AIDA, OVVERO LA RINASCITA ATTRAVERSO LA MORTE

AIDA,OVVERO LA RINASCITA ATTRAVERSO LA MORTE

di  Antonino  Fogliani

Tutti sappiamo dell’affiliazione di Verdi alla nostra Istituzione, e sappiamo anche che i princìpi massonici permeavano la cultura dell’Italia risorgimentale in maniera fondamentale. Le prime opere del Maestro di Busseto vivonodi un ardore patriottico che agli occhi dei profani può essere visto come un moto di libertà da una tirannide, una voglia di ritrovare la dignità oppressa dallo straniero usurpatore. È un livello di lettura assolutamente condivisibile, forse è anche giusto affermare che la coscienza di Patria è stata più rafforzata proprio dalla nostra produzione musicale che da quella letteraria. Era più immediato e comprensibile al volgo “un’opera di Verdi o Donizetti piuttosto che Le mie prigioni di Silvio Pellico. Le opere di Verdi sono sempre alimentate da una forza di riscatto, da un voglia dello Spirito (non della passione) ad elevarsi e sublimarsi. Mentre la sterminata produzione di melodrammi in Italia vedeva nelle passioni il suo principio ispiratore, la musica di Verdi emerge tra tutte per una più nuova concezione di questi princìpi. Aida è un opera di un Verdi maturo. La prima rappresentazione mondiale avvenne la sera 24 dicembre 1871 presso il Khedivial Opera House del Cairo. Verdi aveva 58 anni. Il kedivè ‘ d’Egitto, Ismail Pascià, in occasione del- è l’apertura del Canale di Suez (1869), aveva offerto a Verdi 80.000 franchi per comporre un inno che celebrasse l’evento. Corto di cerimonie, Verdi rifiutò: non poteva usare la sua Arte per scrivere marcette occasionali. Ma la voglia di avere Verdi al Cairo era tanta per il kedivè d’Egitto, uomo colto e con uno sguardo rivolto all’occidente. L’occasione si ripresenta con l’apertura del Nuovo teatro. Verdi accetta la commissione di una nuova opera che avesse per ambientazione l’antico Egitto, ma la guerra francoprussiana impedisce che scene e costumi arrivino in tempoda Parigi. Si inaugurerà sempre con un’opera di Verdi, Rigoletto. L’Aida vedrà il suo battesimo successivamente senza la presenza del compositore nella terra dei Faraoni (dirigerà Giovanni Bottesini, direttore d’orchestra e virtuoso del contrabbasso). Verdi invece curerà personalmente la prima italiana al Teatro alla Scala di Milano 1’8 febbraio 1872. Pur essendo nata come lavoro d’occasione, in questa partitura Verdi dà prova di quello che un vero iniziato deve fare. Non accontentarsi mai dei risultati ottenuti ma sperimentare continuamente, mettersi in: discussione, scavare senza mai pensare di avere ottenutò la perfezione. La pietra grezza per divenire pietra cubica ha bisogno di essere lavorata. Verdi nell’arco della sua vita, lavora sul suo stile musicale costantemente. Nessuna opera è uguale alla

precedente, ma tutte sembranocrescere armonicamente verso un cammino di perfezione. Dall’Oberto, conte di San Bonifacio (1839) al (1893), Verdi compie un cammino in ascesa che cambiale regole del melodramma italiano ed europeo. Aida risulta veramente un’opera nuova. I pezzi chiusi (le arie, i duetti, i concertati) vengono assorbiti in un discorso drammaturgico più evoluto, più continuo. Verdi, con l’umiltà propria dei grandi uomini, apprende la lezione di Wagner per andare verso un teatro totale, un teatro che vede nella forza propulsiva della musica un naturale connubio con il dramma rappresentato. Dentro la partitura di Aida, ma non solo in questa, ci sono molti elementi che tornano costanti nella produzione musicale di compositori massoni. Come ho detto prima, il clima culturale dell’epoca era favorevole ai princìpi della nostra Istituzione. Tutti noi sappiamo come in Mozart alcuni elementi di sintassi musicale avessero una chiara analogia con elementi simbolici del Rito. Ci sono infatti tonalità definite massoniche e cioè mib maggiore con la relativa do minore e lamaggiore con la relativa fa # minore. La presenza all’inizio del rigo (detta armatura) di tre bemolli o tre diesis è un chiaro rimandoalla sacralità del numero 3. Cosi come la ripetizione di uno stesso periodo musicale per tre volte è un altro gesto mutuato dalla nostra simbologiae ritualità. Aida vede la presenzadi queste sintassi musicali-massoniche, ma le stesse, a mio avviso, sono più un naturale aderire a certe atmosfere simboliche che una consapevole ostentazione di simbolismo esoterico. Certo che la scena della consacrazione di Radamès alla fine del primo atto inizia efinisce in mib maggiore con una preghiera di tre strofe cantata separatamente dalle sacerdotesse accompagnate dalle sole arpe prima e dai sacerdoti a cappella (cioè senza accompagnamento strumentale) dopo, per poi fondersi insieme alla fine della Danza Sacra delle Sacerdotesse (anche questa in mib e con la parte melodica principale affidata al timbro caldo di tre flauti nel registro medio-grave). Nel quarto atto, nella scena del giudizio, Radames è interrogato per tre volte dal capo dei sacerdoti Ramfis, che pronuncia tre volte il suo nome (“Radamés, Radamés, Radamés…discolpati”) e sceglierà proprio il Silenzio, strumento dell’apprendista, come risposta. Pur essendo spunti interessanti per il nostro Lavoro che meriterebbero un serio approfondimento, lascerei il discorso fenomenologico relativo alla grammatica e sintassi musicale-massonica per concentrare la mia riflessione verso un senso esoterico che questa storia scelta da Verdi comunica a noi liberi muratori. Per me la storia iniziatica di Radamès e Aida, principio maschile e femminile dell’iniziato, ha principio proprio dove l’opera finisce, nel quarto atto. La storia di questo amore contrastato, di per sè meccanismo drammatico di tutto il repertorio operistico, pococi interessa. Ma nella tensione che si generanei rapporti tra i personaggi si legge chiaramente il percorso tortuosoche è proprio dell’iniziato. Sia Radamès che Aida vivono le loro passioni, amorose e politiche, con un atteggiamento “profano” che li porta a commettere gravi errori. Aida è lacerata tra l’amore verso Radamès e l’amore per la sua patria lontana, l’Etiopia. Uno sembra escludere l’altro. Come può lei, schiava in Egitto e principessain Etiopia, dare il suo cuore al generale egiziano che ha combattuto col suo popolo, provocando lutti e distruzioni? E come può Radamès pretendere questo impossibile amore dopoche il Re, in seguito alla vittoria sulle truppe etiopi, ha già destinato a lui la mano della figlia Amneris? Nel terzo atto, il più intimo e inspirato di tutta la partitura, molti nodi vengono al pettine e preludono al tragico epilogo. Ma in cosa consiste l’errore di Aida e Radamès? Entrambi vivono la loro vita spinti dalle loro passioni, come il profano vive la sua, giudato solo dal suo ego e dalla sua presunzione. Radamès pensa proprio di conciliare un amore impossibile tra una schiava e una principessa? Aida, istigata dal padre Amonasro, re degli Etiopi, pensa veramente che l’amore puro che prova per il suo Radamès possa essere usato per ingannare il suo amato allo scopo di estorcere lui un segreto militare? Qual’è la soluzione proposta da Aida a Radamès e da lui, anche se con difficoltà, accettata come una via di scampo? Una soluzione che nel mondo pro- fano è tra le più usate: la fuga. Sì, proprio questa “nobile” soluzione che nel mondo profano ha un successo così diffuso. Fuggire è la soluzione più vigliacca e indegna che un uomo può adottare. Troppi esempi verranno in mente a voi, carissimi‘Fratelli, fino alle recenti vicende di una nave da crociera alla deriva, abbandonata dal suo capitano prima che passeggeri ed equi paggio fossero messi in salvo. Alla fine del terzo atto, Radamès, caduto nel tranello teso da Aida, rivela ascoltato in segreto dal re etiope Amonasro la via lasciata libera dall’esercito egiziano, le gole di Nàpata. A nulla serve la promessa di Aida e del padre Amonasro ad assicurare a lui una vita felice lontano dall’Egitto. La coscienza del profano Radamès si sveglia all’improvviso. Non è quella la soluzione! Scoperti da Amneris e dal sacerdote Ramfis, Amonasro e Aida fuggono. Radamès no. Affronta il giudizio dei sacerdoti (“Sacerdote, io resto a te”), Comincia il suo percorso verso un cammino più vero. Un cammino che sagià essere indirizzato verso la morte. Ma l’iniziato aspira alla morte della sua profanità proprio per poter vivere nella luce sacra dell’iniziazione, del risveglio della coscienza. Anche Aida, che sappiamo fuggita col padre, capisce il suo errore e, con un coup de théàtre, torna sui suoi passi in cerca della ricongiunzione col suo amato Radamès. La ritroveremo nella tomba destinata come pena capitale all’amato gene- rale: seppelliti vivi. Ma andiamo con ordine: accennavo prima alla maestosa scena del giudizio. Dopo un bellissimo duetto con Amneris, dove quest’ultima aggiorna Radamès sulla morte durante la fuga di Amonasro e della sorte di Aida, che ha fatto perdere le sue tracce, il prode guerriero rinuncia alle offerte di intercessione della principessa e si appresta ad affrontare il giudizio dei sacerdoti. Radamès, che al triplice atto d’accusa di Ramfis, muto si appresta a ricevere la condanna capitale peralto tradimento (“…egli tace…”), sarà se= polto vivo in un sepolcro. Qui da un addio alla vita, reso triste dal pensiero di non poter più rivedere la sua “celeste” Aida, ma confortato dal fatto di saperla ancora viva. Nella tomba però si è nascosta proprio lei, Aida, consepevolmente intenzionata a:rimediare ai suoi errori profani affrontando la morte. Questo ritorno alla terra, questo abbandono della vita tornando alla terra, non può non essere da noi liberi muratori visto come una metafora del primo viaggio che compiamo nel rito dell’iniziazione nel gabinetto di riflessione. Solo dalla profondità della terra potrà iniziare il viaggio alla ricerca di noi stessi (VITRIOL). Ricordo con forte emozione quanto provato in occasione della mia iniziazione e la felicità che il mio M.’.V.’. di allora, l’amato Fr.’. Giovanni Greco, mi ha donato dandomi la luce dell’iniziazione insieme ai Fratelli tutti. L’elemento maschile unito a quello femminile, Radamès unito ad Aida, trova la sua integrità e morendo sotto la terra germoglia a vita nuova.

A noi si schiude il ciel, e l’alme erranti volano al raggio dell’eterno di.

 Con questi endecasillabi, scritti dallo stesso Verdi che decise di sostituire i versi del librettista Ghislanzoni, arrivati a suo dire in ritardo, Aida e Radamès danno l’addio alla loro vita terrena, alla loro vita profana. Non c’è nella musica di Verdi alcun dolore, ma tanto amore, amore puro. Solo questa morte può farli rinascere verso quelloche è definito il giorno eterno. Il nostro Oriente. Quandodirigo Aida non posso fare a meno di pensare a questo percorso che tutti noi abbiamo fatto prima della nostra iniziazione. Un percorso che continua nella nostra vita massonica continuamente e che applico anche nella mia vita professionale. Hola fortuna di fare un lavoro che mi porta a confrontarmi tutti i giorni con un materiale misterioso e affascinante come la Musica, arte intangibile ma allo stesso tempo capace di comunicare emozioni e suggestioni intellettuali di grande fascino. La Musica segreta in sè un messaggio di continuaricerca e perfezione. I capolavori di Giuseppe Verdi, grande italiano prima che grande musicista, hanno in sè il mistero delle grandi cattedrali costruite dai fratelli muratori nel Medioevo. Opere di grande sapienza per concezione e realizzazione che permettono diversi livelli di fruizione. Il mio Maestro mi diceva che una cattedrale può essere il luogo che serve di riparo al viandante, il luogo di culto per l’uomo pio, il banco di provaper l’abile architetto… Anche i grandi capolavori musicali hanno questa complessità di fruizione e lettura. In Verdi però, più che in altri, il genio va di pari passo con l’abilità artigiana del musicista-muratore. Anzi, direi che in lui, come nei più grandi compositori, convivano le qualità progettuali di un grande architetto e l’umiltà manuale e preziosa di un bravo artigiano. Tanto basta a renderci orgogliosi di un grande italiano e un grande massone come Giuseppe Verdi.

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