LA “PROIEZIONI PROFANE” DELLA MASSONERIA

Le ‘proiezioni profane’ della Massoneria italiana

Francesco Crispi, che guidò quasi ininterrottamente il governo italiano dal 1887 al 1896, aveva condiviso un passato garibaldino con Adriano Lemmi (1822-1906), Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia tra il 1885 e il 1895, con cui era in stretti rapporti di amicizia. In effetti la Massoneria italiana di fine Ottocento godette di grande prestigio presso i vertici dello Stato come interlocutrice sui grandi temi politico-economici dell’epoca. Lemmi, che si era guadagnato l’appellativo di ‘banchiere del Risorgimento’, fu coinvolto nello scandalo finanziario della Banca Romana (1892), con l’accusa di aver ricevuto finanziamenti illeciti. Benché assolto in giudizio, non volle che l’eco perdurante dello scandalo nuocesse alla Massoneria e si dimise pertanto dalla carica di Gran Maestro nel 1895.

Emigranti in partenza dal porto di Napoli, in un’incisione della fine dell’Ottocento. Dall’Unità al 1915 lasciarono in queste condizioni l’Italia, diretti soprattutto in America, circa sedici milioni di persone. Rispetto a questo fenomeno la Massoneria giocò un ruolo importante. Saldamente attestata tanto al Nord quanto al Sud del Nuovo Continente, facilitò i rapporti tra emigrati provenienti da regioni italiane diverse e favorì attraverso il vincolo fraterno delle logge il loro radicamento nel Paese d’adozione. Nell’America del Sud l’inserimento dell’elemento italiano nelle logge locali contribuì ad accentuarne l’anticlericalismo, caratteristica comune alla Massoneria latina dell’Ottocento.

Lo scandalo della Banca Romana aveva indotto alle dimissioni anche Giovanni Giolitti, alla presidenza del Consiglio in una parentesi dell’attività governativa di Crispi (1892-1893). La cosiddetta età giolittiana ebbe inizio in effetti solo nel 1903, per concludersi nel 1913. Nel corso di questo decennio, denominatore comune delle svariate ideologie politiche fu il nazionalismo, sottoscritto tanto dalle forze conservatrici quanto da quelle democratiche. Le une e le altre annoveravano personaggi legati al mondo massonico, come del resto ebbe a dire Ernesto Nathan, alla guida dell’Ordine dal 1896 al 1904: «Il colore politico [della Massoneria] è il bianco, la sintesi di tutti gli altri colori a eccezione del nero, negazione della luce». Tuttavia, vuoi perché nel biennio reazionario di fine Ottocento (governo Pelloux), quando vennero chiuse le sezioni dei partiti e soppressa la stampa d’opposizione, molti democratici militanti avevano trovato rifugio nelle logge, vuoi per i perduranti contrasti con la Chiesa di Roma (vedi il capitolo Massoneria e Stato unitario in Italia), i nazionalisti conservatori e liberali identificavano nei cenacoli massonici gli organismi di alleanza dei blocchi radical-socialisti. Fu sulla base di questa convinzione, per esempio, che il filosofo liberale Benedetto Croce (1866-1952), eletto senatore nel 1910, attaccò «l’idiota religione massonica», un’eredità a suo parere derivata dalla Rivoluzione francese. D’altra parte la polemica ideologica era inevitabile in un periodo storico in cui, come ha scritto lo storico A.A. Mola, la Massoneria italiana non seppe o non volle astenersi da «proiezioni profane».

Giovanni Giolitti. I buoni rapporti tra il blocco politico giolittiano e la Massoneria italiana si incrinarono in seguito ai cedimenti dello statista nei confronti dei clericali e sulla questione dell’interventismo.

La più discutibile di queste ‘proiezioni’ fu forse l’assunzione di una posizione apertamente interventista in occasione dello scoppio della prima guerra mondiale. Schierandosi con i conservatori, i liberali, i democratici, i mazziniani, gli anarco-sindacalisti e gli anarchici a favore dell’ingresso dell’Italia nel conflitto, per quanto queste forze fossero tutte rappresentate nelle logge nazionali, il Grande Oriente rischiò in questo modo di perdere il consenso della base, che annoverava anche neutralisti legati al blocco giolittiano o al Partito Socialista. Questa concessione all’imperante nazionalismo, invece che allontanare la tradizionale diffidenza dell’opinione pubblica per la Massoneria, ne peggiorò l’immagine quando nel 1917, durante un convegno parigino di dignitari scozzesisti di vari Paesi, alleati e neutrali, la rappresentanza italiana dette la propria approvazione al principio che postulava l’opportunità di riconoscere alle popolazioni delle aree plurietniche interessate al conflitto il diritto di decidere mediante referendum, a guerra conclusa, i propri confini. Accusato di tradimento dal fronte nazionalista, il Grande Oriente contraddisse la posizione assunta a Parigi appoggiandone ufficialmente le rivendicazioni nelle aree della sponda adriatica e del Mediterraneo orientali, oltre che in ambito coloniale.

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