FUNZIONE INIZIATICA

Funzione iniziatica

In tutte le Logge del mondo si riscontra lo stesso fenomeno: la grave sproporzione tra il numero dei Fratelli iscritti nel Pie’ di Lista e di quelli che frequentano con buona assiduità le Tomate.

L’analisi delle presunte cause di questo fenomeno è stata ripetutamente fatta e si è creduto di poter dividere gli assenteisti in due grandi categorie: formata da coloro che speravano – nonostante gli avvertimenti esplicitamente ripetuti durante l’iniziazione al Primo Grado – di trovare dei benefici di ordine dualistico, poco importa se rozzamente materiali o più sottili, ma sempre egoici; e quella di coloro che speravano di trovare, in questo Ordine che si fregia del titolo di iniziatico, qualcosa che veramente iniziatico fosse.

Ovviamente non vale la pena di occuparci della prima categoria, palesemente simoniaca, mentre la seconda non solo è degna di tutto il nostro rispetto, ma rappresenta un potentissimo atto d’accusa contro l’Istituzione, e specificamente contro tutti noi adepti che, in grado crescente con la nostra anzianità e la nostra immeritata qualifica, costituiamo l’Ordine. Si noti che non ci sono alibi; la sovranità di ogni Loggia rende totalmente ed unicamente responsabili tutti coloro che vi partecipano; tanto più quanto più attivi sono e tanto più quanto meno il loro apporto nel lavoro di Loggia è consono, sia alla Tradizione autentica, sia alla più efficace maniera di aprire una vera Via Iniziatica.

Ci sia concesso un breve, ma pregnante, inciso: In Via Iniziatica è quella che porta alla Realizzazione, cioè alla presa empirica di coscienza della nostra Realtà, che è la nostra Identità con il Divino. Al di fuori di questo, discorsi e letteratura sono pure chiacchiere, puro divertimento culturalistico di effetto nefasto perché porta soltanto alla gonfiatura della presunzione individuale, e quindi di quell’ego che deve invece essere dissolto per prendere coscienza del Divino.

Ecco perché coloro che sono entrati nell’Istituzione con la speranza di intraprendere una Via Iniziatica se ne vanno delusi perché non hanno trovato quello che volevano. Molte volte le cause della delusione sono inconsce perché il desiderio spirituale, sugli albori, è qualcosa di timido e fragile, almeno in apparenza, e quindi il rigetto si può mascherare sotto pretesti diversi. Si noti che esso nasce dalla più profonda delle nostre esigenze vitali; anche se in modo non esplicito la mente, o meglio l’intelletto, sa che il Vero, l’Unico Fine dell’esistenza umana sulla terra è la presa di coscienza sperimentale della nostra Unità con l’Assoluto. Tutto il resto è Illusione, Maya, come insegna la Filosofia Tradizionale.

Un certo numero di Fratelli, infine, continua a seguire i Lavori di Loggia per una serie di motivazioni forse molto diverse, che non è qui necessario analizzare perché ineffettive rispetto al presente discorso, anche se tutte richiedono un riesame che è oggetto della pratica personale sul cammino verso la Luce.

La questione che si pone è quindi la seguente: come mettere in atto lafimzione iniziatica dell ‘Istituzione?

Cominciamo subito a scartare il lavoro puramente mentale. L’insegnamento della dottrina fondamentale deve essere finalizzato esclusivamente alla attività Iniziatica, così come è stata definita in precedenza. Non si può, in nome della cosiddetta tolleranza, ammettere che si dedichi alla lieschina soddisfazione di qualche ego tempo prezioso che è destinato all’opera iniziatica; le eventuali tavole devono essere tutte orientate e giudicate con il criterio dell’lniziaticità come è stato definito più sopra. Gli apporti dei vari Fratelli sono necessari, ma devono essere tutti orientati in quel senso.

Quindi la parte iniziale del lavoro deve essere diretta alla comprensione di ciò che significa Via Iniziatica.

Viene allora la parte veramente operativa della vita iniziatica della Loggia. Come ricavare, dai mezzi che la Tradizione Muratoria offre, una pratica spirituale?

L’ossatura portante della Tradizione Muratoria è formata dal suo Rituale, i cui supporti sono miti e simboli collegati con l’arte muraria; a meno che si vogliano operare innesti innovatori, e pertanto antitradizionali, occorre utilizzare quello che abbiamo.

Esistono strumenti di pratica spirituale molto efficaci e impegnativi; tutti portano alla meditazione attraverso le purificazioni, il distacco dei sensi, la concentrazione, la contemplazione; non sono pratiche contrastanti con altri impegni anche di carattere spirituale e ognuno le può seguire individualmente, anche perché si tratta di una ricerca interiore che ognuno deve fare dentro di sé. Non sembra che siano attività da svolgersi collettivamente, salvo che per qualche indicazione saltuaria e non legata organicamente al lavoro di Loggia, e per quello che è esplicitamente detto nei Rituali (metalli, ecc.).

Resta quindi come strumento di pratica spirituale il Rituale Massonico. Conviene ricordare che l’antica Roma ci offre l’esempio di una religione strettamente rituale. Tutto il culto delle Divinità è contenuto in una serie di riti da seguire con la massima precisione – col rischio di offendere le Forze evocate con errori o trascuratezza nell’adempimento del Rito, prove perfino di disprezzo verso il Divino e punite financo con la morte del sacerdote sciatto -.

Nella Tradizione Orientale il Rito ha pure il significato di sacrificio; è un’offerta al Divino e quindi dev’essere perfetta e ricca. Uno dei Veda tratta solo delle cerimonie rituali: l’Atharva Veda, anche se negli altri tre la parte rituale è sempre molto importante.

Occorre quindi dare un valore veramente sacrale al Rituale. Occorre che ogni momento, ogni atto della vita di Loggia abbia importanza rituale; occorre che ogni cosa sia un’offerta al Grande Architetto; ancora più su, all’Assoluto del quale il Grande Architetto è la Prima Manifestazione, Keter, Brahma, Zeus, Ahura-Mazda.

Come si vede, si tratta di restare entro la Tradizione Muratoria, ma di trame tutto quello che essa può dare.

Non è un’impresa facile, anche così. Noi tutti siamo abituati a considerare il Rituale come qualcosa di ingombrante, come un perditempo, perché scambiamo una tomata di Loggia per una riunione profana, nella quale il lavoro concreto comincia dopo i convenevoli d’uso e finisce prima dei saluti di commiato. Ci si deve convincere che il vero valore muratorio sta nel Rituale e che tavole, balaustre, interventi sono solo intromissioni accessorie, valide, tutt’al più, a confermare ed a sottolineare i valori del Rituale.

Cominciare a credere che i riti sono un’offerta all’Assoluto, che questo Assoluto è la nostra vera essenza e che, perciò, l’offerta di rispetto e di devozione all ‘Assoluto non è altro che una prova di rispetto verso noi stessi, perché l ‘ Assoluto è la nostra unica Realtà, siamo NOI, e quindi ogni faciloneria è mancanza di riguardo, non ad una Entità astratta e lontana, ma a ciò che ci è più vicino di tutto, al nostro vero Essere, che si manifesta nella nostra consapevolezza e nel nostro stesso fatto di esistere. Esistere è una manifestazione dell ‘Essere; I ‘Essere è la facoltà di esistere che ci da, tra l’altro, vita come corpi fisici. Dato che non è concepibile una}àcoltà senza chi ne è in possesso, la Realtà dell ‘Essere ne viene di conseguenza. Perciò, tanto per cominciare, aderenza totale e minuziosa al Rituale. Ogni obliterazione, ogni tagliar corto, ogni minima erosione è un’offesa all’Essere cui il Rito viene offerto. La sera del 30 novembre u.s. sulla cattedra del Maestro Venerabile non era acceso il Testimone ed il Maestro delle Cerimonie ha dovuto ricorrere all’accendino. Piccola erosione del Rituale. E’ stata proposta una semplificazione ai verbali; altra erosione. Nelle tomate in Terzo non si aprono i lavori successivamente nei tre Gradi; ma per giungere nella Camera di Mezzo non si devono ascendere tutti i gradini della Scala? La sola minuziosità dell’aderenza al Rituale non è sufficiente; anzi, può diventare anche stucchevole, se i Fratelli non sentono affettivamente che la loro partecipazione (dico partecipazione e non assistenza) al Rito è un’offerta al Divino, quel Divino che siamo noi stessi. Occorre quindi giungere ad amare il Rituale come il vero cristiano ama il Vangelo ed ogni vero Indù ama i Veda. Occorre amare il Grande Architetto dell’Universo più di ogni altra cosa al mondo, perché Egli è noi e tutte le altre cose, e offrirgli quel poco che possiamo, il nostro umile sacrificio di attenzione e di tempo nell ‘amore col quale facciamo il sincero dono del nostro Rito.

E il minimo che possiamo fare, nell ‘ambito di un Lavoro veramente Iniziatico, a

M. Bnc, 7 dicembre 1978 dell’e:. v (1 0 grado)

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