ECCLESIASTE

Ecclesiaste 2.16

Quando sarà venuta l’ora vorrei essere composto in una cassa di pino  tavole fresche di segheria, ruvide e schiette, che non ab­biano conosciuto pialla.

Vorrei essere cremato, disperdermi in fumo nell’aria, le ceneri in mare, per rientrare nel Ciclo senza lasciare obblighi  neppure di un ricordo di circostanza.

Vorrei che, stringendo gli occhi colpiti da un’onda più alta, a qualcuno, qualche volta, venisse di pensare toh è lui, il solito, che vuole accertarsi che la randa sia ben tesata, il fiocco ben cazzato.

Vorrei che, semisbilanciato da un colpo di favonio che si infila giù per il canalone qualcuno, qualche volta, dicesse ecco è lui, al solito, che vuole accertarsi che il cordino da valanga sia ben filato.

E vorrei che, qualche volta, l’impeccabile testolina grigia si solle­vasse dall’ago al fremere della tenda tra studio e faggio e gli occhi verdemare azzurro cielo dicessero sorridendo: è lui.

E ho detto in cuor mio anche questa è vanità.

Questa voce è stata pubblicata in Varie. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *