CONCORSO LETTERARIO R. LOGGIA “N. GUERRAZZI” DOMANI E’…

Primo   Premio NARRATIVA

MARIA OLGA GALLIERA

Liceo Scientifico “C. Cattaneo”

FOLLONICA

MOTIVAZIONE

Prendendo spunto da un passo della Bibbia, attraverso un’approfondita riflessione, viene affrontato il complesso tema del domani tramite appropriate connotazioni filosofiche e religiose, evidenziando i punti di vista, anche fra loro contrastanti, su di un argomento che ha sempre affascinato gli uomini e nello stesso tempo li ha terrorizzati, per il mistero irrisolto che nasconde.

          L’uomo non si accontenta di costruire il suo futuro sulle illusioni, ma, animato da una volontà che non può essere domata, non smette mai di immaginare il divenire del tempo con una forte speranza di serenità e felicità. Ogni essere umano, come il personaggio biblico, desidera di “morire vecchio e sazio di giorni”.

SVOLGIMENTO

.Domani è…

In un libro famoso è scritto di un uomo che visse una vita lunga e battagliera e, per descrivere la conclusione della sua vita, è usata questa espressione: “morì vecchio e sazio di giorni”. La pienezza di queste parole è trasmessa al cuore di chiunque le legge, perché lasciare questa vita “sazi di giorni” è il desiderio profondo di ogni uomo. Ma come si arriva sazi all’ultimo giorno della nostra vita? Come si può riuscire a vivere ogni giorno restando in piedi dopo aver compiuto tutto il nostro dovere, senza rimpianti, senza lasciare nulla in sospeso, realizzando ogni nostro desiderio? Un’indicazione immediata per poter fare questo possiamo coglierla subito: è necessaria una nostra volontaria attitudine interiore, un preciso modo di guardare la vita e di concepire il futuro. Non sarà certo con un’attività frenetica e ininterrotta, nel tentativo di portare a termine tutto e non riuscire a concludere bene niente, che potremo morire sazi di giorni; anzi, questo porterebbe alla nostra vita ansia e pesantezza, che in alcune persone si trasformano in vera e propria paura per il domani.

Che strani meccanismi affliggono il cuore dell’uomo; si ricerca la speranza nel domani per sfuggire al peso dell’oggi, eppure è proprio il domani che ci preoccupa, o meglio, ci terrorizza. La paura del domani è determinata dal fatto che riponiamo le nostre speranze in esso. Le due facce del domani: la paura e la speranza.

“Domani è un altro giorno” scrisse Margaret Mitchell; ma domani è davvero solo un altro giorno? Se fosse così non ci sarebbe bisogno di avere paura. Come ce la siamo cavata oggi, domani qualcosa ci inventeremo. Eppure 1’ uomo non trova pace pensando al domani. Lo sguardo della mente degli animali spazia sull’oggi, essi vivono la giornata, si preoccupano di sopravvivere per quel giorno, non si pongono il problema di cosa riserverà loro il futuro. Ma l’uomo si pone il problema, eccome.

 La sua mente spazia sul futuro, anche su quello più lontano. Perché il domani è questo; non è il giorno dopo l’oggi, ma è l’intera vita dopo l’oggi.

Ci sono milioni di persone depresse al mondo, anche senza far riferimento ai casi patologici; persone che hanno una vita normale, eppure, pensando al domani,  sono  depresse perché  sentono che  il loro  domani  sarà uguale all’oggi. Ma una vaga speranza rimane. Sperano sempre che arrivi qualcosa a riscattare le loro vite, a realizzare i loro sogni distrutti, i loro progetti rimasti incompiuti, a dargli pace per poter morire sazi di giorni. E intanto, per compensare l’oggi deludente, si rifugiano nei sogni della loro fantasia, e i loro desideri più profondi si avverano nella loro testa, perché scontrandosi con il muro della realtà si infrangono e rimane solo la consapevolezza della propria incapacità di realizzarli effettivamente. Sono persone che somigliano molto alla figura  dell’ “inetto a vivere” di Italo Svevo che, più che vivere, si osserva vivere.

Ma è dunque sbagliato cercare di andare avanti sperando in qualcosa? No. Il problema è che pare che quel qualcosa non arrivi mai a salvarci dal presente; non sappiamo neppure identificare cosa stiamo aspettando e manteniamo una speranza vaga, tanto più labile in quanto non siamo certi di avere una risposta. Questo è molto pericoloso. Il cuore dell’uomo è un abisso ed egli non sa cosa si agita in lui. Se già noi stessi escludiamo qualsiasi reale risposta alla nostra ricerca, ci troveremo ad essere guidati da qualcosa che non abbiamo scelto lucidamente, ma a cui ci ha portato l’ansia, la paura, il dubbio… E ogni giorno, ogni oggi prima del domani, diventa un affanno, un peso che ci trasciniamo dietro, sempre più grave.   

Tanto che il giorno dopo, il domani, non ce la facciamo neanche ad alzarci dal letto per la paura che quel giorno sia uguale a ieri. Ogni nuovo giorno parte già con una sconfitta che avviene dentro di noi ancora prima di fare qualsiasi cosa, e il domani, quello della grande speranza e del grande riscatto, non arriva mai. Il domani, per potersi realizzare, deve prima nascere dentro di noi. Siamo noi che dobbiamo decidere come e in cosa sperare, la motivazione che ci spinge a muoverci, a vivere. Perché le vere azioni sono quelle in cui ci sono le giuste motivazioni.

Dimostra una grande intelligenza chi, prima di costruire, si chiede quale frutto potrà portare quella cosa, e questo vale anche per la vita e soprattutto per essa. Dobbiamo alzarci dal letto non con la sconfitta, ma con la vittoria nel cuore. Non si combatte se non si pensa di vincere. La vita è combattimento. Il domani va conquistato, giorno per giorno, palmo a palmo. 

L’uomo è fatto per la lotta; combattere è uno dei suoi bisogni più profondi. Anche la persona più umile della terra ha in sé il desiderio di lottare, di conquistarsi i giorni della sua vita, per andarsene sazio. Ringraziamo Freud che ha dichiarato 1’esistenza dell’Es, perché basandoci solo sul Super Io non potremmo mai capire tutto di noi stessi. Solo dai nostri pensieri, dalle nostre emozioni e dalle nostre sensazioni non potremmo tracciare un ritratto fedele di noi che comprende tutto.

La lotta e la conquista sono propri anche degli animali, ma con due differenze fondamentali rispetto all’uomo: in essi è un istinto, non un bisogno, e il loro fine è la sopravvivenza. All’uomo non basta sopravvivere; l’uomo vuole vivere. Non si accontenta di conquistarsi un lavoro, una macchina, una casa, una famiglia; è sempre alla ricerca di qualcosa in cui impegnarsi che non sia fine a se stessa. Cerca, si affanna, si impegna, lotta fino all’estremo nella ricerca di qualcosa che gli dia pace, che lo faccia sentire sazio. Buffa la cosa: 1’ uomo combatte per cercare la pace, mentre non si può combattere se non si ha la pace dentro.

Tutti gli uomini che sono morti “sazi di giorni” hanno cercato e trovato quella speranza viva che dà pace, una pace che però non esclude l’altro profondo bisogno che è il combattimento. Combattimento e pace, due termini apparentemente in opposizione, sono due grandi bisogni dell’uomo e sono strettamente connessi tra loro. Ci sembrano in contrasto l’uno con l’altro perché abbiamo molti schematismi sulla pace.

Nelle filosofie, soprattutto in quelle orientali, la pace fondamentalmente è qualcosa che ha a che fare con l’assenza di emozioni; quando una persona non è turbata da emozioni troppo violente, vuol dire che è in pace. Questo porta l’uomo a pensare che non si deve agitare, non deve combattere, non deve provare emozioni violente. L’assenza di queste cose è una pace che il mondo propone continuamente, con tecniche e convincimenti diversi: prodotti commerciali, immagini di vacanze particolari, di vestiti, di gioielli, di libri… varie cose, sotto le forme più diverse.

 A seconda del tipo di persona c’è il prodotto adatto per proporre e vendere la pace. Le religioni spesso la fanno dipendere dal sacrificio; se ti sacrifichi per qualcuno, se fai opere buone, se aiuti i bisognosi,  in qualche modo avrai un po’ di pace. Questi sono concetti che impregnano la vita di ognuno di noi.

Gli Umanisti offrono un ulteriore punto di vista; sono coloro che credono nell’uomo che si impegna nel lavoro e che segue un certo codice morale.   E’ uomo che crede nell’uomo, in pratica; e, per quanto riguarda la pace, essa è vista come 1’assenza della guerra.

Questi sono tutti aspetti in cui viene tolto qualcosa di negativo, ma non viene dato niente da mettere al posto del vuoto che rimane, così questo tipo di pace alla fine diventa perfino noiosa, e si ricrea un circuito in cui si ricercano nuovi stimoli per non cadere nell’apatia. Questo modo di vedere e di pensare è ripetitivo nei secoli sotto varie forme, perché l’uomo ha sempre cercato qualcosa che colmasse il vuoto del suo cuore e lo facesse traboccare e dare vita. La pace serve per darci un avvenire e una speranza, ma quella che offre il mondo spesso è data con sistemi occulti e manipolanti, e annulla 1’intelligenza. Quando si è in pace si deve essere in grado di pensare e di agire, scegliendo liberamente. L’uomo ha dentro di sé il desiderio di pensieri che non sono il retaggio culturale di qualcosa, e non si può accontentare dell’illusione di un vago infinito, che anzi lo porta alla follia, nell’esaltazione dell’io e della mente. Ha il desiderio di una vita nella pienezza della realizzazione, che non è l’autoaffermazione ambiziosa ma é un senso di prosperità, qualcosa che ci arricchisce, che forma una vita che non è quella propagandata dal mondo. L’uomo non può accontentarsi delle illusioni, e non può costruire il suo domani sulle illusioni. Non può sentirsi appagato lottando per conquistare un futuro di surrogati. C’è un bisogno  profondo che spinge il nostro sguardo più lontano, per avvistare una speranza nuova  all’orizzonte della nostra vita. Per questo l’uomo guarda al domani col terrore di non trovare questa novità di vita, ma al tempo stesso animato da una speranza che può essere repressa in mille modi, ma mai distrutta.

Il vecchio che è morto sazio di giorni nella ricerca della sua vita ha trovato la pace con cui ha potuto combattere e conquistarsi il futuro fino al suo ultimo giorno, ed altri  uomini hanno trovato questo prima di lui e dopo di lui. Se 1’hanno trovata loro, vuol dire che c’è anche per noi. Non smettiamo di cercare. Non smettiamo di combattere per conquistarci anche noi il domani della speranza. Impariamo a guardare al futuro con un’aspettativa. Continuiamo a cercare, perché questa speranza è certezza.

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