere una forza di gravità a loro volta talmente grande che neanche un oggetto avente una velocità di fuga pari a quella della luce avrebbe potuto allontanarsi. Verso il 1930, dietro l’impulso dato all’astrofisica dalla teoria a della relatività, si formulò la stessa ipotesi in termini diversi, è cioè: visto che i corpi celesti, con la loro massa, esercitano l’effetto di curvare lo spazio, si pensò che potesse esistere un corpo celeste avente una tale massa da curvare totalmente lo spazio; in altri termini, un raggio di luce originato dalla superficie di questo corpo, percorrerebbe una traiettoria circolare fino a tornare sulla superficie del corpo emittente. È possibile che esistano di cosiddetti corpi nello spazio? A questa domanda ci sono due risposte che la confermano; una teorica, e una sperimentale. Una stella brilla perché brucia il suo combustibile che è costituito essenzialmente da idrogeno. Se ha una massa simile a quella del sole tenderà, verso l’esaurimento del suo combustibile, a trasformarsi in una nana bianca cioè in una stella di dimensioni inferiori nella quale la forza di gravità dovuta alla sua massa tende a schiacciare gli atomi, gli uni contro gli altri, senza per altro riuscire a rompere l’equilibrio atomico. Se la stella invece ha una massa almeno dieci volte superiore a quella del sole la forza forte (attrazione nucleare) ha il sopravvento “e quando il combustibile comincia ad esaurirsi gli atomi vengono a concentrarsi facendo entrare gli elettroni nei nuclei. Questo avviene con una enorme esplosione di energia che dà luogo a una cosiddetta Supernova, che dopo aver brillato brevemente passa al successivo stadio di stella neutronica. Una stella cioè nella quale gli elettroni entrati nel nucleo hanno annullato la loro carica elettrica con i protoni trasformandoli in neutroni. La stella neutronica è già molto vicina un buco densità nero, avendo una eccezionalmente elevata. Come hanno fatto gli astrofisici La a giungere a queste conclusioni? scoperta, recentissima, data con l’inizio delle esplorazioni spaziali, durante le quali è stato possibile installare a bordo dei satelliti artificiali degli spettrografi atti a captare i dallo segnali provenienti spazio, nella banda dei raggi X non captabile da terra perché trattenuti dall’atmosfera. Nelle strisce degli spettrografi, trasmesse a terra, trovarono nella banda dei raggi X dei segnali periodici provenienti da alcune galassie, che in un Primo momento, è storia, fecero pensare a dei segnali di extraterrestri. Solo in Seguito a successivi esami, si accorsero data la loro invariabilità che non potevano venire da esseri intelligenti. Ora, la emissione di raggi X può avvenire solo in seguito a fusioni nucleari e che sviluppanti un calore di alcune decine di milioni di gradi si possono verificare solamente quando le stelle abbiano Struttura una come quella delle stelle di neutroni. Dalle stelle di neutroni al buco nero, il passo è breve, e direi quasi fatale, perché una stella avente la massa e la densità necessarie essere una per neutronica tende a fagocitare tutta la materia che gravita nel suo spazio finché giungerà alle dimensioni critiche e diventerà un buco tutto nero, continuando peraltro a fagocitare materia. questo che abbiamo detto finora riguarda dunque il di tentativo dimostrare come, teoricamente giustificatissimi, i buchi neri abbiano avuto anche delle conferme Se sperimentali della loro esistenza. supponiamo ora di cominciare aver dimostrato la loro realtà, possiamo a discutere, Mettendo a punto le varie peculiarità del buco nero, una balza evidente all’osservazione. Nel buco nero, si può entrare, ma non si può uscire. In secondo luogo nei limiti della sua ergosfera concetti di spazio e tempo risultano totalmente stravolti in quanto ogni oggetto che viene catturato dai buchi neri verrebbe a viaggiare per un certo tempo almeno, alla velocità della luce con le conseguenze previste dalle equazioni di Maxwell-Lorenz: un puro e semplice balzo nell’infinito spazio-temporale. Potrebbe forse voler dire che i buchi neri sono porte a senso unico di un’altra dimensione. Io credo tuttavia, al di la di ogni congettura, che la mente è libera di inventare sui possibili universi che ci aprono i buchi neri, ma un risultato concreto, un dato, lo possiamo desumere con certezza grazie alla teoria della relatività. Il tempo, e lo spazio, quali noi li intendiamo, esistono solamente in relazione a noi stessi. Non esistono invece nel cosmo degli avvenimenti ordinati in una successione temporale intesa come un prima e un dopo. Per quanto ne sappiamo, potremmo ancora essere in pieno bigbang, ammessa che sia vera tale teoria, perché qualora si avverasse che fosse possibile superare la velocità della luce, e alcune osservazioni sui quasar lo dimostrerebbero, non solo potrebbe sussistere la possibilità di fermare il tempo, ma addirittura di arretrare, come in una macchina del tempo alla Giulio Verne, realizzando così una creazione continua da padre in figlio e se il figlio viaggia più veloce della luce, da figlio in padre. Un moto perpetuo di energia, materia, velocità in uno spazio con- tenente un’infinità di altri spazi.