I TAROCHI – UN PO’ DI STORIA . . .

I TAROCHI – UN  PO’ DI STORIA . . .

I tarocchi – Un po’ di storia e il simbolismo degli Arcani maggiori

di Giacomo Durio

Da ELIPHAS LEVI

« un’opera monumentale, semplice e forte come l’architettura delle Piramidi e, come quella, duratura. Un libro che compendia tutte le scienze, passibile di innumerevoli combinazioni… che possono risolverce qualunque problema. Un libro che parla c fa pensare. Forse il capo. lavoro dello spirito umano, certo una delle cose più belle pervenuteci dal passato… ».

Origine – Leggenda e storia dei tarocchi

Una romantica e leggendaria tradizione fa risalire l’origine delle figure rappresentative (che diedero poi origine ai tarocchi) alla cristallizzazione, nei millenni, in segni e poi disegni, inizialmente geroglifici, degli insegnamenti orali che creature straordinarie, provenienti dal cielo, diedero agli uomini primordiali per cercare di trasferire loro nozioni del proprio sapere e delle proprie facoltà. D’altra parte la reminiscenza di un tale evento si ritrova in quasi tutte le origini rituali dei vari culti di popoli stanziati a migliaia di chilometri di distanza l’uno dall’altro, nei vari continenti attuali. Ne sono tuttora testimonianze letterarie o artistiche, a seconda delle culture che se ne impadroniscono: le stele e i codici delle civiltà azteche e maya meso-americane, le figure del libro di Thot egiziano, l’alfabeto cabbalistico degli israeliti, documenti cinesi e indiani, le riproduzioni rinascimentali degli arcani maggiori dei tarocchi… Tutte, o quasi, hanno di base il numero 22 e tutte, o quasi, hanno a che vedere con le pratiche di divinazione, che però non trattiamo.

L’origine storica delle carte da gioco dei tarocchi è rimasta oscura malgrado l’interessamento di molti studiosi. Si deve fare riferimento alle cronache. Giovanni Cavelluzza, nella sua storia di Viterbo, racconta: « il gioco delle carte venne portato nell’anno 1379 dal paese dei Saraceni dove è chiamato Naibi ». Le carte da gioco ancor oggi chiamate in Spagna Naipes rendono probabile che esse vi siano state introdotte durante l’occupazione araba (altra testimonianza di diffusione degli archetipi…) e da qui abbiano raggiunto il resto d’Europa.

Alla fine del ‘300, Carlo VI di Francia commissionò un mazzo di carte in oro e vari colori al pittore Gringonneur.

I tarocchi sono eseguiti inizialmente a mano su pelle o su pergamena, raramente su cartoncino. Sul finire del ‘300 si diffonde la stampa xilografica, ma nessun esemplare è giunto fino a noi. Agli inizi del ‘400 compaiono le prime « carte » miniate, vere e proprie rarità commissionate da nobili famiglie, quali ad esempio le carte dei tre mazzi dei Visconti-Sfotza, duchi di Milano (tra 1428 e 1477) di cui uno, opera di Bonifacio Bembo, quale dono di nozze per il matrimonio di Francesco Sforza con Bianca Maria Visconti. Tale mazzo, purtroppo smembrato, si trova ora in parte al Victoria and Albert Museum di Londra e in parte alla Pierpont Morgan Library di New York.

Anche il Mantegna si cimentò nel disegnare preziosi tarocchi, ora patrimonio di vari musei.

L’evoluzione che rese il gioco più popolare passa attraverso i cosiddetti tarocchi di Marsiglia del Grimaud, della fine del xv secolo e i tarocchi di Claude Burdel che ne continuò la produzione a livello di divulgazione tra le masse, a partire dalla metà del 1700. Naturalmente con l’avvento della stampa aumentarono le riproduzioni in veste occidentale. Ad esse la credenza popolare affidava la speranza nel trascendentale contro la realtà del presente e l’incertezza dell’avvenire.

Per maggior completezza non rimane che rammentare alcune interpretazioni degli studiosi più rappresentativi.

Fu Court de Gebelin che nel suo libro Monde primitif, del 1781, avanzò l’ipotesi che i tarocchi avessero a che fare con le 78 pagine geroglifiche del famoso libro di Thot, dio egizio della scienza e inventore del linguaggio e della scrittura.

Tale libro, sfuggito alle fiamme dell’incendio della grande biblioteca di Alessandria d’Egitto, contiene incontaminato il sapere egizio, sintesi delle dottrine filosofiche e delle conoscenze scientifiche degli antichi sacerdoti.

L’affermazione del Court de Gebe(in circa l’origine egizia dei tarocchi, introdotti in Italia al seguito delle legioni romane, è oggi ritenuta del tutto personale e arbitraria.

Per restare in argomento, un discepolo del Wirth, di cui accenneremo dopo, Jean Baptiste Pitois nella sua Storia della magia fa risalire le immagini degli Arcani ai 22 dipinti di cui ancor oggi sono riconoscibili le nicchie nella galleria interna della Grande Piramide di Cheope. Essi erano utilizzati per istruire i neofiti ai Misteri di Osiride durante i viaggi della cerimonia di iniziazione. Altro personaggio che ha provocato una specie di terremoto interpretativo è stato chi dice un parrucchiere parigino, chi un professore di algebra allievo del de Gebelin di nome Alietta. Sotto lo pseudonimo di Atteila (anagramma del cognome) divenne un famoso cartomante e indovino. Egli per i suoi ragionamenti, forse di comodo, mutò l’ordine e a volte Ic didascalie tradizionali degli Arcani, ponendo ad esempio se stesso al posto del Bagatto (dimostrandosi così un abile giocoliere…) e trovò proseliti in una pseudocorrente che ebbe vita per un certo numero di anni.

Caratteristico invece l’accostamento dei 22 arcani ai 22 sentieri che collegano nell’Albero della Vita le 10 Sephirot e, conseguentemente, ai valori numerici delle 22 lettere dell’alfabeto ebraico, attraverso cul si completa l’interpretazione cabbalistica di tutti i misteri della Creazione (vedasi Annesso).

L’idea fu di un abate del XIX secolo Alfonse Constant che ebraicizzò il proprio nome in Eliphas Levi Zahed.

Perfezionatore di tale connubio fu Gerard Encause ( 1860-1916) noto sotto lo pseudonimo di Papus (fondatore dell’Ordine massonico dei Martinisti e studioso cabbalistico nell’Ordine dei Rosa Croce).

Ottimo il libro di Oswald Wirth (1888) studioso anglosassone, in cui l’autore ha inserito valori interpretativi di natura massonica che si collegano agli insegnamenti esoterici della nostra Istituzione. Alla sua lettura rimando gli appassionati che desiderino arricchire le interpretazioni massoniche da me tentate.

Per ultimo, a testimonianza della origine antichissima degli archetipi dei tarocchi, San Giovanni nella sua opera l’Apocalisse, rimanda, in maniera inequivocabile, per ciascuno dei ventidue capitoli in cui essa è divisa, alla descrizione di una carta dei tarocchi! Risaliamo cioè a molto tempo prima del mazzo commissionato da Carlo VI di Francia…

Brevi considerazioni finali

Mi sembra necessario non dimenticare gli Arcani minori. Il mazzo dei tarocchi infatti è costituito da 78 carte di cui 56 di quattro semi diversi con valori numerati da uno a dieci, più due figure.

Mentre gli Arcani maggiori tendono alla conoscenza del trascendentale, quelli minori si riferiscono alla pratica quotidiana del mondo fisico e agli interessi umani più spiccioli. Da essi sono derivati i semi delle carte moderne: Denari-Quadri; Bastoni-Fiori; CoppeCuori; Spade-Picche.

Essi rappresenterebbero:

— Denari: il commercio, la borghesia;

 Bastoni: l’agricoltura, il volgo;  Coppe: il clero, i nobili, i regnanti;  Spade: le forze armate.

La disposizione ordinata della sequenza numerica dei 22 Arcani maggiori, invece, permetterebbe di formulare una sintesi armonica, in « chiave massonica », dei valori simbolici ed esoterici espressi da ciascuna carta.

Sintesi armonica che può dare origine ad un metodo globale di conoscenza dei problemi dell’uomo visti nel mondo della Natura: per trovare il rapporto reale tra il microcosmo umano e il macrocosmo dell ‘Universo.

Ed ora, esaminiamo nel particolare alcuni di questi valori.

Annesso – IL SIMBOLISMO DEI 22 ARCANI MAGGIORI

Ad evitare ripetizioni, all’inizio di ogni descrizione precede, per ciascuno di essi, una interpretazione del significato « archetipale » , scritto in carattere corsivo, e una sua breve definizione, tra virgolette.

I – Il Bagatto o Giocoliere

 La causa prima « la verità che risveglia l’uomo dormiente e gli dà la vita ».

La prima carta, tra le più straordinarie delle componenti il mazzo, è l’immagine di un giovane giocoliere, leggermente arcuato all’indietro, che ha dinnanzi a sé un tavolino, a tre gambe, su cui sono posati vari oggetti. Tra di essi una coppa, una moneta, una spada. Nella mano sinistra una verga o un bicchiere (per il lancio dei

La posizione arcuata del corpo copierebbe la forma della prima lettera dell’alfabeto ebraico, l’aleph, che nella Kabbala ha particolari significati.

Il cappello è a forma di 8 orizzontale, simbolo dell’infinito, dimensione del macrocosmo in cui vive ed esiste l’uomo; esso richiama il nodo di amore della catena d’unione del Tempio. Il giovane rappresenterebbe il postulante che chiede di conoscere il proprio destino e, per noi, il profano riconosciuto iniziabile per le sue attitudini e buone disposizioni. È alla ricerca della conoscenza e chiede risposte ai quesiti del divenire della vita. Nella saggezza degli insegnamenti della Natura tenta di comprendere l’interpretazione cosmologica dell’esistenza.

11 – La Papessa

 L’esistenza « il riflesso dell’esistenza si comprende ».

Personaggio tragicamente popolare da un episodio della storia pontificia ha sostituito la figura di Giunone. Sacerdotessa sontuosamente vestita, assisa sul trono, copre con il drappeggio i due pilastri del trono stesso raffigurabili nelle due colonne del Tempio di Salomone. Essa sta a guardia della soglia che si apre ai misteri; regge infatti sulle ginocchia un libro aperto: il libro della Conoscenza da raggiungere anche attraverso l’intuizione del libro della Natura. In tal senso le due colonne, simbolo delle due divinità siriache Agni (fuoco) e Soma (aria), presiedono all’ingresso di ogni creatura vivente nell’Universo.

Madre degli Iniziati, insegna che la scienza iniziatica deve essere scoperta da se stessi. Assimilata ad Iside, essa confida la chiave dei misteri solo ai suoi figli, ai figli della Vedova, degni di conoscere i suoi segreti, tra cui il grande segreto cosmico, relativo al senso reale delle cose, al senso da dare alla stessa esistenza dell’universo e dell’uomo.

III – L’Imperatrice

 L’evoluzione — « l’evoluzione mira ad organizzare ».

Donna alata seduta su di un trono, con corona regale che sancisce il suo rango. Uno scudo con aquila dorata nella mano destra, nella sinistra uno scettro sormontato da un globo con croce, simbolo della terra. La volatilità permessale dalle ali significa la capacità di attuare nella materia tutte le trasformazioni consentite. Presiede al mistero del concepimento dell’uomo. È la trasposizione cabbalistica della Vergine cristiana. Per noi è la Saggezza che concepisce e accompagna il recipiendario nel suo cammino iniziatico verso gli ideali sublimi della Massoneria.

IV L’imperatore

— L’ordine — « l’ordine consente la comprensione ».

È rappresentato di fianco, con barba e sopracciglia folte, volto sereno, ma profilo severo; scettro nella mano destra (dualità con l’Imperatrice), scudo ai piedi del trono. È seduto all’aperto e il suo sguardo spazia quale Logos cosmico reggitore supremo dell’equilibrio della natura. La posizione delle gambe è particolare: sono incrociate a delta. Nell’insieme rappresenta il principio della vita eterna, il respiro che il G.A.D.U. impresse nell’argilla. Da tale ispirazione divina alcuni uomini consapevoli traggono la scintilla iniziatica per risalire a livelli di coscienza superiori a quelli su cui si adagia la massa che vive « meccanicamente » in balia degli « accadimenti » della vita stessa.

V – 11 Papa

 La forma fisica — « osservare ciò che si muove ».

Immagine di un uomo anziano, dal volto benevolo e gioviale, seduto con insegne pontificie su un trono il cui schienale è anche qui costituito dalle due colonne sacre del Tempio di Salomone.

Nella mano sinistra la lunga croce a tre braccia, sul capo una mitra a tre corone. La mano destra in atteggiamento benedicente, due personaggi ai piedi del trono che indossano abiti a colori complementari. La benedizione è l’elemento equilibrante della dualità dei personaggi che riconduce al ternario massonico evidenziato negli altri simboli. Il simbolismo globale può riferirsi al concetto di Gnosi, detentrice della scienza degli iniziati, identificabile in quell’Uomo che emerge dalle tenebre della superstizione per divenire cosciente del proprio Sé, in una dimensione reale e unitaria della natura nel suo microcosmo.

Lo scrittore poeta argentino Luis Borges, recentemente scomparso, ha espresso un bellissimo pensiero a tal proposito: gli uomini anziché utilizzare le loro forze per « esistere » dovrebbero imparare a utilizzarle per « essere

VIL’Innamorato o gli Amanti

 L’intelletto — « l’elaborazione delle forme vitalizza l’esistenza trasformando le cose ».

La carta mostra tre personaggi, un giovanetto imberbe al centro affiancato dagli altri due, di cui uno soltanto ha un chiaro aspetto femminile ed è alla sinistra del giovanetto cioè dalla parte del cuore. Sovrasta il tutto un putto alato, iscritto in un sole sfolgorante, che punta una freccia sulla mezzeria, diciamo così, tra il giovanetto e la donna. L’interpretazione comune vede nel giovanetto la raffgurazione del libero arbitrio che deve scegliere tra la Virtù e il Vizio, ma attribuisce al putto l’intenzione di separare la Virtù dal giovane con il lancio della sua freccia! Per cui altri interpreti identificano nei due più giovani personaggi, una coppia di sposi che non rappresentano altro che l’Umanità, in atto di chiedere la benedizione augurale alla Madre (al Padre?) del marito (chissà perché non della sposa che con il braccio esprime un segno di invito verso la terza figura) quale simbolo della passata esperienza del genere umano.

Mi permetto di esporne una terza che, tra l’altro, si avvicina di più a concetti massonici.

Il putto che trae la sua energia dalla fonte inesauribile del Sole, intende segnalare, all’incerto giovanetto in diffcoltà per fare la sua giusta scelta, la via della Virtù con una folgorante freccia originata dal dispensatore della Luce: messaggio, come vedremo nel suo arcano, di conoscenza-libertà-amore.

In definitiva l’uomo incerto che sappia inoltrarsi con volontà e perseveranza nel cammino iniziatico, guidato dalla Luce, saprà divenire consapevole nelle sue giuste scelte.

VII – 11 Carro

 La volontà — « la volontà completa l’edificazione del Tempio ». Il carro di forma cubica è trainato da due cavalli, uno rosso e uno blu. Il loro atteggiamento di movimento è rivolto in due direzioni differenti e divergenti, ma la loro testa, e quindi lo sguardo, è rivolta dallo stesso lato.

Sul carro, coperto da un baldacchino, una figura coronata, con nella mano destra uno scettro, che termina con una raffgurazione di cile connotazione.

Sul frontespizio del carro uno scudo con le lettere S.M. di cui non conosco l’interpretazione; nei tarocchi del Wirth, invece, la sfera volante degli egizi.

Il tutto ci richiama alla allegoria della carrozza che rappresenta il corpo, dei cavalli che rappresentano sentimenti e desideri, del cocchiere che rappresenta la mente e il pensiero e del Padrone che siede nella carrozza e rappresenta il Sé, la coscienza di questo sé che origina la volontà.

Se manca il padrone che è consapevole della meta del viaggio e dà disposizioni, i pensieri della mente possono trovarsi in balìa dei desideri e la carrozza procederà senza meta guidata soltafito dalla pressione di influenze esteriori cui il cocchiere si assoggetterà inconsapevolmente, come un automa.

Per noi, la figura alla guida del carro è quella del Maestro Venerabile che sa riportare gli eventuali devianti a guardare verso l’unica direzione corretta che è quella della Luce. Esso rappresenta la Spiritualità dell’uomo che vuole e deve emergere dai contrasti del mondo materiale.

Il Maestro è l’elemento equilibrante delle possibili dualità, preoccupato di mantenere l’armonia e conscio della sua precipua responsabilità nel predisporre, condurre e dirigere i lavori della Loggia.

VIII – La Giustizia

 L’equilibrio — « l’equilibrio nel guardare alle cose del mondo segue il destino ».

Altro personaggio femminile seduto su un trono. Nella mano destra una spada rivolta in alto e nella sinistra una bilancia con i due piatti allo stesso livello.

Simboleggia l’azione coordinatrice che la volontà dell’uomo può esercitare per contribuire a controllare il suo destino, piuttosto che sottostare meccanicamente al caso.

La livella afferma l’uguaglianza davanti alla Legge del Lavoro, propria del 2 0 grado iniziatico, sia individuale che collettivo.

Nell’egregoro di Loggia il Massone, pur mantenendo inalterata la sacralità individuale, deve integrarsi con giusto equilibrio per dare e ricevere esperienza iniziatica.

Gli aumenti di salario ricompensano il buon operaio che in tal modo beneficia del livello superiore di esistenza al quale ha saputo elevarsi.

IX – L’Eremita

 L’introspezione — « l’introspezione nella evoluzione della realizzazione produce mutamento

Un vegliardo coperto da un ampio mantello si sostiene con un rozzo bastone e si fa luce con una lanterna.

Nella serie di tarocchi del mazzo di Visconti Sforza questa è sostituita da una clessidra.

Il simbolismo è quello della Saggezza: dell ‘uomo maturo o di chi ha raggiunto le prerogative della Maestria, acquisita con la meditazione e l’isolamento al riparo del mantello. La Luce, la lampada, o il Tempo, la clessidra, lo hanno aiutato a penetrare a fondo i segreti delle cose in rapporto alla Natura, per predisporre con accortezza il suo futuro.

X – LA RUOTA DELLA FORTUNA

 Il destino delle cose — « la ciclicità della vita costruisce nel mondo le forme ».

La ruota campeggia al centro con avvinghiati, in apparente equilibrio tra loro, due personaggi: il primo Tifone, mostruoso genio del male, che sembra precipitare in basso; il secondo Hermunibus, genio del bene, in evidente sforzo di risalita. La manovella imperniata sull’asse della ruota con un suo movimento può decidere della sorte delle due creature. Sul trespolo che sovrasta la ruota una sfinge dal busto di donna e dal corpo di leone configura una posizione di equilibrio immutabile.

Nell’insieme la carta ricorda che pochi mutamenti sono permanenti e irreversibili. Le ruote del destino girano lentamente ma, alla fine, dopo vari sbilanciamenti fanno sempre un giro completo che risolve la dualità in una forma di equilibrio.

Nelle due creature possono configurarsi la vecchiaia che si alterna alla giovinezza e, nel campo della Natura, il ciclo dell’alternanza che si manifesta nei due Solstizi d’inverno e d’estate, celebrati in ogni dove fin dall’antichità e puntualizzati solennemente anche dalla Tradizione massonica.

  • – LA FORZA
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  • La forza — « essa permette all’uomo il completamento delle sue intenzioni

La giovane donna, sul cui capo poggia un cappello dalla forma di 8 rovesciato come quello del Giocoliere, è colta nell’atto di domare un leone con la stretta delle sue pur esili mani.

La forza d’animo, sorretta da chiari convincimenti, sostiene l’uomo in ogni momento cruciale della sua vita e del suo cammino iniziatico e lo aiuta anche a sorreggere la forza fisica per vincere i mali del corpo.

Radici di questa forza si trovano sia nelle esperienze infinite della Natura, sia nella dimensione del lavoro comune in Loggia che, legando in cordata le energie di tutti, aiuta i singoli a ricercare nel grande mistero cosmico una dimensione propria più completa ed armonica dell’esistenza, che si avvicina all’essere.

  • L’IMPICCATO O L’APPESO
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  • La precarietà — « l’individuo si rivela guardando i suoi errori ». Vi è raffgurato un giovane appeso per un piede a testa in giù, tra due tronchi cui sono stati tagliati sei rami ciascuno. Alcuni studiosi del passato affermano che la figura dovrebbe essere in posizione normale, appoggiata su un piede solo, precisando che l’attuale posizione è conseguente ad un errore di lettura di antichi testi che concorsero ad ispirare gli autori dei tarocchi.

L’interpretazione della precarietà nel suo significato simbolico non cambia. È da notare che la posizione relativa delle gambe è anche qui incrociata a delta come quella dell’Imperatore, ma non sono riuscito a trovare una correlazione tra le due disposizioni simboliche. Ai Lettori ricercarne e suggerirne una.

Perché sei rami tagliati? Rammentando le spiegazioni di Arturo Reghini nel suo libro I numeri sacri, il 6 è il primo numero « perfetto » in quanto è uguale alla somma dei suoi divisori

(1-4-2+3 = 6), ma è anche uguale al prodotto dei suoi fattori

Uno, due, tre che corrispondono ai primi tre gradi della via iniziatica e corrispondono altresì ai tre distinti piani su cui poggia l’esperienza unitaria dell’esistenza:

 1 : quello del corpo;

— 2 : quello della mente;

 3 : quello dello spirito.

Altri suddividono le funzioni dell’uomo anziché in piani, nell’attività dei suoi tre centri costitutivi:

— 1 : quello funzionale, relativo alle attività neurovegetative e metaboliche ;

— 2 : quello intellettuale o della mente;

— 3 : quello emozionale o dello Spirito e del Cuore ln entrambi i casi:

— le funzioni del n. 1 sono essenzialmente indipendenti finché non si impari, con grande sforzo, ad assoggettarle ad una volontà; — le funzioni mentali sono quelle attraverso le quali la maggior parte degli uomini esprime la sua vita quotidiana « meccanicamente » secondo il succedersi di accadimenti esterni indipendenti da una volontà propria o determinati in rapida successione secondo l’ispirazione mutevole, incostante e momentanea dei suoi vari Io, fonti di piaceri fittizi, di dolori altrettanto fittizi, prigionieri delle parole, di desideri, di concetti discriminativi.

Per tale motivo la maggior parte dell’umanità è composta da esseri « dormienti» o al massimo al primo ed, eccezionalmente, al secondo stadio di « coscienza » (in totale sono progressivamente 7); — le funzioni del n. 3 sono quelle delle creature che hanno saputo raggiungere stati di coscienza superiori che assicurano loro consapevolezza. Esse padroneggiando la propria « essenza » in un unico Sé, non lasciano più sbrigliarsi disordinatamente i propri io pazzerelloni. Sono questi gli iniziati o quelli che perseverano con costanza e determinatezza nel cammino Iniziatico fino alla Maestria, convinta e relativamente vissuta.

XIII – La Morte

 Il sovvertimento — « il sovvertimento rivela nuove forme ».

La carta mostra uno scheletro che brandisce una falce.

Nel prato ai suoi piedi, frutto della sua opera, giacciono i corpi smembrati di un uomo e di una donna.

Il significato simbolico è chiaramente ed inequivocabilmente riferito alla morte dell’uomo e gli ricorda la futilità delle sue azioni se sono legate soltanto alla materialità. È distruzione, ma è anche trapasso e trasformazione.

L’iniziando fin dal principio, prima di intraprendere la Via, e successivamente ad ogni gradino della scala, muore simbolicamente abbandonando un fardello di tutto ciò che è stato fittizio nel passato, ma rinasce e con il miglioramento di sé stesso impara a trasferire la sua continua esperienza di risveglio all’esterno, cercando di costruire anche per altri un habitat più felice a misura di uomo consapevole che, in linguaggio massonico, costituisce il Tempio delI ‘Umanità.

  • LA ‘TEMPERANZA

 Il mutamento — « la trasformazione fa comprendere la caducità ». Una figura alata di angelo intento a travasare un liquido da una piccola brocca blu in un’altra grande e rossa, Il simbolismo è riferito alla manifestazione di un cambiamento di situazione. Può rappresentare anche il fluire della vita, l’energia vitale che non si disperde se, come un liquido che sia continuamente ben versato da un contenitore all’altro, non diminuisce la quantità e le proprietà di onda vivificatrice. Il lavoro costante del Compagno nella vita collettiva gli fa ottenere il suo salario e lo prepara ad essere degno di proseguire verso la Maestria.

  • 11 DIAVOLO

 La fede — « la fede completa l’intelletto ».

Nei tarocchi non vi è alcuna immagine che si riferisca direttamente a Dio perché non è possibile raffgurare la sua pura spiritualità.

La dottrina ebraica non consente di pronunciarne nemmeno il nome. La sua configurazione risulta, ma risalta in contrapposizione a quella del Diavolo. Questi appare come signore incontrastato delle forze involutive, trionfalmente eretto su di un piedistallo, con ali nere, una spada sguainata verso (o contro?) l’alto, ed avendo ai piedi un uomo e una donna costretti in catene.

Il significato simbolico è chiaramente riferito alla schiavitù in cui versa il genere umano che non sappia sottrarsi a tale giogo, essendo il diavolo il simbolo della materia che imprigiona lo spirito. La via iniziatica, qualsiasi via scelta tra le tante possibili, può consentire ad ogni essere umano di contrastare per gradi tale giogo, fino a sottrarvisi vittoriosamente con lo sviluppo della sua personale evoluzione interiore e con la partecipazione cosciente e attiva al lavoro di gruppo nell’Offcina.

XVI – LA TORRE

 La caducità delle cose — « la caducità dei beni materiali porta all’illusione ».

La carta presenta l’immagine di una torre che, colpita dal fulmine, frana e crolla coinvolgendo nella sua rovina due uomini che precipitano a terra.

Quanto può costruire l’ambizione umana senza un qualsiasi fondamento razionale è destinato a crollare. Parimenti è trascinato nel crollo chi tenta di raggiungere impreparato mete superiori alle sue possibilità, per incoscienza o cupidigia.

Le carte più antiche riportavano la didascalia di Casa di Dio, superata poi dal parallelismo con la biblica Torre di Babele.

Per noi è facile il riferimento al Tempio di Salomone il cui Maestro costruttore Hiram viene colpito e ucciso da tre compagni che rappresentano l’ignoranza, il fanatismo, l’ambizione.

  • LE STELLE
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  • La speranza — « la speranza che è nel mondo promette il futuro ». Una donna nuda inginocchiata davanti ad uno specchio d’acqua vi sta versando il contenuto di due brocche.

Dall’alto la proteggono c la ispirano otto stelle di cui la più grande e splendente è sulla verticale del suo capo. È la speranza che alimenta anche nei momenti peggiori il lago della vita: vivificando ideali, bellezze, ricerca del vero e del giusto, pensieri rivolti ad una condizione di immortalità. Grazie ad essa ogni volta è come un nuovo inizio, una rinascita proprio come nel cammino in difcile ascesa sulla via iniziatica.

Le stelle minori sono sette, numero sacro della Maestria e tra esse spicca splendente di Luce Venere, il Maestro Venerabile. Sta ad essi operare nella vita della Loggia per sostenere Apprendisti e Compagni nei momenti di incertezza o di rilassamento insegnando e inculcando loro, con l’esempio e la parola, fiducia e perseveranza nel conseguire gli scopi che gli ideali massonici additano.

  • – LA LUNA

— Il ricordo — « il ricordo che domina l’uomo ipoteca il suo avvemre ».

La luna appare al di sopra di due torri tra cui si snoda un tortuoso sentiero. Ai lati due cani levano verso di essa i loro latrati. In un grande stagno in primo piano, in cui non compare il riflesso lunare, è sommerso un gambero, La mutevolezza delle sue fasi ci richiama alla incostanza, alla volubilità. Anche nella sua pienezza la Luce della Verità che proviene, riflessa, dai suoi raggi è flebile, incerta. Non è accessibile a chiunque. La Tradizione la ammanta di miti, leggende, favole, simboli. È un invito ad andare cauti nel cammino verso la Verità alla cui guardia stanno le due torri. Il cammino è irto di diŒcoltà. Chi non si immette in quel cammino è capace di emettere solo latrati o peggio ripiomba nello stagno dell’ignoranza e della meccanicità e rischia il movimento a ritroso del gambero.

Occorre avventurarsi, capire e approfondire significati celati dai miti, dai simboli, dalle leggende, scartare le superstizioni e i ricordi mentali che, come abbiamo già visto, trattengono l’uomo in uno stato di coscienza assai basso che gli impedisce di aprirsi e migliorare la consapevolezza.

  • 11 SOLE

 L’organizzazione sociale — « la fratellanza, nell’uomo che ragiona, porta alla comunità organizzata ».

L’immagine del sole è radiosa, sfolgorante nel cielo al di sopra di due bimbi (o due giovani) che si tengono per mano. Dietro di essi un basso muretto di mattoni.

Il simbolismo di questa carta è legato a quello della precedente. Contrariamente alla luna, il sole illumina completamente il paesaggio e invita i due giovani (apprendisti) a rivolgersi verso di lui, ad affrontare gli ostacoli che si frappongono al loro cammino, ma che ora sono ben chiari e illuminati, più facili da individuare e superare con l’aiuto della Saggezza che proviene dai Maestri. L’iniziato prosegue nel suo risveglio di coscienza e di progresso interiore e attraverso libere esperienze di libera ricerca approfondisce la conoscenza del rapporto armonico che esiste tra il suo microcosmo della Natura e dell’Universo. Si avvicina così passo passo alla Realtà di cui piano piano prende atto per viverla in proprio con consapevolezza e in armonia con i compagni di cordata.

  • – 11 GIUDIZIO
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  • La rivelazione — « la rivelazione realizza il destino ».

Una immagine apocalittica del giorno del giudizio evento di espiazione e di redenzione. Un angelo con corona avvolto da nubi dà fiato alle fatidiche trombe annunciatrici. In basso da una tomba aperta emerge un giovane nudo. Ai lati un uomo e una donna in atteggiamento di preghiera a mani giunte. I tre personaggi rappresentano una delle tante Triadi delle religioni del mondo (vedasi RENÉ GUENON, La grande Triade, Edizioni Gallimard).

In particolare dalla eterna Tradizione costruttiva: il Padre detentore della Sapienza contenuta nell’Arte Reale che affonda le radici nel passato; la Madre custode di tutti i sentimenti d’amore; il giovanetto, che eredita da entrambi i loro insegnamenti, incarna il leggendario Maestro Hiram, costruttore del Tempio, risorto per riprendere la direzione dei lavori che non saranno più interrotti. I figli della Vedova o della Putrefazione alchemica risorti dalla morte iniziatica (più volte rinnovata nel corso del cammino) realizzano: — la Conoscenza piena della Realtà, come espressione di Verità; — la Libertà, come piena partecipazione non solo all’Esistenza, ma all’Essere;

— l’Uguaglianza, come partecipazione paritetica e non più egocentrica all’Universalità della Natura e delle sue leggi; — la Fratellanza, come rapporto universale di Amore.

  • – 11 MONDO

— La realizzazione — « la realizzazione dell’organizzazione dell’esistenza è evidente ».

Al centro campeggia la figura di una giovane donna coperta solamente da un drappeggio svolazzante. È circoscritta in una corona ovale di foglie in cui spiccano quelle di alloro. Ai quattro spigoli sono posti un angelo alato, un bue, un leone e un’aquila.

II simbolismo esoterico di questa carta riprende le conclusioni di quella precedente, ma in chiave prettamente alchemica come ermetica conclusione della Grande Opera degli alchimisti.

Le quattro figure che contornano la corona rappresentano i quattro elementi fondamentali Terra, Aria, Acqua e Fuoco che secondo l’iconografia medioevale costituiscono l’Universo. Si ha anche qui il grande connubio terminale: tra « l’Uomo rigenerato nell’aurea risultanza e l’Universo ».

Rammentiamo che tali elementi sono presentati all’inzio della sua accettazione al recipiendario massone nei suoi viaggi di iniziazione e rappresentano così l’alfa e l’omega del suo cammino iniziatico.

XXII 11 MATTO

— Il congedo — «il finire delle cose rappresenta il completamento del ciclo ».

È la carta Jolly che ha la prerogativa di poter essere collocata in qualsiasi punto si voglia della sequenza tradizionale. Mostra l’immagine di un giovane vestito da giullare che, con un fagotto in spalla, cammina senza curarsi di un cane che gli sta azzannando la gamba sinistra. Tl fatto che la carta non abbia numero, ma sia lo Zero porta a riferire l’allergia del suo simbolismo alla dimensione dell’inconoscibile che sfugge al tentativo della comprensione umana: l’abisso senza fine da cui è nato l’universo ed in cui esso perirà. Spettro irreale della « non esistenza » opposta al Tutto, notte cosmogonica, il caos.

Collegandosi alla filosofia dello Yang (luce) e dello Yin (tenebre) si può infatti veder corrispondere nella figura dello Zero il « vuoto » ed il « cerchio » che rappresenta il « tutto » con al suo centro « l’Uno ». Lo zero allora diviene porta, foro di entrata nell’Universo in senso metafisico: la cruna dell’ago attraverso cui pochi riusciranno a passare. L’atteggiamento dell’immagine del matto lo mostra eternamente in cammino, sostenuto dalle sue sole energie che porta con sé racchiuse nel fagotto, per superare gli ostacoli. L’iniziato massone deve farsi nessuna illusione sulla relatività del suo sapere. Qualsiasi stadio del cammino non sarebbe che un compimento relativo, perché il lavoro deve continuare indefinitamente. È una attività necessaria ed indispensabile che non saprebbe precedere né seguire una inconcepibile passività. L’esperienza massonica deve progredire fino all’ottenimento della conoscenza del mistero della nostra esistenza e dell’Essere. Una affermazione che è verificabile nel passato, nel presente e che per il futuro costituisce la sola certezza che può avere l’uomo che si riconosca (almeno come ferma aspirazione…) proteso a tendere i suoi passi sull’abisso misterioso dell’Infinito.

Il Matto si associa al buffone, al giullare di corte, ad uno zingaro, ad un semplice che si fida solo dei proprii istinti, ma la sua semplicità non sempre si dimostra imbevuta di follia, ma risulta spesso essere piena di saggezza, tale che gli consente di districarsi tra i vari aspetti buffi, seri ed a volte tragici della vita.

Il folle viandante è forse l’uomo alla ricerca della verità e della giustizia come i mitici cavalieri del Graal? In effetti siamo tutti viandanti in questo mondo confuso tra saggezze eterne, errori, follie ingannatrici che accompagnano, e spesso dividono, gli uomini fino alla morte.

ln definitiva a noi piace affancarlo alla Ruota della fortuna, per aiutarla ad essere apportatrice e annunciatrice, forse insolita, ma dinamica, della ricerca e della inventiva costruttrice.

Nel lavoro di gruppo della Loggia, cui deve partecipare con spontaneità e costanza, il massone ricerca, infatti, una nuova dimensione individuale e attraverso il « transfert » reciproco con i fratelli aspira a conseguire quella condizione di Uomo Cosmico che la dottrina Shan definisce come Shan-a-man (da cui deriva lo Sciamano?) e nella Kabbala è l’Adam Kadmon.

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