I MITI DELLA MASSONERIA: IL MITO ILLUMINISTA

I MITI DELLA MASSONERIA: IL MITO ILLUMINISTA

Miti della Massoneria sono per me quelle derivazioni o identificazioni o  comunque attribuzioni di importanza per  comuni contenuti a movimenti, idee filosofiche ecc che hanno finito per assumere appunto  il significato di un mito,  ovvero di una   narrazione delle origini, vicende e storia di un gruppo sociale, in questo caso la M., che finisce per sfuggire all’esame critico ed assumere un fascino  che la rende in qualche modo accettata per sempre nell’immaginario collettivo del gruppo. Esempi ne sono il mito templare, quello rosacrociano e, ritengo, anche quello illuminista (un po’ paradossale, data l’avversione che l’Illuminismo aveva per il mito).  In tal modo è divenuto patrimonio di noi tutti il concetto di “massoneria illuminista”,  grazie anche al lavoro di molti studiosi che si sono occupati dell’argomento. Si tratta di studi di ampio respiro, ben documentati ma opera per lo più di profani: secondo me invece un fenomeno come la Massoneria, ovvero un Ordine Iniziatico, in gran parte sfugge alla comprensione di chi non ne faccia parte  e l’analisi storica, pur importantissima, non è in grado di coglierne la vera natura: per fare questo occorre esserne protagonista.  E su questo tema in particolare lo Scozzese forse  ne ha ancor più titolo: il sistema degli Alti gradi infatti si originò in Francia, dove  l’Illuminismo europeo ebbe il maggiore ma anche più radicale sviluppo e dove  la stessa Massoneria divenne “altra cosa” attraversando la  Manica dalla natia Inghilterra.

Nelle righe che seguono pertanto tratterò l’argomento  non con la pretesa dell’approccio storico o filosofico,  ma come fratello scozzese che ha vissuto una esperienza ed un percorso e che ha cercato  di farsi una  idea che qui ed ora sente sua sul mondo nel quale ha scelto di vivere, per cui il titolo  di questa Tavola potrebbe anche essere “la mia massoneria e  l’illuminismo” lasciando agli storici  ed ai filosofi profani il pur importantissimo compito di passare dalla soggettività alla oggettività ed a conclusioni documentate.

E’ parte integrante del “mito illuminista” l’affermazione “massoneria moderna figlia dell’Illuminismo”; la “mia massoneria” dubita molto di questa espressione: se infatti intendiamo la M. come un Ordine Iniziatico esso non può identificarsi con una filosofia o movimento culturale. Inoltre ben presto la M. moderna fece sì che in Europa dopo secoli si tornasse  alla mitopoiesi,  col mito di Hiram, cosa che credo ben pochi Illuministi avrebbero pensato di realizzare. Fra l’altro il mito di Hiram rendeva logica e si può dire necessaria la sua prosecuzione che sarà realizzata dagli Alti Gradi nei loro vari sistemi, per rispondere alle domande che la morte dell’Architetto poneva: chi assicurerà l’ordine e la disciplina tra gli operai? Chi punirà i suoi assassini? Chi dopo Hiram potrà concepire ciò che ancora non era concepito e disegnato? In tal modo si venne codificando un complesso sistema ritualistico e simbolico che finì per abbracciare tematiche rosacrociane e templari ma anche  rami occultisti e teurgici  nel quale non riesco a trovare riferimenti illuministici.

Ma del mito illuminista fa parte anche il testo del famoso   Titolo Primo degli  “Antichi Doveri” di Anderson (che fra l’altro era un pastore presbiteriano e Desaguilers, che  ebbe un grande ruolo nella nascita della G.L. di Londra, pastore anglicano), testo ritenuto il marchio del Deismo Illuminista della neonata M. Speculativa. Rispolverando e ricontrollando le nozioni di filosofia dei miei ormai antichi studi liceali ho potuto verificare che colui che in qualche modo diede il primo impulso alla nascita del concetto di Deismo fu Hume che però nel 1717 aveva 6 anni e colui che codificò nettamente la differenza fra teismo e deismo dando la definizione di entrambi, fu Kant, molti anni dopo. Dunque all’epoca probabilmente non si aveva coscienza piena della differenza fra i due concetti. A me sembra che il testo di Anderson, sicuramente “rivoluzionario”, faccia tesoro pragmaticamente  della esperienza non da molto terminata delle dispute e guerre religiose che avevano tormentato l’Inghilterra, affermando come minimali ed essenziali per una pacifica convivenza in Loggia precetti di ordine morale (“essere uomini buoni e leali e uomini d’onore e di onestà”), lasciando alla sfera privata le singole convinzioni religiose; convinzioni religiose che a mio avviso dovevano pur esserci, non essendo ammessi gli atei. Una forzatura mi sembra infatti la distinzione fra ateo stupido e ateo non stupido.  Vale la pena inoltre di ricordare che  l’Illuminismo come viene comunemente inteso, ovvero quello degli Enciclopedisti, di Voltaire ecc, in una parola l’Illuminismo francese, è molto lontano dall’Illuminismo inglese, anche per ragioni sociali; l’Inghilterra aveva infatti già avuto la sua rivoluzione, vi era un Parlamento, vi erano elezioni; pertanto il movimento illuminista si incentrò in gran parte su problemi di ordine morale e religioso e non su tematiche storico-politiche e sociali come in Francia. Occorre poi fare attenzione alle date: la G.L. di Londra nasce nel 1717, la prima edizione delle Costituzioni è del 1723; in questi anni l’Illuminismo Inglese poteva contare, se così si può dire, solo su Locke e i vecchi testi liceali  già rammentati mi dicono che più che  llluminismo vero e proprio la sua filosofia venga definita empirismo (per la preminenza data alla esperienza per la conoscenza) o anche pre-illuminismo: I vari filosofi illuministi Inglesi pubblicarono tutti le loro opere in anni successivi al 1723.

La mia convinzione personale pertanto è che la Massoneria che nacque nel 1717 avesse una struttura più teistica che deistica e che l’Iniziazione fosse principalmente una investitura e non un rito di morte e rinascita, un rito di passaggio come diverrà sul continente;  si trattò di un evento del tutto nuovo, non di un graduale passaggio dalla M. operativa alla speculativa ma di un vero e proprio hiatus: per la prima volta si svincolava la loggia dalla adesione alla tradizione cattolica tipica di ogni precedente corporazione di mestiere non tanto per aderire al protestantesimo (anche se è stato sostenuto come giustificazione degli eventi del 17 la volontà di un appoggio agli Hannover contro la M. Operativa prevalentemente stuardista) e neanche ad un “astratto deismo” come del pari si è da più parti sostenuto ma ad una sociabilità nella quale il credo religioso fosse fatto privato e non discriminante. Le istanze illuministiche (tolleranza religiosa, studio della natura, abitudine al libero esame ed alla libera discussione) allora nascenti si innestano su tutti i numerosi filoni speculativi che fin dalla metà del 500 (Schaw, Dicson) permearono le corporazioni in Scozia: l’ermetismo rinascimentale, l’arte della memoria bruniana, il rosacrucinesimo, la cabala ecc. E tutto questo insieme ad un apparato simbolico e ritualistico notevoli, specie dopo la introduzione della Leggenda di Hiram.  Dunque non “Massoneria moderna figlia dell’Illuminismo” ma, per rimanere nella metafora familiare, caso mai sorella, in quanto entrambi figli della medesima società, come risposte diverse  ai bisogni che essa esprimeva.

Sul continente e specialmente in Francia, come abbiamo accennato la M (ma anche l’Illuminismo) assunse un carattere molto diverso, perché diversa era la Società. Qui in effetti l’Illuminismo influenzò molto la Massoneria con mutamenti sostanziali che tuttora permangono nei paesi latini e specie in Italia. Il rito di morte e rinascita con la creazione e non più nomina del Massone da parte del Venerabile, la ricerca della Luce che è luce di Verità e non Luce Divina, il concetto di Legge naturale, la ragione più volte citata nei ns rituali sono tutti elementi  di derivazione illuministica francese. Per comprendere la diversità tra la Massoneria Francese e quella Inglese e di conseguenza anche per farsi un’idea dell’influenza illuministica per me è stata (è il caso di dire) “illuminante” la lettura del Rituale Emulation confrontato con il  nostro.

Dunque a mio giudizio nella massoneria simbolica continentale e latina non è negabile l’influenza illuministica;  molto meno evidenziabile invece mi sembra alla origine della nascita della M. Moderna e tuttora nella M. anglosassone.

Per quanto concerne tutto il complesso e variegato sistema degli Alti Gradi, questo si sviluppò essenzialmente in Francia, che  può ritenersi se non la culla (che è inglese) sicuramente la patria di adozione dell’Illuminismo e in Germania, ove invece l’Illuminismo ebbe minore e più tardivo sviluppo e assunse un aspetto a sfondo religioso che già contiene in sé i germi del successivo romanticismo (Lessing). E infatti per me il RSAA, che è poi la sintesi e lo sviluppo ultimo dei vari sistemi alto graduati,  rappresenta un po’ il Romanticismo della Massoneria: Se il Romanticismo  è in qualche modo una risposta a tutto quello che l’Illuminismo aveva messo in ombra nel suo privilegiare la ragione, il RSAA rivendica quegli aspetti cavallereschi, templari, rosacrociani, di religiosità che la M. razionalista aveva ignorato. Tutto questo è evidente nel Sistema di Perfezione del M. Franken, base del nostro Rito, ove si parla ad es. della figura del Cristo come figlio di Dio e vi sono  giuramenti nei quali si giura di mantenersi fedeli alla propria religione. Nonostante gli aggiustamenti ritualistici ottocenteschi e dei primi anni del 900, di natura positivista e anticattolica, esso conserva indubbiamente una maggiore spiritualità rispetto alla Massoneria simbolica.

Ed in conclusione almeno una citazione permettetemela:

“Ricordiamoci che la M. è una società iniziatica e non può accettare la riduzione dell’Uomo a  meccanismo meramente raziocinante…….(Il nostro Illuminismo) è un umanesimo volto a realizzare l’uomo nell’amore come comprensione dei f.lli tutti…f.lli liberi ed uguali in qualche cosa di incommensurabilmente più alto e più sacro di quei teorici diritti che in nome della ragione gli furono riconosciuti e che sempre, per i mortali difetti di essa, gli vengono tolti o negati”.[1]


[1]   Da  “Il nostro Illuminismo”  su  “Gradus”  n.2,  gennaio-marzo 1993 pagg  20-24.

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