BRICIOLE DI SIMBOLI E SIMBOLOGIA

Briciole di Simboli & Simbolismi

di Stefano Cappelletti

                Il termine simbolo derivante dal greco “simbolon”, ovvero segno di riconoscimento, indica prevalentemente un concetto che viene reso fruibile attraverso una rappresentazione analogica che esclude in maniera quasi totale il ricorso alla parola scritta o parlata, che rende sensazioni e concetti che baypassando la ragione giungono direttamente alla parte centrale del nostro animo.

Ma è evidente che, nel nostro viaggio attraverso la realtà tangibile, siamo costantemente circondati da simboli dei quali non siamo sempre consapevoli e da altri di cui non è agevole trovare la chiave di lettura.

Il più semplice e noto simbolo massonico è la squadra: un semplice utensile da sempre usato dai muratori per verificare l’esattezza degli angoli retti. Ma oltre a questo cosa altro può essere, cosa può rappresentare?

Ebbene il simbolo-concetto squadra ha in ambito massonico un valore fondamentale, anche se non di immediata comprensione per il neofita che deve sviscerarlo all’inizio del suo cammino iniziatico.

Rappresenta la capacità di giudicare (e conseguentemente agire) correttamente, la volontà ferma di rispettare quell’insieme di valori morali insiti sin dall’antichità nel concetto di “angolo giusto” ovvero retto.

Nell’antico Egitto il geroglifico kan, che esprimeva il concetto di rettitudine interiore ed esteriore, era rappresentato, appunto, da una squadra.

Ponendo noi stessi come “strumenti di misura” di ciò che ci circonda è evidente che dobbbiamo dapprima tarare la nostra personale scala di valori di riferimento nella maniera corretta, una scala di misurazione che sia il più possibile stabile. Un modo di porsi davanti agli eventi che ha più affinità con l’imparzialità (riguardo agli eventi, ma anche verso se stessi) che con la virtù cardinale della giustizia.

Questo è all’apparenza un concetto abbastanza facile da comprendere, ma altra cosa è il traslarlo sul piano pratico, come ogni sincero Massone può testimoniare.

Provare a metterlo costantemente in pratica nella vita quotidiana…. in ogni contatto con gli altri domandarsi se stiamo agendo nella maniera corretta, se siamo “giusti ” o meno.

Le infinite possibilità e varianti che la vita ci propone avranno bisogno di altrettante risposte e non è nemmeno detto che a parità di situazioni i comportamenti “retti” siano sempre gli stessi, il variare di un fattore – fosse anche il solo tempo – impone un cambiamento.

E’ evidente come una “battaglia” combattuta in inverno necessita di una diversa strategia rispetto alla stessa combattuta in estate.

Ma la squadra è rigida…. segna sempre e costantemente un angolo di novanta gradi, e mal si adatta alle misure differenti.

Per questo per completarsi ha necessità del compasso.

Anch’esso, benchè più complesso, è uno strumento piuttosto usuale, tutti lo abbiamo maneggiato e sappiamo a cosa serve: a tracciare cerchi ed archi di raggio costante.

Ma il simbolo a cosa si riferisce? Alle capacità immaginative e creative dell’uomo. Proprio per la sua insita ecletticità attraverso il suo uso si possono tracciare non solo infiniti cerchi, ma risolvere problemi grafici di una certa complessità.

Ma fino ad un certo e determinato punto dato dalle estensione massima dei suoi bracci, oltre anche il compasso diviene inutile al suo scopo principale, potendo tracciare solo delle linee rette.

Quale migliore metafora per rappresentare l’intelletto umano, capace di mirabili opere entro il suo ambito terreno, ma incapace di superare i limiti imposti dalla sua condizione terrena; oltre la massima estensione del compasso esiste l’intangibile , il non conoscibile per esperienza diretta, il G.·. A.·. D.·. U.·..

E’ quindi dall’unione di questi due oggetti (che sono Massonicamente concetti o insiemi di concetti) che si viene a realizzare l’armonizzazione tra due forze apparentementi opposte, la rigidità della squadra e la mobilità del compasso.

Rettitudine e fantasia, difficile trovare fra di essi un equilibrio duraturo; in genere l’essere umano tende ad essere, a seconda delle situazioni, sopraffatto dall’uno o dall’altro e ciò dà origine a comportamenti opposti ed all’apparenza inconciliabili da cui nascono sin troppi attriti personali e sociali. Basti pensare al mai soluto scontro fra generazioni, tra padri e figli, tra ordine costituito ed anarchia, tra uomini e donne, tra ordine e caos.

Si nota abbastanza agevolmente che ogniqualvolta un elemento diviene eccessivamente preponderante viene inevitabilmente controbilanciato dalla necessità del suo opposto essendo entrambi aspetti caratteriali presenti nell’animo umano.

Ovvero, all’apparenza, queste due tendenze, quando sbilanciate tendono, sul principio dei vasi comunicanti, ad equilibrarsi.

L’unione tra due oggetti è generalmente realizzata con il compasso in posizione corretta (noce in alto e punte in basso) e la squadra con i bracci in alto ed il vertice in asse con la noce posto poco sopra le punte del compasso.

Subito si può notare come essi formino due frecce che indicano, contrapposte, il cielo e la terra, il sopra ed il sotto, il divino ed il terrestre e che quindi sono, anche qui, caratterizzazione e unione di concetti opposti. Ma un altro aspetto fondamentale è che la loro sovrapposizione si può realizzare in tre fondamentali modi, che rappresentano poi anche, ma non solo, il percorso seguito dai singoli all’interno del cantiere-Loggia-officina.

Nella prima la squadra è completamente sovrapposta al compasso, stando a significare che in una prima fase (apprendistato appunto) è la forza di volontà ad essere preminente sulla fantasia e che il bisogno di imporsi, di rispettare delle regole (anche se per il momento non compiutamente comprese) deve essere il primo impegno di chi entra a far parte della M.·..

Nella seconda i bracci dei due elementi si trovano incrociati e quindi, dopo un periodo di apprendimento e maturazione, non si può e non si deve reprimere del tutto la fantasia, ma dargli modo di esprimersi pur se all’interno di regole ancora ben determinate.

Nella terza il compasso è completamente sovrapposto alla squadra; allora la fantasia ben esercitata ed addestrata è libera di esprimersi certa che non darà origini ad incongruenze, perchè conosce i limiti e le leggi fondamentali entro le quali può muoversi. E’ cosciente dell’esistenza del cielo, ma anche della terra.

E’ un Artista pronto a realizzare le propria e personale Opera.

Queste tre fasi sono – o dovrebbero essere – quelle della corretta crescita, educazione e maturità di una persona, di un artigiano, di un artista, ma anche di una società umana.

Volendo continuare si potrebbero ricercare svariati significati attribuili ai simboli trattati, ma questa esposizione (pur se riduttiva nel suo schematismo) è importante per dimostrare quale può essere la forza insita nel linguaggio dei simboli.

Non solo per i concetti in se stessi, ma perchè dimostra, a mio avviso, come attraverso il linguaggio simbolico determinati concetti divengono (una volta assimilati correttamente) immediatamente fruibili acquistando al contempo una forza ed una potenza per lo più sconosciuta alle parole, chiunque guardando un simbolo può sentire (non pensare) ad un concetto e via di seguito a quelli ad esso collegati attraverso delle sensazioni che giungono direttamente al nostro intimo a prescindere dall’idioma, dalla razza, dall’età e dalla cultura di provenienza.

Sono i simboli il solo ed unico linguaggio universale che permette di realizzare appieno e concretamente una vera fratellanza di sentimenti.

Ed il concetto arriva diretto, senza intermediazioni assumendo varie sfaccettature soggettive che completano il messaggio principale.

Ci si soffermi solo un attimo a riflettere su quello che nel corso della storia ha significato a livello sia profano che iniziatico il simbolo della croce.

Attraverso il simbolo e la meditazione su di esso l’adepto riesce a rendere attiva la sua iniziazione, attraverso il simbolo esso può conoscere l’essenza delle cose che è simile per tutte e quindi può raggiungere quella conoscenza intuitiva che gli permetterà di avvicinarsi alla saggezza.

Una volta tolto il velo delle apparenze esso si renderà conto di come e quanto ogni cosa si assomigli (nel suo originale aspetto) alle altre e sia permeata dalla stessa energia e di come i simboli siano distillato di questo.

Quello sopradescritto è un linguaggio che racchiude enormi potenzialità, come ben sanno i moderni pubblicari impegnati a creare e promuovere simboli consumistici dove il continuo accostamento di un prodotto e di un marchio con dei concetti piacevoli ed appaganti tende a creare nella coscienza collettiva un automatismo per cui il solo fatto di “possedere” un certo marchio appaga un bisogno prima mentale che fisico.

E’ certamente questo un uso non corretto del potere del simbolismo, ma comunque indicativo della potenza del mezzo.

La sola condizione necessaria è che il simbolo sia sempre presente ed adeguatamente studiato, deve essere vissuto per rimanere in contatto con noi, e purtroppo la società occidentale ha perso contatto con quelli realmente importanti sostituiti da quelli mass-mediatici.

Il simbolo Tradizionale invece adempie ad una funzione insostuibile: conduce l’uomo verso l’Essenza e gli trasmette un insegnamento iniziatico ed esoterico, è un ponte tra l’uomo ed il sacro.

Maestro Eckhart diceva del simbolo che “la sua forma è rivelazione dell’essenza”.

I nostri predecessori, i massoni costruttori delle cattedrali medievali, costruivano non per sè stessi, ma in nome del creatore cercando di avvicinare la terra al il cielo e le loro opere, veri libri di pietra dove la forma diveniva indissolubilmente sostanza, parlavano il linguaggio dei simboli e nel cantiere il personaggio più importante dopo il Maestro dell’ Opera era lo scultore dei capitelli che modellava le immagini simboliche.

La stessa regola che scandiva la vita di questi artigani che realmente si scorticavano la mente e le mani sulla pietra grezza era una grande lezione di vita tanto che il passagggio dalle regole delle gilde muratorie operative alle costituzioni e “old charges” della massoneria speculativa di Anderson non fu certamente traumatica o distruttiva. In altre parole le leggi, nate dalla pratica e divenute simboliche, che possiamo ritrovare in antichi manoscritti propriamente operativi (come il Poema Regius o il manoscritto di Cooke ) non sono affatto dissimili nello spirito da quelli che tuttora regolano le basi della moderna L.·.  M.·..

E questo perchè provenienti da una comunità che viveva ed era essa stessa un simbolo, così come lo era la propria occupazione… costruire.

E che quindi si poneva al suo interno, similmente ad una attuale Loggia Massonica, in uno spazio a-temporale così come ciò che produceva.

In ultima analisi se è vero che siamo costantemente circondati da manifestazioni simboliche uno dei compiti dell’iniziato è quello di esserne cosciente al punto da acquistare la consapevolezza che lui stesso lo è (o può diventarlo) e da questo ricavarne le conseguenti responsabilità, morali e pratiche, verso sè stessi e verso il proprio prossimo.

Responsabilita che derivano dal fatto che le nostre azioni, le nostre parole, anche i nostri pensieri sono simboli e possono modificare la realtà che ci circonda, influire sulla nostra ed altrui vita e quindi devono essere trattate con estrema attenzione, preparazione e prudenza.

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