DUALISMO

I dualismo è una concezione filosofica o teologica che vede la presenza di due essenze o principi opposti ed inconciliabili; è quindi una concezione contrapposta a quella del monismo.

(Wikipedia)

sistema filosofico e religioso secondo il quale l’universo è il risultato del concorso di due princìpi opposti e irriducibili, ugualmente necessari ed eterni.

(Dizionario Ital iano HOEPLI)

Bene e Male. Luce e Tenebre. Dio e Satana. Yin e Yang.

concetti che solo apparentemente appaiono all’uomo comune come semplici parole o modi di essere, vedere, capire, rapportarsi nei confronti dell’esistenza quotidiana.

Eppure, come “uomini del dubbio”, non possiamo accontentarci di una semplice e superficiale categorizzazione, di una semplice definizione da vocabolario per ritenerci soddisfatti.

In noi, la soddisfazione è il risultato di un percorso che ci porta, attraverso la speculazione, la ricerca, alla perfezione, all’intagliare la pietra grezza dell’ignoranza” per renderla pietra squadrata, capolavoro dei costruttori, vera e propria testata d’angolo su cui poggiare le nostre fondamenta.

Dualismo dicevamo.

Possiamo immaginare, per descrivere il dualismo, a due pianeti esattamente opposti che sono in orbita attorno alla stessa stella, mentre per il monismo possiamo pensare, ad esempio, alla Luna che orbita attorno alla Terra.

Nel primo caso i due pianeti hanno caratteristiche proprie, indipendenti, una propria gravità, una propria massa, un proprio clima, delle forme di vita, e girano indipendenti ma legate da un qualcosa (la stella) che li fa orbitare eternamente opposti, senza mai incontrarsi.

Nel secondo caso invece, è la stessa attenzione terrestre a regolare I’orbita della Luna che, senza la Terra, non farebbe altro che vagare nello spazio senza una meta. Questo perché, appunto, in questo caso c’è una relazione gerarchica, di dipendenza e non di indipendenza.

Il dualismo ha a che fare con il modo con il quale vogliamo e possiamo interpretare I’intero universo.

Qui infatti risiede la chiave interpretativa di un concetto che molto ha a che fare con noi, con la nostra concezione di Grande Architetto dell’Universo, inteso come Essere, o Ente, Superiore che preside al governo di tutto ciò che esiste.

Poniamoci allora questa domanda: esiste una sola forza, ente, essere superiore o ne esistono diversi?

Badate, non stiamo parlando di religione, seppure la religione in questo possa (almeno considerando la cosa da un punto di vista strettamente filosofico, ricordiamo che alcuni dottori della Chiesa sono stati eminenti filosofi, pensiamo a San Tommaso d’Aquino e a Sant’Agostino) dire legittimamente la sua. No, il concetto appare sicuramente più ampio.

Se dovessimo rispondere che esistono forze indipendenti e contrapposte, dovremmo sposare a questo punto la teoria dualistica, ovvero la presenza di più forze che regolano gli aspetti della condotta umana e gli accadimenti umani. In questo senso noi ci troveremmo sul campo di battaglia dell’eterna lotta tra gli opposti, di volta in volta schierati per I’uno o per I’altro contendente.

Come negare che questa idea sia in un qualche modo allettante? Come negare I’attrazione che possiamo provare nei confronti di questa idea? L’essere vittima delle circostanze, I’arrendersi a forze soverchianti, in eterna lotta, che, l’uno nel campo del bene e della luce, e I’altra nel campo del male e delle tenebre, ci riempiano di lusinghe cui non riusciamo,in quanto mortali, a resistere?

Il dualismo religioso vide la luce, per quanto ci è dato ricordare, tra i persiani, nel culto di Zoroastro, dove alla divinità della luce, Ahura Mazda, si contrapponeva una non meglio identificata (e non-creata, attenzione) divinità delle tenebre. La tenebra, nello zoroastrismo, non ha nome.  Ma esiste. Non si tratta di assenza di luce, ovvero di una definizione di assenza ma di una presenza di un qualcosa di concreto. Il Male non è assenza di bene, ma esiste come Male in se stesso e di per se stesso.

Mi viene in mente, a questo proposito, quello che era un concetto caro a uno dei nostri più autorevoli poeti, Giacomo Leopardi. Egli infatti, soleva definire la felicita come assenza di infelicità. In una delle sue liriche più famose, a Silvia, infatti, egli scrive:

<<O nature,o natura,

perché non rendi poi

quel che prometti allor? perché di tanto

inganni i figli tuoi? >>

Egli, Leopardi, vede la Natura come matrigna, come qualcosa, non potremmo dire qualcuno giacché Leopardi era ateo, che aveva dato all’Uomo il desiderio di felicità pur non avendo lui donato i mezzi per raggiungerla.

Nello Zibaldone infatti scrive:

<< La natura non ci ha solamente dato il desiderio della felicità, ma il bisogno; vero bisogno, come quel di cibarsi. Perché chi non possiede la felicità, è infelice, come chi non ha di che cibarsi, patisce di fame. Or questo bisogno ella ci ha dato senza la possibilità di soddisfarlo, senza nemmeno aver posto la felicità nel mondo. Gli animali non han più di noi, se non il patir meno; così i selvaggi: ma la felicità nessuno. >>

Ecco. Leopardi, a modo suo, era un monista. Ovvero non pensava esistessero due sfere indipendenti e coesistenti l’una dispensatrice di luce I’altra di tenebra, I’una di Bene e I’altra di Male, ma che solo a partire da una di queste e dall’assenza di questa si potesse definire il creato.

Ma torniamo a noi.

L’evoluzione dello Zoroastrismo portò allo Zervanismo, una corrente dello zoroastrismo ormai estinta (a differenza dello zoroastrismo ancora presente in alcune regioni dell’attuale Iran. In essa (risalente più o meno al quarto secolo avanti Cristo) esiste un principio creatore, Zurvan appunto, da cui discendono i due principi fondamentali, ovvero Ahura Mazda e la sua antitesi, che viene definita con un                                                                                                                  nome:  Angra Mainyu.

Possiamo tuttavia ancora parlare di dualismo? Funzionalmente nulla è cambiato, essendo ancora presenti i due principi antitetici che interagiscono e agiscono indipendentemente I’uno dall’altro, ma esiste una fondamentale differenza. Tali principi sono adesso creati. Nello zoroastrismo puro, infatti, il creatore era Ahura Mazda, e la creazione era vista come un processo del bene, della Luce, mentre, ovviamente, era la Distruzione la caratteristica antitetica. In questo caso invece il principio creatore è Zurvan, entità superiore, al di sopra del bene e del male, muto e silente osservatore che presiede ai due principi pur non essendo influenzato da essi.

Il Manicheismo, fondato nel terzo secolo dopo Cristo riprese i concetti dello zoroastrismo e dello zervanismo, mischiandoli con elementi cristiaai.

Pur tuttavia ha un elemento particolarmente interessante che, in un certo modo, ci riguarda. Uno dei capisaldi del manicheismo era infatti quello di preservare e salvare la luce che è imprigionata nella materia. Tale processo viene completato con la morte che libera la luce dal corpo quando questo muore.

Noi, ricerchiamo la Luce. La Luce della consapevolezza, del percorso iniziatico. Noi camminiamo, lavorando massonicamente, verso I’Oriente eterno, ovvero dove sorge il sole, dove è luce. In noi risiede la luce, ma è imprigionata, proprio come la pietra squadrata è imprigionata nella pietra grezza e che noi liberiamo attraverso i nostri rituali.

Lo stesso gnosticismo, più tardi, affermerà che nell’Uomo vi è una scintilla divina.

Ma proseguiamo e fermiamoci un attimo. Che ruolo ha l’uomo? Dobbiamo davvero pensare che I’uomo possa essere solo una pedina? No, rifiutiamo questa concezione. Cerchiamo allora, per quanto possibile, di collocare I’Uomo in questo quadro.

L’Uomo, secondo la concezione dualistica è come formato da due distinte parti, la parte malvagia e la parte buona. Potremmo, volendo sorridere, dire che sulle nostre spalle abbiamo sempre da una parte il diavoletto, e dall’altra I’angioletto, che ci danno indicazioni opposte su come comportarci?

Ahimè, no. A volte, come sappiamo, le scelte che dobbiamo compiere non sono così semplici.

Pensate ad un bicchiere riempito a metà con dell’acqua e per I’altra metà con dell’olio. Quando versiamo l’olio nell’acqua, questo sembra quasi miscelarsi nell’acqua, tanto che non vi è una differenza netta tra acqua e olio. Ma se attendiamo, vediamo che I’olio e I’acqua si separano. A volte è come se il bicchiere del nostro essere fosse stato agitato, sicché non è facile distinguere la scelta buona da quella cattiva. Dovremmo a volte attendere, affinché la situazione sia più chiara, e le indicazioni ci vengano, naturalmente.

Alcuni sostengono, sono i giusnaturalisti, che l’Uomo abbia già dentro di sé il concetto di Bene e di Male, in maniera connaturata. Come se fosse una sorta di codice che si è stampato nel nostro DNA.

Una delle dottrine che maggiormente hanno rappresentato il dualismo nella religione è stata sicuramente quella “catara”.

L’eresia catara, infatti, negava a Dio una superiore dignità rispetto alla sua nemesi. Per loro, infatti, esisteva un “Re d’amore” (ovvero Dio) e un “Re del Mondo” (Satana), in perpetua lotta per il possesso delle anime degli uomini.

Sulla base di questa concezione il mondo terreno era visto come una creazione di Satana, e quindi una sorta di trappola mortale per le anime degli uomini che dovevano in tutti i modi sfuggire alle lusinghe del Maligno. Va da sé che una visione di questo tipo non poteva che condurre ad una visione pessimistica non solo del mondo ma di tutto ciò che era costituito da materia, ovvero, di conseguenza, di diretta estensione del Male primevo.

Una curiosità particolarmente interessante riguarda quella che era la posizione dei catari riguardo al Dio del Vecchio Testamento. A ben vedere non può non notarsi che quel Dio è molto diverso dal Dio di amore e luce predicato dal Cristo nel Nuovo Testamento. Dove il Dio del Nuovo testamento è benevolo, generoso e incline al perdono e alla misericordia, il Dio del Vecchio Testamento è vendicativo, spietato e abbastanza crudele. Basti pensare alle piaghe d’Egitto, al Mar Rosso, allo sterminio abbastanza sistematico dei nemici d’Israele e alla distruzione di intere città sotto pioggia di fuoco, come a Sodoma e Gomorra. Ecco, i catari, forse confusi da questa dicotomia, non trovarono altro che identificare il Dio del Vecchio Testamento con il “Re del Mondo”, asserendo che il “Re dell’Amore” era invece quello del Nuovo Testamento. Abbastanza logico che la Chiesa non potesse tollerare questo punto di vista nonostante (o forse sopratutto perché) i catari conducessero una vita morigerata e pia all’interno dei loro monasteri. Lo stesso San Francesco, ricordiamo, non fu lontano dalla scomunica per il suo richiamo alla povertà assoluta.

Questo perché, essenzialmente, la dottrina della Chiesa è una dottrina monista e non dualista.

Satana è Lucifero, un angelo caduto, un angelo che si è ribellato a Dio e, perdendo, è precipitato dal Cielo. Non esiste una pari dignità tra Satana e Dio. Satana è “creato” da Dio come creatura di luce (addirittura Lucifero significa “portatore di luce” e secondo la tradizione era I’angelo più bello tra tutti gli angeli, il più sfolgorante), creatura che per gelosia nei confronti degli uomini si corrompe e cerca, come i Titani della mitologia greca, di assaltare Dio per sostituirsi ad esso.

Eppure, nella concezione monistica della Chiesa è rimasto un fattore importante: il Libero Arbitrio.

Noi possiamo sempre scegliere tra il buio e la luce, tra il bene e il male. Niente è al di fuori della nostra capacità di scelta, non c’è una entità superiore che ci condiziona, che preordina il nostro destino (come invece accade in alcune dottrine protestanti in cui la predestinazione è una parte importante). Siamo noi a decidere dove conduce il nostro sentiero, costruendolo giorno per giorno.

Quello che a noi preme tuttavia è anche la distinzione tra mondo della materia e mondo dello spirito. La presenza, ancora una volta, della scintilla divina il lavoro che dobbiamo fare per cercare di liberarci dai lacci della perversione e del male per compiere il nostro lavoro.

Dobbiamo continuare a scavare profonde e buie prigioni al vizio e continuare a costruire il tempio cercando la luce dell’Oriente.

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