IL CULTO DELLA LIBERTA’

IL CULTO DELLA LIBERTA’

L’altro pilastro del credo massonico è la libertà.

Nella dichiarazione di Princìpi (Losanna, 1875) è detto: “La Massoneria pone come principio che il Creatore supremo ha dato all’uomo, come il bene più prezioso, la libertà… raggio così luminoso che nessun potere ha il diritto di spegnere o di offuscare” (FLR, 33-34), “dono intangibile e sacrosanto” (PON, 72).

Lo sapevamo già da… Dante Alighieri:

“Lo maggior don che Dio per sua larghezza
Fesse creando, ed alla sua bontate
Più conformato, e quel ch’Ei più apprezza,
Fu della volontà la libertate
Di che le creature intelligenti,
E tutte e sole, fuoro e son dotate” (Par., V, 18-24).

Il primo requisito della libertà però, così com’è intesa dalla Massoneria, è il suo indissolubile legame con il concetto di ragione esposto prima. “La Libertà è costituita dalla pienezza della ragione” (A Giovanni Bovio, pag. 14-15 – citato da CAP, 2, 369, nota 56); questa, come abbiamo visto, é completamente autonoma e non si determina per effetto di verità rivelate o di altre costrizioni “esterne”. Ne consegue che la libertà consiste nell’esclusiva obbedienza alla propria ragione, e che agire liberamente significa sottoporsi solo alle leggi razionali della Natura.

Già abbiamo veduto come l’antidogmatismo massonico sia ispirato ad un concetto assoluto, assorbente e sfrenato di libertà. Giacché, prima di tutto, la libertà massonica è libertà di pensiero che comprende libertà dello spirito, del giudizio, della critica: “Indagine razionale, senza limiti, che autogiustifica i propri princìpi” (LV, ag. sett. 1954, 11). È chiaro che una simile libertà senza limiti trova modo di esercitarsi in campo religioso, dove si postula “la piena libertà di tutti i culti e di tutte le fedi” (MASFI, 130) e dove non significa altro che libertà “di pensare e di credere secondo la propria ragione e la propria coscienza” (MASFI, 130) “libera da dogmi scientifici e religiosi” (MASFI, 70).

Ma è anche libertà da tutte le fedi: “Nessuna larvata ed esplicita coartazione si eserciti dalle confessioni (religiose) sull’intelletto, sul lavoro e sulla coscienza dell’uomo di scienza… L’uomo di sapere… deve incitare i suoi simili alla critica che li salva dalla pressione esercitata dai miti religiosi” (Primo Convegno Naz. Massonico dei Professori e Docenti Universitari – Roma, 1954, 38, 41) e deve aspettarsi “le proprie conquiste dalla indagine spregiudicata e sciolta da ogni vincolo di postulato e di dogmi” (MASFI, 72).

La libertà di pensiero chiaramente non può andare disgiunta dalla libertà di coscienza la quale “non è soltanto un diritto naturale risultante dal libero arbitrio, ma è pure una conseguenza logica e necessaria dell’impotenza che abbiamo di rappresentarci l’Assoluto altrimenti che con simboli inadeguati e perfettibili” (FLR, 412).

Siamo nel campo della libertà sconfinata i cui limiti sono troppo vaghi ed indefiniti, giacché la Massoneria è pronta a negare libertà di pensiero e di coscienza a chi abbia accettato qualsiasi dogma o rivelazione: “Non esiste libertà di pensiero per chi sia disposto ad accettare i vincoli di ossequio ad affermazioni di principii dogmatici, che tendono a sottrarre al controllo della ragione umana, nonché all’indagine scientifica, i personali convincimenti” (ETA’ NUOVA, nov. dic. 1950, 18). Il Gran Maestro Gamberini, nel suo manifesto del 20 settembre 1968, ribadisce questa idea: “Molti hanno compresa, in questi ultimi mesi, la impossibilità di conciliare la libertà di coscienza con un magistero gerarchico eretto a dogma di fede”.

Conseguenza inevitabile di queste impostazioni è, nel campo della libertà morale, la libertà d’azione e d’indagine, Il naturalismo massonico professa un ottimismo illimitato nelle doti e nella bontà della natura umana: è logico, quindi, che l’indagine della ragione umana sia considerata sufficiente per il raggiungimento della verità. E anche l’azione dell’uomo, libero dall’idea del peccato e della colpa, non angustiato dall’idea di sanzioni ultraterrene, non può essere che buona, tutta racchiusa com’è nella vita presente. La morale autonoma fa sì che si debba rendere conto del proprio operato solamente alla propria coscienza.

E tutto questo non è esatto. Nella Costituzione “Gaudium et spes”, del 7 dicembre 1965, al Concilio Vaticano II, è detto chiaramente: “Mai come oggi gli uomini hanno avuto un senso così acuto della libertà, e intanto si affermano nuove forme di schiavitù sociale e psichica… Aumenta lo scambio delle idee, ma le stesse parole con cui si esprimono i più importanti concetti assumono nelle differenti ideologie significati assai diversi” (n. 4).

“L’uomo può volgersi al bene soltanto nella libertà, quella libertà cui i nostri contemporanei tanto tengono e che ardentemente cercano, e a ragione. Spesso però la coltivano in malo modo, quasi sia lecito tutto quel che piace, compreso il male. La vera libertà, invece, è nell’uomo segno altissimo dell’immagine divina. Dio volle, infatti, lasciare l’uomo “in mano al suo consiglio” (cf. Eccli. 15, 14), così che esso cerchi spontaneamente il suo Creatore, e giunga liberamente, con la adesione a Lui, alla piena e beata perfezione. Perciò la dignità dell’uomo richiede che egli agisca secondo scelte consapevoli e libere, mosso cioè e indotto da convinzioni personali, e non per un cieco impulso interno o per mera coazione esterna. Ma tale dignità l’uomo la ottiene quando, liberandosi da ogni schiavitù di passioni, tende al suo fine con scelta libera del bene, e si procura da sé e con la sua diligente iniziativa i mezzi convenienti. La libertà dell’uomo, che è stata ferita dal peccato, può rendere pienamente efficace questa ordinazione verso Dio solo con l’aiuto della grazia divina. Ogni singolo uomo, poi, dovrà rendere conto della propria vita davanti al Tribunale di Dio, per tutto quel che avrà fatto di bene o di male (cf. 2 Cor. 5, 10)” (n. 17).

“Quel che ci viene manifestato dalla Rivelazione divina, concorda con la stessa esperienza. Infatti se l’uomo guarda dentro al suo cuore si scopre anche inclinato al male e immerso in tante miserie che non possono certo derivare dal Creatore che è buono. Spesso, rifiutando di riconoscere Dio quale suo principio, l’uomo ha infranto il debito ordine in rapporto al suo ultimo fine, e al tempo stesso tutto il suo orientamento sia verso se stesso, sia verso gli altri uomini e verso tutte le cose create… Nella luce di questa Rivelazione trovano insieme la loro ragione ultima la sublime vocazione e la profonda miseria che gli uomini sperimentano” (n. 13).

La Massoneria, invece, sostiene di saper tradurre anche nel campo politico e in quello dei quotidiani rapporti con altre correnti le idee di libertà che mostra nel campo del pensiero e della morale, mentre condanna come “criminale e stupida” la cosiddetta intolleranza della Chiesa nel difendere la verità, la Massoneria, si atteggia addirittura a “religione della tolleranza” (LASS, 49), per essere “indiscutibilmente la sola associazione che possa menar vanto di tale virtù” (LASS, 49), consentendo “ai suoi adepti piena libertà di opinioni in merito all’inconoscibile ed all’ignoto” (ACMA, 1949, 137).

Il Sovrano Gran Commendatore Domenico Maiocco, mal celando l’ostilità preconcetta verso la verità rivelata, sostiene che chi pratica questa “religione della tolleranza”, cioè il Massone, deve sempre conservare “piena libertà di spirito da ogni dogmatismo, riconoscendo che la verità, totale o parziale, non è prerogativa di nessun individuo né di nessuna associazione di uomini” (Balaustra n. 1, 12 apr. 1951, n. 3).

Si possono leggere, su questa materia, brani interi di prosa massonica del tutto concilianti e tranquillizzanti: “I pregiudizi che la Massoneria si sforza di combattere sono sopra tutto quelli che tendono a separare gli uomini con delle divisioni esclusive sorte dalla diversità delle loro credenze, credenze che la Massoneria rispetta tutte, quando siano professate in buona fede” (FLR, 93).

Non sembra tuttavia che, nella pratica massonica, le opinioni altrui godano del medesimo rispetto che si tributa loro a parole. Se pure si voglia tacere del livore e della faziosità che trasudano da certi scritti massonici, non si può passare sotto silenzio l’abile campagna con la quale la Massoneria copre una irriducibile ostilità verso le dottrine che si rifanno alla Rivelazione.

Questa ostilità si manifesta sin dai primi insegnamenti impartiti in Loggia. All’adepto, con una lenta, paziente e sottile educazione, viene subito detto che deve guardarsi dal “fanatismo” e dalla “superstizione”, che deve ripudiare il “dogmatismo” delle religioni, che deve adottare il metodo del “libero esame” sgombro da “vincoli dogmatici e fideistici” (cf. MASFI, 70). Come può facilmente capirsi, si tratta di un vero e proprio “lavaggio del cervello” praticato fin dai primi gradini della scala massonica.

È precisamente qui che la tanto decantata “tolleranza massonica” mostra il suo vero volto: si palesa cioè una tattica abile e, assai spesso, fruttuosa per irretire i superficiali. È vero che la Massoneria mostra la massima condiscendenza ed apertura verso le più svariate dottrine filosofiche e manifestazioni di pensiero anche le più strane. Quello che in nessun modo si tollera è che il massone possa avere una fede e possa “mostrarsi debole” verso la verità rivelata. Così, con il pretesto di insegnare ad essere liberi e spregiudicati, si pone in essere un’insidia permanente per la fede degli iscritti, soprattutto quella cattolica.

Se dunque la “virtù della tolleranza” è utile a diffondere il relativismo teoretico ed etico, d’altra parte serve a stroncare qualsiasi sostrato fideistico nell’adepto: e questo fa con una faziosità tale da costituire un vero attentato alla libertà della coscienza individuale.

La parola “tolleranza”, per la Massoneria, è una parola ben strana e con ancor più strani significati. Sarebbe tollerante e di animo manifestamente liberale che guarda ai fedeli di qualsiasi religione (specialmente quella cattolica) con occhi pieni di commiserazione come a coloro “cui non è dato di intendere o di vedere” (MRAI, 70), come chi professi ancora “l’ingenua fede… dell’infanzia” (OUL, 26), come a vittima di meschini pregiudizi. Francamente non pare eccessivamente tollerante gratificare di superstizioso, quando non di fanatico, chi ha il solo torto di attendere al culto di Dio ed alla pratica dei Sacramenti.

Ma, nessuna meraviglia: è il tono solito e gli argomenti usuali della intolleranza massonica!

Questa si applica, purtroppo, anche ai suoi iscritti, ai quali naturalmente, promette piena… libertà!

Diceva il p. Caprile: “Intanto (li) vincola con un solenne giuramento alla ubbidienza più assoluta, più cieca, più completa. Ad un’ubbidienza che tiene solo di mira gli interessi della sètta; alla sottomissione verso capi spesso sconosciuti, per fini spesso non confessati… Come in poche altre associazioni il Massone è una pura pedina in un giuoco, di cui il più delle volte gli sono nascoste le mosse.

Questa restrizione della libertà individuale si rende ancor più chiara quando qualcuno vuole abbandonare la setta… Innumerevoli difficoltà vengono frapposte a chi, una volta iscritto, decide poi di ritirarsi. Il ripetersi di tali casi, mostra almeno uno stile, se non proprio una consegna” (CAPMCS, 24).

Un esempio concreto: la rivista “Mondo Domani” pubblicò i nomi dei “563 Fratelli di Firenze” (4 ag. 1968, 57-62) che però, secondo una lettera anonima di “un vecchio Massone fiorentino” non corrispondeva “neppure ad un terzo dei Massoni fiorentini” (13 ott. 1968, 3-4).

Fra questi nomi figurava quello del Dr. Salvatore Di Stefano, ex Questore di Bologna e di Roma, e poi consigliere della Corte dei Conti. Questi, molto coraggiosamente, scriveva alla rivista di essere “già da tempo ritornato alla Fede Cristiana, che con tanto Amore mi inculcò mia Madre” (1 sett. 1968, 2).

La risposta del Gran Maestro Gamberini è piuttosto… acida (RIMA, sett. 1968, 431-32): Intanto “per misericordia” non ne fa il nome; poi continua (badare al tono!): “Difficilmente si troverà nella nostra Comunione chi intende la “fede cristiana” come è probabile che la intendesse la Sua compianta Madre”. Quindi gli rimprovera “l’antimonia che Ella dà per iscontata, fra Massoneria e fede cristiana”. Dopo aver fatto questione di date, che noi non abbiamo potuto riscontrare, termina: “La Sua cura a che si creda alla Sua sincerità di oggi ci dimostra che Ella, con un’altra fede, ha abbracciato anche un’altra morale”, diversa, naturalmente, da quella massonica che dovrebbe essere, per il Gamberini, la “Bocca della Verità”.

Buon per il Di Stefano che non si parli di deferimento al… Tribunale Massonico del 31° Grado che, come vedremo in seguito, ancora esiste A chi è abituato a considerare come un grande progresso giuridico la Legge Siccardi che, dopo aspre lotte, nel 1850, fece approvare l’abolizione del Foro ecclesiastico, sembra di sognare!

   
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