LA CATARSI INIZIATICA

La catarsi iniziatica

di G. c.

La tradizione vuole che in occasione dei lavori funebri I’Oratore parli della morte sotto l’aspetto iniziatico: esporrò qui di seguito qualche considerazione che su questo argomento mi hanno suggerito alcuni brani del rituale funebre nel corso di esperienze direttamente vissute.

Allo scopo di rimanere quanto più è possibile aderente al fatto esperienziale vissuto cercherò di ridurre, nei limiti strettamente necessari, la concettualizzazione e verbalizzazione, la cui dilatazione sarebbe altamente nociva ai fini della trasmissione dell’esperienza stessa. Scopo di questo scritto non è di convincere chicchessia  sulla validità di questa o quella considerazione, che io stesso domani potrei invalidare, ma di sommessamente suggerire o suscitare, in quelli di noi che non lo hanno ancora provato, il desiderio di avvicinarsi al rito più di quanto non l’abbiano fatto finora, cercando cioè di parteciparvi totalmente, fino a viverlo.

Ciò che esporrò è limitato alla prima parte del rituale, dall’apertura dei lavori al momento in cui il M.V. dà la parola all’Oratore. I momenti rituali dai quali scaturiscono le considerazioni ed interpretazione    che sto per esporre sono:  I°) il  2° Sorv.. ravvisando I’impossibilità di costituire la catena d’unione si rivolge al M.V. per renderlo edotto; z) il M.V. ordina che ognuno riprenda il proprio posto e che si proceda da parte del Segretario alla lettura dei nomi di coloro che non hanno risposto all’appello; 3) triplice ripetizione dell’elenco da parte delle tre luci, triplice omaggio pietoso da parte dell’Oriente e delle Due Colonne, triplice offerta di incenso;   4°) le invocazioni del M.V.: <<possa la loro morte insegnarci a morire e le loro venerata memoria mantenerci costanti nella via dell’onestà e del dovere>>, << la morte non è che l’iniziazione ai misteri di una nuova vita… nulla si disperde e si estingue nella natura>>,  << la loro memoria e I’esempio delle loro virtù ci parlino nell’anima e ci conducano con assiduo lavoro alla ricerca della verità e della luce>>.

Il fatto che mi soffermi su alcuni momenti e non su altri non vuol dire che io giudichi quelli prescelti come i più importanti e significativi. sarebbe questo un errore analogo a quello di un  massone che volesse discriminare fra la validità e l’importanza del copritore nel momento in cui si assicura che il Tempio sia al coperto e quelle del M.V. che apre, dirige e chiude i lavori: nell’attimo in cui svolgono il loro compito la loro validità non differisce neanche di un capello. L’importanza di un momento vissuto con piena consapevolezza non è primaria o secondaria rispetto ad altri vissuti in modo analogo, e ciò non può essere per nulla inficiato dalla patina concettuale di banalità o di importanza che lo riveste. Per un illuminato in meditazione, per un bambino di due o tre anni in contatto con un giocattolo, per un cane alle prese con un osso, la meditazione, il giocattolo e I’osso sono I’intero universo e non risulta che esistano universi di grandezza diversa. Ho scelto alcuni momenti della tornata semplicemente perché costretto dai limiti di tempo e spazio.

Il primo punto riguarda I’impossibilità di formare la catena, denunciata dar 2° Sorvegliante, impossibilità causata dalla morte e quindi dall’assenza di alcuni FF. La catena d’unione presenta, a mio modesto avviso, un triplice aspetto simbolico:  I° ) quello dell’unione delle due colonne affidate ai due Sorveglianti, i cui gioielli al collare (livella orizzontale e filo a piombo verticale)  rappresentano i contrari, unione che avviene tramite I’Oriente, che dipende direttamente dal M.V, il gioiello del quale è la squadra che simboleggia  appunto unione della verticale e della orizzontale; in tale evenienza  l’armonia dei contrari sembra indicare il sentiero da percorrere per raggiungere la meta; 2°) come unione, a livello microcosmico, di mente-materia o corpo-spirito o di pensiero-parola-azione che vede nell’armonia interiore il presupposto fondamentale non solo per il perfezionamento del singolo ma anche per – , 3°) – l’unione di tutti i massoni ovverossia di tutti i nati liberi e di buona volontà. È veramente meravigliosa l’armonia che risulta da questo delicato gioco di note ed antinote che sembra tradursi  nell’invito a procedere verso l’unità attraverso la molteplicità e, nel tempo stesso, verso l’universalità mediante l’individualità.

Se si potesse ritenere accettabile   questa interpretazione  simbolica, si dovrebbe desumere che il problema principale dell’uomo è un problema di armonia e che esso debba essere risolto dapprima,

quale presupposto fondamentale, a livello interiore. Fino a quando il bianco nero  del pavimento a scacchi, le due colonne ed i tre pilastri di Venere, Ercole e Minerva ci appariranno separati, statici ed indipendenti, vorrà dire che tale separazione esiste anche interiormente a livello degli anelli che dovrebbero formare la nostra catena ed è questa disunione ad impedirci la giusta visione non solo dei simboli massonici ma anche di tutto ciò che ci circonda nella vita di tutti i giorni. Possiamo constatarlo, ad esempio, quando ammiriamo  una pianta: ne apprezziamole fattezze, la rigogliosità o la delicatezza e tanti altri particolari anche minimi, ma ci sfugge il fatto fondamentale: il miracolo della vita di un seme che muore e la cui morte è iniziazione alla crescita della pianta e poi del fiore e poi ancora del seme, e così ci sfugge anche il prodigio della continuità attraverso transitorietà e mutamento.

L’annebbiamento della consapevolezza è come una benda che impedisce la giusta visione così al di dentro come al di fuori di noi: è questo il motivo base del nostro alienarci dalla vita. Ovvia conseguenza è quella che della nostra e dell’altrui esistenza consideriamo soltanto il breve arco che va dalla nascita fisica alla morte. Di tutto ciò si rende interprete il 2°  Sorv. allorché, notando I’assenza dei FF. scomparsi, annuncia che la catena è rotta e che la parola è smarrita; è la situazione dell’uomo che si trova in un vicolo cieco fra avversità che gli sembrano insormontabili come quella della ineluttabilità della morte. Il suo appello può però anche essere visto come suggerimento a ricorrere in tali evenienze al maestro interiore che potrebbe essere in ognuno di noi – a disposizione del discepolo e pronto ad intervenire – qualora gli ci si affidi, prevedendone i bisogni nel momento stesso in cui nascono.

Il M.V., nel contesto delle disposizioni successivamente impartite, è il simbolo della perfetta armonia, risultante dall’unione in triade di pensiero, parola ed azione, che si esprime, mediante l’energia fornita dalla consapevolezza-attenzione, in prontezza ed abilità a trattare le situazioni anche le più intricate. L’esempio che egli ci dà è valido per qualsiasi evenienza: in primo luogo ristabilisce l’ordine, disponendo che ognuno riprenda il proprio posto; invitando il Segretario a leggere la lista dei FF. scomparsi, sollecita l’attenzione massima di tutta la Loggia; si assoggetta per primo all’angosciante ma doverosa disciplina del pietoso ufficio (triplice ripetizione della lista, triplice omaggio floreale e offerta di incenso).

Ascoltando attentamente i nomi pronunciati dal Segr., ai quali aggiungiamo mentalmente quelli di coloro che sono scomparsi fisicamente già da tempo, e durante la triplice ripetizione, constatiamo che ognuno di Loro ci ha dato e consegnato qualcosa: chi ci è stato maestro di umiltà e chi di tolleranza, chi di arte del  silenzio, chi di spirito di abnegazione e di solidarietà e chi di gioiosa disciplina; ed assieme a questi doni constatiamo che ognuno di Loro ci ha consegnato anche le  sue speranze: si tratta della speranza in e per un mondo migliore, da custodire  non come attesa passiva di felici eventi fortuiti, ma come speranza massonica attiva che occorre fattivamente realizzata.  Ecco  allora  che dal buio profondo del dolore suscitato dal ricordo sorge la luce sempre più radiante della consapevolezza che questi Fratelli anche se scomparsi fisicamente sono qui vivi con noi ed in noi e che la catena che era parsa interrotta per la Loro assenza fisica potrà essere armoniosamente ricomposta, come ci sarà confermato dopo pochi minuti dalla seconda parte del rituale.

<< Possa la Loro morte insegnarci a morire >> dice il M.V. nel rituale.  Ad un neofita appena iniziato e quindi ancora digiuno massonicamente, potrebbe sembrare paradossale che noi massoni, che vediamo nell’arte di vivere la madre di tutte le arti,  ci preoccupiamo di apprendere anche quella di morire:   ma egli troverebbe poco dopo nello stesso rituale il chiarimento nella frase << La morte non è che l’iniziazione di una nuova vita >>. imparare a morire massonicamente richiede a mio avviso:  1° ) avere una pazza voglia di vivere veramente; 2°) accorgersi che ciò che ce lo impedisce è la benda, di contaminazioni mentali, diventate ormai irrinunciabili abitudini, che  impediscono  la giusta visione delle cose, ci allontana dalla giusta presenza mentale necessaria perché  condizionante  il giusto pensiero, la giusta parola e la giusta azione;

 3) avvertire e coltivare, incentivandola, I’esigenza di liberarsi della benda,ovverosia  avere il coraggio di affrontare la sofferenza del buio più profondo determinato dall’abbandono di quelle abitudini che, se da una parte ci precludono la vera vita, dall’altra ci assicurano un falso senso di sicurezza: è il caso del bruco, mi si perdoni il paradosso, peraltro non mio ma di Satprem, che se avesse una mente come noi, sarebbe

molto indeciso tra il forte desiderio di trasformarsi in farfalla e di volare e I’altrettanto forte timore di abbandonare quel senso di sicurezza che gli dà la terra su cui striscia. La paura del vuoto e del

buio è veramente notevole, ma non c’è nulla da fare, è inevitabile perché è proprio lì, in fondo, che si trova l'<< occultum lapidem >>  è dal buio più fitto che prende l’avvio l’alba della nuova vita ed è all’alba, come vedremo, che si chiudono i lavori funebri aperti a mezzanotte.

<<La morte non è che l’iniziazione ai misteri di una nuova vita >> dice il rituale così come il buio più profondo della notte non è che l’iniziazione agli albori di un nuovo giorno. Chi è interessato ai principi ermetici che si riferiscono alle Leggi  Universali, troverà chiaro il riferimento di questa evenienza ai principi di polarità, di corrispondenza, di vibrazione e mutamento, del ritmo, di causa ed effetto; se poi vorrà vedere la vita ed il giorno che vanno incontro rispettivamente alla morte ed alla notte per rinnovarsi, anzi per ri-crearsi, ecco che ne deriva anche questo principio. L’esperienza della morte-vita e della notte-giorno è stata vissuta, simbolicamente, da ognuno di noi la sera della prima iniziazione massonica, allorché ci è stata tolta la benda e dal buio più fitto della morte siamo passati alla mezza luce dell’aurora e poi a quella dell’alba della nuova vita. La benda simbolica ci fu tolta quella sera dal Maestro Esperto, ma quella che offusca effettivamente la nostra consapevolezza potrà essere tolta solo da noi stessi e nessun altro  al di fuori di noi. La Massoneria ci dà con i simboli i mezzi per poterlo fare e ci insegna anche come adoperarli, ma non può fare di più, né lo farebbe, per non ledere il principio di libertà personale. Se cerchiamo qualcuno che ci guidi in questo senso lo potremo trovare solo dentro di noi. Può darsi, ma non si tratta che

di opinioni valide solo per se stesse, che nel nostro Tempio interiore ci sia un maestro autentico in perenne attesa del suo discepolo che null’altro aspetti che di vederlo entrare, ma per entrare occorre forse, come per ogni Tempio massonico, che si bussi nel modo convenuto. Se così fosse, il segnale potrebbe essere quello dell’autenticità: autenticità del ricercatore spinto dal bisogno autentico in una autentica ricerca.

Se, durante la catena d’unione che si ricostituisce verso la fine della tornata si saprà, come dice il Kymbalion, << aprire le orecchie della comprensione alle labbra della saggezza >>, si avvertirà la grandiosità della istituzione alla quale abbiamo  il privilegio di  appartenere. Veniamo da lontano ed ancor più lontano andiamo; se manterremo ancora aperte le nostre orecchie sentiremo Uomini e Voci che si parlano dall’uno all’altro secolo. Queste Voci, voci sempre vive con noi ed in noi, ci esortano ad essere ed a continuare ad essere somma della tradizione e simbolo della ricerca e che il passato ci serva nel ricordo come sprone per realizzar ne le speranze. Cerchiamo di vedere questa catena d’unione sotto l’aspetto di una grande maratona della vira umana di cui non si identifica  ne  l’inizio   ne la  fine poiché, invero, non sappiamo chi ci ha consegnato la prima fiaccola  della luce né a chi, attraverso un numero infinito di generazioni, dovremo consegnarla. Si può tutta al più supporre che  la  regola di questo misterioso e meraviglioso gioco dei contrari, soggetta  anch’essa alla stessa grande Legge Universale, esiga da  questa grande maratona termini  quando il primo e l’ultimo elemento della fiaccolata si identificheranno nella stessa Entità. Si perverrà  così alla chiusura di un cerchio ed alla fine del gioco? Oppure non si tratta di un cerchio ma di una altrettanto misteriosa spirale in cui il termine di un gioco sarà I’iniziazione ad un altro ancor più misterioso e meraviglioso?

Chi vivrà vedrà! e noi massoni impareremo a morire perché vogliamo vivere per vedere.

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