UN OROLOGIO PER TUTTE LE STAGIONI

Un orologio per tutte le stagioni-

L’orologio solare di Augusto

da: “Archeologia viva” 1984

                      

è tornato alla luce l’orologio solare di Augusto.  Simbolo di pace, di tranquillità sociale, dei tempi nuovi sopravvenuti con l’età imperiale, la complessa struttura fu al tempo stesso espressione di una cultura e di una tecnologia non romane

La sorpresa è stata grande. Nonostan­te che già i maggio­ri organi d’informazione ne avesse­ro dato notizia e che le scoperte archeologiche, anche di un certo rilievo, nel nostro paese siano cosa abbastanza frequente, la sorpresa, di fronte a ciò che mi è stato possi­bile vedere ultimamente a Roma, è stata davvero grande.

      Lo scavo in questione si riferisce ad un orologio augusteo, della cui esistenza trattano anche le fonti antiche: ne parla già Plinio il Vec­chio in alcuni suoi scritti.

      Seguendo le fon­ti in cui si parla dell’orologio augu­steo, il Prof. Buchner ha cercato di rico­struire idealmente una rete, un di­segno, cioè, di come doveva essere originariamente il luogo in cui l’orologio si trovava e le misure dello spazio occupato dall’intera struttura. Già nel ‘700 furono ef­fettuati degli scavi sotto il palazzo in via di Campo Marzio dove ades­so è stato trovato, e fu proprio du­rante questi scavi, testimoniati da un ‘iscrizione in latino su un palaz­zo adiacente, che furono fatti i primi ritrovamenti: si trattava dei resti di un obelisco e del basamento dello stesso.L’obelisco, la cui altezza è sti­mata in cento piedi, corrispondenti a 29 metri circa, è quello che ades­so si trova completamente montato in Piazza Montecitorio.

Dunque, basandosi anche sui rilievi effettuati durante Io scavo settecentesco, il prof. Buchner ha potuto costatare che la superficie coperta dall’orologio era davvero notevole. Si pensi che un solo lato della piazza era lungo 100 metri!

A questo punto non restava altro da fare se non verificare quel­lo che, attraverso calcoli teorici e studi basati sulle fonti di cui abbia­mo parlato sopra, era stato scoper­to.  

      Ad otto metri di profondità cominciano le sorprese.  Innanzitutto la prima conferma è quella che i livelli augustei si trovano, a Roma, ad una profondità di otto metri ri­spetto alla sede stradale. Poi si viene a scoprire un basamento, o meglio, si trovano delle fondamen­ta su cui si pensa dovessero essere poggiate delle strisce di bronzo pro­babilmente rubate e riutilizzate nel tempo, come del resto è avve­nuto per tanti altri monumenti di Roma. A questo punto si è potuto avere una visione molto precisa di come doveva essere la piazza su cui spaziava il grande orologio di Au­gusto: essa corrispondeva senza dubbio alle misure più sopra ripor­tate, mentre c’è la conferma che non era lastricata tutta, ma solo sulle linee più importanti, dove poggiavano strisce di bronzo della larghezza di tre-quattro centimetri; per il resto la piazza era ricoperta dal prato come confermano gli stu­di effettuati sul polline ritrovato durante lo scavo.

      Ma le sorprese della cantina di via di Campo Marzio non si sono esaurite qui: proprio accanto a que­sto scavo   ne viene iniziato un altro nel 1979 e  oltre le più rosee aspettative, al di sotto di uno strato di materia solida simile a malta, si scopre che c’è un lastricato in perfetto stato di conservazione con tanto di strisce di bronzo e iscri­zioni in greco antico. Un evento eccezionale sia per lo stato di con­servazione del reperto, sia per la di­mostrazione lampante dell’esattez­za delle teorie di Buchner e dei calcoli che aveva fatto basandosi, come si è visto, sulla testimonianza di Plinio il Vecchio e sui rilevamenti effettuati durante gli scavi agli inizi del ‘700.

      Se l’orologio era un simbolo della politica augustea, un simbolo di pace, di tranquillità sociale, dei  “nuovi tempi” che erano sopravve­nuti, esso era anche l’indice di come tanta scienza e tanta cultura dovevano molto spesso essere im­portate a Roma.

      Tutta la struttura dell’orologio solare augusteo parla, se così si può dire, lingua straniera: è una cosa che salta subito agli occhi anche di chi non è particolarmente edotto in materia, basti il fatto che tutte le iscrizioni venute alla luce nello scavo sono in greco antico. Non mancano poi altri elementi a dimostrare la «non romanità» dell’orologio in questione. Andiamo per ordine.

      La prova più evidente ce la dà l’obelisco che fungeva, per così dire, da lancetta: totalmente sco­nosciuto alla cultura classica ro­mana, esso fu importato a Roma dall’Egitto, anche se non si conosce con esattezza la sua provenienza precisa. Di sicuro però quello dell’orologio solare fu il primo obelisco ad arrivare a Roma.

      Ma tutta la storia di questa complessa struttura ha a che fare con l’Egitto; il paese del Nilo era infatti la via attraverso cui dalla Babilonia giungeva a Roma tutto il sapere scientifico di quei tempi. Poiché l’orologio non aveva solo tale funzione specifica, ma era an­che calendario astronomico e meteo­rologico, per forza di cose la sua costruzione implicava una cono­scenza precisa di scienze come l’astronomia e l’astrologia che ave­vano appunto come riferimento geografico-culturale la Babilonia e l’Egitto Tolemaico. Solo un’impor­tazione di tecnologia permise quin­di la costruzione della complessa struttura.

      Come funzionava l’orologio so­lare di Augusto ritrovato in via di Campo Marzio?

      Abbiamo già visto che esso oc­cupava una superficie molto vasta. Questa era divisa centralmente dalla linea meridiana, dove l’obelisco proiettava la sua ombra a mez­zogiorno: a sua volta sulla meridia­na c’erano tanti piccoli segmenti, anche questi sempre evidenziati da strisce di bronzo, che indicavano i giorni. Il numero di questi segmen­ti era di 182, considerando che ogni piccolo segmento serviva ad indica­re due giorni.

Su ogni lato della linea della meridiana si trovano scritti in greco i segni dello zodiaco, tra l’altro ancora perfettamente visibili per­ché dallo scavo effettuato in via di Campo Marzio è emersa proprio la parte dell’orologio corrispondente alla meridiana stessa.

      L’orologio di Augusto svolgeva anche funzioni per così dire meteo­rologiche, ed è per questo che tro­viamo altre due scritte, sempre in greco, nelle quali si dice: da una parte, «i venti dell’estate finisco­no», dall’altra, «inizia l’estate». Queste due frasi, usate come speci­fiche definizioni di meteorologia, sono state ritrovate in alcuni scritti appartenenti alla famosa Biblioteca Alessandrina, che fu poi data alle fiamme, insieme a tanta parte della conoscenza umana, durante la guerra tra Cesare e Pompeo.

      L’obelisco, che si trovava all’in­terno di questa rete formata dalle linee che dividevano la superficie dell’orologio, aveva funzione di lancetta: sulla sua sommità si tro­vava un manufatto di bronzo che rifletteva la luce solare: il 23 set­tembre, giorno della nascita di Au­gusto, la luce riflessa andava a colpire l’Ara Pacis che si trovava  su un lato della piazza, formando così una suggestiva figura d’insie­me. L’Ara Pacis era un altare il cui significato voleva essere quello di annunciazione, di simbolo dei nuovi tempi di pace che sarebbero dovuti arrivare con l’ascesa al tro­no di Augusto. Dunque non un semplice strumento per misurare il tempo fu l’orologio solare, ma an­che l’espressione di un programma politico-culturale, frutto della sin­tesi fra scienza alessandrina e po­litica romana.                                   di STEFANO RUSCITO

 

L’orologio solare di Augusto(M.  L.)

L’articolo descrive una particolare scoperta archeologica avvenuta nel sottosuolo di Roma a circa 8 mt. di profondità.

Si tratta dell’orologio, fatto costruire dall’imperatore Augusto, per mezzo del quale un obelisco egizio, posto a lato di quella che circa 2000 anni fa doveva essere una grandissima piazza, proiettava la sua ombra in modo che su alcune linee tracciate con il bronzo sulla piazza stessa, si potesse leggere l’ora esatta, il giorno dell’anno e tutta una serie di indicazioni astronomico/meteorologiche. Quello però che è interessante oltre alla stessa struttura, che è di per sé già straordinaria, è il fatto che questa idea fosse concepita come simbolo di pace e di tranquillità sociale da persone (architetti) non romane, che vollero compiere l’opera con un ultimo segno simbolico sul quale credo sia utile riflettere.

Dal punto di vista di una ricerca, è interessante come sia stato possibile riportare dalle tenebre sotterranee alla luce, strappare dal buio dell’ignoranza, perché fosse riportato alla verità della cultura e dello studio, qualcosa che funzionava in maniera perfetta con la luce del sole.

Un orologio solare quindi, che sebbene fosse congegnato in maniera semplicissima (dato che come già detto bastava la luce del sole a farlo funzionare), contiene ancora diversi punti oscuri soprattutto per quanto riguarda l’impostazione ed il calcolo delle linee sulla piazza che sono risultate ancora oggi di una precisione assoluta. Ma c’è soprattutto da notare come in questo caso la scienza e la cultura siano state patrimonio non del popolo che ha usufruito di questa costruzione, ma di qualcuno che ha imparato l’arte molto più lontano, da quei popoli che  l’arte e la civiltà l’avevano acquistata ormai da moltissimo tempo.

La prova più significativa di questo sta infatti nell’obelisco che serviva da lancetta dell’orologio: esso fu importato a Roma dall’Egitto e di sicuro fu il primo obelisco ad arrivare nella città. Ma oltre a questo, molte altre cose del suo funzionamento ci portano in Oriente: l’orologio solare segnava l’ora proiettando l’ombra dell’obelisco su linee tracciate sul terreno; centralmente c’era la linea più importante, la Meridiana, che era divisa in 182 segmenti ognuno dei quali corrispondeva a 2 giorni dell’anno: in questo modo, a Mezzogiorno in punto, si poteva leggere anche la data. Su ogni lato della Meridiana si trovano tracciati i segni dello Zodiaco, oltre ad indicazioni riguardanti le Stagioni e previsioni meteorologiche. Si legge per esempio da una parte:

“I venti dell’Estate finiscono” e da un’altra: “Inizia l’Estate”. Ecco, tutto questo dimostra che la costruzione implicava la conoscenza di precise scienze quali l’Astronomia e l’Astrologia, patrimonio acquisito dai popoli egizi ed orientali.

C’è però una cosa su tutte che ci fa riflettere e che da un significato nuovo al tutto: qualcosa che fa vedere questo orologio come un simbolo di pace e di fratellanza: sull’apice dell’obelisco era stata messa una sfera di bronzo che al 23 Settembre (forse il giorno della nascita di Augusto, ma certamente la data dell’Equinozio di Autunno e quindi quella dell’inizio dei nostri lavori massonici) rifletteva la luce che andava a colpire un monumento costruito a lato della piazza:  L’ARA PACIS.

Questo altare, oltre che un monumento straordinariamente bello (adesso ricostruito in altro loco) era soprattutto un simbolo il cui significato doveva essere quello di annunciare nuovi tempi di pace sotto l’imperatore Augusto. Viene quindi spontaneo chiedersi: chissà se nella mente dei costruttori, degli architetti che hanno concepito quest’opera, non ci fosse un altro scopo, un altro messaggio verso qualcuno che potesse, con l’osservazione più attenta, cogliere qualcosa di diverso della semplice segnalazione dell’ora

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