SOLIDARIETA’ 2

Solidarietà

Maestro Venerabile, Fratelli carissimi,

qualche giorno fa, chiamato da un poveretto a far uso del mio senso di altruismo, o di solidarietà che dir si voglia, mi sono poi messo a riflettere su certi miei sentimenti e sulle motivazioni dei miei comportamenti.

Tra i principi guida della nostra Istituzione, certi e scritti nei nostri Templi, vi è certamente il noto trinomio Libertà, Uguaglianza e Fraternità.

Vorrei, in proposito, farvi riflettere su una loro possibile interpretazione, trattandosi, a tutti gli effetti, di simboli. Essi sono dei principi che regolano diversi aspetti della civile convivenza sociale, secondo quest’ottica:

la Libertà attiene all’ordine politico

la Uguaglianza           al         giuridico

la Fraternità              al         sociale.

Questa sera vorrei parlarvi di quest’ultima, perché in momenti difficili come quelli che stiamo attraversando mi pare siano tra quelli che maggiormente meritino discussioni, suscitando in me dubbi, sia sulla sua natura, che sulle possibili applicazioni.

Fuori dalle mura del nostro Tempio, la dizione più comune per quello che definiamo Fraternità è Solidarietà.

La definizione della Solidarietà è, letteralmente, il girare od il camminare (e procedere) insieme, ed in senso appena meno letterale è la rinuncia a qualcosa “nostro” per offrirlo ad un nostro fratello in stato di necessità.

Indubbiamente risulta più facile attuare la solidarietà in periodo di vacche grasse che nei momenti di crisi, cioè proprio quando servirebbe maggiormente. Ed è appunto quanto si sta verificando con lo Stato italiano in crisi per il dissesto della spesa pubblica, crisi che si manifesta in una contrazione della spesa sociale! Allora risulta difficile manifestare concretamente la solidarietà e diventa, chissà perché, più facile parlarne e teorizzare, nel bene o nel male, a proposito e a sproposito.

Così anch’io voglio affrontare l’argomento nella speranza, con il vostro aiuto, di ottenere se non dei risultati concreti, almeno delle idee più chiare in proposito.

Credo che la solidarietà pura, ideale sia riservata a pochi, pochissimi uomini o istituzioni: molto più facilmente troviamo un tipo di solidarismo che a ben guardare è macchiato da qualche pecca, che possiamo raggruppare in quattro tipi diversi:

a) il paternalismo. La solidarietà è paternalismo quando viene elargita senza accertarsi se essa sia gradita o necessaria al percettore. Questo è tipico dell’attuale sistema politico italiano, ed è attuato specialmente attraverso la ridistribuzione della spesa pubblica.

b) l’autoritarismo. La solidarietà è autoritaria quando è imposta per legge a carico dei contribuenti, sovente ignari (in tutto o in parte) di partecipare a tale fatto. È quanto avviene, di norma, con i trasferimenti delle spese da un capitolo all’altro nella pubblica amministrazione.

c) la presunzione. La solidarietà è presuntuosa quando suppone di conoscere il “bene assoluto”, e non considera che anche le migliori intenzioni possono, talvolta, mancare l’obiettivo e non produrre, di conseguenza, il risultato sperato e previsto.

d) la superbia. La solidarietà è superba quando viene attuata con modi che sottintendono e da cui traspaia disprezzo verso il beneficiario.

Mentre i primi due sono, come accennato, soprattutto riferiti allo Stato, o agli Enti pubblici, a noi interessano specialmente gli ultimi due casi. Essi sono certamente i più comuni. Facile tuttavia, per noi Liberi Muratori, scoprire quale possa essere l’antidoto, sia per l’una, che per l’altra: l’umiltà.

Nella massoneria inglese tale virtù costituisce, assieme a Tolleranza e Benevolenza, il trinomio che nella Muratoria latina è invece costituito (anche per “merito” della Rivoluzione Francese) dal nostro Libertà Uguaglianza e Fratellanza. Personalmente considero più allineato al nostro spirito il trinomio inglese che non il nostro, ma questa è una mia opinione.

Su questa considerazione mi pongo e vi pongo la domanda:

la solidarietà è un valore vero, assoluto o di ciò ne possiamo discutere?

È giusto ed è bene, aiutare il nostro prossimo con la carità?

La mia concezione dello Stato è quella di un ente che riduce al minimo il proprio intervento, potendolo definire come riduttore di incertezze (idea che, se non erro, è già presente nella Rivoluzione che caratterizzò il XVIII secolo). Incertezze che potevano derivare, sia dall’abuso di potere, che dalle avversità della sorte.

L’uomo, nel corso dei secoli, ha tentato di trovare il migliore dei modi di convivenza, sia politica (con i vari tipi di governo, dal despotismo fino al Welfare, passando per il socialismo umanitario e per il cristianesimo sociale, tanto per citare quelli a noi più vicini, almeno storicamente), che individuale. Sorsero così le varie fratellanze, tra cui possiamo senza dubbio annoverare la Libera Muratoria, se non quella moderna (del 1700, intendo), quella la cui nascita si perde nella notte dei tempi.

Ma il termine fratellanza evoca ancora non sempre e solo, un pensiero e un fatto positivo: da Caino e Abele a Romolo e Remo, o se preferite il proverbio “fratelli, coltelli”, la storia umana è densa di episodi certo non edificanti e non a favore della visione idilliaca della fratellanza. Figuriamoci allora la solidarietà!!!

Ma, cercando di ritornare al nostro tema, appare importante cercare di comprendere se fraternità, solidarietà ed anche altruismo siano o meno la medesima cosa o, in caso contrario, dove stia la differenza.

Credo che uno dei modi più semplici, ed al tempo stesso più efficace, per definire un’idea sia considerare l’opposto. Ebbene, per tutte e tre queste definizioni io credo che il termine egoismo sia il più indicato.

Come sovente accade nelle umane vicende il giusto sta nel mezzo. Così non c’è una società esclusivamente egoistica o una solo altruistica, ma ci sarà sempre un margine di relativismo che di volta in volta avrà percentuali diverse.

D’altronde, perché si possa praticare l’altruismo, sono necessarie situazioni di squilibrio, occorre cioè che una persona possa e voglia “dare” ad un altro che abbia più o meno necessità. A proposito mi ricordo la storia del telefono: due persone stanno parlando tra loro quando la linea cade. Se sono entrambi animati da buoni propositi, entrambi cercano di chiamare I’altro, senza riuscirvi perché troveranno sempre la linea occupata; perché si possa ripristinare la comunicazione occorre che uno dei due sia più “egoista” dell’altro e smetta di chiamare.

Possiamo dire che ogni individuo è composto da un insieme di razionalità e di sentimenti: se nel mix avremo una prevalenza della componente di “uguaglianza” prevarrà la solidarietà mentre, al contrario, se prevale la componente di “differenziazione” si avranno atteggiamenti di carattere individualista e quindi, in fondo, di impronta egoistica.

Ultima considerazione: mentre egoismo e solidarietà sono in antitesi, e quindi non possono esistere nello stesso individuo, lo stesso non si può dire per individuale e solidale.

G.T.

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