VOGLIO

VOGLIO

Voglio: “modo indicativo, tempo presente” del verbo transitivo VOLERE.

VOLERE.

1) “Tendere con decisione ferma, o anche con il solo desiderio, al conseguimento o alla

realizzazione di qualcosa.” (Zingarelli)

2) “Esigere, pretendere, che altri faccia o non faccia qualcosa.” ( 1d. )

Il volere è una facoltà positiva, è attiva: non è negativa, non è ricettiva.

“Posso, voglio, comando”

“L’erba voglio esiste solo nel giardino del Re”. Il Re ha il potere e quindi può volere quanto

gli garba.

La saggezza subliminale dei proverbi lega i due termini in un modo inequivocabile.

“Volere è potere”.

Il rapporto tra i due verbi non è biunivoco. Si vuole in quanto si può. La volontà viene dopo,

senza essere necessariamente consequenziale al potere, e non viceversa.

“Vuole la luna nel pozzo”

To posso anche volere di avere un potere, ma se non ho il potere, la mia volontà si degrada in velleitarismo, in semplice desiderio.

Nella vita si desiderano tante cose ma, di queste, quali hanno la dignità per essere volute e soprattutto, di queste, quali mai abbiamo veramente voluto? E poi attenzione a volere perché si potrebbe anche ottenere.

La mia presunzione umana non ha limiti. Non so accettare uno stato di manifestazione e

quindi nella mia superbia tento di superare questa mia debolezza attraverso l’illusione del voler potere.

Ognuno di noi può muovere le montagne, soltanto non sa di poterlo volere; trova più comodo andare alla montagna.

Al contrario bisogna possedere il potere, anche quello di volere, per poter volere.

Da cosa deriva il potere? Dalla conoscenza (conoscenza parziale = potere parziale).

A conoscenza totale, cioè a potere totale, il volere si identifica col potere.

Nel parziale il volere, la volontà, rimangono una attitudine, un attributo.

Posso aumentare questa mia attitudine? si e no

No fintantoché i valori della mia conoscenza rimangono a un punto morto.

Ma può esserci invece la risposta si.

Eccola. Il mio “SÉ” ha, in prestito d’uso, tutta la conoscenza, più o meno parzialmente velata al mio “1O”. Con le esperienze, vie alla conoscenza, in successivi e più o meno numerosi “certi momenti dei miei io, né prima né dopo il momento giusto”, riesco ad allargare sempre di più e con fatica la “apertura”.

VOLONTÀ.

“E la facoltà del volere, capacità di decidere e iniziare una certa azione”.( Id. )

La conoscenza si è ampliata; la potenza è cresciuta. Come conseguenza quella che definisco

volontà sembra essersi implementata mentre in realtà ha sempre meno valenza perché la potenza sta divenendo una dote sempre più naturale, che ha, man mano, sempre meno bisogno di una facoltà accessoria per realizzarsi.

Se la volontà è una capacità di iniziare una certa azione, questa capacità è già in me nella

giusta caratura, nella misura atta allo scopo che il mio Io si è prefisso per la conclusione di quello scopo.

C’è comunque un rischio, che la volontà degeneri inforza.:. “Forza di Volontà”

“Volli, sempre volli, fortissimamente volli” e così uno scrittore astigiano si legò alla sedia

per studiare. Se Alfieri, anziché odiare lo studio avesse cercato di amarlo e soprattutto se qualcuno glielo avesse insegnato e come, avrebbe certamente risparmiato a noi un falso insegnamento a lui una vita, per usare un termine eufemistico, non serena e alla sua famiglia la spesa della corda.

La forza di volontà è sempre indirizzata a fare o a far fare a qualcuno, noi o gli altri, qualcosa di cui non si ha voglia. Quando c’è forza c’è sovente, se non sempre, violenza, quanto meno disarmonia.

“Forza” è legata alla violenza. Supplisco con la violenza alla naturale, armonica possanza del potere. Non ha senso dire a chicchessia “ti manca la forza di volontà” da parte di un qualcuno che pensa di averne in quantità maggiore. Può anche essere una constatazione in termini relativi, ma, in valore di più ampio respiro, come minimo è una mancanza di amore mimetizzata da un altruistico desiderio di “fare del bene”. Vale anche in questo caso la parabola della trave e della pagliuzza.

Escluso questo rischio, emerge il voglio, il sia fatto, il fiat. Il fiat voluntas dei, il deus vult,

che rischia sovente di essere visto solo in chiave riduttiva, di accettazione.

Lettura nell’ottica della rassegnazione: mi è caduto un vaso in testa e mi ha fatto un male

dell’accidente. Pazienza: fiat voluntas dei.

L’invocazione deve invece avere un’altra valenza, quella esoterica, che è: il fiat equivalga al

voglio e che la potenza catalizzata dalla volontà divenga atto e io ne abbia, di conseguenza,

consapevolezza.

VOGLIO LA POTENZA DELLA VOLONTÀ E LA VOLONTÀ DELLA POTENZA

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