NICCOLO’ PAGANINI


NICCOLO‟ PAGANINI (Genova 1782 – Nizza 1840)
Figlio di Antonio, un imballatore del porto appassionato di musica che si dilettava a suonare il violino, Niccolò ricevette i primi rudimentali insegnamenti dal padre. Studiò musica a Genova con Giovanni Servetto e Giacomo Costa, ed all‟età di 12 anni esordì eseguendo delle variazioni da lui composte sull’aria francese “La Carmagnole”. Andò poi a Parma da Alessandro Rolla, famoso violinista e compositore, il quale, dopo averlo sentito suonare, riferì al padre, che lo aveva accompaganto, che il giovane Niccolò non aveva più nulla da imparare. La sua carriera concertistica, che doveva durare trent’anni, iniziò all‟età di 18 anni e precisamente nel 1800. A Lucca ebbe l‟incarico di violinista e maestro alla corte del principe Baciocchi, ma con il suo celebre Guarniéri, un magnifico strumento dal quale non si separò mai e che ora è conservato nel palazzo municipale di Genova, diede concerti in molte città della Toscana e nei maggiori teatri d’Italia. Insieme alla sua fama di violinista si diffusero leggende che volevano la sua abilità musicale ed il suo fascino amatorio frutto di un patto con il diavolo. Di certo il suo abbigliamento, sempre e rigorosamente nero, i suoi atteggiamenti spregiudicati ed apertamente anticlericali, la sua vita avventurosa sotto l‟aspetto sentimentale, sregolata, tra vizi e seri imbarazzi finanziari, non contribuirono affatto a smentire le dicerie che giravano sul suo conto. Dopo il 1828 lascò l‟Italia per una tournée europea che si protrarrà per ben sei anni. Suonò in Austria, Germania, Inghilterra, Francia, ovunque suscitò un vero delirio di pubblico per la tecnica eccezionale e l’originale tempra di artista. Spesso il suo arrivo era preceduto da una violenta ostilità della stampa, che lo attaccava, oltre che per la sua presunta diabolicità, per i compensi astronomici che pretendeva per ogni esibizione. Ma era sufficiente che suonasse la prima nota perché ogni avversione fosse spazzata via: folle deliranti lo applaudivano ovunque, affascinate, ammaliate, stregate dalla sua arte. Si dedicò per qualche anno anche alla chitarra, nella quale pure ottenne risultati eccellenti, e si dedicò sempre molto alla composizione, perché era solito dire che le opere esistenti non gli permettevano di esibire a sufficienza il suo talento. Famosissimi sono i “24 Capricci” per violino solo, in forma di studi, i Concerti in mi bemolle e in si minore, “La Campanella”, le Variazioni per violino e pianoforte “Le Streghe”, “Carnevale a Venezia”, “Mosè”; meno noti i 6 Quartetti e le 12 Sonate. Per quanto come compositore sia interessante per certa novità nelle idee, per la frase agile e snodata, per l’eleganza delle forme, per ricchezza e profondità di armonie, la sua fama resta legata soprattutto alla tecnica violinistica, e non solo dell’esecutore, ma del creatore virtuoso, che portò al culmine la tecnica di questo strumento, influendo con il suo trascendentalismo sui contemporanei, anche non violinisti, da Berlioz a Chopin, a Liszt. Arpeggi, scale, trilli, bicordi, tricordi, quadricordi, seste, decime, sbalorditivi effetti di suoni armonici si trovano disseminati nelle sue opere, ed erano da lui eseguiti in tutte le posizioni con una facilità prodigiosa. Ai pregi di una tecnica per altri inarrivabile accoppiava una sempre correttissima esecuzione, una squisita sensibilità nervosa e un grande sentimento
musicale. Logorato da una vita troppo intensa, colpito da una terribile tisi tracheale, amareggiato da disavventure finanziarie e giudiziarie, si ritirò nel 1837 sulla Costa Azzurra in cerca di climi più dolci, viaggiando da un medico ad un altro per cercare di curare il terribile male che lo portò alla morte nel 1840. Ma neppure dopo defunto trovò pace: a causa dei suoi atteggiamenti antireligiosi e della sua dubbia fama, per cinque anni la Chiesa non permise che il suo corpo riposasse in terra consacrata. Finalmente potè trovare sepoltura prima nella Chiesa della Steccata a Parma, e nel 1876 in quello stesso cimitero. Il 27 dicembre 1808 Niccolò Paganini diresse la colonna armonica dei lavori del Grande Oriente d’Italia per affiliazione ed amicizia con il Grande Oriente di Francia, eseguendo un proprio inno massonico composto su parole del FrLancetti. Nei verbali risulta esplicita la qualità di Massone di Paganini.

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