EPICURO

EPICURO

Massime e aforismi

Epicuro, figlio di Neocle e di Cherestrata, nacque ad Atene nel terzo anno della centonovesima olimpiade, sotto I ‘ arcontato di Sosigene, nel settimo giorno del mese di Gamelione, sette anni dopo la morte di Platone. Allevato a Samo, tornò ad Atene diciottenne. Frequentò l’ Accademia di Senocrate e quella di Aristotele nella Calcide.

Apollodoro, nel primo libro della vita di Epicuro, racconta che il maestro si accostò alla filosofia ancora quattordicenne perché, come egli stesso ebbe più volte a dire, venutigli in spregio i grammatici perché non avevano saputo spiegare le questioni riguardanti i versi di Esiodo sul caos. Ermippo afferma che egli stesso fu maestro di scuola ma poi, avendo letto i libri di Democrito, si applicò con avidità agli studi filosofici.

Molti furono i calunniatori di Epicuro. Imone scrisse di lui: “Il peggiore e il più svergognato dei fisici venne da Samo, maestro di bambini, il più asino tra i viventi. Diotimo, lo stoico, gli fu ostile e lo calunniò rendendo pubbliche cinquanta lettere vergognose attribuite ad Epicuro. Posidonio e i suoi seguaci, Nicolao e Sozione nel dodicesimo libro delle Argomentazioni dioclee, Dionigi di Alicarnasso andavano dicendo che Epicuro andava nelle case dei poveri a recitare carmi lustrali (formule espiatorie), faceva il maestro di scuola per quattro soldi e che prostituì un fratello. Tutti costoro dicevano il falso.

In effetti, la bontà d’ animo di Epicuro verso chiunque era cosa nota a tutti e la stessa patria lo onorò con statue di bronzo e con onori. Gli amici, e tutti coloro che lo frequentarono non poterono sottrarsi al fascino della sua parola, dei suoi insegnamenti e dalla sua dottrina tanto che le manifestazioni di gratitudine dei genitori dei suoi allievi, dei discepoli, di tutti quelli che ebbero a godere della sua benevolenza non si contarono più. Se si astenne dal partecipare alla vita politica lo fece solo per l’eccessiva modestia che lo contraddistingueva. Epicuro non riteneva che si dovessero mettere in comune i beni, contro l’opinione di Pitagora, il quale riteneva che fra gli amici ogni cosa debba essere comune, Epicuro diceva infatti che tale comportamento è tipico di chi ha sfiducia, e senza fiducia non può esistere l’amicizia. Egli esercitava i suoi discepoli a imparare a memoria i suoi scritti. Fu uno scrittore chiarissimo e anche nell ‘opera sulla retorica non pretende altro che chiarezza. Nelle sue lettere usa le formule “sii felice” e “vivi nobilmente” invece della comune espressione “salute”. Scrisse moltissimo e superò tutti per numero di volumi. Di lui restano trecento rotoli. Tra le sue opere più importanti: Della Natura (37 libri); Degli atomi e del vuoto; Dell’ Amore; Degli Dei; Della religione; Dell ‘ angolo; Dell ‘ atomo; Della musica; Dei doni e della riconoscenza; Del retto operare; Su ciò che è da scegliere e ciò che è da sfuggire; ecc. ecc.

Morì a settant’ anni, nel secondo anno della centoventesima olimpiade, sotto l’ arcontato di Pitarato, a causa di un calcolo che gli aveva bloccato le vie urinarie. Dopo quattordici giorni di sofferenza, entrò in una vasca di bronzo, piena di acqua calda e dopo aver chiesto una coppa di vino, che bevve tutta d’un fiato, ammonì gli amici a non dimenticare i suoi insegnamenti e poi morì.

La sorte ha poca importanza per il saggio, perché la ragione amministra le cose più importanti per tutto il tempo dell ‘ esistenza.

La morte non è nulla per noi. Ciò che si dissolve non ha sensibilità, e ciò non ha sensibilità non è nulla per noi.

Da ogni cosa ci si può mettere al sicuro, ma nei riguardi della morte tutti viviamo in una città senza mura.

Ogni uomo lascia la vita come se l’avesse appena iniziata.

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