INSEDIANMENTO MAESTRO VENERABILE

Fratelli carissimi,

l’idea di questa tavola mi è venuta quando ho riscontrato che, nell’ambiente massonico, il termine “libero arbitrio” è molto popolare, e nel contempo viene spesso usato in modo improprio, più o meno come sinonimo di libertà, eclettismo, assenzadi costrizione da parte di autorità civili o religiose, o addirittura libertà di pensiero ed assenza di dogmi. A seconda dei casi, sembra che il libero arbitrio sia una scelta che l’uomo fa entrando in Massoneria; o che esso sia una qualità intrinseca che caratterizza alcuni uomini predestinati a entrare in Massoneria; oppure che il libero arbitrio sia una condizione alla quale l’uomo deve aspirare e che può raggiungere togliendosi dall’ignoranza oscurantista, e/o battendosi contro le tirannidi, e che sia quindi una condizione che gli uomini illuminati devono porre come meta per tutta l’Umanità. In realtà, “libero arbitrio” non è affatto questo. Aveva ciò ben chiaro il Fr. E.8. quando vi si è soffermato qualche mese fa, al suo modo estroso. Questa sera vorrei riprendere quel discorso sotto un’angolazione un po’ diversa. Il concetto di libero arbitrio, vecchio poco meno di due millenni come il termine stesso, riguarda l’Umanità piuttosto che i singoli uomini, ed è vicino più a quello di responsabilità che a quello di libertà come comunemente intesa. Non ha un sinonimo, ma, se ne volessimo uno ad ogni costo, il meno inadatto sarebbe proprio “responsabilità”. Se vogliamo evitare di incrementare la confusione delle lingue, vale la pena di cominciare col definire di cosa stiamo parlando. Senza andare lontano, è perfettamente adeguata la mezza paginetta contenuta in quella piccola enciclopedia filosofica di Garzanti, che gli studenti chiamano “Garzantina”. Originalmente, quello del libero arbitrio era un problema strettamente teologico agostiniano che, come tale poteva porsi solo per il credente. Esso era legato ad un dilemma drammatico sul piano teologico (con ricadute su quello morale). L’uomo ha libertà di scelta ed è quindi moralmente responsabile? Se sì, come questo “libero arbitrio” sì concilia con l’onnipotenza e la pre-scienza divine? Faccio una certa scelta perché io sono come sono, e sono come sono perché così Dio mi ha creato, e il Dio che mi ha creato conosce la scelta che sto per fare. Ma allora posso veramente pensare che la mia è una libera scelta della quale porto responsabilità? Tra le scelte che l’uomo compie ci sono quelle che gli porteranno salvezza o dannazione. Può dunque l’uomo salvarsi con le sue forze? Pelagio diceva di sì, come poi Erasmo; Lutero (che ha scritto un’operetta intitolata “de servo arbitrio”) ha risposto di no: l’uomo può solo venire salvato dalla grazia divina. Se non sbaglio, questa è anche la posizione della Chiesa la quale però, nel contempo, riconosce all’uomo il libero arbitrio, visto che lo ritiene punibile (con la dannazione). Non sono un teologo, e quindi non ho mai capito come la Chiesa risolva l’antinomia: so solo che alle diverse visioni, sul terreno teologico, è legata una diversa visione del peccato originale. Ma questa sera l’ignoranza teologica non mi pesa: il discorso che ho in mente prescinde dalla teologia. In tempi più recenti, quello del libero arbitrio è diventato un problema anche “laico” legato allo sviluppo di concezioni deterministiche ispirate a certa scienza moderna, visioni in base alle quali le nostre scelte, apparentemente libere, sono in realtà obbligate, essendo determinate dalla nostra storia personale, nonché da sviluppi di natura biologica, governati da leggi naturali a noi note, almeno in parte. Questo determinismo equivale alla prescienza divina che preoccupava Sant’ Agostino. A questo punto l’autore della Garzantina si pone il problema seguente. Se siamo capaci di fare solo scelte dettate dalle nostre inclinazioni, siamo noi liberi, e quindi responsabili? Su questo vale la pena di fare qualche considerazione. Può sembrare trattarsi di fumisterie, main realtà le ricadute sono quotidiane. Prendiamo ad esempio un discorso che tutti abbiamo sentito prima o poi, e cioè un ragionamento come il seguente: sì, il tizio insidia bambini, però lo fa perché quando era bambino hanno abusato di lui e ciò lo ha condizionato, quindi non è responsabile, quindi non è da punire. Oppure: Sì, il tizio deruba vecchiette, però il tessuto sociale nel quale è cresciuto, ecc. ecc. Chi ragiona in questo modo in realtà nega il libero arbitrio, anche se spesso non se ne rende conto. Dire che il tizio non è responsabile è come dire che è pazzo (e quindi non punibile: “irresponsabile”), anche nel linguaggio comune. La Chiesa, ad esempio, ha sempre avuto questo problema ben presente. Tommaso Campanella nelle carceri pontificie salvò la pelle proprio fingendosi pazzo, cosa che gli riuscì per anni in modo incredibilmente convincente e senza un momento di debolezza (che lo avrebbe portato sul rogo, e nessuno sapeva questo meglio di un Domenicano). Ma anche modernamente c’è una scuola di pensiero (esempio, Vittorio Mathieu) secondo la quale, se il tizio si è reso colpevole di assassinio, bisogna impiccarlo perché fare diversamente sarebbe come riconoscerlo non responsabile, e quindi sarebbe una mancanza di rispetto nei suoi riguardi. Il che, tutto considerato, è un’idea difendibile, anche se va contro il buonismo corrente. Ma c’è un’alternativa. Si può sostenere che siamo liberi se siamo capaci di fare una scelta contrastante con la nostra inclinazione, e quindi non imposta da essa in modo deterministico. Ma, come commenta l’autore della Garzantina, se si adotta questo secondo punto di vista, l’origine (non-deterministica) della capacità di autodeterminazione è una nozione piuttosto oscura. Tornerò su questo più avanti. Il problema della punibilità, dunque, rappresenta l’aspetto drammatico di un dilemma che potrebbe altrimenti apparirci una di quelle controversie teologiche sul sesso degli angeli. Va detto che il problema del libero arbitrio emerge a sorpresa in un passo del rituale di iniziazione al grado di apprendista, passo che ho sempre trovato un po’ sgangherato, 1à dove si dice che per noi la Libertà “è il potere di compiere o di non compiere certi atti secondo la determinazione della nostra volontà”. Se non si specifica quali atti, la frase ha poco senso, in quanto significa pressappoco che Libertà è il potere di far quel che ci pare, il che appare banale oltre che poco massonico. E tuttavia sembra che abbiamo invece a che fare con una discutibile formulazione del principio di libero arbitrio, di solito ascoltata dai fratelli con distratta riverenza. Dopo tutti questi bei discorsi, non abbiamo ancora risposto alla domanda: insomma, l’uomo ha il libero arbitrio o non ce l’ha? Se ci si pone al di fuori della problematica teologica, e se ci si pone unicamente il problema della punibilità, una risposta possibile potrebbe essere “cosa me ne importa?”. Questo, però va chiarito. Torniamo infatti al problema essenziale, quello della responsabilità. Agisco in un certo modo piuttosto che in un altro perché sono “determinato” dalla mia vicenda genetica e dai mici vari altri condizionamenti oppure il libero arbitrio mi rende capace di andare contro quelle inclinazioni, che sono il frutto dei miei condizionamenti? E’ vero che la natura di questa eventuale capacità è “oscura”: essa infatti non può essere che il dono di un Dio. Ma ammesso che noi siamo il prodotto di una creazione, che senso ha che Dio ci abbia creati fornendoci del suo codice di tavole, e della 6 conoscenza di tali tavole ma anche della capacità di seguirle o non seguirle, cioè del libero arbitrio, e quindi responsabili? Proprio perché anche quella capacità è una sua creazione, il problema resta insolubile. Quindi, porselo è tempo perso. La situazione non è dissimile se ci si pone in un’ottica deterministica. Eppure una risposta ci è richiesta, perché ad essa sono legati problemi concreti. Chi fa un discorso come quello che ho citato all’inizio (“sì, il tizio violenta bambini, però è stato condizionato dai suoi trascorsi infantili e quindi non è punibile”) pone infatti il problema in modo concreto. Esempio: i figli della mia colf, ladruncoli perché drogati, e drogati perché cresciuti alle Vallette in una strada piena di spacciatori, mi fanno pena, e su di essi cerco di esercitare la mia carità. Meriterebbero meno la mia carità se fossero cresciuti alla Crocetta, e ladruncoli per motivi cromosomici? A volte un tizio viene assolto perché “incapace di intendere e di volere” e quindi non punibile. Ma se si nega il libero arbitrio, come fa una certa scuola di pensiero giuridico, ampiamente ospitata dai media, sostanzialmente siamo tutti incapaci di intendere e di volere. E allora, siamo da punire? o siamo da non punire? La mia personale risposta è: sì, siamo punibili, in quanto i codici che ci siamo dati prescindono dalle motivazioni delle nostre azioni, e sono un corpus di regole che serve unicamente a rendere possibile la convivenza evitando la guerra di tutti contro tutti. E’ in quest’ottica, e solo in quest’ottica, che al problema del libero arbitrio potrei anche rispondere “che me ne importa?”. In sintesi, il colpevole probabilmente non è libero, ma va punito, o quanto meno va messo nelle condizioni di non reiterare (agli effetti pratici, è la stessa cosa). Come dicevo all’inizio, altri ha risposto ST in nome del Libero Arbitrio: l’uomo che spezza le tavole va punito per rispetto alla sua dignità di uomo libero e perché abbia l’occasione di pagare il suo debito. In sintesi: è libero nelle sue scelte, quindi va punito. Poi c’è la terza risposta. L’Uomo ha il Libero Arbitrio e quindi è punibile. Però a volte qualcosa si guasta nella sua testa, e allora egli perde la sua libertà, e non è più punibile: il caso di quelli che chiamiamo pazzi. Di questa terza opzione, purtroppo, c’è una varietà che considero aberrante e che è adottata da certi giudici. Si basa su una inversione logica: quest’uomo ha spezzato le tavole della Legge, quindi è pazzo. Penso ai giudici che hanno rifiutato di dare l’ergastolo a Maso. In un tempio massonico, è necessario chiedersi quali sono le ricadute massoniche del problema che sono andato dibattendo, e se a tale problema esista una risposta “massonica”. Alla seconda domanda risponderei negativamente perché mi sembra trattarsi di argomento sul quale ogni massone può fare la sua valutazione, che sarà anche legata alla sua personale concezione di cosa è iniziazione. Quanto alle ricadute, invece, sono pesantissime. Riprendo qui un filone altre volte sviluppato dal Fratello E.S. Vediamo un po”. Se il libero arbitrio non esiste, odio e amore, bene e male non hanno più un senso, o per lo meno non hanno quello comunemente attribuitogli. Odio ed amore sono solo pulsioni delle quali non va data una valutazione di valore. L’uomo buono e l’uomo cattivo sono allo stesso modo il prodotto di un processo evolutivo da vedere in modo deterministico (oppure di una scelta del Demiurgo). Non ha senso discriminarli. Non ha senso approvare San Francesco e disapprovare il mostro di Marcinelle: l’uno non ha nessun merito ad essere “buono” e l’altro nessun demerito ad essere “cattivo”: non possono che essere quello che sono. L’albero delfico, che ci dà frutti dolcissimi, ha forse più merito della gramigna? L’atteggiamento di chi se la prende col cattivo è analogo a quello del bambino che picchia il gradino che lo ha fatto inciampare. Come vedete, siamo andati a sbattere nientemeno che sul problema della origine della morale. E’ chiaro allora che le ricadute massoniche non mancano? La ricerca della Luce non è poi dissimile dalla speranza della Grazia. E tra le scelte nelle quali il libero arbitrio può esercitarsi c’è anche la scelta stessa di intraprendere la via iniziatica. Io, per esempio, sono di ascendenza massonica, e queste radici hanno certamente contribuito a orientare la mia scelta. E allora, quando mi è stato proposto di entrare in Massoneria, ero libero nella scelta, o ero piuttosto condizionato dalla mia storia famigliare? In fondo, concedetemi una parentesi scherzosa, questo può anche farmi comodo. Se un giorno andranno al potere gli amici del Giudice Cordova, e vorranno mettermi in galera come Massone, potrò fare anche io il discorso del pedofilo: “Vostro Onore, non sono colpevole, perché è tutta colpa dei condizionamenti infantili, da piccolo non mi mandavano a Messa. Non avevo il Libero Arbitrio”. Ma le mie tavole si chiudono sempre con una domanda, e allora eccola, fondamentale. Riteniamo che l’iniziazione apra all’uomo la via per accedere a un livello superiore di comprensione. Sta a lui intraprendere il cammino. O no? E sta a lui arrivare alle montagne e trovare la sacra fonte, là dove la freccia ha colpito. O no? A-.G.D..G.A.D.U R. Scch, 2

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