GIANNI RODARI «Una scuola grande come il mondo»

GIANNI Rodari «Una scuola grande come il mondo»

di Ellepi

Gianni Rodari nasce nel 1920 a Omegna, sul lago d’Orta, in provincia di Novara e la morte lo coglie prematuramente nel pieno della

sua attività nell’aprile del 1980.

Tralascio volutamente tutte le note biografiche che indirizzano il giovane Rodari ad avvertire il malessere di dover appartenere, come studente delle scuole magistrali frequentate a Varese, alla Gioventù italiana del littorio (Gil), così come le tappe della sua formazione culturale, siano strettamente intrecciate alle attente letture e alle frequentazioni politiche filosofiche che gli consentono di dare solide basi culturali nell’accostarsi allo studio della linguistica.

Prendo in prestito le stesse parole di Rodari, «… decisero che la domenica il giornale avrebbe pubblicato un angolo per i bambini, curato da me. In quell’angolo pubblicai le mie prime filastrocche, fatte un po’ per scherzo. Le filastrocche piacquero. Cominciarono a scrivermi mamme e bambini per chiederne delle altre».

Senza spingermi ad analizzare come da un po’ di tempo l’osservazione attenta e prolungata dei bimbi abbia cessato di essere prerogativa

degli addetti ai lavori, e come essi siano divenuti fonte di interesse

per una quantità di persone di varia estrazione (giudici, avvocati, attori con compagnie quasi esclusivamente dedicate a mettere in scena opere teatrali per ragazzi, pubblicitari e industrie che vivono esclusivamente di prodotti destinati all’infanzia); vorrei mettere in risalto come anche certi libri falsano il mondo infantile facendo finta di volerlo far conoscere.

D’altra parte anche la pubblicità ci ha ormai abituato ad ogni genere

di espressione di cattivo gusto. Guardiamo il video davanti a noi e

crediamo di essere sentimentalmente immersi nell’immagine di un bambino che con occhi sgranati ascolta una fiaba.

In realtà nello stesso momento ci vendono un vile detersivo.

Anche gli editori molto spesso pubblicano testi infantili a loro piacere; testi che sono esclusivamente «operazioni commerciali» che hanno dentro di sé poco rispetto per i bambini veri e  la loro personalità.

Non sorprende quindi che proprio i bambini siano usati sempre di

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più come «oggetto di aggancio» ed espediente per incrementare le

vendite dei libri o di qualsivoglia prodotto.

L’intento di questa Tavola è quello di mettere in luce l’aspetto che

a mio avviso affiora maggiormente nell’opera di Rodari e che consiste nel preservare e  mettere in salvo l’infanzia; quell’infanzia che si

dispone a crescere e a  rispondere per il futuro. G. Rodari insieme

a Dante, Machiavelli, Gramsci è tra i nostri scrittori più tradotti e

più noti all’estero; eppure se scorriamo le pagine dei volumi di storia

della nostra cultura e letteratura il significato artistico e culturale dell’opera di Rodari appare ampiamente sottovalutato.

Rodari è stato il primo grande scrittore per l’infanzia non toscano,

il primo in grado di sfruttare la situazione per cui la lingua italiana

anche al di fuori della Toscana era divenuta finalmente, come Manzoni aveva sognato, una lingua «viva e vera». Di questa lingua italiana viva e vera, i racconti e versi di Rodari esplorano la potenzialità; in tutta la sua opera è posto in risalto il vocabolario più comune i contenuti preferiti sono quelli risultanti dalla vita quotidiana urbana, magari sottoposti ad un tono ironico, ma in definitiva reali. Accade così che le cose di ogni giorno raccontano segreti a chi le sa guardare e raccontare

E se Churchill in un discorso alla radio del 21 marzo del 1943 affermava che «non c’è, per alcuna comunità, investimento migliore del mettere latte dentro ai bambini», Rodari ha certamente influito sulla formazione linguistica delle generazioni più giovani potendo insegnare ad andare ben oltre l’uso scolastico tradizionale di un tempo, quando scriveva

C’è una scuola grande come il mondo.

Ci insegnano maestri, professori,

avvocati, muratori,

televisori, giornali…

Come negli esempi che potete trovare al fondo di questa tavola i

lavori di Rodari(tanto le sue prose quanto i suoi versi) raggiungono la

più alta espressione artistica e poetica attraverso quel senso ironico,

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ludico e giocoso che è così caro ai bambini. A volte mi pare che sfoderi le capacità di un gran giocoliere che conosce tutti i trucchi, semplici e non, per sorprendere il lettore adulto, il quale colto di sorpresa, resta Èì senza sapere dove si trova né in quale direzione ci si muova.

Ora, chi parla a bambini, chi crea favole o nonsenses, non può parlare come un libro stampato, non può parlare esclusivamente di valori etici o immortalità dell’anima. Soprattutto deve esprimersi con le mille parole comuni e parlare delle molteplici piccole cose.

Rodari nei suoi lavori mi appare al servizio di bambine e bambini,

per incuriosirli, interessarli, divertirli, per comunicare loro dei valori

e delle cose che in altro modo non percepirebbero.

La sua intera produzione è un vero atto di fede verso l’infanzia, un

insieme di versi e rime per imparare a crescere con la fantasia.

A mio modesto avviso ciò dipende dal fatto che Rodari considera l’immaginazione una facoltà strettamente collegata alla mente. Sono dell’opinione che la mente si sviluppa nella continua operatività dovuta ai più svariati stimoli, non sicuramente ponendola in uno stato di torpore o quiete.

Come tutto ciò che non è risultato involontario di una fuggevole emozione, ma il prodotto del tempo e della volontà, Rodari ha infuso nel mio animo fin da ragazzo l’idea che l’educazione della mente non debba essere necessariamente una cosa tetra e seriosa, dove obbligatoriamente debba regnare l’assenza dell’allegria.

In genere si tende a idealizzare irrealisticamente l’infanzia come periodo di armonia e una specie di paradiso. Ne sapeva qualcosa Giacomo Leopardi quando scriveva nel suo Zibaldone, in data 1 agosto 1823:

«La più bella e fortunata età dell’uomo, ch’è la fanciullezza, è tormentata in mille modi, con mille angustie, timori, fatiche dall’educazione e dall’istruzione, tanto che l’uomo adulto, anche in mezzo all’infelicità… non accetterebbe di tornar fanciullo colla condizione di soffrire quello stesso che nella fanciullezza ha sofferto».

Insieme ad altri autori Rodari è stato stimolo per uscire dalle pigrizie

del tran-tran; il gioco con e sulle parole comporta osservare con occhio attento se stessi, il proprio corpo, le proprie emozioni, l’ambiente, i dati apparentemente obbligati tra cui ci muoviamo.

Penso che a conclusione di questi miei pensieri rimanga a mio modo

di vedere un grande spazio nella nostra mente e nelle memorie nostre

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e dei nostri bambini. Non soltanto di noi italiani, ma di noi che oggi

viviamo in questo difficile pianeta.

A godersi l’opera di Rodari restano pochi: alcune decine di milioni

di bambini in tutto il mondo e le persone accorte.

Una scuola grande come il mondo

C’è una scuola grande come il mondo.

Ci insegnano maestri, professori,

avvocati, muratori,

televisori, giornali,

cartelli stradali,

il sole, temporali, le stelle.

Ci sono lezioni facili

e lezioni difficili,

brutte, belle e così così.

Ci si impara a parlare, a giocare,

a dormire, a svegliarsi,

a volere bene e perfino

ad arrabbiarsi.

Ci sono esami tutti i momenti,

ma non ci sono ripetenti:

nessuno può fermarsi a dieci anni,

a quindici, a venti,

e riposare un pochino.

Di imparare non si finisce mai,

e quel che non si sa

è sempre più importante

di quel che si sa già.

Questa scuola è il mondo intero

quanto è grosso:

apri gli occhi e anche tu sarai promosso.

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