MASSONERIA E GIUSTIZIA SOCIALE

Massoneria e giustizia sociale

Il divario tra ricchi e poveri nel mondo si sta accentuando considerevolmente. Questa differenza non è solo preoccupante ma anche vergognosa. In questa Tavola cercheremo di capire per quali ragioni la giustizia sociale risulti un obiettivo così difficile da raggiungere e quali possibilità realistiche esistono per tentare di porre rimedio ad una situazione moralmente e civilmente inaccettabile.

Bambini che ancora muoiono di fame, malati che non hanno i soldi per curarsi quando c’è gente che sperpera decine di milioni per autentiche futilità. Persone torturate, umiliate, sfruttate… Tutto ciò ci risulta naturalmente ed evidentemente ingiusto. Se queste ingiustizie vengono inoltre suffragate da dati numerici il consenso di fronte alle ingiustizie dilaganti appare pressoché unanime.

La misura della disuguaglianza

Come riferisce Zygmunt Bauman, uno studio dell’Istituto mondiale per la ricerca sull’economia dello sviluppo dell’Università delle Nazioni unite sostiene che nel 2000 l’1% delle persone adulte più ricche possedeva da solo il 40% delle risorse globali, e che il 10% più ricco deteneva l’85% della ricchezza mondiale totale. La metà inferiore della popolazione adulta del mondo possedeva l’1% della ricchezza globale. Dopo vent’anni la situazione non è certo migliorata. Notizie sempre più negative per l’uguaglianza tra gli uomini, e quindi anche per la qualità della vita di tutti noi, si susseguono di giorno in giorno. Solo 300 anni or sono in nessun luogo del pianeta il livello di vita era di più di due volte superiore a quello della regione più povera. Secondo dati del 2011 il paese più ricco, il Qatar, vanta un reddito pro capite di ben 428 volte più alto del paese più povero, lo Zimbabwe. L’abisso sempre più incolmabile che separa i poveri e privi di prospettiva dai benestanti ottimistici e fiduciosi è una ragione sufficiente per essere veramente preoccupati. Una delle vittime eccellenti di tale disuguaglianza che si sta allargando progressivamente in modo costante è la democrazia. La ricerca dei mezzi di sopravvivenza e di vita dignitosa, sempre più scarsi e inaccessibili, rischiano di diventare, ed in diversi paesi lo sono già, fonti di rivalità violenta e fuori controllo.

Definizioni e teorie della giustizia

Penso che quasi tutti siano d’accordo di considerare questo stato di cose ingiusto. Sembrerebbe quindi esistere un senso innato, istintivo dell’ingiustizia. Eppure, quando si tratta di mettersi d’accordo su che cosa sia la giustizia, questa unanimità svanisce come neve al sole. Chaïm Perelman è uno dei più autorevoli studiosi ad essersi occupato del concetto di giustizia. Attraverso un’analisi dei principali significati del termine egli formula le seguenti tesi: I) Il concetto di giustizia non ha un unico significato, ma molti, spesso in contraddizione tra loro. Secondo Perelman sarebbe illusorio enumerare tutti i significati possibili del concetto di «giustizia» per cui egli si limita ad indicare le concezioni più correnti: a) a ciascuno il suo, b) a ciascuno secondo i suoi meriti, (c) a ciascuno secondo le sue opere, (d) a ciascuno secondo i suoi bisogni, (e) a ciascuno secondo il suo rango, (f) a ciascuno secondo quanto la legge gli attribuisce. II) Nonostante la diversità tra i diversi significati esaminati, vi è un tratto comune, tra tutte queste concezioni della giustizia, che sta nel loro aspetto formale: anche se i contenuti della giustizia variano, la forma di un giudizio di giustizia è sempre quella di stabilire quando un determinato atto o una norma sono da considerarsi giusti. III) Ma un sistema normativo, qualsiasi esso sia, contiene sempre un elemento arbitrario, il valore affermato dai suoi principi fondamentali che non possono venire giustificati. Evitare quest’ultimo arbitrio è logicamente impossibile. Ora, dal momento che il carattere formale della giustizia non esaurisce tutta la giustizia, visto che un sistema normativo poggia a sua volta su decisioni arbitrarie, la giustizia umana è imperfetta ed ha bisogno di un complemento: secondo Perelman quello della carità.

Non solo le definizioni di giustizia appaiono diversificate e contrastanti; anche le teorie della giustizia proposte negli ultimi decenni soffrono dei medesimi problemi. Il neocontrattualismo di John Rawls, il neoutilitarismo di John Harsany, il libertarismo di Robert Nozick, la teoria dei diritti di Ronald Dworkin, il comunitarismo di Michael Walzer, l’approccio delle capacità teorizzato dall’economista indiano Amartya Sen, premio Nobel per l’economia nel 19981, e successivamente sviluppato da Martha Nussbaum, sono le più significative teorie della giustizia che indirettamente mostrano come sia forse impossibile trovare una concezione della giustizia accettata da tutti, in cui che cosa sia giusto non sia soggetto continuo di discussioni. Credo che Sen abbia ragione di sostenere che non dobbiamo iniziare a chiederci come sarebbe una società perfettamente giusta; dovremmo chiederci piuttosto quali sono le ingiustizie cui si può porre rimedio sulla base di un accordo ragionato.

Una convinzione e giustificazione morale del liberismo assoluto molto diffusa ritiene che il perseguimento del profitto individuale fornisca anche il meccanismo migliore per il perseguimento del bene comune. Davanti ai dati appena menzionati questa teoria appare ormai un dogma smentito, o quantomeno indebolito, dai fatti. L’idea che la marea montante solleva tutte le barche si sta rivelando un mito al quale non crede più nessuno. La realtà è che le disparità tra ricchi e poveri stanno diventando sempre più incolmabili. Viviamo in un mondo in costante competizione (un surrogato sublimato della guerra), ci sentiamo circondati da rivali, la gente è stressata perché continuamente in allerta, sospetta la possibilità e anche la probabilità di malevoli intenzioni, gelosie, invidie, complotti, negli sconosciuti, nei colleghi e addirittura nei parenti. La diffidenza, la cupidigia, l’egoismo e la corruzione imperano ovunque.

Ebbene la Massoneria, quando è vissuta seguendo l’insegnamento dei suoi simboli, rappresenta ancora un’opzione reale e non puramente retorica per cambiare il mondo. Essa non punta sulla competizione per edificare il Tempio dell’umanità ma sulla fiducia, la solidarietà umana e la cooperazione amichevole, la mutua affidabilità e lealtà, l’aiuto reciproco, la cooperazione disinteressata, in una parola sulla vera Fratellanza. D. B.

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