IL SIMBOLISMO GEOMETRICO

Il simbolismo geometrico

Considerazioni in margine ad un percorso iniziatico verso spazi non euclidei e tempi non lineari.

di

Ernesto Saquella

L’uomo che inizia a concentrare l’attenzione sul “Se” pone le basi per la costruzione del proprio Tempio interiore. Autorevoli ed eminenti fonti delle più antiche Tradizioni iniziatiche, in grazia d’una ininterrotta catena d’Adepti, hanno fatto giungere sino a noi un’unica verità ed un solo comandamento: conosci te stesso! A vent’anni ero determinato (come peraltro lo sono, più o meno ingenuamente e romanticamente, tutti i giovani a quell’età) a cambiare il mondo. Non solo credevo che ciò fosse possibile, ma che era necessario farlo. A trent’anni ero fermamente convinto che la mia “missione” consistesse nel cambiare il corso della storia dell’arte, quantomeno di quella italiana. Giunto “nel mezzo del cammin di nostra vita” ed in grazia dell’illuminazione ricevuta mercé l’iniziazione, ho compreso che l’unica rivoluzione possibile è quella che mi ha consentito d’iniziare a cambiare me stesso. Cambiando ed evolvendo spiritualmente ho posto in essere un processo irreversibile – indelebile -, che nessuna forza umana sarà in grado di vanificare. Paradossalmente è più semplice combattere, contrastare e persino annullare gli effetti d’una rivoluzione di massa che non scalfire l’intimo convincimento di un singolo uomo risvegliato alla luce della Verità. Se riusciremo a concentrarci unicamente su noi stessi, sulla nostra crescita spirituale, allora si che saremo in grado di contribuire al miglioramento dell’intero Universo. Questo è uno dei grandi segreti che un’ininterrotta catena di adepti tramanda, di generazione in generazione, sin dal principio dei tempi. Al capo opposto, se fossi restato sul piano meramente profano delle ideologie e degli integralismi, poco importa se di natura politica, economica, religiosa o culturale, avrei continuato a vivere lo straniamento e l’alienazione dell’individuo fatalmente appiattito nella massa. Fortunatamente sappiamo che è possibile uscire da questa alienazione, da questo circolo ermeneutico di segno negativo. Per Campanella ciò si realizza attraverso un sano processo, sempre di alienazione, ma che in questo caso è segnatamente positivo! Unicamente partendo da ciò che sono dentro, ovvero dall’anima e dalla coscienza, giungerò ad aprirmi ad una veritiera percezione, attraverso i sensi, di ciò che è intorno a noi. E’ quello che accade quando sono, ad esempio, in riva al mare ed osservo il movimento delle onde e lo splendore del sole meridiano. L’acqua ed il sole vengono percepiti dai sensi ed ho la netta sensazione d’essere avvolto dal calore e dal mare. Ma in quello stesso momento, contemporaneamente, ho immediata contezza d’essere cosa distinta dal calore del sole e dall’acqua del mare. E’ lo stesso processo che sperimento allorché, ponendomi dinanzi ad uno specchio, vedo l’immagine riflessa. Se l’uomo è l’unico animale in grado d’avere coscienza della propria esistenza, ciò accadere proprio in virtù della sua capacità d’alienarsi negli oggetti che osserva (Tale processo è parimenti presente e riscontrabile nella filogenesi, che riguarda lo sviluppo della nostra specie)! Uscendo da me stesso ed avendo consapevolezza della realtà che mi circonda, inizio a pensare, a confrontare, ad analizzare e quindi a costruire delle teorie che possano spiegarmi, formare ed ordinare l’esistente. E’ ciò che normalmente gli eruditi definiscono un “processo di acquisizione della conoscenza”, che paragonano ad una progressione matematica: ogni nozione, informazione ed elaborazione va ad aggiungersi alla precedente in una sorta di catena sequenziale. Uno più uno, più uno e… così via. Stressando il concetto, posso visualizzarne il processo immaginando una collezione di volumi che s’incrementa sugli scaffali d’una biblioteca, od una progressione di numeri su d’una semiretta orientata (fig. 1).     

Fig. 1

          A tale esempio sento di poterne, anzi di doverne e sin da subito, contrapporne un altro, che non esisto a definire geometrico ed eminentemente simbolico(4). Immagino che l’uomo, alla nascita, sia un punto sul piano e che ogni successivo incremento di conoscenza darà vita ad una circonferenza. Quindi ad un cerchio con  un’area sempre maggiore (fig. 2).

Fig. 2

Se le circonferenze segnano il limite tra ciò che è conosciuto e ciò che ancora si ignora, ne deriva che progredendo negli studi il vero sapiente prenda sempre più coscienza della propria dotta ignoranza. Un concetto magistralmente reso nel celeberrimo aforisma socratico: “so di non sapere“!  Questa modalità di approccio alla cultura è sostanzialmente rimasto invariato per millenni, fino alla rivoluzione industriale ed al trionfo della scienza fondata sul principio galileano della replicabilità. Una scienza per sua intrinseca natura tesa a progredire indefinitamente verso sempre nuove frontiere; con specializzazioni che hanno diviso il sapere in materie, branche, istituzioni, generi, settori ecc. ecc. .

Fig. 3

Nella figura 3, la spinta innovativa della ricerca di un particolare settore procede con una espansione sia lineare, i raggi che partono dal punto – A – ,  che spaziale, ovvero le aree che le curve B, B1 ecc. formano sul piano. Se metto insieme i frammenti di tali ricerche, avrò di nuovo disegnato una (o più) circonferenze (fig. 4) in cui ogni “spicchio”, A, B, C, D rappresenta una specializzazione. Inoltre, all’interno della singola porzione, ogni retta che parte dal centro può visualizzare una ulteriore branca di quella che è già un’area di super-specializzazione.

Fig. 4

Questa, me ne rendo perfettamente conto, è una forzatura ed insieme una semplificazione poiché il grado di complessità attualmente raggiunto dalla ricerca non riuscirebbe ad essere visualizzato anche ricorrendo ad ulteriori dimensioni… Pertanto e non solo per ragioni che attengono alla chiarezza espositiva (Il tema  sarà, comunque, specificatamente trattato nel seguito), scelgo scientemente di rimanere sul piano bidimensionale e torno, nuovamente, all’immagine del cerchio con centro in  – A – ed un numero Xn di semirette che da tale punto partono (fig. 5).  

Fig. 5

          In questo specifico contesto, le circonferenze segnano l’ultima frontiera che la scienza ha raggiunto in un dato momento storico. Posso ipotizzare, per esempio, che la progressione A, B1, B2, Bn stia a rappresentare la progressione della fisica atomica, o che la progressione A, C1, C2, Cn rappresenti quella relativa all’informatica (fig. 6).

Fig. 6

Appare chiaro che l’esigenza del progresso porta gli individui e la società a spingersi sempre più freneticamente lungo i raggi per raggiungere ed aggiungere nuovi segmenti. La maggioranza dei ricercatori viene formata affinché possa giungere al limite estremo della circonferenza (lo stato dell’arte del sapere in un dato momento) nel più breve tempo possibile, per essere pienamente operativi e quindi produttivi. In tale contesto viene premiato l’individuo che sceglie la specializzazione più spinta nei settori che l’economia del momento giudica come più remunerativi. Al di là delle buone intenzioni e di ciò che si dichiara periodicamente in occasioni ufficiali, tutti sanno che dedicarsi alla ricerca pura “non paga”, mentre la ricerca applicata offre grandi opportunità sotto il profilo economico. Pertanto, sento di poter legittimamente concludere affermando che per la maggioranza dei nostri contemporanei la cultura (classica e scientifica), sia un utile strumento – quindi un investimento – nella misura in cui consenta di perseguire obiettivi di natura pratica  (conoscere per sfruttare(1)). Pur tuttavia non intendo condannare il progresso, ma evidenziare di come, nonostante le conoscenze scientifiche della nostra epoca non possano essere paragonate a quelle dell’antichità classica, siamo vivendo una collettiva involuzione dei valori e della spiritualità! “La tecnologia di cui oggi disponiamo ci consente di scorgere cose impensabili anche solo cento anni fa. Ma, proprio il vertiginoso sviluppo della scienza e, più in particolare, delle applicazioni tecnologiche che ne sono scaturite ha comportato il crollo dalla visione sintetica che era a fondamento della Tradizione. Peraltro non è affatto vero che i misteri della Natura siano diminuiti, è vero anzi che essi sono aumentati: l’Universo anziché diventare più piccolo e quindi più leggibile è invece diventato sempre più grande e complesso. L’uomo è divenuto un tecnico ed un cinico conquistatore della natura: senza che fosse necessario come premessa la trasformazione, la conquista di se stessi. In una parola l’uomo-massa non ha neppure il sentore di un qualche tenore di vita demiurgico, necessario a divinizzare la natura umana, cosa ben più essenziale del dominio tecnologico sul Pianeta(2).” Hic et nunc, qui ed ora, è necessario riaffermare l’antico principio secondo cui non può esservi scienza senza Sapienza: con fermezza ed autorevolezza, testimoniare di come si possa conoscere per trascendere(1) (e non solo per sfruttare e piegare al nostro volere la Natura). Come ho avuto modo di spiegare, con maggiore dettaglio e più diffusamente, nell’intervista introduttiva per un catalogo d’arte (Filosofo per mezzo del colore), non intendo minimamente demonizzare tout court la scienza e gli scienziati, tantomeno riproporre una antistorica contrapposizione tra classico e moderno, perché:

“Questa presunta opposizione è solo un’invenzione dell’intelligenza troppo debole e troppo lenta, un prodotto di compensazione da intellettuale incapace di un’accelerazione forte quanto la nostra epoca esige. Alcuni condannano lo spirito moderno in nome dell’antica saggezza; altri negano quella saggezza dichiarando che la conoscenza reale incomincia con la nostra civiltà tecnologica. Sbagliano entrambi! Perché noi tocchiamo lo stesso punto degli antichi, ma ad una altezza diversa; Perché attraverso strumenti diversi cerchiamo di dare risposta alle stesse domande, puntando all’essenziale: proprio come lo spirito della nobile tradizione. Vorrei sottolineare che, per un alchimista, l’Oro (la Pietra Filosofale) rappresenta il raggiungimento della ricchezza spirituale, quindi della sapienza, il passaggio dalle tenebre dell’ignoranza allo splendore della conoscenza. La “creazione” dell’Oro simboleggia in modo pratico ed evidente come un pensiero ed un intervento immateriale possano compiere una creazione fisica. Ai nostri tempi l’espansione dell’essere e l’accesso ad un metalivello, si realizza anche grazie all’annullamento spazio temporale generato da milioni di menti collegate nella Grande Rete telematica.”

Non credo che un’epoca storica od una civiltà particolare abbia avuto il privilegio d’esprimere, una volta per tutte, la saggezza. Sarebbe un gravissimo errore pensarlo ed ancor più porlo a fondamento del mio cammino di ricerca; perché significherebbe non aver compreso la sostanziale eternità e pervasività dello Spirito e di quei valori che formano il corpus della Tradizione Occidentale. Christian Jacq ne Il messaggio iniziatico delle cattedrali, magistralmente riassume la vera e propria spiritualità occidentale e l’attitudine del ricercatore tradizionale che è: “un uomo di ieri, in quanto affonda nell’eredità esoterica delle civiltà antiche; un uomo di oggi, in quanto plasma la propria vita e la propria coscienza su quello che percepisce; un uomo di domani, in quanto offre, tramite l’espressione simbolica, nuove luci interiori.” Assolto l’obbligo di queste doverose precisazioni, posso introdurre un passaggio che apporta un ulteriore valore aggiunto, di natura squisitamente esoterico, alle figure geometriche che sin qui ho utilizzato per esemplificare e rendere graficamente alcuni concetti astratti. Per farlo è necessario che il paziente lettore varchi, insieme con chi scrive, uno degli innumerevoli portali che conducono verso quel sovrammondo altrimenti inesprimibile per il tramite del solo linguaggio. Cosa necessita perché ciò possa accadere? Quale parola magica occorrerebbe che pronunciassimo insieme?

“Questo nome si scrive – è il simbolo – ma non si pronuncia. E’ lui a parlare.

Spiegare il simbolo è ucciderlo, guardarlo nella sola apparenza, impedirne l’ascolto.

Chi potrebbe anatomizzare un corpo vivo?

La cosa viva si analogizza. I rami dell’albero si sviluppano a immagine delle radici. Le radici ci evocano i rami come il Simbolo evoca la propria Idea.

Nel Simbolo, quello che evoca è l’anima che anima la cosa, la sua vita.

Guardiamo la cosa come è, senza decomporla. In compenso forse evocherà in noi la sua anima(3).”

(Schwaller De Lubicz)

          Il SIMBOLISMO(4) GEOMETRICO è un linguaggio, universale, che mi consente d’accedere al grande libro in cui sono custoditi tutti i segreti della Natura. Se si riesce a far propria e ad interiorizzare tale metodologia, sarà poi possibile muoversi a piacimento tra le molteplici dimensioni e stati dell’essere(5) che sincronicamente si dispiegano nell’Universo in cui tutti siamo immersi, a prescindere dal livello di consapevolezza e coscienza che i singoli individui possano, o meno, averne. In tal senso, anche il simbolismo esoterico, che è insito nelle figure geometriche e nei teoremi, convive con un livello, più semplice e “letterale” (magari anche solo quello che è dato dalle reminiscenze scolastiche).

      “Tali significati simbolici molteplici e gerarchicamente sovrapposti non si escludono affatto reciprocamente, non più di quanto escludono il senso letterale; sono anzi perfettamente concordanti tra di loro, perché in realtà esprimono le applicazioni di uno stesso principio ad ordini diversi; ed in tal modo si completano e si corroborano, integrandosi nell’armonia della sintesi totale.

      E’ proprio questo, d’altra parte, che rende il simbolismo un linguaggio molto meno limitato del linguaggio comune e fa di esso il solo linguaggio adatto per l’espressione e per la comunicazione di certe verità; è in ragione di ciò che esso apre possibilità di concezione veramente illimitate; è in ragione di ciò che esso costituisce il linguaggio iniziatico per eccellenza, il veicolo indispensabile di ogni insegnamento tradizionale(6).”

(René Guénon)

          In queste pagine, infatti, affronto il tema del simbolismo geometrico nella sua accezione eminentemente esoterica, quindi non uno studio storico e men che mai un’elencazione erudita delle singole figure quali potrebbero essere il quadrato, il triangolo od il pentagono. Così come esula dal mio ambito tutta la molteplicità di connessioni che potrebbero essere innescate, ad esempio, dal pentagono regolare, qualora lo si volesse considerare inscritto in una circonferenza ed in relazione alla stella a cinque punte che vi si potrebbe tracciare; quindi al Pentalfa(26), ecc. ecc. .  Come giustamente evidenziato da Guénon il simbolo è un “veicolo“, quindi un mezzo e non il fine “di ogni insegnamento tradizionale“. Ad esempio, posso paragonare il simbolo ad una imbarcazione; alla barca che mi consente d’attraversare il tratto di mare che mi separa dal nuovo continente a cui intendo giungere. Un’analogia che fa emergere chiaramente il carattere strumentale dell’imbarcazione, di mezzo per raggiungere un fine. Parimenti, se voglio utilizzare tale strumento, è necessario che ne conosca l’intima struttura ed il funzionamento. Vulgo: è indispensabile che studi come sono fatte le barche; che mi disponga a costruirne una che sia in grado di resistere al periglioso viaggio; infine che studi i rudimenti della navigazione. Così preparato posso varare la barca e, vento in poppa, puntare decisamente verso Oriente! Se avrò costruito una barca solida e se gli elementi mi saranno favorevoli, giungerò in vista della costa e potrò sbarcare. Bene, una volta giunto sul nuovo continente dovrò decidere il da farsi e procedere all’esplorazione del nuovo spazio, inoltrandomi nelle foreste e nelle pianure. Ma, allora, a cosa potrà  servirmi l’imbarcazione che fino a quel momento è stata così preziosa? A nulla! Non penserei, nemmeno per un attimo, di trascinarmela dietro! In quel nuovo mondo, avrò necessità di nuovi strumenti di trasporto, di nuove mappe. Occorrerà entrare in sintonia con l’archetipo del luogo, con la manifestazione simbolica che lega l’individuo ad un determinato territorio od ad uno specifico piano dell’esistenza.  

Fuor di metafora, posso affermare che il simbolismo non sia un mero oggetto di studio fine a se stesso, ma uno strumentario pensato per poter accedere, procedere ed agire in nuove dimensioni dell’essere.  

Il cerchio

          Affrontato il tema della rappresentazione geometrica della conoscenza d’un individuo e, più in particolare, di come essa possa essere paragonata all’incremento dell’aria d’un cerchio, ho posto l’accento sul fatto che la circonferenza segna il limite tra ciò che egli crede di sapere e ciò che sicuramente ignora. Ho scelto la figura del cerchio perché, con ogni probabilità, esso è il più diffuso simbolo geometrico che sin dall’antichità veniva riprodotto secondo l’immagine del sole(7) e della luna. Il cerchio con un punto al centro è il simbolo della Pietra Filosofale, ovvero del pieno raggiungimento del magistero alchemico. E’ verità incontrovertibile che il centro e la circonferenza siano realtà spaziali della geometria piana con cui si sono confrontate, nel corso dei millenni, generazioni e generazioni di architetti, astronomi, ingegneri, artigiani, artisti ecc. ecc. Nelle antiche civiltà sarebbe stata un altrettanto incontrovertibile realtà(8) la presenza di scuole, religioni, ordini e singoli ricercatori che trascendevano da questo livello profano, concedetemi di dire utilitaristico, della geometria e, più in particolare, del cerchio. Così ne scrive René Guénon ne Il simbolismo della croce:

“Situato al centro della ruota cosmica, il saggio perfetto invisibilmente la muove, con la sua sola presenza, senza che partecipi al suo movimento e senza preoccuparsi di esercitare una qualsiasi azione(9).”

(René Guénon)

Questa ruota mnemonica, tratta da  L’arte della memoria di Giordano Bruno(10), è fortemente emblematica. Sulla circonferenza esterna sono riportati lettere e simboli, mentre al centro è il sole della conoscenza. Un sole che sta a simboleggiare la centralità della luce ermetica, ovvero che essa è già naturalmente situata al centro dell’uomo. Compito dell’uomo sarà svelarla e dispiegarne gli effetti, prima su se stessi e quindi sull’intero Cosmo.      

“Nel punto centrale sono superate tutte le distinzioni che caratterizzano i punti di vista esteriori; tutte le opposizioni sono scomparse e si sono risolte in un equilibrio perfetto(11).”

(René Guénon)

Nella tavola di sinistra sono riportate immagini che ritraggo il  Grande Architetto dell’Universo nell’atto di tracciare la circonferenza del cerchio cosmico.

Per farlo si avvale di uno strumento che assume particolare valenza in ambito esoterico e, più in particolare, in quello massonico.

La sacralità del gesto e le sue implicazioni soprannaturali si ritrovano – più o meno intatte – in tutte le antiche religioni (Egitto Faraonico, dei dell’Olimpo, Ebraismo, Cristianesimo, Taoismo, Confucianesimo, Buddismo, ecc.) e sette ermetiche (Kabbala, Sufi, Alchimia, Templari, Rosacroce, ecc. ecc.) .

Ciò sta a testimoniare dell’importanza che la figura del cerchio assume nell’ambito della Tradizione esoterica(12)

Due rette, intersecate per il centro ad angolo retto, formano una croce. Croce cosmica se il cerchio sta all’equatore e le quattro direttici sono orientate secondo i punti cardinali: nord – settentrione, sud – meridione, est – oriente, ovest – occidente (fig. 7).

Quest’antica pietra celtica racchiude e sintetizza tre simboli: il cerchio, la croce ed il centro   

Fig. 7

Una ulteriore retta, sempre passante per il centro e questa volta perpendicolare al piano del cerchio, darà vita al primo dei mondi multidimensionali a cui prima accennavo (fig. 8).     

Fig. 8

“Il centro della croce è quindi il punto nel quale si conciliano e si risolvono tutte le opposizioni; in questo punto è situata la sintesi di tutti i termini contrari (…)(13).”

(René Guénon)

          Sono ora in grado di ritornate, con maggiore cognizione di causa, al concetto  campanelliano d’alienazione che, ricordiamolo ancora una volta,  prima porta l’uomo verso l’esterno (fig. 9, A), spinto dall’atto volitivo della conoscenza, quindi di nuovo lo riconduce verso l’interno (fig. 9, B), al cuore altrimenti occulto del proprio essere. Sotto questa nuova luce appare chiaro che il solo moto centrifugo, pur necessario per l’esplorazione del mondo che mi circonda (il macrocosmo) e per entrare in contatto con la variegata umanità, deve risolversi in un altrettanto necessario moto centripeto; capace di svelarmi la dimensione del microcosmo interiore. Microcosmo che è specchio del macrocosmo, perché tutto è intimamente legato e sinergico; nella sostanziale unità della materia che è in alto con quella che è in basso.      

Fig. 9

Nel punto in cui è “situata la sintesi di tutti i termini contrari” l’iniziato di tutte le epoche (passate, presenti e future) giunge in grazia d’una Tradizione e d’una Scienza di cui la Geometria Sacra è colonna portante. Ma, giunto al centro, comprende anche che già tutto era in lui, che il Maestro Interiore era da sempre lì, pronto a guidarlo… 

    “Venerabile è un’anima siffatta, simile ad un cerchio che si adatta attorno al centro, prima superficie estesa dopo il centro, estensione inestesa; così infatti possiede ogni cosa. Se poi uno volesse considerare il Bene come il centro, considererà l’Intelletto come un cerchio immobile e l’Anima come un cerchio mobile mosso dal desiderio(14).”

(Plotino)

          La profondità di quest’analisi apre ad una riflessione sull’intima corrispondenza tra i concetti plotiniani del “Bene” e del “centro” di quel cerchio che ho assunto a tema paradigmatico.

    “E’ dunque necessario che [il bene] rimanga immobile, e che tutte le cose si volgano a lui, come una circonferenza dal cui centro partono tutti i raggi(15).”

     (Plotino)

          Se nella Tavola Smeraldina il tre volte saggio Ermete già ricordava che tutto ciò che è in Cielo ha influenza sulla Terra, in Plotino la corrispondenza è totale; anzi l’uomo è un essere superiore agli dei perché dotato di una doppia natura: divina ed umana insieme. L’uomo è un dio in terra. Se questo è il suo destino, ai singoli sta l’onere di sapere e volere trasformare tale potenzialità in atto. E’ cosa non da poco, da “far tremar le vene ai polsi” alle persone meno attrezzate a tale “triplo salto mortale”. Ma tutto diviene più semplice se si abbandonano le finalità profane, le mire di potere sugli altri e, soprattutto, sulla Natura.

“Quale specie di moto è [quello circolare]? E’ un movimento autocosciente, autointellettivo e vitale, che in nessuna parte è al di fuori od altrove, per cui c’è la necessità di abbracciare tutto. E’, in effetti, la parte dominante dell’essere vivente quella che lo abbraccia ed unifica(16).”

(Plotino)

La sistematica ri-lettura delle Enneiadi, pura meditazione per l’animo assetato di verità, è un piacere che mi concedo per staccare la spina dalle fatiche, fisiche e mentali, del lavoro. Un punto d’approdo che poi, invariabilmente, si trasforma in innumerevoli spunti per la ricerca artistica; proprio come sta accadendo nell’ambito di questo studio sulla Geometria Sacra: partendo dal cerchio si giunge al “Bene“, al “Centro” e ad un concetto di “meditazione” che io, uomo del Terzo Millennio, trovo di sconvolgente attualità.

“Ma quando la contemplazione ascende dalla natura all’Anima e da questa all’Intelletto, e le contemplazioni si fanno sempre più intime e unificate ai soggetti contemplanti, e nell’anima virtuosa gli oggetti conosciuti tendono ad identificarsi con il soggetto conoscente, poiché si affermano verso l’Intelletto, è chiaro che in esso entrambi sono ormai uno, non per intimità, come nell’anima perfetta, ma per essenza, e per il fatto che l’essere ed il pensare sono la medesima cosa [Parmenide].   

(…)

Un punto, almeno, va però segnalato, che il nostro ragionamento ci indica nuovamente che tutte le cose sono un prodotto collaterale della contemplazione. Se pertanto è per il pensiero che la vita più vera è vita, ed essa è identica al pensiero vero, allora il pensiero più vero vive e la contemplazione e l’oggetto di contemplazione corrispondente sono un vivente ed una vita, e le due cose insieme sono una. Ora, se le due cose sono una, com’è che questa unità è, a sua volta, molteplice? Perché contempla qualcosa che non è uno; altrimenti, non diventerebbe Intelletto. Pur avendo cominciato come uno, l’Intelletto non è rimasto come era all’inizio; ma, senza accorgersene, è divenuto molteplice, come appesantito, e ha dispiegato se stesso nel desiderio di possedere ogni cosa – quanto sarebbe stato meglio per lui non averlo voluto; così, infatti, è divenuto secondo! – , simile ad un cerchio che, essendosi dispiegato, si è fatto figura, superficie, circonferenza, centro, raggi, con alcune parti in alto ed altre in basso(17).”

(Plotino)

Giunti a questo punto, m’è chiaro il valore simbolico che le immagini del cerchio e della croce  assumono all’interno di un sistema di riferimento squisitamente esoterico, in uno spazio che ha superato i limiti euclidei, in un tempo che non scorre più in modo lineare. Perché “un’anima conosce se stessa per il resto del tempo e sa che il proprio movimento non è lineare, (…)mentre il suo movimento naturale è simile a quello che si svolge all’interno di un circolo, non intorno a qualcosa di esterno, ma intorno ad un centro (…)(18). Perché “ Tu, quando cerchi, non cercare nulla che sia fuori del Bene(…)(19).” Perché l’eterno ritorno delle ere cosmiche si dispiega unicamente nell’altrettanto eterna ciclicità del divino Zodiaco(20). Perché ritornando dalla  circonferenza al centro del cerchio, si può avere la grazia d’una intuizione che, per restare nella metafora geometrica, è elevazione spirituale dal piano. Elevazione che apre ad ulteriori dimensioni. Spiritualità dall’andamento spiraliforme…

La spirale

          La spirale è un simbolo antico, almeno quanto quello del cerchio. E’ il cerchio che ruota su se stesso e prende forma. Tra le molteplici interpretazioni(21) che potrebbero essere, tutte validamente proposte, mi limiterò a quelle che reputo strettamente pertinenti all’oggetto della ricerca. Ovvero alla rappresentatività esoterica che la spirale assume all’interno d’una Geometria Sacra di natura non euclidea. Volendo ulteriormente delimitare il campo d’indagine, farò riferimento unicamente ad una linea che partendo da un punto – coincidente con il centro del cerchio di cui al precedente paragrafo – si orienta nello spazio secondo una precisa direzione spiraliforme (fig. 10).   

Fig. 10

          La spirale rimanda all’idea dei tanti labirinti che l’antichità ci ha tramandato, così vivamente, più nelle pagine dei poeti e dei filosofi che non nelle vestigia archeologiche. Il labirinto della figura 11, anch’esso spiraliforme, innesca una ulteriore analogia con il cervello umano.   

Fig. 11

          Persino il simbolo che segnalava all’attento pellegrino i luoghi in cui più intensità scorreva la forza spirituale, l’ompalos(22), solitamente quadrato, talvolta si piegava per assumere forma che rimanda al cerchio ed alla spirale. Ma ciò che caratterizza e diversifica la spirale dal cerchio, da cui pur tuttavia viene generata, è l’aspetto dinamico-generativo, ovvero l’idea di rotazione, attorno ad un asse, a cui senza ombra di dubbio rimanda. “La spirale rappresenta un sistema dinamico che, a seconda di come lo si considera, si avvolge oppure si s-volge, in modo che il movimento si diriga verso il centro o se ne allontani(23).” Si svolge allorché l’uomo si proietta verso l’esterno nell’atto volitivo della conoscenza; si avvolge nel ritorno al centro del proprio essere. Conquistato tale centro l’uomo è pronto per trascendere il piano orizzontale, ovvero l’immanenza della condizione mortale. Potrà ascendere al sovrammondo con un moto spiraliforme che è proprio della Geometria Sacra, ovvero muovendo verso una terza dimensione (non coincidente con quella dell’altezza dello spazio euclideo). Tale moto, che è pura elevazione spirituale, si dispiega sincronicamente nello spazio sacro della meditazione. L’iniziato, in virtù del rituale, ascende nel sovrammondo per ri-congiungersi con la totalità degli esseri, con la divina luce della sapienza. Ma non solo, perché l’iniziato sarà in grado di ritornare – sempre con andamento spiraliforme – al cuore del proprio essere che sempre è rimasto nel piano della contingenza storica. Ri-torna carico dell’energia cosmica, della bellezza che l’ha penetrato, della forza e della saggezza. Tutto ciò potrà, in un secondo momento, essere messo a disposizione per arricchire il bagaglio di conoscenze e di spiritualità dell’umana famiglia. In tal senso, la Geometria Sacra è un ponte gettato tra la Terra ed il Cielo, ovvero simbolo anagogico offerto all’uomo (di tutti i tempi) per poter realizzare il proprio destino.

“(…) anagogico, e cioè la percezione dei misteri della vita eterna, che non è quella dell’oltretomba, ma la vita in eternità, la presa di coscienza che la creazione del mondo è permanente. Ogni simbolo è il reliquario della vita eterna, presenza del divino, il nutrimento della coscienza(24).

          Se l’analogia è propria della geometria profana, l’anagogia(25) è il “senso dello spirituale, senso dell’essenziale“. Unicamente per il tramite dell’anagogia posso accedere alle dimensioni universali, realizzando una piena comunione spirituale con tutti quegli esseri che animano il sovrammondo. Posso comprendere che la trascendenza non è il contrario dell’immanenza, perché proprio la via anagogica, nello stesso istante, unifica le due forze. Un lungo ed a volte sofferto cammino esistenziale m’ha consentito di fondere, nel diuturno atanor della creatività, scienza ed arte. Liberate dalle scorie e sublimate nel divino “solve et coagula” alchemico, la scienza e l’arte profana divengono, rispettivamente, “Sacra” e “Regale”. Questo processo coinvolge anche l’operatore, a sua volta implicato nel processo di dissoluzione – Opera al nero – , di metamorfosi – Opera al bianco – e di ricomposizione – Opera al rosso – . L’Artista(27), il mago, il geometra hanno vissuto sulla propria pelle, concretamente, le metamorfosi e le battaglie che troviamo descritte in alcuni testi. In tal senso, un altro aspetto esiziale è quello relativo alle modalità con cui l’uomo può entrare in contatto con i simboli e, più in particolare, alle modalità con cui si dispiega la rivelazione di “un dato” simbolo. Tale processo è, al tempo stesso, personale ed impersonale. Personale perché il dispiegamento dei significati dipende dal livello di colui che li riceve. Impersonale perché l’insieme dei significanti è immutabilmente ed eternamente offerto alla percezione di tutti. La congiunzione degli opposti, DI TUTTE LE OPPOSIZIONI, che comunque persistono come tali nel mondo profano, avverrà se saremo aperti alla comprensione della tolleranza, della fratellanza e della sostanziale uguaglianza tra tutti gli esseri che condividono una identica volta celeste. Sull’infinità delle stelle ho più volte orientato lo sguardo, da oriente ad occidente, da settentrione a meridione, giungendo infine a tracciare una croce cardinale che s’è intersecata nel centro del Cosmo. Nel centro di me stesso. Unicamente in questa dimora filosofale s’opera l’alchemica trasmutazione che m’apre apre alla visione d’una pluralità d’universi disposti in prospettiva ascendente. Unicamente al centro della croce cosmica che si dispiega la spiraliforme disposizione dei petali del fiore mistico… della candida rosa che sboccia sulla croce cosmica.

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          Partendo dall’emergenza profana d’un semplice cerchio, in grazia di successive riflessioni e meditazioni, sono infine giunto a percepire di come il simbolismo geometrico sia valido strumento per tracciare la mia personalissima architettura spirituale. Il simbolo ha cessato d’essere un freddo oggetto di studio e s’è tramutato in modalità con cui poter creare e trasformare. Da artista, uso a maneggiare indifferentemente oggetti e concetti, ho piena comprensione della sinergia che deve intercorrere tra la via speculativa e la via operativa: come le visioni di due occhi che stanno sul medesimo volto.

NOTE

1- La sostanziale differenza che intercorre tra l’utilizzo della conoscenza per fini pratici (conoscere per utilizzare), e quella più marcatamente legata alla crescita spirituale (conoscere per trascendere), è stata evidenziata in una piccola riflessione esoterica dell’aprile 2003. 

Conoscere per trascendere

(…) Non è un caso che proprio in primavera gli Alchimisti, in grazia dei propizi influssi astrali, iniziavano a percorrere la via umida che li avrebbe condotti alla realizzazione della Grande Opera. Ad esempio, come non citare l’Adepto Fulcanelli che, ne Le Dimore filosofali, velatamente accenna all’attività di raccolta della rugiada celeste. Con tutte le significazioni ermetiche che possono essere pienamente intese solo da chi ha familiarità con la lingua degli uccelli: perché il risveglio del Cosmo è intimamente connesso al risveglio della Natura, dell’uomo e dello spirito universale. Perché il filosofo per mezzo del fuoco era fermamente convinto dell’esistenza d’una causa prima della vita, e che essa si espandesse – che fosse presente – in tutte le manifestazioni: animali – vegetali – minerali. Il vero ed unico fine della sapienza alchemica consisteva, e consiste, nel raggiungere quello stato in cui l’Artista vibra in sintonia con lo spirito universale. Nella società profana, in cui vige la specializzazione più spinta, è quanto meno arduo proporre un tale assunto, peraltro antitetico alle premesse così come agli sviluppi della scienza contemporanea. Ma l’iniziato  non demorde, anzi fermamente asserisce che ricerca scientifica, per sua intrinseca natura volta alla curiosità ed alla pluralità inesauribile dei fenomeni, sia destinata a frazionarsi nel suo cammino progressivo. Anche volendo prendere atto del presunto “progresso materiale”, ad esso non s’è accompagnata alcuna forma di progresso spirituale. Invero siamo dinanzi a fenomeni d’involuzione ed imbarbarimento. Eppure nei testi alchemici ed ermetici è più volte ricordato di come l’universo sia unum in multa diversa moda e che l’Artista, attraverso una sinergica signoria tra tutte le conoscenze, può unicamente replicare in piccolo ciò che il Grande Artefice dei Mondi ha compiuto in grande scala. Il microcosmo ricreato dall’Alchimista demiurgo è specchio del divino macrocosmo. Emerge, in netta contro tendenza all’idem sentire profano, la sostanziale differenza che intercorre tra la sapienza ermetica ed il dogmatismo della scienza profana. Se per la scienza la conoscenza è finalizzata allo sfruttamento della natura, per gli Alchimisti la conoscenza era finalizzata alla trascendenza.

Scienza profana: conoscere per sfruttare.

Alchimia (esoterismo): conoscere per trascendere.

La Scienza Sacra, eminentemente qualitativa, si snoda lungo un itinerario – sapienziale ed esperienziale – capace di condurre il ricercatore al centro spirituale dell’uomo e del cosmo: eterno, unico ed indivisibile.

2 – Ernesto Saquella, La via archetipale – pag 151 – nel volume di Antonio Picariello, Molise mon amour Diario di un critico d’arte, Edizioni ENNE

3 – R. A. Schwaller De Lubicz, Il Tempio dell’Uomo – 2 Vol. – Ed. Mediterranee

4 – SIMBOLO, dal latino symbolus o symbolum ed ancor prima dal greco symbolon, della famiglia del verbo symballein che significa “mettere insieme”, composto da syn “insieme” e ballein “gettare”. Con riferimento all’antichissimo uso di spezzare in due parti irregolari una moneta od altro oggetto, per servirsene come mezzo di riconoscimento. Dal testo di Pietro Negri, Conoscenza del Simbolo (Tratto da: “Introduzione alla Magiavolume I Gruppo di Ur – diretto da Julius Evola) riporto alcuni brani che considero utili e prodomici alla comprensione del simbolismo geometrico. Secondo Dante (Convivio 11, 1) le «scritture si possono intendere e debbonsi sponere per quattro sensi»: il senso letterale, il senso allegorico, il quale, dice Dante, è «una verità ascosa sotto bella menzogna», il senso morale, e quello anagogico. Questo senso anagogicoè «quando spiritualmente si pone una scrittura, la quale, ancoranel senso litterale, eziandio per le cose significate significa delle superne cose dell’eternale gloria »; ossia è il senso riposto di una scrittura la quale, anche nel suo senso letterale, tratta argomenti di ordine spirituale; e va nettamente distinto dal senso allegorico e da quello morale che, in suo paragone, hanno, almeno dal punto di vista spirituale, un’importanza di gran lunga secondaria. (…) Dante si riferiva alle scritture dei «poeti»; ma la distinzione dei quattro sensi può indubbiamente venire applicata anche agli scritti sacri ed iniziatici e ad ogni altro mezzo di espressione e raffigurazione di fatti e dottrine spirituali. Il senso supremo, il sovra senso in ogni specie di simbolismo, secondo tale distinzione, sarà dunque il senso anagogico; la comprensione piena dei simboli consisterà nella percezione del senso, anagogico in essi racchiuso; e, anagogicamente intesi ed adoperati, potranno anche contribuire alla elevazione spirituale. In questo senso i simboli sono dotati di una virtù anagogica. (…) Ma la parola simbolo, presa nella sua accezione più propria, ha un senso assai più preciso e complesso, come risulta facilmente dalla stessa analisi etimologica. In greco la voce aum-bolh designa l’atto del congiungere, accozzare insieme, e la voce affine sum-bolon indica l’accordo e quindi il segno, il contrassegno. Entrambe queste parole constano di due elementi: il primo, il prefisso sun (latino cum) indica semplicemente la congiunzione, il secondo designa e precisa il carattere di questa congiunzione. Bolh e boloz indicano lo scagliare, il gettare; sono voci connesse al verbo ballwche indica l’azione di scagliare, colpire, lanciare. Il verbo sum-ballw(riunisco) e quindi anche la voce perfettamente analoga sum-bolon(simbolo), designano dunque l’atto della riunione, mentre la sintesi (sun-uesiz, latino compositio) indica il risultato di tale azione, il fatto compiuto. Al carattere dinamico del simbolo si contrappone il carattere statico, immanente della sintesi. Quanto all’effetto dell’azione, il verbo sum-ballw(riunisco) si contrappone al verbo sia-ballw (disunisco, traverso, avverso); corrispondentemente il sumbolon è il contrapposto del «diavolo» (dia-boloz, trasversale, avversario); e si presenta filologicamente spontanea l’attribuzione di virtù dinamiche e magiche ai simboli per vincere le opposizioni e le avversità diaboliche. (…) E come nella conoscenza discorsiva si arriva alla tesi concettualmente, per via logica, partendo dall’ipotesi, così nell’endogenesi iniziatica si può pervenire alla sintesi, giovandosi della virtù dinamica dei simboli, per via magica, partendo dalla condizione iniziale umana. Queste semplici considerazioni etimologiche, quindi, permettono già di intravedere come nella conoscenza superiore i simboli abbiano ufficio corrispondente a quello tenuto dai concetti nella conoscenza discorsiva. (…) Abbiamo avuto occasione di dire che i simboli sono di svariatissima specie. Effettivamente ogni cosa può costituire la base di un simbolo; ma, naturalmente, vi sono dei criteri per la scelta o determinazione. Abbiamo così il simbolismo numerico, dove i numeri interi (un’astrazione per sè stessi), costituiscono i simboli, e le loro potenze (dunameiz), i loro residui o radici (puumhn), i loro rapporti semplici e proprietà ne costituiscono simbolicamente le virtù anagogiche, simbolismo specialmente usato dai Pitagorici e poi dai Cabalisti e dai Liberi Muratori; abbiamo il simbolismo delle lettere dell’alfabeto, connesso, si capisce, a quello numerico, che sta alla base della tradizione cabalistica. A questi simbolismi, e specialmente al primo, si ricollega il simbolismo geometrico dei Platonici e dei Neoplatonici; ed al simbolismo numerico e geometrico si riconnettono i simbolismi di tutte quelle scienze ed arti sacre in cui entrano in giuoco i rapporti, le proporzioni, il ritmo e l’armonia come l’architettura, il canto, la musica, la danza, la poesia, la pittura (unitamente al simbolismo dei colori ed altri ancora), e cui alla loro volta si ricollegano come emanazioni, derivazioni ed applicazioni nel campo sociale e politico l’araldica e l’emblematica. Dai fenomeni fisici traggono la base i simbolismi polare, solare, meteorologico ed il simbolismo ermetico della trasmutazione; dai fenomeni biologici i simbolismi della fermentazione, della putrefazione e germinazione del seme vegetale, il simbolismo sessuale, il simbolismo della metamorfosi e resurrezione, ed il simbolismo dei nutrimenti e bevande spirituali e di immortalità. Dalle varie forme dell’attività umana, il simbolismo regale (il palazzo regale del Filalete, l’arte regia o regole neoplatonica e muratoria, la via regia, l’acqua regia, le nozze regali degli Ermetisti), il simbolismo della guerra, specialmente della «guerra santa» (Bhagavad-Gîtâ), il simbolismo della pastorizia (nel Pimandro e nel Vangelo), il simbolismo della coltivazione della «terra» o georgico, della «navigazione» (Omero, Virgilio, Dante), il simbolismo della fondazione di templi e città ed in generale della «edificazione» (da cui il titolo di Pontefice pel sommo sacerdote dei Romani) e della «costruzione», che è il fondamento del simbolismo tradizionale muratorio e che si collega naturalmente a quello architettonico (da cui il Grande Architetto dell’ Universo); il simbolismo della custodia e difesa di oggetti, templi e terre sacre (cavalieri del Graal e Templari). (…) Per le ragioni vedute, l’espressione verbale, anche nelle sue varie forme figurative, non può competere con la sinteticità vitale dei simboli. Il simbolo trascende la parola, e, anche limitandosi a considerarlo unicamente come mezzo per esprimere e comunicare fatti e dottrine, presenta ancora un altro vantaggio sopra il linguaggio: le parole variano col tempo e col luogo, sono soggette a logoramenti e variazioni sia nella forma sia nel significato, e non possono raggiungere la stabilità e l’universalità del simbolo. Ciononostante la parola ed il simbolo hanno in comune almeno un carattere fondamentale, e ciò è la natura metaforica che lega il loro valore concreto al loro significato astratto. Ambedue presuppongono il riconoscimento della unità, corrispondenza ed analogia universale e quindi, anche, ammettono implicitamente la «similitudine» umana. Diciamo similitudine e non identità od eguaglianza; ammettiamo cioè come postulato che gli esseri ed in particolare gli uomini siano simili fra di loro dal punto di vista interiore presso a poco quanto e come dal punto di vista esteriore, che i sensi ed organi interni dei vari individui siano tra loro simili ed equivalenti presso a poco quanto e come lo sono i sensi e gli organi fisici. Ammesso questo, la nostra esperienza interiore ha un carattere trascendente l’individualità, e può essere espressa in parole ed in simboli comprensibili da coloro che abbiano esperienza analoga, e può contribuire a provocarla in chi ancora non l’abbia esperimentata. È quanto avviene con il linguaggio ordinario per le comuni esperienze umane; quando parliamo di luce, di suono, di colore presupponiamo, invero, non solamente che il suono delle nostre parole venga percepito da chi ci ascolta come noi siamo in grado di percepire i suoni che colpiscono il nostro orecchio, ma anche che la nostra esperienza, espressa dalle nostre parole, venga intesa da chi la sente grazie al confronto con una consimile esperienza, nota e posseduta da chi ci ascolta. L’analogia universale, adunque, sta alla base del simbolismo, come sta alla base del linguaggio metaforico, ed è quindi prevedibile che il simbolismo si conformi a norme determinate, come il paesaggio dal senso concreto a quello astratto delle parole obbedisce alle norme della semantica. (…) Il carattere analogico insito nel simbolo gli conferisce una polisemia ed una indeterminatezza di significato che, se da una parte ne costituisce la ricchezza e la fecondità di fronte alla precisione ed alla determinazione della parola, ne rende d’altra parte assai meno semplice ed agevole la penetrazione e l’uso. Anche nelle parole la coscienza del significato etimologico e dei legami con le voci affini permette di afferrarne il senso riposto e dischiude la via a maggior conoscenza, ma il processo analogo presenta nel caso del simbolo ben altra latitudine e profondità. La comprensione di un significato costituisce il gradino per muovere alla conquista dei significati ulteriori nei campi collaterali e superiori, nè in questo caso si è costretti a desistere nel continuo superamento del mistero delle radici ultime del linguaggio che sta fatalmente alla base di ogni analisi etimologica. In virtù della costante meditazione il simbolo finisce coll’imprimersi nella mente, e con la sua continua presenza è sempre pronto ad inspirarla, a suggerirle i rapporti analogici che possiede con quanto di volta in volta è oggetto del pensiero, ed anche indipendentemente dai riferimenti alle varie idee il simbolo, sulla base dei rapporti analogici contenuti in esso, per il suo intrinseco sincretismo, fornisce alla mente gli elementi di lavoro, la feconda, per così dire, conferendole un potere creatore. In questo senso i simboli costituiscono dei modi di moto e di azione, dei fattori dell’endogenesi, che spingono, guidano e portano a condizioni di coscienza non ancora esperimentate, e quindi ad una conoscenza effettiva, diretta, insigne. Dal significato adombrato e racchiuso nei segni si ascende in tal modo ad un possesso cosciente, e l’in-segna-mento raggiunto, per via di segni, è anche in-segna-mento di fatto. Anzi non è privo di interesse, storicamente e filologicamente, constatare come il linguaggio ricorra proprio ad una parola così costituita per denominare l’insegnamento. Quest’azione fecondante, magica, del simbolo sopra la mente, corrisponde perfettamente all’azione consimile dei simboli in politica ed in religione, azione che tutti possono constatare.  

 5 – Crf. René Guénon, Gli stati molteplici dell’essere. Un libro di alto profilo che, insieme a Il simbolismo della croce, pongo a fondamento ed ideale punto di partenza per il presente studio.

6 – René Guénon, Il simbolismo della croce – pag. 14 –

7 – Per Giuliano Kremmerz il sole è “la forza maschia generante, luminosa e calda per sé, simbolo di tutta la forza attiva trasformante continuamente il creato” – La scienza dei magi vol. 2° pag. 234 – Edizioni Mediterranee

8 – Anche in epoche più vicine alla nostra, ad esempio nel medioevo, il simbolismo era ancora un fuoco sotterraneo alimentato sia da organizzazioni che da singoli. Più in particolare, sul cerchio, così scrive M. M. Davy ne Il Simbolismo medievale.

“L’eternità è rappresentata dal cerchio.

(…)

Il cerchio non si trova nelle costruzioni bibliche: esso è di origine bizantina. Sul piano dell’architettura, esso ha preceduto la cupola. Alcune chiese romaniche riproducenti il santo Sepolcro di Gerusalemme hanno forma rotonda, quali le chiese costruite dai templari oppure le basiliche di Chiaravalle e di Fonterrault.”

Il richiamo all’Impero Romano d’Oriente, a Bisanzio, sarebbe prodomico d’innumerevoli sviluppi, perché la storia bizantina è stata solo da poco considerata per l’altro valore che avuto per tutta la civiltà occidentale. Ma un valore ancora più grande l’ha avuto per la conservazione e la diffusione dei testi che sono alla base dell’esoterismo occidentale. Emblematica a tal proposito è la figura di Giorgio Gemisto detto Pletone. Di lui non si conosce molto, poiché preferiva la comunicazione orale a quella scritta, tuttavia sicuramente è riuscito ad influenzare il pensiero di tanti uomini del Rinascimento e ad ispirare il percorso culturale di numerose Accademie. Nacque a Costantinopoli verso il 1355, da nobile famiglia. Costretto in giovane età, per motivi ignoti, a lasciare la città natia, chiese asilo ad Adrianopoli, provvisoria capitale ottomana. Noi italiani conosciamo le opere e l’insegnamento di Giorgio Gemisto Pletone perché egli venne in Italia nel 1438 al seguito dell’Imperatore di Bisanzio Giovanni VIII Paleologo in occasione del Concilio di Ferrara e di Firenze. Filosofo nel senso più ampio del termine, era fra gli illustri pensatori e religiosi che presero parte alle trattative. Pletone affascinò le corti con le sue teorie fra ragione, religione ed esoterismo. Parlava di Platone e Zoroastro, della divinità del Sole e dell’armonia segreta dell’universo. Secondo Giacomo Leopardi, Gemisto Pletone scriveva un greco puro come quello dei classici. E la cultura italiana di allora era a dir poco affamata di quella lingua e quel sapere. Secondo Eugenio Garin, l’Umanesimo nacque proprio per merito di Pletone, colui che fece rinascere in occidente il sapere antico, facendo uscire gli autori greci dall’oblio e riportando alla luce la loro lingua. Ma secondo altri c’è di più. Pletone è alla base delle utopie rinascimentali, che cercavano di immaginare un mondo perfetto sotto il dominio del sapere. Un sapere però occulto, riservato agli iniziati di una nuova religione che avrebbe armonizzato nella pace universale cristianesimo e Islam, divinità dell’Olimpo, della Persia e dell’India, le filosofie di Platone e quelle di Pitagora. Appare del tutto probabile che Sigismondo sia stato uno dei primi “iniziati”. Tanto da avere l’inaudita audacia di rivestire una chiesa cristiana, San Francesco, con un involucro che a metà ‘400 apparve a tutti pagano e sacrilego. Nei bassorilievi dove i pianeti e le muse sostituiscono i santi, sono in molti a leggere le visioni del filosofo greco. O meglio, sono in pochi. Perché la lapide in greco che sul fianco del Tempio ricorda la sepoltura del filosofo rimase oscura ai più. Solo alcuni sapienti – Marsilio Ficino, Pico della Mirandola – approfondirono quegli insegnamenti. E poi furono gli occultisti e infine la massoneria a custodirne gelosamente l’arcano ricordo. Qualcuno pensò che Pletone, in realtà, si diede il compito di trasferire l’eredità di misteri millenari che risalivano ad Eleusi e Orfeo. Gli stessi misteri con cui forse erano venuti a contatto i Templari.

9 – René Guénon, Il simbolismo della croce, pag. 61

10 – Le opere di Giordano bruno contengono un’ampia serie di immagini incentrate sulla simbologia del cerchio. Alcune di esse sono xilografie incise personalmente dal nolano.

11 – René Guénon, Il simbolismo della croce, pag. 62

12 – Crf. Alla voce cerchio – – Enciclopedia dei simboli – Garzanti, 1991

13 – René Guénon, Il simbolismo della croce, pag. 58

14 – Plotino, Enneiadi – IV 4, 16 – SULLE DIFFICOLTA’ RELATIVE ALL’ANIMA

15 – Plotino, Enneiadi – I 7, I – SUL PRIMO BENE E GLI ALTRI BENI

16 – Plotino, Enneiadi – II 2, – SUL MOVIMENTO DEL CIELO

17 – Plotino, Enneiadi – III 8, 8 – SULLA NATURA, LA CONTEMPLAZIONE DELL’UNO

18 – Plotino, Enneiadi – WI 9, 8 SUL BENE O L’UNO

       “Se allora un’anima conosce se stessa per il resto del tempo e sa che il proprio movimento non è lineare, eccetto quando ci sia una sorta d’interruzione, mentre il suo movimento naturale è simile a quello che si svolge all’interno di un circolo, non intorno a qualcosa di esterno, ma intorno ad un centro, a partire dal quale il cerchio si costituisce, quest’anima, allora, si muoverà intorno al centro da cui essa proviene e si sospenderà al centro, portandosi verso quel centro cui dovrebbero portarsi tutte le armonie; anche se in modo continuato verso quel centro si portano solo le anime degli dei: proprio per il fatto che continuamente muovono verso quel centro sono dei.

19 – Plotino, Enneiadi – WI 8, 18 – SULLA VOLONTA’ E LA VOLONTA’ DELL’UNO

“Tu, quando cerchi, non cercare nulla che sia fuori del Bene, ma dentro di lui cerca tutto quanto viene dopo di lui, ed il Bene in sé lascialo andare. Il bene stesso, infatti, è l’esterno, che tutto abbraccia e di tutto è misura. Oppure il Bene è nella profonda interiorità, mentre ciò che gli è esterno e lo tocca come a cerchio e ne dipende, tutto ciò è ragione ed Intelletto.

(…)

     Si converrebbe che un cerchio che toccasse il centro circolarmente ottenga la potenza dal centro e per ciò dire la forma del centro, in quanto i raggi nel cerchio convergono ad un unico centro e fanno del centro cui convergono il proprio limite, perché è ciò verso cui muovono e ciò da cui, per così dire, nascono, per quanto il centro sia maggiore di quanto esiste secondo questi raggi ed i loro limiti, cioè i loro stessi punti”

20 – La nuova era dell’Acquario è stato oggetto di una ricerca che ho svolto nell’estate del 2002. Qui riporto, integralmente, il capitolo Tempo ciclico e tempo lineare.

“Per la tradizione ebraica e cristiana il tempo è legato alla creazione: “In principio Dio creò il cielo e la terra ” (Genesi). Il tempo è creato con il mondo e, da questo punto iniziale, si sviluppa unilateralmente in avanti progredendo verso un futuro che avrà un limite. Il tempo così è una realtà che ha un inizio e che avrà una fine, è compreso fra due punti ed è rappresentato perciò da una linea. Lo stesso concetto viene espresso dall’Apocalittica ebraica e nel cristianesimo dall’Apocalisse di Giovanni. Se il tempo ha una fine ed è  compreso tra un punto iniziale e uno finale, ne consegue che solo tra questi due estremi può scorrere la storia del mondo; proprio come una palla di bowling su di una pista. Se la successione del tempo inizia da un punto rappresentato dalla creazione, viene meno la figura del cerchio che ruota su se stesso come quella del ripetersi eterno degli avvenimenti e si delinea anche la differenza tra la linea del tempo e l’eternità. Prima del tempo e dopo il tempo non c’è che Dio nella sua simultaneità della sua esistenza o della sua eternità. Quindi l’eternità non consiste tanto nell’assenza di successione, del prima e del poi, quanto nell’essere “tutta nello stesso momento “. Non c’è che Dio assolutamente trascendente rispetto al cielo e alla terra da lui creati. Le conseguenze di questa concezione del tempo si ripercuotono nella storia dell’uomo: avvenimenti e persone hanno il carattere dell’irripetibile e dell’unico. Viene così abolita la concezione secondo cui l’esperienza vissuta possa ritornare a ripetersi nel susseguente ciclo del tempo, come viene spazzata via qualsiasi idea di metempsicosi, palingenesi e di un ritorno senza fine al passato secondo lo schema del ciclo. Tutto avviene una sola volta, gli uomini e gli eventi non si ripetono. Ed è proprio questa concezione (biblica) di un tempo lineare che ha informato il pensiero dell’uomo occidentale per almeno due millenni, contribuendo a sviluppare l’idea che il tempo esista come un unicum assoluto. Idea che la scienza e la fisica hanno assunto a valore dogmatico sino alla fine del XIX° secolo.

Al capo opposto, in tutte la civiltà tradizionali si è rappresentato il tempo secondo l’immagine di una ruota o di un cerchio che ritorna su se stesso, da sempre e per sempre, sotto l’azione del movimento di astri che ne regolano il corso. Di qui il tempo ciclico è detto anche cosmico; determinato e misurato dalla rivoluzione delle sfere celesti e, per il suo svolgersi ordinato e puntuale secondo la figura appunto del cerchio, immagine mobile dell’eternità immobile e sua imitazione come dice Platone nel Timeo:

Ora la natura dell’anima era eterna e questa proprietà non era possibile conferirla pienamente a chi fosse stato generato: e però pensa di creare un’immagine mobile dell’eternità e ordinando il cielo crea dell’eternità che rimane nell’unità un’immagine eterna che procede secondo il numero, quella che abbiamo chiamato tempo.

E i giorni e le notti e i mesi e gli anni, che non erano prima che il cielo nascesse fece allora in modo che essi potessero nascere, mentre creava quello. Tutte queste sono parti del Tempo e l’era e il sarà sono forme generate di tempo che noi inconsapevolmente riferiamo a torto all’eterna essenza. Invero noi diciamo ch’essa era, che è e che sarà, e tuttavia solo l’è le conviene veramente e l’era e il sarà si devono dire della generazione che procede dal tempo: perché sono movimenti, mentre quello, che è sempre nello stesso modo immobilmente, non conviene che col tempo diventi né più vecchio né più giovane, né che sia stato mai, né che ora sia, né che abbia ad essere nell’avvenire; niente insomma gli conviene di tutto ciò che la generazione presta alle cose che si muovono nel sensibile, ma sono forme del tempo che imita l’eternità e si muove in giro secondo il numero.

La dottrina riguardante il ciclo universale e l’eterno ritorno degli accadimenti viene attribuita, nelle fonti, allo stesso Pitagora. Porfirio (contemporaneo di Plotino e suo allievo), nella “Vita di Pitagora”, cita una tradizione antica in cui figurano i tre punti principali della filosofia pitagorica:

  1. l’immortalità dell’anima,
  2. la sua trasmigrazione da un corpo all’altro,
  3. il ripresentarsi, entro certi periodi, degli avvenimenti di una volta,

donde la convinzione che nulla è assolutamente nuovo sotto il cielo e del ripetersi ciclico delle cose. Una precisa idea del tempo soggiace anche alla concezione dell’eternità della sostanza, idea comune ai filosofi presocratici e relativa alla materia primordiale che permane sempre la stessa, sebbene mutino le sue modalità. Il termine adottato in questo contesto è quello di Natura (Physis) in quanto principio da cui provengono tutte le cose.
Tale principio è l’Acqua, per Talete, l’Infinito per Anassimandro, l’Aria come soffio vitale per Anassimene, il Fuoco, visto come l’elemento che a tutto dà la vita e che tutto distrugge, da Eraclito.

Il mondo di fronte a noi, il medesimo per tutti i mondi, non lo fece nessuno degli Dei né degli umani, ma fu sempre ed è e sarà fuoco sempre vivente, che divampa secondo misure e si spegne secondo misure.

Eraclito, Frammenti

Alla speculazione delle scuole occidentali potremmo affiancare tutte quelle forme di pensiero orientale che postulano anch’esse la ciclicità del tempo, anche se in tali contesti c’è l’impossibilità di giungere ad un filosofia della storia in cui venga dato peso alla libera scelta dell’uomo e quindi alla creatività e alla novità del processo storico. All’inizio del XX° secolo la scoperta di Einstein che la velocità della luce appare la stessa a ogni osservatore, in qualsiasi modo si stia muovendo, portò alla definizione della teoria della relatività e all’abbandono dell’idea che esista un tempo unico ed assoluto.

Per noi fisici credenti la distinzione fra passato, presente e futuro è solo un’ostinata illusione.

Albert Einstein.

La scienza più recente ha dovuto prendere atto e, conseguentemente teorizzare, l’esistenza di almeno tre frecce del tempo ben distinte. Innanzitutto c’è la freccia del tempo termodinamica, poi c’è la freccia del tempo psicologica che è la direzione in cui noi sentiamo che trascorre il tempo, la direzione in cui noi ricordiamo il passato, ma non il futuro. Infine c’è la freccia del tempo cosmologica: la direzione del tempo in cui l’universo si sta espandendo anziché contrarsi. Scienza e Sapienza tornano a coincidere, qui ed ora, all’alba dell’età dell’Acquario! Non è una semplice coincidenza o, per dirla con Jung, è “coincidenza significativa”.

21 –Spirale e sezione aurea

Tra le innumerevoli varianti della spirale, ve n’è una a cui bisogna necessariamente accennare, se pur in nota: la spirale aurea. Ovvero la spirale costruita utilizzando il numero aureo 1,618… La  Spirale Aurea è basata su una serie di quadrati che possono essere costruiti dentro il rettangolo aureo, ovvero un rettangolo il cui lato maggiore è esattamente 1,618 volte più lungo di quello minore.

Per iniziare la costruzione disegna un arco dal un angolo del rettangolo fino ad intersecare il lato adiacente. Quindi conduci un segmento perpendicolare al lato che è stato intersecato, dal punto d’intersezione al lato opposto.

Ripeti il procedimento per formare un altro quadrato…

.. e così via.

Disegnando archi con sequenze di quadrati, si può costruire la spirale logaritmica nota come Spirale Aurea

Tale struttura è riscontrabile, con grande frequenza, in natura. Diversi tipi di conchiglie (ad esempio quella del Nautilus, qui riportata) hanno una forma a spirale fatta secondo i numeri di Fibonacci.

LA CONCHIGLIA DEL NAUTILO E’ FORSE IL PIU’ BELL’ESEMPIO DI SPIRALE LOGARITMICA IN NATURA.

LA FORMA E’ DATA PERCHE’ L’ANIMALE,

CHE OCCUPA SOLO L’ULTIMA CAMERA, CRESCENDO

MANTIENE SEMPRE LE STESSE PROPORZIONI.

22 – Ompalos

Gli antichi edificatori delle sacre costruzioni sceglievano accuratamente i luoghi su cui costruire templi e chiese. Luoghi in cui era accertata la presenza d’una forza, in cui la spiritualità era percepibile dagli animi puri. Il simbolo che segnava tali siti era normalmente di forma quadrata (immagine in basso a sinistra).

23 – Alla voce: spirale – Enciclopedia dei simboli – Garzanti, 1991

24 – Christian Jacq – Il messaggio iniziatico delle cattedrali, Mondadori – pag. 12

25 – Vedi alla nota (4) sul simbolo, ove viene affrontato anche lo specifico tema dell’anagogia

26 – Pentalfa (pentagramma) – Nell’ambito della geometria sacra il Pentalfa ha un ruolo di grande rilevanza.

Nell’Egitto Faraonico la stella a cinque punte era un potente simbolo esoterico che raffigurava Horus, figlio di Iside e di Osiride, il Sole. Nel corso dei millenni questa magica stella ha rappresentato la materia prima alchemica, sorgente inesauribile di vita, fuoco sacro, germe universale di tutti gli esseri. Il Pentalfa è un simbolo ideato da Pitagora, dopo che ebbe risolto il problema del segmento aureo, la parte del raggio di un cerchio corrispondente al lato del decagono in esso inscritto. Il termine significa cinque alfa, ossia cinque principi. Ai quattro già convalidati da Empedocle, Pitagora ne aggiunse un quinto che è unitario, ovvero la natura. Il Pentagramma era dunque il simbolo dei pitagorici, ed era tracciato con una circonlocuzione che significava un triplice triangolo intrecciato. Nella magia bianca rappresenta il microcosmo umano: le cinque estremità del corpo (vedi la figura a sinistra, tratta da “La Filosofia Occulta” di Agrippa), ed i suoi cinque segreti centri di forza, che proprio la magia bianca avrebbe il potere di risvegliare. Il Pentalfa con una punta rivolta verso l’alto è considerato simbolo attivo e benefico. Nell’Ermetismo essa costituisce sempre una promessa della Luce che deve venire. Per gli Alchimisti, rappresenta il Fuoco filosofico: “la scintilla vitale comunicata dal Creatore alla materia”. Ancora oggi il Pentalfa è emblema del libero pensiero e del sacro fuoco del genio, che eleva l’essere umano alle grandi conoscenze superiori. Nel Pentalfa i pitagorici racchiusero il segreto della sezione aurea, ovvero della proporzione ermetica per la quale la parte minore sta in rapporto alla maggiore come la maggiore sta al Tutto. É ciò che la geometria indica come divisione di una retta in media ed estrema ragione.

A                    C                                     B

AC : CB = CB : AB

Il valore numerico di tale proporzione (numero d’oro) è pari a 1,618. Ma esso, nella pratica, non viene mai usato in quanto, per la tracciatura del Pentalfa, la rappresentazione geometrica è più immediata e precisa.

Le proporzioni del numero d’oro si ritrovano in tutto ciò che nell’uomo crea una sensazione di armonia e di bellezza, ed il suo impiego è sempre presente nell’Architettura Sacra. Di particolare interesse è il Pentalfa che si traccia unendo i cinque vertici del pentagono equilatero inscritto in una circonferenza.

Ebbene, il rapporto fra una qualsiasi diagonale ed il lato è proprio uguale al numero aureo.

27 – “Artista” era l’appellativo con cui s’indicavano gli studiosi che perseguivano, attraverso lo studio dell’Alchimia, la creazione della Pietra Filosofale (Grande Opera).     

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