IL CERVELLO

IL CERVELLO

 di Ezio Bruna

 Il cervello è un organo misterioso. Già gli Egizi ne parlavano nel XVII secolo a.C. descrivendo come si comporta il corpo dopo una ferita alla testa. Nel passato furono soprattutto le ricerche anatomiche a far luce sulla essenza del cervello. Golgi sfruttando una speciale colorazione riuscì a evidenziare la sua struttura cellulare. Queste ricerche vengono però effettuate su cadavere, quindi poco ci dicono sul reale funzionamento dell‟organo studiato. Esse hanno fatto comunque comprendere che il cervello umano si è costruito fino ad accumulare tutte le tre espressioni evolutive del mondo animale. Un cervello rettiliano che soprassiede all‟istinto, sormontato da un paleo mammaliano che regola la nostra capacità di affrontare l‟ambiente, l‟emotività e la ricerca del rapporto causa effetto. Ultimo arrivato è il cervello neomammaliano che ci permette la funzione cerebrale superiore come il pensiero cosciente; Tutti e tre sono collegati, dal basso in alto e viceversa. È per esempio nel cervello rettiliano che possediamo i meccanismi che regolano lo stress. L’evoluzione del cervello ha dato un vantaggio alle specie, la consapevolezza del mondo La psicologia ha tentato di fare luce sulle funzioni cerebrali. Essa però non è considerata una scienza vera € propria, poiché le sue affermazioni non sono “falsificabili”. Dopo gli anni settanta però si è sviluppata una sperimentazione non basata sulla semplice “interpretazione”. Sono però le neuroscienze che hanno infine dato la possibilità di studiare le funzioni del cervello “in vivo”. Tanti sono stati i metodi di analisi di queste funzioni e della attività elettrica collegata ma il grande passo in avanti è stato l‟utilizzo della “imaging”. Essa ci permette di studiare il cervello evidenziando, in modo non invasivo, i cambiamenti delle sue aree -durante il funzionamento. Molti anni fa assistemmo per la prima volta, alla Spezia, Piergiorgio Strata descrivere, mostrandoci delle immagini ottenute con la RMN, cosa avviene nel cervello di un musicista rispetto a un non esperto durante l‟audizione di musica classica. Il cervello è costituito da cellule che si connettono in modo da passare l‟una all‟altra degli stimoli elettrici. Questo passaggio non è diretto come in un interruttore ma avviene tramite sostanze chiamate “neuro trasmettitori”, di varia composizione chimica. Ognuna di esse determina effetti e produce stati d‟animo e idee. Il numero di queste differenti sostanze è cresciuto da poche unità a più di cinquanta e la loro identificazione non è certo finita. La maggior parte di esse è prodotta dall‟organismo e quindi sulla base del codice genetico contenuto nel DNA. Detto così ci farebbe pensare che sia quest‟ultimo a regolare i nostri pensieri, costruttivi o distruttivi. In realtà il nostro DNA è una molecola lunghissima in cui sono contenuti i codici che ci plasmano. Essi sono attivi solo in parte poiché il maggiore numero è coperto è compresso da proteine, come la plastica che avvolge un cavo elettrico. Gli stimoli esterni portano alla liberazione dei codici, quando presenti, che permettono l‟adattamento e quindi la possibilità di sopravvivere. Noi siamo espressione del nostro codice genetico influenzato, con questo meccanismo, dall‟ambiente esterno o, come si dice, una “espressione fenotipica”. Nessuno è in assoluto predestinato, anche se esistono geni che, se presenti e liberati, portano a particolari attitudini come la tendenza al misticismo. La conclusione è che il cervello è un organo plastico, si adatta alle situazioni, creando nuove cellule, nuove unioni tra di loro e con nuovi neurotrasmettitori. È inoltre immerso nel liquido cefalo rachidiano e irrorato dal sangue che contengono molte delle sostanze che possono influenzarlo, come gli ormoni. È così che organizzazioni sempre più complesse soprassiedono ai nostri pensieri. Alcuni di essi potrebbero essere quindi solo reazioni date dagli automatismi creati dai circuiti cerebrali formati dalla influenza esterna. Il fenomeno non agisce solo sulla vita del singolo individuo ma ha plasmato le funzioni del cervello, inteso come coscienza comune, per milioni di anni tanto che in esso esiste una specie di storia della vita sulla terra. In essa si trovano alcune caratteristiche. Il nostro cervello è finalistico ed è programmato per cercare uno scopo, anche se non esiste. Altrettanto vale per la ricerca delle cause che producono un fenomeno. Per questo non c‟è bisogno della neocorteccia, bastano le . funzioni acquisite che comunque, di conseguenza, la influenzano. Se vedi un ramo spezzato nella foresta e la causa che t‟immagini, un predatore, non è vera, nulla succede. Se non ti chiedi qual è la causa, che invece esiste, potresti diventare la sua cena. Sono quindi le influenze esterne che plasmano il nostro cervello, come dice Gurdijeff, sviluppando le diverse personalità. Le neuroscienze però mettono in dubbio la possibilità di uscire completamente dal loro condizionamento. La trasformazione alchemica per diventare farfalla, di cui lui parla, è un evento di non facile realizzazione. Forse è possibile solo simulando la nostra morte e rinascendo con una nuova organizzazione del nostro pensiero. Le neuroscienze mettono anche in forte dubbio la possibilità di esercitare realmente il “Libero Arbitrio”. Uno dei motivi addotti è che le nostre sensazioni, cioè la percezione della realtà avvertita dai sensi, sono filtrate dalla organizzazione cerebrale, che interpreta il mondo e le nostre risposte sono automatismi ma su questa ultima asserzione i dubbi sono doverosi. Come scrive Oscar Wilde in “Dorian Gray”, i grandi peccati vengono consumati nel cervello. Noi sappiamo, ora, che non vediamo con gli occhi, né udiamo con le orecchie. È nel cervello che il papavero è rosso, che la mela ha profumo, che l‟allodola canta. Questa interpretazione ha un‟assonanza con quella che ci dà la fisica quantistica del mondo. La realtà, così come lo scorrere del tempo esiste solo nella nostra immaginazione, nel momento in cui li interpretiamo pie e con il nostro cervello, come nel paradosso di Erwin Schròdinger. Mettiamo un gatto in una scatola con un marchingegno che lo possa uccidere. Tale apparato ha un funzionamento basato sul decadimento radioattivo che, come tutti i fenomeni della fisica quantistica, è probabilistico. Non sapendo se il decadimento è avvenuto, con la scatola chiusa, il gatto è sia vivo che morto. Solo alla sua apertura e quindi con l‟osservazione, che la realtà prenderà forma anche se, parafrasando Einstein, la luna è lì anche se non la osservo. La realtà è comunque interpretata in base agli stimoli a accumulati. Le “madeleine” per Marcel Proust non sono solo dei biscotti da assaporare ma il ricordo del tempo perduto. Cartesio potrebbe aver sbagliato nel dividere il corpo dalla mente. Il famoso “penso dunque sono” dovrebbe essere riformulato in “sono un cervello dunque penso”. È curioso come tutti consideriamo noi stessi non come corpi ma come entità astratte. Questi “spiriti” non sono solo una caratteristica delle cose animate, come il cuore dei trapiantati, ma anche di quelle non animate in senso biologico. Gli esperimenti‟ hanno dimostrato perché un bambino cui si vorrebbe sostituire il suo orsacchiotto con‟uno perfettamente identico si rifiuta di cederlo. Ha regalato un‟anima al suo giocattolo.’ Anche gli insegnamenti così come le esperienze condizionano, attraverso una risposta basata su meccanismi biochimici, il nostro modo di pensare. Molti aspetti della capacità di rapportarci con gli altri e il senso morale sono però innati e non saranno né il maestro né il curato a inculcarceli, potranno solo influenzarli. Tutte le società iniziatiche hanno usato nel loro esoterismo i simboli. Essi sono stati uno strumento potente nel tramandarci dei concetti o, come direbbe il neuroscienziato, per l‟organizzazione del nostro pensiero. Possiamo forse capire come i circuiti neuronali ancestrali abbiano fatto sì che civiltà non in contatto sviluppassero dei e simboli che si assomigliano, in grado di aiutarli nelle avversità della vita. Forse l‟esoterismo fa attivare dei circuiti di coscienza estranei ai non iniziati. Tempo fa parlando di questo argomento mi chiedevo quanto fosse consistente l‟insegnamento esoterico che ho ricevuto. Mi è capitato, nelle scuole che ho frequentato nella mia vita, di accorgermi come non bastasse sedersi sui loro banchi per ottenere la conoscenza. Venivi invece, quando ne eri capace, sia tu sia il tuo insegnante, portato a voler apprendere studiando. Oggi nella Loggia, così come allora, mi sono accorto che l‟insegnamento esoterico non è stato solo ciò che ho ascoltato ma, soprattutto, l‟orientamento che seguo nel cercare una verità che mi sfugge. Secondo le conoscenze attuali della funzione cerebrale tutto questo non dipende dal mio spirito ma dalle reazioni biochimiche che si accumulano nel mio cervello. Esse influenzano la funzione cerebrale superiore, quella del cervello neomammaliano, permettendoci il pensiero evoluto. Sapere che le note e i versi dell‟Inno alla Gioia siano nati non da un‟anima eccelsa ma da reazioni biochimiche che, uscendo dagli schemi, abbiano creato la genialità non mi rende felice e questo, umanamente, costa. i Ricordo però che un insegnante soleva aprire l‟anno accademico dicendo “se pensate che la conoscenza sia troppo costosa (in tutti i sensi) provate con l‟ignoranza

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