ELEVAZIONE AL GRADO DI MAESTRO

Iniziazione al Grado di   Maestro

dei FFr .’. G.Ba.,  A.C.,  L.M.,  M.S.

(E. R.)

Venerabilissimo,      

Rispettabili Maestri,

      Con la cerimonia di questa sera avete raggiunto il massimo grado previsto dal nostro Ordine  e possedete, ritualmente, l’iniziazione integrale; avete inoltre acquisito la pienezza dei diritti massonici e le facoltà elettive, che sono appunto riservate ai Maestri.

      Con l’elevazione al 3° grado inizia un periodo di lavoro massonico più intenso, più impegnativo, più carico di responsabilità sia nei confronti della Loggia che nei confronti di voi stessi.

      Nei confronti della Loggia in quanto il vostro contributo diventa finalmente attivo e propositivo nelle decisioni che l’Officina deve via via prendere, sia per i temi generali dell’Ordine sia per gli aspetti più particolarmente  inerenti la propria vita interiore.

      Inoltre potrete, in futuro,  essere chiamati a ricoprire posti di responsabilità a livello della struttura operativa della Loggia o negli organismi dell’Ordine, doveri graditi ai quali non potrete sottrarvi ma  che richiederanno da parte vostra uno spirito di sacrificio e di dedizione assoluti ed una maturità di equilibrio tali da farvi svolgere nel modo migliore i compiti che vi verranno assegnati.

      Il raggiungimento di un livello di saggezza sempre più elevato è legato a molti fattori, spesso interagenti tra di loro.

      L’assiduità ai lavori della propria Loggia  è fondamentale per mantenere un contatto reale e costruttivo con le problematiche che di volta in volta possono essere sollevate e discusse, per essere sempre in grado di valutare con obiettività ogni situazione che si venga a creare, per arricchire il proprio bagaglio iniziatico attraverso le cerimonie e i lavori rituali, per migliorarci continuamente anche tramite le meditazioni indotte dalle tavole tracciate dai Fratelli, per potenziare le nostre capacità di studio, di analisi e di esposizione  producendo proprie riflessioni su varie tematiche massoniche.

      La partecipazione ai lavori di altre Logge è importante perché evita al Maestro  di cedere alla tentazione di chiudersi in se stesso,  in una torre intellettuale e spirituale che alla lunga  si rileva negativa in quanto la mancanza di un confronto sereno ed obiettivo con la realtà che ci circonda può produrre una scala di valori irreali, fittizi,  che possono indurci a ritenere che solo noi siamo nel giusto  e che solo gli altri sono in errore: la logica e la ragione ci dicono che ciò non può essere sempre e comunque vero ! 

     Si trova scritto negli antichi Doveri:  “tutte le preferenze tra i Muratori sono fondate soltanto sul valore reale e sul merito personale; perciò nessun Maestro sia scelto per anzianità, ma per il suo merito; è impossibile descrivere tali cose per iscritto ed ogni Fratello deve stare al suo posto e addestrarsi  in una via peculiare a questa fraternità…”

      La Maestria implica pertanto una trasformazione radicale, totale e profonda  del comportamento, in tutta la gamma dei significati  attribuiti a tale termine.

      Solo per trattare un aspetto importante, il comportamento corretto del Maestro nel corso dei lavori rituali  è basilare per non turbare l’animo degli altri Fratelli, e in particolare degli Apprendisti e dei Compagni d’Arte,  i quali vedono i Maestri come punto di riferimento e  come esempi da imitare.

      Il Maestro deve evitare qualunque atteggiamento di intolleranza, di malcelata sopportazione, di insofferenza; deve ascoltare con serenità e serietà chi prende la parola, senza lasciarsi andare a smorfie, sogghigni o battute ironiche.

      Chi dimostra uno scarso rispetto per  la sacralità del Tempio o per un Fratello, testimonia, purtroppo per lui, una scarso rispetto per se stesso !

      Tutto questo ed altro ancora caratterizza un Maestro, il quale nel suo  lavoro di perfezionamento deve sentirsi svincolato  dal contingente ed elevarsi su di un piano puramente spirituale; se i  riti iniziatici hanno avuto pieno effetto su di lui, egli è stato veramente trasformato in un uomo nuovo che tende con tutto se stesso verso la conoscenza dell’Assoluto, per mezzo della quale spariscono, a poco a poco, tutte le relatività dell’esistenza materiale.

      Carissimi e rispettabili neo-Maestri, nel darvi il benvenuto nella camera di mezzo tralascio volutamente di trattare i simboli legati  al grado (l’acacia, la tau greca, il numero sette, i cinque punti della maestria, il compasso finalmente sovrapposto alla quadra , ecc.) in quanto ritengo più produttivo che ciascuno di voi trovi gli stimoli interiori per studiare e riflettere su tutto ciò che è legato al terzo grado.

      Vorrei invece approfondire alcuni aspetti della stupenda cerimonia che abbiamo appena conclusa, con particolare riferimento alla rappresentazione della leggenda di Hiram, nella quale, come avete potuto notare, il simbolismo della morte assume  toni esoterici di grande spessore.

      Anche la cerimonia di iniziazione è incentrata su tale simbolismo, utilizzato per significare al neofita che egli muore spiritualmente come profano per rinascere libero  muratore. La  morte dell’iniziando è spirituale in quanto occorre che il suo spirito e la sua mente  si liberino di ogni scoria e condizionamento preesistente per essere pronti al accogliere i valori massonici; viene fatta tabula rasa di tutto ciò che gli appartiene sul piano animico in modo che il seme ideale della Massoneria possa inserirsi in un terreno vergine e sviluppare fino ad ottenere i massimi frutti.

      Nell’elevazione al  3° Grado  il simbolismo della morte assume connotati e significati completamente diversi; infatti non si vuole indicare al Compagno d’Arte che egli deve liberarsi di tutto ciò che ha appreso, poiché al contrario la sua esperienza nei gradi inferiori è un suo patrimonio fondamentale, molto importante per il suo cammino iniziatico.  I mattoni che egli faticosamente ha posto in opera nel corso del lavoro del suo perfezionamento  rappresentano la base sulla quale completare, nel grado di Maestro, la costruzione del suo Tempio interiore.

      Perciò la morte simbolica del Compagno d’Arte che diventa Maestro non può essere spirituale, in quanto il suo spirito, già arricchito dei valori via via assimilati  e nutrito dagli ideali massonici, deve essere pronto e maturo per un salto di qualità tale da portarlo ai massimi vertici esoterici.

      Nella leggenda di Hiram si rappresenta la morte fisica,  intesa come momento di profonda trasformazione da uno stato materiale, legato al contingente, ad uno stato   legato al sublime, all’assoluto, alla perfezione.

      Il Maestro si è simbolicamente sottratto a  tutto ciò che di caduco, di imperfetto, di provvisorio caratterizza l’esistenza per tendere verso una condizione  totale di purezza, di saggezza, di equilibrio, di armonia.

      Ma niente nel cammino iniziatico si realizza senza sforzi, ogni conquista è frutto di grossi sacrifici, ogni scalino salito impone il superamento di prove anche difficili; così questa sublime trasformazione avviene simbolicamente a seguito di una morte drammatica, violenta, sofferta.

      Questi sono, a mio giudizio, alcuni aspetti di carattere generale sui quali la Leggenda di Hiram ci sollecita  a riflettere e a meditare; ma vediamo, addentrandoci di più nel particolari, di trovare altri spunti di analisi esoterica.

      La figura centrale del racconto è quella di Hiram, il maestro, nel quale si esaltano il senso di responsabilità e l’attaccamento al lavoro, “primo dovere e massima consolazione dell’uomo”. Egli infatti continua a lavorare anche quando  gli altri riposano  e ispeziona l’opera prodotta durante il giorno, in modo da accertarsi che  tutto sia stato eseguito a regola d’arte; di questa solerzia sono a conoscenza i Compagni che intendono strappargli la parola segreta che può condurli, senza aspettare il loro tempo, a ricevere il salario nella Camera di mezzo.

      Di fronte al loro assalto, pur intuendo che la sua vita è in pericolo, Hiram non viene meno al giuramento prestato di non rivelare i segreti del grado a coloro che non ne sono ancora meritevoli, testimoniando una fermezza d’animo incrollabile e un attaccamento ai valori iniziatici tale sa superare la paura della morte.

      Il primo Compagno colpisce il Maestro alla gola, simbolo della parola, della espressività , ma egli non cede; il secondo Compagno gli vibra un colpo al cuore, simbolo dell’amore, dei sentimenti, degli affetti, ma il Maestro pur ferito seriamente nel suo intimo più profondo, trova la forza per cercare di illuminare la mente, offuscata dall’odio, dei compagni.  Il terzo colpo infine lo raggiunge alla testa, simbolo della ragione, del pensiero, della creatività, e solo allora Hiram muore, a testimoniare che ogni Maestro deve temere soprattutto il declino della sua capacità di essere razionale,  lucido, obiettivo: può avere nel corso della sua vita massonica momenti di pausa nell’esprimersi, nel dialogare, nell’esporre le proprie idee, può avere cadute affettive e sentimentali, può avere momenti di sfiducia e di sbandamento,  dai quali però sarà sempre in grado di riemergere se la sua razionalità, il suo intelletto, il suo pensiero si sono mantenuti limpidi, equilibrati e quindi capaci di prevalere sugli impulsi irrazionali, se la sua saggezza avrà raggiunto quella pienezza e quella ricchezza di contenuti che sono propri del Maestro nel pieno della sua maturità.

      In  caso contrario, la sua discesa verso la morte massonica diventerà un processo inarrestabile !

      I tre Compagni che uccidono Hiram rappresentano l’ignoranza, il fanatismo, l’ambizione, flagelli che assillano il mondo da sempre  e che ancora oggi producono danni notevoli all’umanità  nonostante il lavoro incessante di tante menti illuminate; possiamo ben dire che ogni giorno Hiram , il Maestro, il giusto, l’onesto,  muore in ogni angolo delle terra !

      Riflettiamo un attimo su questi tre elementi: mentre l’ignoranza e il fanatismo hanno sempre  e comunque un significato ed un valore negativo e la loro unione produce una miscela esplosiva che ha sempre creato notevoli tragedie al genere umano, l’ambizione merita, a mio avviso, un discorso a parte, un approfondimento maggiore.

      Infatti di per sé l’ambizione in limiti logici, ha rappresentato e rappresenta per l’uomo un elemento positivo, una spinta a migliorare la propria condizione sociale, spirituale, intellettuale.

      L’individuo privo di una qualsiasi ambizione è portato a vegetare, a mantenere il livello che la sua natura gli ha consentito di raggiungere, senza sentire il bisogno di elevarsi, di scoprire cose nuove, di crescere,  di dedicarsi alla realizzazione di  opere di qualche significato per sé e per gli altri.

      Senza un briciolo di ambizione e di consapevolezza che le proprie qualità possono essere messe  a frutto anche per il bene del prossimo, nessuno accetterebbe di assumere maggiori responsabilità in ogni ramo della vita civile e sociale o all’interno della nostra stessa Istituzione, nessuno troverebbe più il piacere  di misurarsi con se stesso per stabilire nuovi limiti  e nuove frontiere alle proprie capacità, per sviluppare  le proprie potenzialità alla ricerca di traguardi più elevati in ogni campo.

      L’ambizione che arma la mano omicida del Compagno, e dalla quale la leggenda di Hiram ci invita a prendere le distanze e a rifiutarla come un sottile ma micidiale veleno, è l’ambizione sfrenata che annebbia la mente dell’uomo fino a fargli credere che ogni azione è lecita pur di raggiungere lo scopo, a fargli perdere la percezione dei confini invalicabili fra il bene e il male, a fargli sacrificare ogni  rapporto umano  senza arrestarsi nemmeno di fronte ad una azione ignobile se essa è finalizzata a realizzare il suo obiettivo.

      L’ambizione che uccide il Maestro è l’ambizione cieca di colui che non riesce più a cogliere il livello esatto dei propri valori e delle proprie capacità, che sopravvaluta in modo eccessivo se stesso e  sottovaluta altrettanto pesantemente gli altri, insensibile ai consigli più disinteressati tanto da non ascoltare più la voce amica, fraterna, che lo invita a non bruciare le tappe, ad avere pazienza, ad essere umile, equilibrato: “LAVORA, PERSEVERA, IMPARA –  SOLO COSI’ AVRAI DIRITTO ALLA MAGGIORE RICOMPENSA !”

      Ma il folle e cieco Compagno, vittima della sua ambizione sfrenata e insensata, colpisce a morte Hiram, rendendo vano ogni tentativo di farlo ragionare, di fargli riacquistare la perduta armonia: la tragedia del Maestro volge all’epilogo, si consuma in tutta la sua drammaticità !

      Rispettabili Maestri, quelle che vi ho esposto sono solo alcune delle riflessioni che la leggenda di Hiram mi ha indotto dopo una lettura attenta e meditata, che non esauriscono certamente tale ricco filone di analisi esoterica; altri Fratelli possono trovare diversi e altrettanto validi elementi di approfondimento ed è auspicabile che al mio lavoro si aggiungano ulteriori tavole sull’argomento.

      Solo per fare alcuni esempi, una trattazione a parte meriterebbero gli utensili usati dai Compagni per aggredire ed uccidere Hiram e il simbolismo che ne deriva sul corretto utilizzo degli strumenti massonici e sui pericoli che scaturiscono da un loro uso improprio.

      Stimolante è ancora  il simbolismo della resurrezione presente nella leggenda di Hiram, analizzato anche in confronto allo stesso tema utilizzato in molte scuole di pensiero religioso (basti pensare ai riti complessi legati alla resurrezione di Gesù) ;in tali espressioni simboliche è il Maestro stesso che risorge, vincendo la morte e quindi ponendosi a livello di mito, di oggetto di culto, di dogma, proprio per la sua capacità  di realizzare un evento impossibile ai comuni mortali.

      La Massoneria non vuole creare miti e oggetti di culto, e pertanto nel rito di elevazione al 3° grado non si assiste ad una rievocazione di un miracolo, di un fenomeno straordinario;  non Hiram risorge, ma il compagno d’Arte che supera simbolicamente la propria  morte fisica per accedere al grado superiore, diventando da quel momento in poi  attore principale della cerimonia:

“ECCOTI,  MAESTRO, RISORTO FRA DI NOI ! ”

      La parola perduta è ritrovata, la catena d’unione fraterna che si era spezzata si riforma e si rinsalda attraverso le nuove maglie rappresentate dai neo-maestri, la serenità e l’armonia tornano a regnare nel Tempio.

      L’orizzonte esoterico che ora si apre davanti alla sguardo dei Fratelli appena eletti al Grado di Maestro è infinito, lo spazio di analisi interiore e di ricerca della verità è senza confini, ogni passo compiuto in avanti li porta sempre più vicino alla luce e alla  piena saggezza, il loro cammino iniziatico procede sicuro e spedito, ogni ostacolo può essere affrontato  e superato  con l’aiuto della ragione sorretta dal massimo impegno e dalla più ferma determinazione.

Buon lavoro , dunque, carissimi Maestri, a gloria e onore del nostro Ordine.

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